Un weekend con Salvo

In viaggio con la fantasia tra il mare e il barocco del sud della Sicilia, cercando le scenografie in cui si girano le quotidiane avventure del commissario più famoso d'Italia. «Montalbano sono!», e la storia comincia.

Indice dell'itinerario

Vigata è il cuore di una Sicilia che si snoda tra memoria e finzione per descrivere sé stessa. Un palcoscenico immaginario che accoglie le sequenze migliori di un’infinita selezione, montata a regola d’arte da una mano che questa terra la conosce così bene da saperla reinventare morbida e trasognata. Basta guardarsi attorno per tirar fuori dalle pagine di Andrea Camilleri l’altopiano con le case aggrappate alla roccia, le pietre arroventate dal sole delle ore più calde o rivestite dalla luce dorata di albe e tramonti, le tegole dei tetti aggrappati alla collina, la sensualità barocca delle chiese, i muri e i davanzali tracciati come un immenso labirinto a rilanciare la grandezza di cupole e campanili che si stagliano contro il cielo di un azzurro terso e profondo.
E’ in mezzo a questi geroglifici stampati sul paesaggio immobile che vive il commissario Montalbano, il poliziotto letterario e televisivo più famoso d’Italia. Per chi volesse incontrarlo veramente, fino ad ottobre Luca Zingaretti è da queste parti: sta girando, tra Ragusa e Noto, i nuovi episodi che vedremo all’inizio del prossimo anno. Ma la sua Vigata, sulla carta geografica, non esiste. Sì, perché questi sono luoghi ricreati seguendo la linea dei ricordi, sfidando con l’immaginazione le coste deturpate dal cemento, le montagne assaltate dall’abusivismo, gli orrori edilizi. Un colpo di spugna restituisce intatti i profumi e le atmosfere di una volta, una Sicilia antica e nobile fatta di ville rurali, chiese barocche, piazze lastricate dove Montalbano si divide fra un delitto, una scaramuccia con Mimì Augello (interpretato da Cesare Bocci) e un piatto di pasta con le sarde.

Chiacchiere in piazza
Vigata è Ibla, una teoria di saliscendi che fa da sfondo a innumerevoli momenti della fiction: questa è la parte più antica di Ragusa, ricostruita dopo il terremoto che distrusse la Val di Noto nel 1693. In basso un’esplosione di barocco innestato dalla nobiltà feudale sulla pianta medioevale originaria dell’abitato; in alto la parte nuova, larghe vie, palazzi moderni.
La piazza principale è una fuga di pietra verso la scalinata di San Giorgio, una delle due chiese del paese di Montalbano: un’architettura gigantesca del 1744, che si stringe attorno alla sua cupola. A valle parte il Corso XXV Aprile: sulla sinistra, appena imboccata la strada, il circolo cittadino presta i suoi ambienti alla fantasia. Fondato alla fine dell’Ottocento dai nobili ragusani, nelle sue sale lo scorrere degli anni è un mormorio lontano tra grandi specchi, affreschi, i bicchieri di acqua e anice dietro i vetri delle verande, le interminabili partite a briscola, le sedie impagliate. Attorno alla piazza le gelaterie preparano deliziosi sorbetti al Nero d’Avola (un vino perfetto anche sulle grigliate di carne, sulle salsicce, sui formaggi pepati) e la più canonica granita alle mandorle, ideale compagna di una bella brioche. Ma il paese, in tutte le sue sfumature, si gode meglio dall’alto. A Santa Maria delle Scale sono state girate alcune delle più belle panoramiche del serial: Ibla si avventa sul fondo del precipizio, infiammata da una luce che sembra voler divorare questo presepe scavato nella roccia.
Suggestioni che si ripetono a tavola. Un vero numero di gastronomia ragusana è la cucina della Locanda Don Serafino al 39 di Via Orfanotrofio, negli antichi bassi di un palazzo nobiliare del Settecento. Da non perdere i ravioli di carrubo con bottarga di tonno, il coniglio farcito con pistacchi di Bronte e pancetta, il dessert di Ragusano su pasta sfoglia e miele di timo. Statene certi, Montalbano qui sarebbe di casa.

Quattro passi nel delitto
Tagliamo la campagna iblea attraverso una geometria fantastica di strade che asseconda il territorio percorrendone le mille venature. E in fondo a ognuna di queste, una scoperta: un casolare, un ovile, una torre di avvistamento. O una grotta. Per visitare quella delle Trabacche è meglio armarsi di buone scarpe, visto che ci sono da saltare almeno dieci muretti prima di raggiungerla, ma ne vale la pena. In questo anfratto il commissario scopre le mummie di due fidanzati stretti nell’ultimo abbraccio e vegliati da un Cane di terracotta. La caverna è una catacomba di epoca bizantina; al suo interno, tre sepolcreti a baldacchino la rendono unica fra quelle ritrovate in Sicilia.
Più avanti, il castello di Donnafugata (non si confondano gli estimatori di Tomasi di Lampedusa, si tratta di un’omonimia) è un’imponente villa costruita nel 1865 dal barone Corrado Arezzo sui ruderi di una rocca trecentesca. La casa ha 122 stanze e un parco di 8 ettari con finte caverne rivestite di stalattiti prelevate da altre spelonche, giochi d’acqua, un labirinto di pietra, giardini all’italiana, all’inglese e alla francese; i saloni affrescati conservano mobili e dipinti originali. Nella Gita a Tindari questa è la casa del vecchio boss Balduccio Sinagra: in cima alla scalinata sorvegliata da due sfingi di marmo, affacciato alla balconata sormontata dal loggiato gotico veneziano, il vecchio capomafia svela a Montalbano la soluzione del giallo.
Marinella, dove abita il commissario, è a Punta Secca, a pochi chilometri da Santa Croce Camerina. Il faro bianco circondato dalle case colorate dei pescatori è proprio alle porte del borgo: una grande piazza che si affaccia sul mare, un piccolo bar al centro. Pochi passi ed ecco la casa del commissario con la lunga veranda, le persiane verdi di legno che si aprono dalla cammara direttamente sulla spiaggia. Un piccolo paradiso che Salvo divide solo con la sua Livia, l’attrice svizzera Katharina Bohm. La costa da qui è una lunga virgola dorata interrotta dai colori forti delle barche capovolte, e pare di vederlo il commissario che esce dall’acqua dopo una nuotata, aspettando lo squillo del telefono trascinato fino in riva al mare. Di fianco alla casa, una prua di cemento con i sedili in marmo si allunga nell’acqua: qui Montalbano si assitta per godersi il calare del sole.
Da Marina di Ragusa la provinciale 25 risale verso il capoluogo. Dopo pochi chilometri si incontra Villa Criscione dove è stata girata gran parte del film La forma dell’acqua: la casa dell’ingegner Luparello, vittima dell’assassinio che dà il via alla storia, è una splendida masseria fortificata dei primi del Novecento recentemente restaurata, con saloni affrescati, torrioni merlati, giochi d’acqua e ruscelletti che sfociano in una bella piscina all’ombra di un patio circondato da mandorli e carrubi. D’estate ospita concerti e stagioni teatrali.
Più avanti fermatevi all’Eremo della Giubiliana, una fortezza del Cinquecento costruita dal Cavalieri di Malta e oggi raffinato albergo a cinque stelle con aeroporto privato. Nella Voce del Violino ci vive l’affascinante Michela Licalzi (interpretata da Alessia Merz) e in una delle sue suite l’antiquario Guido Serravalle (Giovanni Vettorazzo) confessa a Montalbano di essere l’omicida della protagonista.

Il caso è chiuso
A Modica c’è l’altra chiesa di Vigata: il duomo di San Giorgio svetta su una scalinata che con i suoi 250 gradini attraversa il paese fino al corso principale. Il prospetto di calcare bianco è tutto un trionfo di barocchetto siciliano con la facciata convessa e concava, i movimenti plastici che si distendono intorno alla cella campanaria. Solo per un attimo lasciamo le tracce del commissario e seguiamo il profumo del cioccolato visitando la dolceria Bonajuto, un indirizzo per veri gourmet ma anche per semplici golosi: 300 anni di esperienza senza mai tradire la ricetta originaria, solo cacao e nient’altro, in straordinaria abbinata all’essenza di peperoncino, alla cannella, alle scorze di agrumi. Un altro tesoro sono le impanatigghie, scrigni di pasta frolla farcita con una felice combinazione di cioccolato e carne bovina tritata.
Tornando verso il mare, Scicli è a due passi. Il palazzo comunale di quest’altro gioiello barocco è il commissariato di Vigata dove vigila pirsonalmente di pirsona l’agente Catarella (Angelo Russo). Via Mormino Penna è una delle più belle strade di Sicilia, una spettacolare sequenza di chiese e residenze nobiliari tra cui Palazzo Iacono, in cui è ambientata la questura di Montelusa. Alle spalle, su una rocca, la chiesa di San Matteo; di fronte, Sant’Ignazio custodisce un’insolita statua della Madonna raffigurata a cavallo e con la spada sguainata.
Sulla litoranea, a Donnalucata, Salvo dà appuntamento alla bella Ingrid che giunge a bordo di una fiammante Ferrari. Qui il commissario e la fimmina svidisa si guardano per la prima volta negli occhi, mettendo alla prova la fedeltà di Montalbano per la sua Livia. Loro non hanno avuto tempo di prendere un gelato, ma voi sì: imperdibile quello alle carrube del bar Blue Moon, dietro una delle case basse che si affacciano sul mare.
Proseguiamo lungo la costa in direzione sud fino a Contrada Sampieri dove l’ex fabbrica di mattoni Pisciotto, la Mannara della Forma dell’acqua, è il teatro dell’omicidio dell’ingegner Luparello. E’ un curioso esempio di archeologia industriale di fine Ottocento, con mura a secco. Da lontano, perso fra la campagna e il mare che bagna una spiaggia di sabbia finissima, sembra un tempio: colonne, archi, volte.
Al porto di Pozzallo, sempre nella Forma dell’acqua, l’eroe di Camilleri per la prima volta se la vede brutta e finisce a terra ferito. Sullo sfondo, la Torre Cabrera e la banchina da cui partono le navi per Malta.
Non resta che tornare a Ibla e aspettare che faccia buio, quando la città vecchia appare come sospesa al chiarore lunare che scende a sfiorare le strade. E’ una di quelle notti che non succede nulla: buona per voi, ma non per Montalbano. Lui, con una notte così chiatta, si arrisbiglia e non prende più sonno.

PleinAir 398 – settembre 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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