Una miniera di idee

Fra il Sulcis e l'Iglesiente, punteggiati da vecchi centri minerari oggi divenuti testimonianze di archeologia industriale, si scopre una Sardegna ancora poco battuta, dove mare, sentieri e percorsi sotterranei regalano al pleinair e alla vacanza attiva una ricca scelta di attività e numerose occasioni di visita e di soggiorno.

Indice dell'itinerario

Bisogna risalire indietro nel tempo almeno all’epoca dei Fenici per datare l’inizio dell’attività mineraria nella Sardegna sud-occidentale. La ricerca e l’estrazione di minerali ricchi di piombo, zinco e galena nel territorio dell’odierno Sulcis-Iglesiente hanno generato un dedalo di gallerie che spesso incontravano grotte naturali, formando così un sistema idrogeologico che Angelo Naseddu, presidente dell’Associazione Speleologica Sarda, definisce unico al mondo. Ma questa vicenda dalle origini antiche ha soprattutto relegato questa provincia in un angolo dell’immaginario turistico, identificandola esclusivamente come zona mineraria.
In realtà ci si trova di fronte a scogliere a strapiombo sul mare, spiagge semideserte, montagne e vallate verdeggianti: una miniera sì, ma di occasioni per vacanze attive e dinamiche, perfettamente in linea con il nostro modo di intendere e di vivere il pleinair. D’altro canto, grazie all’isolamento, il Sulcis-Iglesiente è rimasto sostanzialmente selvaggio anche dopo la fine delle attività minerarie, avvenuta nel 1970; e a pieno titolo entra nel Parco Geominerario Storico e Ambientale, di cui fanno parte otto aree di grande ricchezza naturalistica. Certo, non è da molto che le amministrazioni locali hanno iniziato ad investire sul turismo: ed è questo che ha stuzzicato ancora di più la nostra curiosità, spingendoci a provare le nuove opportunità offerte da un territorio che già conoscevamo.

Terra, mare e sottosuolo
Il nostro viaggio ha inizio dal Museo del Carbone allestito nelle ex miniere di Serbariu a Carbonia. In un capannone oggi trasformato in spazio espositivo sono in mostra fotografie, attrezzi da lavoro e pannelli esplicativi che illustrano l’attività estrattiva, mentre percorrendo un interessante itinerario sotterraneo, parte iniziale dell’antica miniera, si viene a contatto con questo mondo di fatica ma anche di tecnologia e di profonda conoscenza dei segreti del sottosuolo.
Superata Iglesias (vedi servizio successivo) e continuando per circa 17 chilometri sulla statale 126 in direzione di Fluminimaggiore si raggiunge la deviazione a destra che, scorrendo lungo la valle dell’Antas, conduce al punico-romano tempio di Sardus Pater Babai, divinità cartaginese protettrice dei naviganti e dei cacciatori. Le colonne, i mosaici, il museo e brevi percorsi tra i boschi, che conducono al villaggio nuragico e alle cave da cui i Romani estrassero i blocchi di calcare utilizzati per costruire il tempio, formano un vasto e istruttivo comprensorio archeologico utile per approfondire la conoscenza del territorio.
Un’altra secondaria che si addentra nella boscaglia raggiunge le grotte di Su Mannau. Grazie a un camminamento sotterraneo attrezzato con passerelle e comode scale d’acciaio, si visitano gallerie, grotte e cunicoli fino a raggiungere il Pozzo Rodrigues, un baratro di oltre 30 metri che sprofonda nel buio sottostante. Chi non si accontenta del tranquillo percorso turistico può noleggiare le attrezzature apposite e scendere, in compagnia di guide esperte, lungo una parte degli oltre 8 chilometri destinati alla visita speleologica, fra stalattiti, stalagmiti, laghetti sotterranei e sale spettacolari.
Senza farci mancare una sosta alla tavola dell’agriturismo che si trova nelle vicinanze di Su Mannau, riprendiamo la marcia entrando poco dopo nella cittadina di Fluminimaggiore. Nella coltelleria artigianale Arrius si scoprono l’antica tradizione del coltello sardo e la cultura legata a questa attività: coltelli per tutti gli usi, ma anche pezzi artistici come si nota dall’ampia esposizione di lame e di manici dalle forme a volte impensabili, finemente sagomate o cesellate.
Con una successiva svolta a sinistra sulla provinciale 83 ci portiamo sul mare fino a Portixeddu, località balneare situata all’inizio della baia di Capo Pecora orlata da una lunga distesa di sabbia e dune che giunge fino al paese di San Nicolao, una manciata di case arroccate all’inizio della scogliera qualche chilometro più a sud. La costa di Capo Pecora e Portixeddu è caratterizzata dalla presenza di rocce contenenti fossili risalenti a 600 milioni di anni fa: conchiglie e piccoli molluschi pietrificati formano incredibili disegni che testimoniano la ricchezza di questo mare già in tempi remotissimi, mentre la spiaggia, le colline boscose e le dune sono lo scenario che per quasi 3 chilometri fa da quinta all’azzurro del mare. L’ombra di un bosco di pini marittimi situato oltre le dune di Portixeddu, un parcheggio di quasi un chilometro che costeggia la litoranea e le zone predisposte per la sosta di camper e caravan a San Nicolao e nella vicina Buggerru garantiscono giornate di sole e bagni in completa tranquillità.
Buggerru, antico borgo di pescatori diventato a fine ‘800 uno dei siti minerari più importanti della costa settentrionale dell’Iglesiente, è oggi una vivace località turistica grazie al restauro della galleria Henry e del piccolo treno minerario, un tempo a vapore, che percorre la galleria fino a raggiungere il dismesso centro di estrazione di Planu Sartu, un altipiano che con un salto di centinaia di metri genera la spettacolare linea costiera a sud della cittadina. La visita guidata, seduti su quelli che un tempo erano i carrelli per trasporto dei minerali oggi trasformati in vagoncini per i passeggeri, offre un’idea molto efficace del complesso sistema di gallerie scavate nella scogliera. Da Planu Sartu il ritorno a Buggerru avviene a piedi lungo un percorso, scavato sulle falesie, che serviva ad evitare di rimanere intossicati all’interno dei tunnel dal fumo della locomotiva, che per tutto il giorno faceva la spola dalla miniera all’imbarco. Oggi al porto non attraccano più le bilancelle a vela latina per essere caricate di rocce, ma i natanti da diporto dei turisti nautici, e lungo le banchine è possibile noleggiare gommoni per uno o più giorni.
In alto sulla scogliera invece, proseguendo a piedi oltre Planu Sartu, un sentiero percorre il ciglio della parete rocciosa collegando Buggerru alla vicina Cala Domestica, un trekking suggestivo e particolare che consente di scoprire panorami selvaggi e spettacolari angoli fotografici. Meno di 3 chilometri di percorso ricchi di piccole baie, anfratti, faraglioni e grotte marine, un paradiso per gli amanti del trekking; i gommonauti potranno invece godere i tanti scorci fra alti scogli che a mo’ di pinnacoli si ergono imponenti dal mare e archi naturali che si innalzano incorniciando la costa e la torre di Cala Domestica, all’ingresso dell’insenatura omonima. In camper, invece, si arriva dalla litoranea 108 approdando in un’ampia area di sosta attrezzata per la sosta dei camper, con la possibilità di utilizzare l’impianto balneare sulla spiaggia al fondo della baia. Un’altra spiaggetta, raggiungibile solamente a piedi, consente di isolarsi in angoli di tranquillità e relax.
Continuando sulla statale verso sud arriviamo alla baia di Masua dominata dal Pan di Zucchero, un isolotto roccioso che garantiva riparo dal vento e dal mare alle navi che attraccavano a Porto Flavia. Il sito minerario era caratterizzato dal fatto di avere lo sbocco delle gallerie direttamente sulla scogliera, a decine di metri di altezza sul livello del mare: grazie a un ingegnoso sistema di tunnel sovrapposti, collegati tra loro da enormi magazzini di minerale scavati nella roccia, e a un nastro trasportatore che terminava al bordo della parete rocciosa, era possibile caricare direttamente le stive dei battelli a vapore, sistema di carico che mise fine al vecchio trasporto con le tradizionali bilancelle (vedi riquadro

Testo e foto di Carlo Piccinelli

PleinAir 452 – marzo 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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