Una lunga estate fresca

Grande viaggio in camper alla scoperta di un paese straordinario, ma senza il consueto - e spesso frenetico - avvicinamento al mitico Capo Nord, che lascia dietro di sé troppe mete trascurate. Quattro settimane e 4.000 chilometri in Norvegia per esplorare paesaggi incontaminati, incontrare animali leggendari, visitare belle città e godere del buon vivere di cui questo popolo è maestro.

Indice dell'itinerario

Norvegia meridionale e centrale: uno spazio immenso, grande come mezza Italia ma abitato da un ventesimo della popolazione. E se a pensarci vi vengono in mente soprattutto foreste sconfinate, ghiacciai, fiordi e fiumi ricchi di salmoni, avete visto giusto. Come nessun altro luogo in Europa, la wilderness degli altipiani centrali di questo grande paese è protetta da immense calotte glaciali ed è ancora l’habitat di animali altrove scomparsi, come l’aquila di mare o il bue muschiato dalla folta pelliccia.
Ma non è tutto. Città gradevolissime come Oslo, Bergen, Stavanger, Ålesund sprizzano vitalità grazie alle tante istituzioni culturali e all’aria cosmopolita che si respira nelle università, nei centri di ricerca, sui lungomare affollati di locali. Località minori quali Røros, Lillehammer, Kristiansand hanno saputo imporsi come destinazioni turistiche di prima grandezza con un’intelligente operazione di recupero delle tradizioni, rese fruibili con collaudata abilità.
Più in generale, è l’energia del pleinair – o se preferite dell’outdoor – a prendere e a contagiare ogni visitatore di queste latitudini. Una miscela di natura selvaggia, spazi infiniti a disposizione e un’organizzazione perfetta (ma solo a richiesta) a rendere più che mai avvincente un viaggio da ricordare, con tante ore di luce a disposizione ma un’estate senza il caldo torrido a stroncare ogni velleità di movimento. Un lungo itinerario in un paese oggi ricco, dopo lunghi secoli di frugalità estrema, grazie all’esportazione di greggio che corrisponde al 30% del Pil nazionale; e tuttavia un luogo dove la parola benessere si declina più nella coltivata abbondanza del tempo libero che nel possesso di beni o nell’ostentazione del lusso.
La Norvegia che vi proponiamo in queste pagine è il paese dei superlativi. Un itinerario circolare di 4.000 chilometri da noi sperimentato nella scorsa estate per tutto il mese di luglio, inanellando grandiosi paesaggi montani, parchi nazionali di eccezionale rilievo, antichissime chiese di legno e quei fiordi che i lettori del prestigioso National Geographic Traveler Magazine hanno eletto a destinazione più bella e meglio gestita del mondo. Troppo persino per Capo Nord, verso il quale molti viaggiatori si recano di gran fretta seguendo un ruolino di marcia dettato dai tempi del famoso sole di mezzanotte. E allora, vi raccontiamo cosa c’è prima.

Il mare dei Vichinghi
La costa rocciosa di Langesund, con il faro incappucciato di rosso sugli scogli dove s’infrangono le onde dello Skagerrak, è la prima e già intensa cartolina norvegese. Sbarcare in questo piccolissimo porto a sud-ovest di Oslo ha il pregio di un approccio davvero soft, senza file né caos, e la vacanza comincia. Prima tappa è la non lontana Sandefjord (e strada facendo diverse stazioni di servizio con pozzetto di scarico segnalato mettono subito di buon umore chi viaggia in camper o in caravan). Con l’interessante museo della caccia alla balena, la cittadina offre senza indugi una valida presentazione dell’approccio norvegese all’ambiente e alle sue risorse: consapevole e diretto, ma soprattutto pragmatico. Ai modellini e ai filmati dell’esposizione fanno da complemento la sala macchine e gli altri ambienti della Southern Actor, una vera nave baleniera ormai in pensione ormeggiata in porto, e la splendida fontana cittadina decorata con una grande scultura in bronzo che richiama gli aspetti più eroici e letterari di un’attività oggi assai meno romantica.
Lungo la E18 si risale il profondo fiordo in fondo al quale c’è Oslo, il cui centro si raggiunge dopo il pagamento di due pedaggi stradali. Chi si aspetta una città di modesta attrattiva e dal carattere freddo come il proverbiale clima del paese avrà senz’altro di che ricredersi: la capitale è in realtà ricca di motivi d’interesse, in cima ai quali mettiamo lo straordinario e unico museo delle navi vichinghe. Espone tre grandi imbarcazioni in legno di quercia, portate a terra per essere utilizzate come tombe di rango, e che un banco d’argilla ha sorprendentemente conservato fino agli scavi archeologici effettuati tra il 1867 e il 1904; vi si ammirano inoltre numerosi oggetti che facevano parte del carico, tra cui un carro e tre bighe. Il museo si trova nella penisola di Bygdøy, dove sono concentrate alcune delle collezioni più attraenti come il grande museo del folklore norvegese, un tuffo nel passato con la passeggiata tra vecchie case e granai in legno del ‘600 e ‘700 smontati e qui ricostruiti. Non è certo da meno l’originale Kon-Tiki Museet, dedicato al grande esploratore norvegese Thor Heyerdahl (morto ottantasettenne in Liguria nel 2002): conserva la famosa e splendida Ra II, l’imbarcazione di giunchi da lui impiegata nel 1970 per l’avventuroso attraversamento dell’Oceano Atlantico dal Marocco alle Antille, ma anche la Kon-Tiki, una zattera sulla quale Heyerdahl navigò per 4.300 miglia dall’America del Sud alle isole Tuamotu.Occorre invece spostarsi nel centro di Oslo per visitare altre magnifiche collezioni, a cominciare dal Munch Museet dedicato al grande pittore del celebre e inquietante Urlo, tra le icone dell’arte del XX secolo: due delle quattro versioni del capolavoro sono state protagoniste negli ultimi anni di clamorosi furti, fortunatamente risolti con il ritrovamento delle tele. Chi ama i colori intensi e l’eleganza dei quadri di Munch non deve mancare neppure la visita alla non lontana Nasjonalgalleriet, dove sono esposti capolavori quali Madonna e un’altra delle versioni dell’Urlo insieme a bellissime tele di altri artisti del calibro di Manet, Degas, Renoir, Cézanne, Picasso e Gauguin.
Musei a parte, Oslo è una meta piacevolissima in cui fermarsi almeno due o tre giorni. D’estate l’animazione all’Aker Brigge, il vecchio arsenale ora trasformato in un lungomare affollato di pub e centri commerciali, sfata diversi luoghi comuni sul coprifuoco serale delle città nordiche. Di giorno invece un’ottima idea può essere una passeggiata alla fortezza di Akershus, di origine medioevale e più volte rimaneggiata, a meno di non voler provare le numerose varietà di birra scandinava nei café – più d’uno con Internet point o connessione wireless gratuita per il vostro portatile – dalle parti della Stortorvet. In ogni caso non mancate la visita, a ridosso del centro, del parco Vigeland: una vera e propria galleria d’arte all’aperto, con viali e grandi prati dove i norvegesi alla domenica fanno il picnic con gli immancabili barbecue usa-e-getta, tra le espressive opere in granito e bronzo del più celebre scultore norvegese, appunto Gustav Vigeland.

Le montagne dei buoi muschiati
A nord della capitale l’autostrada E6 – che sale in direzione di Capo Nord – attraversa boschi sconfinati. Noi tiriamo dritto fino a Lillehammer, anonima cittadina che sembra ancora vivere nel ricordo delle Olimpiadi invernali del 1994. Cartelli e frecce indicano il trampolino piuttosto che il parco olimpico, ma di maggior interesse turistico è senz’altro il museo folkloristico di Maihaugen: simile a quello di Oslo e di molte altre località scandinave, riscuote successo in particolare tra le famiglie con bambini che vi scoprono vecchi giochi come i trampoli oppure antiche abitudini della vita privata e mestieri ormai scomparsi.
Nell’area a nord di Lillehammer si estende un settore della Norvegia centrale dal grande interesse paesaggistico e naturalistico che include ben sei dei trentasei parchi nazionali. Fresco di istituzione è il Reinheimen, 200.000 ettari di montagne e valli, mentre gli altri sono il Rondane, il Dovrefjell-Sunndalsfjella, lo Jotunheim, il Dovre e lo Jostedalsbreen. Sono territori immensi, e noi decidiamo di dedicare qualche giorno agli ultimi due. Solo sfiorando il Rondane, saliamo per Otta e Dombås, svoltiamo per Folldal e da qui proseguiamo fino alla cittadina di Røros, una delle più singolari della Norvegia. Dopo mezza giornata a guidare tra fiumi e monti solitari, giunti a destinazione fa piacere incontrare il segnale di un’area attrezzata comunale con tanto di pozzetto e presa d’acqua; spostato più tardi il camper presso la stazione ferroviaria, scopriamo un paesetto di case colorate piene di finestre, una bella chiesa luterana, negozi di souvenir. Ad attirare fin qui un certo movimento turistico è il passato di Røros, legato a miniere di rame tra le più importanti della Scandinavia, attive dal ‘700 a una quarantina d’anni fa. Guardatevi intorno: cingono il pittoresco centro le colline nerastre delle scorie di lavorazione, appena al di là del torrente, mentre le vecchie fonderie ospitano un museo ricco di magnifici modellini che ricostruiscono alla perfezione un lavoro duro come pochi. Le gallerie sono oggi accessibili a tutti, e quella più nota è la Olavsgruva: la visita guidata a orari prestabiliti conduce i gruppi lungo un percorso di circa un chilometro a 50 metri di profondità che si snoda fra interessanti sale, lunghi tunnel e persino piccoli laghetti sotterranei.Riguadagnata la luce del sole – in verità quest’area è conosciuta come una delle più fredde del paese, e durante il nostro soggiorno lo conferma appieno – torniamo sui nostri passi a Folldal per raggiungere la prossima, attesissima tappa: il parco nazionale del Dovrefjell-Sunndalsfjella, ultimo regno in Europa del mitico bue muschiato. Il modesto centro informazioni si trova a Dombås, la principale località dei dintorni, dove con altri camper troviamo un’ottima sistemazione per la notte alle spalle della graziosa chiesetta locale con attiguo cimitero. Sebbene sia possibile inoltrarsi autonomamente nell’area protetta, per aumentare le nostre chance optiamo per un Musk Ox Safari: è una saggia decisione, premiando oltretutto il lavoro delle piccole cooperative locali di giovani che puntano sullo sviluppo del turismo naturalistico per avvicinare il più possibile e in sicurezza gli animali. L’escursione a piedi, della durata di circa 6 ore, parte dalla stazione montana di Kongsvoll (che, volendo, si raggiunge con mezzi propri lungo la strada per Oppdal): per la prima mezz’ora si sale nel bosco di betulle dove ciocche di peli testimoniano qua e là la presenza sporadica del bue anche a basse quote, ma incontrarlo qui è fonte di pericolo perché l’improvviso vis-à-vis potrebbe creare situazioni di tensione. L’indole dell’animale non è infatti delle più tranquille, e anni fa il fotografo italiano Angelo Gandolfi finì in prima pagina sui giornali locali per essere stato caricato dopo un eccessivo avvicinamento (la distanza minima suggerita è di 200 metri). Dopo il bosco si esce finalmente allo scoperto di infinite distese di salici nani e mirtilli, accompagnati dal verso dei pivieri dorati e dai segni di presenza della pernice artica. Continuando a salire in direzione del rifugio di Reinheim, la guida vi condurrà negli anfratti di questo altopiano spazzato da venti gelidi anche in piena estate, sempre alla ricerca del bue muschiato: nel parco ne restano circa 220 esemplari, la quasi totalità di quelli esistenti nel nostro continente, mentre popolazioni assai più numerose vivono in Groenlandia, Canada e Alaska. Tenaci e fortunati, scorgiamo dapprima in una valletta erbosa un maschio solitario, poi più in alto un gruppetto di una dozzina tra adulti e piccoli: la bufera di vento scuote il folto mantello degli impassibili buoi, e vederli pascolare tra queste montagne vergini è davvero uno dei grandi spettacoli della natura d’Europa.
A parte questo, l’area del Dovrefjell offre un ambiente ricco di attrattive, molte delle quali facilmente accessibili. Intanto a Kongsvoll si trova un piccolo ma decisamente interessante orto botanico, dove i sentieri s’inerpicano tra le fioriture estive del botton d’oro e della silene. Poi, poco prima di Dombås si estende sulla destra la riserva naturale di Fokstumyra, la prima istituita in Norvegia, con un bel sentiero circolare di 7 chilometri che aggira una zona umida ricca di arbusti di salice, cuscini di sfagno e boschetti di betulle. In paese si organizza anche un safari per l’avvistamento dell’alce, che però si rivela decisamente deludente per le modalità (dieci minuti di sentiero per due ore di appostamento, facili prede delle zanzare) e per il luogo di osservazione su un poggio a ridosso della statale.

La costa dei fiordi
Lasciati i monti del Dovre e la E6, andiamo ora a incontrare la Norvegia dei fiordi, le strette lingue di mare che per migliaia di chilometri, da Trondheim a Stavanger, penetrano la costa occidentale della penisola scandinava tessendo nell’aspro territorio una fitta rete di penisole.
Raggiunta Åndalsnes, la strada aggira il fiordo di Romsdal e tocca Ålesund. Di una delle cittadine più eleganti di Norvegia iniziamo col dire che un’area attrezzata per camper giusto in riva al mare, segnalata presso il terminal dei traghetti e dotata di pozzetto, acqua e bagni impeccabili completi di docce, toglie ogni pensiero – se mai ne aveste ancora, a questo punto del viaggio – consentendo di dedicarsi con tutta comodità alla visita del centro. Quest’ultimo si presenta decisamente interessante, con diverse sculture moderne lungo le strade e molti palazzi in Jugendstil dalle facciate decorate, costruiti ai primi del ‘900 dopo un rovinoso incendio che lasciò 10.000 abitanti senza casa. Un’estesa zona pedonale ben dispone a passeggiare, costeggiando i canali e curiosando sui lungomare. Molto interessante e ben allestito è il nuovo Aquarium alla periferia della città: assolutamente spettacolare la vasca da 4 milioni di litri dove, protetti da enormi vetrate, nuotano salmoni, tonni e altri pesci extralarge.Ancora sulle sponde del Mare del Nord, tra lo sciame di isole che accompagna questo tratto di costa, occorrono ponti e traghetti per raggiungere un altro santuario della natura, segnato appena sulle mappe: Runde. Collegata alla terraferma ancora da un ponte, quest’isoletta conta una popolazione di 160 abitanti e circa mezzo milione di uccelli marini. Le sue alte e ripide falesie sul versante occidentale offrono un sicuro riparo per la nidificazione ad enormi colonie di gabbiani tridattili, pulcinella di mare (presenti con 100.000 coppie), sule, gazze marine, urie, marangoni dal ciuffo. Frequente l’osservazione anche della grande aquila di mare, uno dei rapaci più maestosi, che suscita improvvisi richiami e versi d’allarme con le sue incursioni presso le pareti delle colonie a caccia di nidiacei o degli individui più vulnerabili. Viste le caratteristiche dell’isola la soluzione migliore è sistemarsi presso il camping Goksøyr, con poco spazio a disposizione ma completo di servizi e situato presso l’inizio del sentiero per raggiungere la sommità delle falesie.
Runde si esplora in una giornata. Mezz’ora di faticosa salita serve a guadagnare i 300 metri di dislivello fra la strada e il bordo della scogliera, attraversando la zona centrale dell’isola con alcuni piccoli laghetti naturali, dominio incontrastato di alcune coppie di stercorario maggiore, un uccello opportunista simile a un grosso gabbiano scuro che ruba letteralmente le prede agli altri uccelli. Lungo il precipizio a mare corre un sentiero che, con ulteriori dislivelli, raggiunge diversi punti di osservazione ciascuno con sue prerogative: il più settentrionale, denominato Raudenipa, è il migliore per osservare la grande colonia delle sule. Al più meridionale, Lundeura, i visitatori quasi riescono a toccare gli onnipresenti pulcinella che nidificano in buchi nel terreno, sotto le rocce dove siedono, a fianco di deliziati fotografi ed esperti birdwatcher, le famiglie incantate dallo spettacolo. Anche qui naturalmente occorrono pazienza e fortuna, ma qualche ora di osservazione nel periodo tra maggio e metà agosto raramente lascia delusi. Presso la reception del campeggio è possibile inoltre prenotare un’escursione in barca intorno all’isola oppure fino a un non lontano isolotto (40 minuti di navigazione) dove si osservano le foche: viene però effettuata solo con ottime condizioni di mare, e dunque non molto di frequente.

La terra dei ghiacci
Tornati sulla terraferma, via Spjelkavik e Linge raggiungiamo uno dei fiordi più belli e cioè quello di Geiranger. A precedere il paese è un belvedere sistemato su un balcone roccioso, da cui il panorama sulla sottile striscia di mare stretta fra ripidissime pareti verdeggianti di boschi è davvero da mozzare il fiato. Poi via, di nuovo per le montagne lungo la valle dell’Otta, con le rive verdeggianti e le acque ricche di trote e salmoni: non a caso questi luoghi richiamano frotte di pescatori e di appassionati di sport acquatici come il rafting. E’ il momento giusto per tirar giù la canoa dal camper e gustarsi a pelo d’acqua una magnifica giornata di sole.
A Lom, dove sorge una delle più antiche stavkirke della Norvegia, le tipiche chiese di legno, ha inizio una delle più grandiose strade di montagna del paese, aperta solo d’estate. I 200 chilometri che ci separano dal Lustrafjorden, ramo secondario del più grande Sognefjorden, richiedono molte ore di guida impegnativa a causa del percorso tortuoso, ma il paesaggio è incomparabile: fino a quota 1.440 la strada corre tra vette ghiacciate, nevai, laghetti e torrenti, poi quasi precipita in poche decine di chilometri al livello del mare.
Dopo aver seguito per un tratto la sponda destra del fiordo, la valle laterale di Jostedalen è la porta d’accesso alla distesa dello Jostedalsbreen, parco nazionale inaugurato nel 1991 a tutela della calotta glaciale più estesa del continente. La strada di fondovalle conduce al moderno ed elegante edificio del Breheimsenteret, grande centro visite dell’area protetta che ospita un museo dedicato al ghiacciaio, uno shop con ricco assortimento di souvenir e un panoramico ristorante. Nei pressi del centro si trova un piccolo campeggio, e sempre da qui parte una stradina a pedaggio che conduce a un parcheggio in direzione dello scintillante Nigardsbreen (una delle lingue sud-orientali dello Jostedalsbreen), ben evidente alla testata della valle. All’ufficio delle guide accanto al parcheggio è possibile noleggiare i ramponi oppure prenotare una visita guidata di durata e difficoltà variabili. Due le alternative per raggiungere la base del ghiacciaio: si prende un piccolo battello che attraversa le gelide acque di fusione di un laghetto o si segue per una ventina di minuti un sentiero a saliscendi tra roccioni levigati e torrentelli. Proprio sotto all’incombente massa bianca, quasi alla portata di tutti è il family tour che in un’ora conduce lunghe e variopinte cordate di turisti, con i ramponi ai piedi, in un facile percorso circolare tra i ghiacci. Altra e meno ravvicinata visuale su questo ghiacciaio da record è offerta dal museo norvegese dei ghiacciai a Fjærland, sul versante occidentale, che si raggiunge procedendo verso nord-ovest da Sogndal. La zanna vera di un mammuth, una galleria nel ghiaccio finto, la sezione per noi familiare su Ötzi (la mummia dell’Uomo del Similaun, vissuto 5.000 anni fa e rinvenuto nel 1991 sulle montagne tra Italia e Austria) e soprattutto uno spettacolare filmato su multischermo dedicato allo Jostedalsbreen – opera dell’italiano Ivo Caprino, che ha realizzato una pellicola analoga per il Norsk Sjøfartsmuseum di Oslo – ne fanno l’ennesima esposizione da non perdere prima di cambiare completamente scenario.

La città di Grieg
Attraverso la regione costiera del Sogn og Fjordane, dopo quasi 400 chilometri e alcune traversate in traghetto, la nostra prossima tappa è Bergen. Lungo la strada, da non perdere la stavkirke di Urnes, una delle più belle del paese: quasi anonima all’esterno, sorprende all’interno per le tre navate suddivise da sedici colonne con capitelli intagliati. Per raggiungerla, sono ben evidenti le segnalazioni del traghetto che attraversa il fiordo all’altezza di Solvorn.
Bergen è splendida come la ricordavamo. Il quartiere Bryggen, patrimonio mondiale dell’Unesco, si presenta isolato con vecchie case di legno pendenti come i pali delle fondamenta a causa di un’esplosione nel 1944, e sebbene sia naturalmente invaso dai turisti conserva un grande fascino e il ricordo di quando la città era uno degli snodi principali del commercio continentale. Quanto al dirimpettaio Torget, il mercato del pesce, rimane un ottimo riferimento per acquistare salmone d’allevamento e selvatico, trote macrostigma, gustosissimi granchi giganti, gamberetti, rane pescatrici, carne di balena; a gestire i banchi sono soprattutto studenti lavoratori presso le locali università, e non di rado italiani. Per il parcheggio del camper, la segnaletica locale rimanda a un’area sul lungomare poco oltre la fortezza di Bergen Hus che però, al nostro sopralluogo, si rivela distante, squallida e a pagamento come d’altronde tutti i posteggi in città: meglio allora lasciare il v.r. in uno dei parcheggi presso l’acquario, dall’approccio più ludico di quello di Ålesund e con vasche di foche e pinguini.
Al di là dell’attraente e affollato Bryggen, numerosi sono i punti d’interesse. Segnaliamo in particolare l’Hanseatiske Museum, uno spaccato della vita quotidiana al tempo dei fiorenti commerci della Lega Anseatica (potente alleanza di città del Nordeuropa a scopo commerciale), la stavkirke di Fantoft nella periferia sud, scrupolosamente restaurata dopo un incendio nel ’92, e soprattutto la casa di Edvard Grieg, altrimenti detta Troldhaugen, dove nacquero alcuni dei capolavori firmati dall’autore delle straordinarie musiche del Peer Gynt di Ibsen (quest’anno, in occasione del centenario della morte del compositore, è previsto uno straordinario programma di concerti ed eventi sui quali ci si può informare presso gli uffici del turismo).

Le spiagge del sud
Quarta città della Norvegia con 171.000 abitanti, cioè quanto un quartiere romano, Stavanger ancor più di Bergen ha un aspetto cosmopolita che è tra le immagini di un paese giovane e proiettato con decisione verso il futuro. In certi scorci dal lago Mosvangen, immerso in un grande parco urbano dove si trova il bel campeggio cittadino, i grattacieli che svettano dal verde fanno quasi credere di trovarsi a Central Park. Il centro è piccolo e raccolto presso il porto, anche questo animatissimo, costellato di pub e circondato da rifornitissimi supermarket. Da vedere ci sono la Gamle Stavanger, ovvero la parte vecchia dove i facoltosi residenti annaffiano incantevoli giardinetti lungo viuzze ancora acciottolate, una fattoria dell’Età del Ferro con alcune capanne in pietra e il tetto rivestito di prato, ma anche l’ottimo museo norvegese del petrolio, con la storia delle prospezioni che hanno fatto la fortuna recente di questo popolo e la ricostruzione della vita e del lavoro sulle piattaforme di estrazione in mare.
Stavanger, infine, è il punto di partenza per una delle escursioni più frequentate dell’Europa settentrionale: quella verso il famosissimo Pulpito o Preikestolen, meta all’altezza della fama. Ci vogliono un paio d’ore di cammino per coprire i 230 metri di dislivello dal grande parcheggio a pagamento di partenza: il percorso, suggestivo e mai monotono, alterna tratti in salita ad altri pianeggianti fra torbiere e laghetti, snodandosi quasi per intero sotto un’ombrosa pineta. Solo al termine, dopo aver guadagnato una cresta alla fine di una rampa di lisci roccioni, si apre il sensazionale panorama che troneggia su tutti gli opuscoli promozionali della Norvegia. La falesia di granito, che più in verticale non si può e per di più su tre lati, precipita per 604 metri nel fiordo sottostante. Con cautela, nessuno si risparmia lo scatto ricordo sul ciglio dell’abisso, ma per le foto meglio evitare le ultime ore del lunghissimo pomeriggio scandinavo: dopo le cinque e mezzo, infatti, l’ombra della montagna conquista a poco a poco il belvedere ponendolo troppo in contrasto con lo sfondo del fiordo ancora assolato.
Ripresa la E39 torniamo a dirigere il camper verso mezzogiorno, anzi stavolta direttamente al Capo Sud: è Lindesnes, o meglio il promontorio roccioso che s’inoltra nelle acque dello Skagerrak alla periferia del paese. Al contrario di Capo Nord – che da qui dista, come indica solerte una freccia, ben 2.518 chilometri – il luogo è piacevolmente solitario, sicché non resta che ammirare il panorama gironzolando sulle grigie rocce, salire sul faro, puntare il cannocchiale nelle direzioni indicate da una grande rosa dei venti (l’accesso all’area è a pagamento ed è vietato il pernotto).
Poco più ad est c’è Mandal, animata e turistica località che vanta, dicono le guide, la più bella spiaggia di Norvegia. E in effetti una piccola striscia di sabbia, davvero una rarità da queste parti, divide il mare dal retrostante bosco di pini e betulle: la scegliamo per un fugace bagno di mezzanotte, poi all’indomani iniziamo a risalire la costa verso nord.
Prossima tappa è Kristiansand, piacevole cittadina con un importante porto e il centro suddiviso da strade perfettamente perpendicolari, come fossero cardi e decumani di latina memoria. Più che capolavori d’arte e di natura, però, a condurre il camper sin qui è stato un paragrafo della guida sottolineato più volte in rosso da manine tanto entusiaste quanto sicure del fatto loro: e va detto che il Dyrepark, l’ex zoo cittadino riconvertito a enorme ed alternativo parco dei divertimenti, rende giustizia all’intera famiglia senza distinzioni di genere, interessi, età. Basti citare la ricerca dell’oro nel torrente con i setacci, la discesa col bob nel bosco, lo scavo dei minerali con martello e scalpello, il percorso aereo sulle corde e – da far drizzare i capelli – la discesa delle cascate sui tronchi. Di notevole richiamo quel che resta del settore faunistico, ampi recinti in cui ammirare bisonti, daini, stambecchi, volpi polari, alci, lupi, linci, ghiottoni e lontre.
Mare quasi accessibile e temperature elevate fanno di questo tratto di costa una destinazione per le vacanze tra le preferite dal turismo interno. Anche agli occhi di un europeo del Sud, però, pur se abituato a ben altri lidi, trascorrere qualche giorno in piccole capitali balneari come Grimstad, Arendal o più avanti Risør e Kragerø ha il sapore del relax totale e incondizionato.
Prima dell’imbarco per la Danimarca, nei pressi di Langesund dedichiamo le ultime ore a un minuscolo paesino disseminato in frazioni tra alcune isolette: si chiama Lyngør e ne conservavamo il ricordo grazie a un vecchio articolo di una rivista dove addirittura si celebrava il suo titolo di “villaggio ideale d’Europa”. Lasciato il camper nel parcheggio alla fine della strada, sulla destra, ce ne andiamo a piedi alla scoperta di un felice microcosmo fatto di casette fiabesche, isolotti raggiunti da un ponticello, barche ormeggiate davanti al giardino di casa. Lungo le passerelle di legno che zigzagano tra gli scogli, magnificamente inserite nell’ambiente, i bambini pescano granchi con successo in un’acqua limpidissima e brulicante di vita. Chi fa il bagno, chi pagaia in canoa, chi legge un libro sui roccioni di granito, mentre le beccacce di mare zampettano sulla riva a caccia di cozze. E va bene che il paradiso è sempre altrove, ma un viaggio in Norvegia si ricorda anche per il confronto con un altro mondo possibile. La testa è piena di pensieri quando il camper, un mese dopo, mette di nuovo le ruote sul traghetto: sì, le chiamano vacanze.

PleinAir 419 – giugno 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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