Trekking sul Gran Paradiso: itinerario e percorsi consigliati

Lasciato il v.r. e indossati gli scarponi, la facile salita al santuario di San Besso e al vicino Piano dell'Azaria, sul versante torinese del primo parco nazionale italiano, è un'occasione per immergersi nella natura intatta e nei paesaggi alpini sullo sfondo di leggende millenarie e tradizioni pastorali

Indice dell'itinerario

Il lato piemontese del Gran Paradiso è forse meno famoso di quello valdostano, ma non per questo meno affascinante: al contrario, il fatto di essere meno battuto rende più probabili gli incontri a tu per tu con stambecchi e camosci. Accade soprattutto con l’arrivo della bella stagione, quando i cuccioli sgambettano per mettere alla prova le proprie abilità e si dimenticano di badare ai dintorni, lasciandosi sorprendere in pose divertenti dagli escursionisti.

Questo lato del massiccio è delimitato dalla Valle Orco e dalla Val Soana, che s’infila come un cuneo all’interno del parco spingendosi verso il confine con la Valle d’Aosta, dove si scopre che non sempre le catene montuose dividono: ne abbiamo una lampante dimostrazione tra le cime ripide e le profonde gole che ci circondano. Antichi documenti svelano infatti che sino al XIII secolo i defunti di Cogne, dall’altra parte del Gran Paradiso, venivano trasportati a Campiglia Soana per esservi sepolti. La quindicina di chilometri che in linea d’aria separa le due località decuplica usando le vie carrabili (quasi 150 chilometri): ancora nell’800, tutta la zona rientrava sotto la giurisdizione del Comune di Cogne.

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Un santo corazzato

Uno dei luoghi di passaggio per raggiungere il versante valdostano del Gran Paradiso è il santuario dedicato a San Besso, che sorge a 2.019 metri di altitudine. Questo indossava nientemeno che la corazza del legionario romano. Patrono di Ivrea, ma assai venerato dalla popolazione anche nei luoghi di cui andiamo a trattare, indossava nientemeno che la corazza del legionario romano, e tradizione vuole che si trattasse di uno dei 6.000 soldati della Legione Tebea di stanza ad Agaunum (l’odierna Saint-Maurice svizzera, nel Vallese): formata da uomini di varia estrazione, contava un certo numero di cristiani che sul finire del III secolo si rifiutarono di adorare l’imperatore come divinità e soprattutto di partecipare alle persecuzioni religiose.

Fu proprio questo a decretare la fine dell’intera legione, poiché Massimiano ne ordinò il massacro. I superstiti si dispersero per i monti, dove lasciarono le proprie tracce: sull’arco alpino occidentale capita appunto di trovare piloni votivi che non raffigurano solo le tradizionali icone di Madonne, santi e angeli, ma anche immagini di soldati con tanto di elmo e corazza.

San Besso si rifugiò in Val Soana dove catechizzò i Salassi, una tribù di pastori, prima di essere fatto precipitare (forse ad opera di alcuni ladri di bestiame, ma in proposito le fonti non sono chiare) dall’alto delle rupi del Monte Fantono, dove sorge l’edificio a lui dedicato. Ancora oggi, il 10 agosto, qui si svolge una festa in suo onore che vede un grande afflusso di fedeli provenienti da tutte le valli del circondario.

I percorsi di Trekking sul Gran Paradiso

La prima parte del sentiero che raggiunge il santuario dal versante piemontese è assai ripida ma piacevole, grazie a una vista spettacolare sulla vallata. Accompagnati da una folta presenza di camosci, stambecchi, marmotte, aquile e gracchi alpini, si percorre la valle fino all’abitato di Campiglia Soana (1.350 m) dove la carrozzabile asfaltata termina in un ampio parcheggio proprio di fronte all’Albergo Gran Paradiso, una struttura non più in funzione.

Si prosegue lungo la sterrata passando accanto a una fresca pineta attrezzata con tavolini, dove è consigliabile effettuare un abbondante rifornimento d’acqua poiché non si troveranno altre fonti per tutto il tragitto. Si supera la sbarra che blocca il passaggio ai veicoli a motore e si continua sulla stradina che costeggia il torrente, inoltrandosi dolcemente verso il Piano dell’Azaria (1.575 m). Passato un bel ponte di legno, si sale su alcuni tornanti per affacciarsi ai margini del pianoro, a circa un chilometro e mezzo dalla partenza. Finalmente si trova sulla destra il bivio segnato n. 625 per i sentieri San Besso e Col d’Ariettaz.

Il percorso s’inerpica tra i larici toccando le Grange Randonero (1.817 m) e più avanti le Grange Ciavanis (1.876 m), entrambe circondate dai pascoli. Specialmente in prossimità della seconda tappa il contesto è propizio all’osservazione dei camosci, in particolare durante la primavera o in autunno inoltrato. Il santuario di San Besso e la caratteristica roccia che lo sovrasta (forse proprio quella ai cui piedi il santo trovò la morte) sono già in vista, e un’ultima rampa a tornanti ci porta al fronte dell’edificio: il dislivello complessivo dell’itinerario è di meno di 700 metri, per un’ora e 45 minuti circa di cammino.

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Presso Valprato

Dietro il complesso, edificato nel XVI secolo forse su un preesistente luogo di culto e largamente rimaneggiato a metà ‘800, si trova un ricovero che normalmente è chiuso, ma in località Valprato è possibile procurarsi la chiave. Il ritorno si svolge sul tracciato dell’andata, a meno che non si abbia intenzione di allungare la gita e fare un’altra escursione.

In questo caso si prosegue verso il retro del santuario, puntando attraverso i pascoli per l’Alpe Balma (2.152 m); si sale quindi lungo un canalone che s’incunea in un intaglio fra le rocce, per poi scendere attraverso due pietraie segnalate da ometti e bolli rossi. Da qui si percorre un panoramico sentiero a mezza costa che porta alle Grange dell’Arietta (2.288 m), dove si perde quota in modo deciso lungo una sterrata con vari tornanti, sfiorando le Grange del Barmaion e giungendo sulla sterrata di fondovalle del Piano dell’Azaria, che si percorre a ritroso fino al punto di partenza. Se si sceglie di tornare compiendo questo itinerario, bisogna mettere in conto almeno 6 ore di cammino.

Dalla Strada Reale di Caccia al Piano dell’Azaria

Anche se non si volesse percorrere il tour circolare proposto per il ritorno, certamente più impegnativo del primo, è il caso di incamminarsi lungo la comoda sterrata per fare almeno una puntata al Piano dell’Azaria. Oltre a ritrovarsi in una conca dall’ambiente assai gradevole e rilassante, si percorre un tratto della Strada Reale di Caccia fatta costruire nel 1897 da Umberto I: il tracciato copriva una distanza di 23 chilometri per congiungersi con un percorso gemello che saliva da Cogne attraverso la Bocchetta del Rancio. Il re si recò una sola volta a caccia nella Val Soana, ma la costruzione della strada portò numerosi benefici agli abitanti del posto, dato che per realizzare la carrareccia fu utilizzata principalmente manodopera locale, e questo rappresentò un’ancora di salvezza per molte famiglie che versavano in condizioni di indigenza.

Il Piano dell’Azaria è il luogo ideale per riposarsi dopo un lungo cammino, immersi in una natura rigogliosa, e c’è chi usò parole toccanti per descriverlo, nonostante si riferisse al periodo trascorso a Campiglia Soana durante il servizio di leva. “Passarono troppo in fretta quei giorni spensierati, ma il ricordo dura ancora; e anche il Piano dell’Azaria restò nel ricordo come il luogo più bello della terra: come un posto sognato e non vero dove l’acqua limpida scorreva leggera tra cuscini di fiori, con i larici che rinverdivano lungo i fianchi della valle, con le nubi vaporose e fantastiche dentro un cielo altissimo, e canti di uccelli e occhi di ragazze”. Si tratta dello stralcio di un articolo che Mario Rigoni Stern pubblicò su La Stampa del 7 luglio 1980; eppure, a tanti anni di distanza, la magia che avvolge questo remoto angolo del parco è rimasta intatta.

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