Una miniera di emozioni

Antichità etrusche e soffioni boraciferi, spiagge e colline, borghi storici e terme: da Volterra alle Colline Metallifere e alla costa, un itinerario per tutto l'anno che si apprezza al meglio nella mezza stagione.

Indice dell'itinerario

E’ una città fatta di vapore, questa. Ed il vapore vi aleggia ovunque: nelle valli tra le erte colline, la mattina presto o la sera, scorre lento sotto forma di nubi filiformi nei cieli immensi, si alza violento dai camini delle centrali geotermiche laggiù, verso Larderello. Nasconde, evoca misteri, rende tutto indistinto e lontano, converte le distanze in viaggi. Anche oggi, con le strade asfaltate che tra curve sinuose portano con facilità sin quasi dentro il centro cittadino, Volterra appare così, figlia della lontananza e dell’indistinto, generata dai fumi della storia e solo per un incomprensibile miracolo trasformatasi in solida roccia. Domina dall’alto del suo scoglio un panorama immenso: …quando arriviamo alla piazza davanti all’albergo e guardiamo dal parapetto verso la sterminata cavità aperta verso occidente, la luce è digradata fino al rosso, e il rosso puro e violento abbaglia dal mare lontanissimo laggiù mentre i dirupi nel mezzo sono ormai bui”. Così l’indimenticato autore de L’amante di Lady Chatterley, David Herbert Lawrence, scrive nel suo libro Paesi Etruschi. Lo scrittore visitò Volterra nell’aprile del 1927 e ne trasse profonde emozioni (“gli etruschi non sono una teoria o una tesi, semmai sono qualcosa, sono un’esperienza”) che avrebbe poi raccontato ai lettori della rivista inglese Travel. Non amava molto i musei, ma si innamorò perdutamente delle piccole cinerarie di alabastro che, allora come oggi, fanno bella mostra di sé nel Museo Archeologico Guarnacci. Trovava l’arte etrusca viva e solare perché imperfetta, non così fredda e distante come quella greca o romana: gli Etruschi gli apparivano come un popolo privo di inutili intellettualismi, lontano dalla ricerca di una perfezione “classica” ed invece carico di una trascinante energia vitale. In fondo Lawrence cercava in quell’antica gente un riflesso di sé stesso, di quella che era la sua concezione della vita. E sebbene Volterra svetti sull’orizzonte con purissime forme medioevali, tuttavia rivela, nelle atmosfere più che nei resti archeologici, di essere ancora legata a quel grandioso passato, bruscamente interrotto dall’invasione romana.

 

 

I segreti dell’alabastro

Nel laboratorio di Dino Scarselli l'alabastro viene lavorato utilizzando le tecniche di una volta
Nel laboratorio di Dino Scarselli l’alabastro viene lavorato utilizzando le tecniche di una volta

Nel visitare la città queste sovrapposizioni emergono qua e là ancora attuali, come dimostrano le vetrine degli orafi che imitano i gioielli etruschi o quelle degli alabastrai, con le loro fedeli riproduzioni di oggetti d’arte medioevali e rinascimentali. Gia noto e impiegato sei o sette secoli prima dell’era cristiana, l’alabastro di Volterra è tornato in auge un paio di secoli fa, e la sua lavorazione fa la gioia dei turisti che affollano le botteghe. Tenero e facilmente lavorabile, è una pietra sensuale, luminosa e translucida, di grande fascino, e per rendersene conto basta visitare l’interessante Ecomuseo dell’Alabastro in Piazza Minucci. Nato dall’acqua e da una lenta sedimentazione di sali, questo minerale può essere tagliato con una sega a mano, rifinito con piccoli tocchi di cesello e infine lucidato con la carta abrasiva: ne risulta alla fine un oggetto etereo, apparentemente molto leggero, quasi dotato di un’anima. A Volterra lo si lavora spesso ancora così, lasciando che l’esperienza di generazioni guidi le mani in gesti precisi e veloci per ricavare da un umile sasso un oggetto di purissimo artigianato.
I negozi sono ormai quasi tutti fuori del centro storico, ma c’è ancora chi lavora l’alabastro in polverosi laboratori simili a quelli che Lawrence vide nel 1927. A breve distanza dal Museo Etrusco, in Via degli Orti Sant’Agostino, si trova ad esempio Alab’arte, mentre a pochi metri da uno dei simboli stessi di Volterra, la Porta all’Arco, Dino Scarselli applica i metodi di una volta, espressione di una tradizione familiare consolidata. Varcare la porta del suo laboratorio significa fare un salto indietro nel tempo, a un’epoca in cui i segreti del mestiere si tramandavano di padre in figlio, e la pietra andava scovata nei campi o recuperata tra gli scarti di cava. «Se dovessi comprare l’alabastro, il guadagno sarebbe perso. La vera bravura è riuscire a ricavare lavori di qualità da pietre di recupero» racconta Dino. Oggi, nelle vetrine del centro, si vedono oggetti in alabastro delle fogge più strane e moderne: sarà vero o no che le tradizioni si debbono rinnovare per non sparire per sempre? Di certo non è cambiata l’atmosfera della città, intima e raccolta entro le mura duecentesche, sovrastata dalla Fortezza Medicea, scandita dallo svettare delle case-torri che sembrano gareggiare con il campanile del duomo dell’Assunta, disseminata di residenze del Rinascimento. Più antichi sono invece il Palazzo dei Priori, il Palazzo Pretorio e la Torre del Porcellino che si affacciano su Piazza dei Priori, cuore storico e pulsante della città, certo una delle più belle piazze d’Italia. Ma di sera l’illuminazione è scarsa nell’ampio trapezio lastricato: e allora è facile farsi prendere dalla suggestione, lasciandosi guidare dalle ombre incontro ai vicoli tortuosi che si diramano nel cuore del borgo, rivelando passaggi, cortili, piccoli slarghi, in un dedalo che prima o poi si interrompe di fronte a un precipizio. Al di là c’è il mondo azzurro e solitario delle argille che vicino al piccolo borgo di San Giusto, abbarbicato accanto all’omonima chiesa appena fuori dal centro storico, dà vita allo spettacolo delle Balze. Pare che le acque che cadono sulle alture di Volterra si raccolgano in parte sotto la massa profonda della collina, erodendo in alcuni punti gli strati sotterranei, cosicché la terra si sfalda in immense frane. Oltre l’abisso sorge una grande e vecchia costruzione solitaria, la Badia o monastero dei Camaldolesi: abbandonata, con i muri che già si spaccano e cedono, è destinata ad essere inghiottita prima o poi dalle Balze scrive ancora Lawrence. L’ampio parcheggio sterrato nei pressi, forse il punto migliore dove parcheggiare un camper a Volterra, sembra così anche il punto migliore da cui partire per lanciarsi verso quell’infinito chiuso solo dall’orizzonte, incontro alla terra che fuma.

 

Tra i vapori di Larderello

Sull'orizzonte di Larderello i condotti per la distribuzione dell'energia geotermica sembrano avveniristiche installazioni
Sull’orizzonte di Larderello i condotti per la distribuzione dell’energia geotermica sembrano avveniristiche installazioni

Scendendo verso le Saline di Volterra ci si immerge nel paesaggio grandioso e solitario che circonda la città. Saline, a dire il vero, è un agglomerato moderno sorto attorno allo stabilimento che estrae il sale dal sottosuolo grazie al pompaggio di acqua; un tempo la morchia salata veniva in superficie naturalmente, ma la falda acquifera si è abbassata negli ultimi anni.
Imbocchiamo la strada provinciale 439 che, curva dopo curva, si lancia incontro alle Colline Metallifere e alla Maremma Grossetana, tra fitti boschi e in vista di numerose emergenze geologiche. Le prime a venirci incontro, passato il piacevole borgo di Pomarance (con un comodo parcheggio proprio di fronte all’ingresso al paese), sono le emissioni di vapore di Larderello. Da quando, a partire dal 1827, François Jacques de Larderel riuscì a perfezionare la tecnica di estrazione dell’acido borico dai fanghi contenuti nei cosiddetti lagoni, la Valle del Diavolo ha decisamente cambiato aspetto. Oggi si presenta intensamente edificata, con i grossi stabilimenti e le centrali Enel che ne occupano quasi ogni angolo, mentre le tubazioni dei vapordotti corrono per ogni dove: ci vuole perciò molta fantasia per immaginare come doveva essere questo luogo un tempo, quando le fumarole – si dice – ispirarono a Dante Alighieri il primo libro della sua Divina Commedia. D’altra parte il 25% dell’energia elettrica che alimenta la Toscana viene da qui, ed è un’energia assolutamente pulita il che, di questi tempi, non è poco. La produzione ebbe inizio nel 1904, mentre la prima centrale geotermoelettrica risale al 1913: la storia di Larderello e del suo primato tecnologico può essere scoperta presso il Museo della Geotermia, gestito dall’Enel.

 

Il parco delle Biancane e le Colline Metallifere

Il complesso geotermico delle Biancane a Monterotondo Marittimo
Il complesso geotermico delle Biancane a Monterotondo Marittimo

Impianti inseriti in modo meno traumatico nel contesto naturale sono visibili a Serrazzano, raggiungibile con una breve deviazione dalla provinciale: due alte torri di raffreddamento lanciano verso il cielo i loro vapori, i tubi color argento corrono tra i fitti boschi e sembrano quasi disegnare misteriosi itinerari, una sorta di mappa dell’energia tellurica imprigionata, che riscalda le case e le illumina senza inquinare. Per avere un’idea di come dovessero essere questi luoghi prima che l’uomo iniziasse a sfruttare intensamente le forze della terra, però, si deve proseguire lungo la provinciale fino al bivio per Monterotondo Marittimo e raggiungere così il Parco delle Biancane: un comodo sentierino, in partenza dagli impianti geotermici a ridosso del borgo, conduce verso un mondo di colline fumanti, tra scorci davvero infernali. Siamo ormai entrati nel Parco Tecnologico e Archeologico delle Colline Metallifere che comprende anche i comuni di Follonica, Gavorrano, Massa Marittima, Montieri, Roccastrada e Scarlino. Queste alture verdissime, selvagge e poco popolate ricordano fin dal nome che già ai tempi degli Etruschi, e ininterrottamente da allora, qui si scava la terra alla ricerca delle ricchezze che nasconde. Ricchezze non infinite, anzi prossime ad esaurirsi, e così le vere risorse sembrano poter venire solo dal turismo: molte delle miniere sono visitabili, e a chi vuole immergersi per qualche ora in questo mondo fatto di ombre, umidità e silenzio vengono offerte diverse opportunità. A Massa Marittima, uno dei borghi più scenografici della Maremma, si può visitare il Museo della Miniera; mentre a Gavorrano un vecchio deposito di esplosivi è stato trasformato nella perfetta riproduzione di una galleria mineraria. In entrambi i siti sono esposti martelli pneumatici, escavatori e carrelli d’epoca. Le guide che conducono alla scoperta di questo mondo oscuro raccontano di una vita, quella dei minatori, dura e pericolosa, nonostante negli ultimi anni si facesse ricorso alle tecnologie moderne: una vita agra , come la tratteggiò lo scrittore grossetano Luciano Bianciardi nell’omonimo romanzo (che nel 1964 divenne anche un film) prendendo spunto dalla più grande tragedia mineraria italiana del secondo dopoguerra, quella che il 4 maggio 1954 provocò la morte di quarantatré minatori a Ribolla, frazione di Roccastrada.

 

Verso la costa

La lunga e bella spiaggia del parco della Sterpaia, ben fruibile fuori stagione per passeggiate e osservazioni naturalistiche
La lunga e bella spiaggia del parco della Sterpaia, ben fruibile fuori stagione per passeggiate e osservazioni naturalistiche

Tornati all’aria aperta, forse avremo bisogno di ammirare orizzonti più aperti. Ecco allora che la costa tra Follonica e Cecina offre l’opportunità di scoprire alcune aree verdi sul mare di grande rilevanza naturalistica, che nel loro complesso prendono il nome di Parchi della Val Cornia. Verso sud vale una visita il Parco Costiero della Sterpaia nel territorio di Piombino, attrezzato con parcheggi a pagamento (nella bella stagione) e percorsi pedonali che permettono di ammirare la bella e intatta spiaggia e di praticare il birdwatching grazie alla presenza di aree umide molto frequentate dall’avifauna. Ma l’angolo forse più suggestivo è il Golfo di Baratti, sovrastato dalla rupe dove sorge Populonia col suo parco archeologico. Continuando verso nord il Parco Costiero di Rimigliano offre riposanti pinete affacciate su una lunga spiaggia protetta da un robusto cordone di macchia mediterranea, mentre nell’entroterra si stende il Parco Archeominerario di San Silvestro che offre innumerevoli reperti e ambientazioni. Poco distanti sono il borgo di Castagneto Carducci, dove trascorse la propria infanzia il poeta lirico dei nostri ricordi scolastici, e il “duplice filar” di cipressi secolari che conduce lo sguardo e l’anima incontro al grazioso villaggio di Bolgheri, in uno degli angoli più sereni e suggestivi della Toscana.
Arriviamo così a Cecina, dove il Parco Archeologico della Villa Romana di San Vincenzino conserva i resti di una villa romana dotata di un grandioso impianto termale: veramente spettacolare è la cisterna sotterranea, perfettamente conservata, che poteva raccogliere sino a mezzo milione di litri d’acqua, distribuiti nell’edificio grazie a una rete di cunicoli in parte visitabili. Pinete e dune ci attendono di nuovo all’interno della Riserva Naturale Biogenetica che occupa il litorale fino a Marina di Bibbona: l’area è attrezzata con percorsi pedonali segnalati che consentono facili e piacevoli passeggiate, con bellissimi scorci sul mare il cui orizzonte è occupato dalla sagoma delle isole dell’Arcipelago Toscano. Ed è forse questa la miglior conclusione del viaggio ora che nebbie e vapori, complice la brezza, come d’incanto paiono essersi diradati del tutto.

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio