Un museo a cielo aperto

A due passi da Trieste, la breve costa dell'Istria slovena ospita un vero gioiello d'arte e di storia: Pirano, che nelle sue architetture mostra ancora evidenti i segni di un'antica fondazione e del lungo sodalizio con la Repubblica dei Dogi. Una gita fuoriporta o quasi tra cultura, natura, tradizioni locali, saporita gastronomia marinara e moderne occasioni di divertimento e relax.

Indice dell'itinerario

Un tempo era un porticciolo per piccole imbarcazioni da pesca, poi fu interrato e divenne il fulcro della vita cittadina: oggi al posto della darsena di Pirano c’è Piazza Tartini, un ovale di marmo accessibile solo ai pedoni. E’ il salotto buono della cittadina slovena, dove i caffè alla moda sono affollati da turisti e da gente del posto nelle lunghe serate dalla primavera alla fine della stagione estiva. Nella fresca brezza che sale dal mare, i bambini giocano e pattinano indisturbati ai piedi del bronzo che ritrae Giuseppe Tartini (1692-1770): la statua fu eretta due secoli dopo la nascita del celebre compositore e violinista, e all’illustre concittadino Pirano dedica anche un festival di musica. La casa del maestro, autore di ben 130 concerti e di oltre 170 sonate per violino (fra cui il celebre Trillo del diavolo), custodisce vari manoscritti, un suo ritratto e un prezioso violino che gli apparteneva.
Oltre alla residenza del grande artista, sulla Tartinijev Trg si affacciano eleganti palazzi che svelano storie e leggende antiche come quella della rossa Casa Veneziana, la Beneske Hisa, adagiata all’angolo con la Ulica IX Corpusa. Oltre ad essere uno dei migliori esempi di gotico veneziano del ‘400, è conosciuta per l’iscrizione “Lassa pur dir”, lascia che parlino, incisa su un nastro di pietra che fuoriesce dalla bocca di un leone. Il palazzo, così si dice, era abitato da un ricco mercante veneziano e da una bella giovane del luogo: i due vivevano assieme pur non essendo sposati, alimentando così i pettegolezzi sul fatto che il commerciante avesse una moglie a Venezia, e questo spiegherebbe la frase.
Non meno interessanti risultano il Sodna Palaca, ovvero il Palazzo di Giustizia, quello del Municipio e la chiesa di San Pietro, del 1272, rimaneggiata in forme neoclassiche all’inizio del XIX secolo. Dalla piazza in breve si accede al porticciolo, sempre animato da curiosi e da pittori innamorati del paesaggio, da sfaccendati e da pescatori con la loro attrezzatura.
Adagiata sulla punta di una penisoletta con gli edifici e le mura arroccate su un promontorio, in prossimità del confine con la Croazia e a meno di 40 chilometri da Trieste, Pirano mostra tutta la sua bellezza dal mare: grazie a piacevoli escursioni in barca si possono scoprire comodamente angoli di costa altrimenti irraggiungibili, e ci si può spingere fino a Portorose per una passeggiata romantica oppure per una cena sull’acqua, a bordo del peschereccio, illuminati dalle luci della riva.
Chi invece preferisce restare con i piedi per terra può passeggiare sul lungomare, dove si concentrano alcuni fra i migliori ristoranti della zona. A farla da padrone in cucina è il pesce che arriva freschissimo e profumato dall’Adriatico: branzini, scampi, seppioline, orate, scorfani. A bagnare il tutto, una fresca malvasia istriana o un’intensa ribolla del Collio sloveno. I gestori dei locali conoscono bene i gusti degli italiani, in particolare dei triestini e dei veneti che spesso si concedono piacevoli gite gastronomiche domenicali, gustando prodotti di qualità a un giusto prezzo. Per cimentarsi con i piatti della tradizione, ma anche per visitare in tutta comodità il centro storico, i periodi migliori sono probabilmente l’autunno e la primavera, quando l’affluenza turistica si riduce: è allora che il borgo svela tutta la sua armoniosa bellezza.
La storia di Pirano si scopre passeggiando di calle in calle, entrando nelle chiese, perdendosi nei vicoli per cercare di ascoltare qualcuno che parli istroveneto, un dialetto che assomiglia a una specie di veneziano arcaico. I legami con la Serenissima Repubblica, alla quale la città restò fedele per oltre cinquecento anni a cominciare dal 1283, sono palesi: in Piazza Tartini, oltre ad alcuni edifici di chiara impronta veneziana, subito si notano due pili, basi in pietra su cui venivano issati gli stendardi, antecedenti all’interramento della darsena: uno reca l’immagine del patrono San Giorgio, l’altro il Leone di San Marco. Pirano, del resto, aveva ottimi rapporti commerciali con la città dei dogi, legati soprattutto al proficuo commercio di sale.
Tra le più interessanti architetture erette durante il dominio di Venezia, molte delle quali sono ancora visibili, l’esempio più evidente è il campanile del duomo di San Giorgio, sulla cui sommità troneggia la statua di San Michele: alta più di 46 metri, la torre è la copia ridotta di quella che svetta in Piazza San Marco. Dalla sommità, la vista abbraccia il battistero ottagonale di San Giovanni Battista, del 1650, e il dedalo di strade che solcano l’appuntito centro storico fino a gettarsi nell’Adriatico, ma nelle giornate limpide lo sguardo si spinge fino a Trieste e alle Alpi Giulie. Un panorama stupendo, soprattutto al tramonto quando il mare s’incendia di rosso. Anche l’interno della grande chiesa merita una visita, con il complesso soffitto ligneo, l’argentea scultura di San Giorgio e numerose tele di una certa importanza, tra cui San Giorgio che protegge Pirano, opera del 1706 di Angelo de Coster che volle dipingere la città dal mare. Non è distante e certo da non perdere la chiesa di San Francesco, con un dipinto di Vittore Carpaccio raffigurante la Madonna con tutti i santi; da qualche anno il bel chiostro in pietra scolpita ospita serate musicali.
Anche dalle vicine mura medioevali, una lunga cerchia dominata da sette massicce torri ancora ben conservate, si apre una vista spettacolare della città. Questa complessa opera difensiva, che probabilmente esisteva già nel VII secolo, servì a proteggere Pirano da attacchi nemici provenienti da terra o dal mare ed ebbe una grande importanza anche durante il dominio veneziano, tanto che della sua manutenzione si occuparono il Maggior Consiglio, i capi delle contrade, i sindaci. Le porte d’accesso al nucleo urbano, alcune delle quali ancora in piedi, restavano aperte dall’alba al tramonto; i controlli erano severi soprattutto durante le epidemie di peste, quando per entrare a Pirano bisognava esibire un salvacondotto sanitario. Un tratto della cinta muraria è stato demolito, ma l’aspetto originario si può osservare in alcuni preziosi dipinti come l’imponente Madonna con il Bambino e i Padri piranesi, opera del 1578 di Giacomo e Domenico Tintoretto, attualmente conservata presso la sala delle riunioni del Palazzo Comunale.


Sole, sale e natura
Secondo alcuni il nome di Pirano deriverebbe dal termine greco pyr, fuoco, forse perché nell’antichità proprio sulla punta della penisola venivano accesi grandi falò per guidare le imbarcazioni in viaggio verso il promontorio di Capodistria. In proposito merita una visita il Museo del Mare Sergej Masera, allestito nelle sale del neoclassico Palazzo Gabrielli, che oltre a conservare offerte votive dei marinai, attrezzature usate dai pescatori, archibugi, armi e decorazioni dei soldati della Seconda Guerra Mondiale, ospita vari modelli di navi d’ogni epoca. Non manca una collezione di utensili adoperati nelle saline, che per secoli costituirono la ricchezza di questa terra: la produzione di sale ebbe un notevole impulso grazie al miglioramento delle tecniche di raccolta a partire dalla seconda metà del ‘300, con la preparazione del fondo dei bacini di cristallizzazione per evitare il contatto del fango con il minerale.
L’oro bianco è stato un’importante fonte di ricchezza per Pirano. Alla fine del XIV secolo l’alto ufficio di Venezia, detto magistrato dei sali, permise al Comune di Pirano e ai suoi salinai di produrre 3.500 moggi di sale l’anno, ossia 2 moggi, corrispondenti a 1.940 chili, per ciascun campo salifero. Dai dati a disposizione presso l’archivio si desume che il comune di Pirano disponesse allora di 1.750 bacini di cristallizzazione. Così precisa un pieghevole dedicato appunto alle saline e al Solinarski Festival, la rassegna dei salinai che si tiene solitamente ad aprile in concomitanza con la festa del patrono; il Museo del Sale e le Saline di Sicciole, in sloveno Secovlje, si possono invece visitare tutto l’anno. All’interno del piccolo spazio espositivo è interessante scoprire gli attrezzi, l’abbigliamento, le calzature e approfondire la conoscenza di questo pesante lavoro e della vita dei salinari. L’area protetta, dal canto suo, è anche un’importante risorsa ambientale che tutela circa 650 ettari in cui vivono 270 specie di uccelli, un terzo dei quali nidificanti: armati di macchina fotografica e di pazienza, è possibile riprendere il fraticello, il cavaliere d’Italia, il gabbiano reale.
Tra canneti, vasche, canali e ruderi delle saline si snodano sentieri e piccole strade da percorrere in bicicletta o a piedi. Escursioni facili ma affascinanti, come quelle articolate nel triangolo compreso tra Portorose, Pirano e Strugnano: dieci tracciati panoramici che permettono di scoprire il paesaggio istriano con prospettive che non deluderanno gli appassionati di belle immagini. Ad esclusione dei 13 chilometri del tracciato costiero che inizia a Sezza e termina nel territorio di Strugnano, gli itinerari hanno una lunghezza di 4 o 5 chilometri e per individuarli basta richiedere presso gli uffici del turismo il pratico pieghevole che li descrive nel dettaglio. Sulla collina di Sezza merita una visita Forma Viva, un’esposizione permanente di sculture in pietra disposte in un bel parco: sono circa 120 le opere donate negli ultimi quarant’anni da artisti di oltre trenta paesi.
Chi invece vuole trascorrere la giornata all’insegna del più completo relax può attardarsi sulle spiagge di Portorose o farsi coccolare nei centri benessere. Il paese si è sviluppato quando sorse un primo stabilimento termale da cui la stessa località ha preso il nome: oggi si sfruttano le proprietà benefiche del fango delle saline, dell’acqua termominerale e di quella di mare, per curare patologie della pelle e malattie reumatiche. Oltre alle terapie tradizionali, in molte strutture si praticano anche l’agopuntura e la magnetoterapia e vengono proposte sedute di massaggi ayurvedici.
Nonostante l’abbondanza di alberghi e una certa speculazione edilizia, Portorose resta sicuramente la destinazione più frizzante della breve costa slovena, amata dai giovani per la vita notturna e da tutti per i numerosi eventi culturali, musicali e sportivi: una vivace conclusione prima di tornare a varcare il confine intorno a questo estremo lembo di Adriatico che, oggi come una volta, continua a raccontare le sue storie.

Testo e foto di Alberto Campanile e Anna Brianese


PleinAir 458 – settembre 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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