Un mondo di storia

La Rimini che non ti aspetti: fra una serata in allegria e un richiamo di tintarella sulle spiagge, non mancate di visitare il centro storico che conserva importanti esempi del suo nobile passato romano.

Indice dell'itinerario

Ai margini dei vasti spazi della Pianura Padana, Rimini fu la prima vera e propria testa di ponte romana in un ampio territorio popolato da tribù galliche più o meno bellicose. Dopo la sua fondazione, avvenuta nel 268 a.C., Ariminum venne ristrutturata approfonditamente nel 27 a.C. per volere di Ottaviano, al quale si deve la realizzazione del principale monumento dell’età antica: il grande ponte a cinque arcate sul corso del Marecchia, che sarebbe stato portato a termine qualche decennio più tardi sotto l’impero di Tiberio.
La Via Emilia fu invece costruita fra il 191 e il 187 a.C. sotto il console Marco Emilio Lepido, con lo scopo di permettere alle legioni di raggiungere velocemente Piacenza partendo appunto da Rimini. Lungo il suo tracciato si svilupparono in breve tempo molte delle città dell’odierna Emilia Romagna: Bologna nacque nel 189 a.C., Forlì l’anno seguente, Reggio Emilia e Imola a partire dal 187, Modena e Parma dal 183. Di epoca successiva, ma comunque legate al momento di massimo splendore della strada in epoca romana, sono anche Fiorenzuola, Fidenza, la scomparsa Claterna, Faenza, Forlimpopoli e Cesena.

Ai margini del tracciato della consolare, quasi sempre rettilineo, la piana venne segnata poco alla volta dalle maglie della centuriazione, cioè della divisione in appezzamenti agricoli di forma regolare. Impressionante è la descrizione che gli storici danno di questa organizzazione del territorio: ogni 714 metri (il lato di una centuria, la cui superficie equivaleva a circa 50 ettari) si staccava infatti dalla Via Emilia una serie di perpendicolari, mentre una rete di strade parallele alla direttrice principale scandiva il terreno in quadrati suddivisi a loro volta in cento poderi agricoli, ciascuno delle dimensioni che un contadino poteva arare con i suoi buoi in due giornate di lavoro. Basta dare un’occhiata a un buon atlante stradale per rendersi conto che questa rete di percorsi è in gran parte sopravvissuta, se si eccettuano le zone in cui l’andirivieni dei capricciosi fiumi appenninici ha scompigliato, secolo dopo secolo, l’ordinamento del territorio progettato dagli ingegneri dell’Urbe.

 

L’altra Riviera

Il ponte di Tiberio
Il ponte di Tiberio

Oltre che dal mare, Rimini era bagnata dai due fiumi Ariminus, l’odierno Marecchia, e Aprusa, oggi Ausa. Stando a quello che sappiamo della topografia dell’antico insediamento, probabilmente le case si affacciavano direttamente sui canali e sul mare, su cui viaggiavano i commerci che erano la fonte della ricchezza cittadina. Ai nostri giorni la piccola capitale adriatica della vacanza balneare è conosciuta soprattutto per la sua offerta turistica, ma nel centro storico e nei dintorni le memorie del passato emergono un po’ ovunque: è il caso ad esempio dell’Arco di Augusto o dell’anfiteatro di età adrianea, ma anche di grandi scoperte più recenti.

Il Museo della Città e la Domus del Chirurgo, conservano affascinanti reperti della Rimini romana.
Il Museo della Città e la Domus del Chirurgo, conservano affascinanti reperti della Rimini romana.

Tra queste, al termine di un lungo e complesso scavo archeologico condotto su Piazza Ferrari, è stata aperta al pubblico la Domus del Chirurgo, ambiente imperiale che venne distrutto da un incendio nel corso del III secolo durante le invasioni barbariche. L’area, protetta da una moderna struttura, si trova a fianco del museo archeologico e ha richiesto quasi vent’anni di studio e di restauri. Estesa su quasi 700 metri quadrati, vede al centro la casa appartenuta a Eutyches, medico di probabile origine greca che, prima di esercitare la sua professione a Rimini, era stato a lungo medico militare. Dagli scavi sono emersi ben 150 strumenti chirurgici di precisione, conservati ed esposti nella vicina struttura museale, che fanno comprendere quanto la medicina e la chirurgia romana fossero avanzate per l’epoca. Al centro della domus si trova una sala ornata da un mosaico che raffigura Orfeo tra gli animali: qui c’era un parlatorio dove è probabile che Eutyches visitasse i suoi pazienti. Al Mar Adriatico e alla sua importanza nell’economia cittadina è dedicata invece una delle sale dell’esposizione permanente allestita nel collegio settecentesco dei Gesuiti; su una parete fa bella mostra il Mosaico delle Barche, in cui è raffigurato un convoglio mercantile che si avvicina al sicuro riparo di un porto.

 

Lungo la costa, cioè sulle strade che si diramavano dalla Via Emilia verso nord e verso sud, Cesenatico fu un’antica stazione di posta della Via Popilia, e sembra non avesse grande importanza in età romana quanto più tardi, con la costruzione di un porto fortificato da parte di Cesena. Analoga sorte ebbe Cattolica, che in età imperiale probabilmente era solo una tappa o una mansiolungo la Via Flaminia, per venire poi rifondata nel 1271 sotto la protezione della vicina Ravenna. All’interno di quello che era stato un ospitale per pellegrini del XVI secolo si trova il Museo della Regina, che illustra la storia del piccolo borgo nato in epoca repubblicana e cresciuto in seguito grazie ai floridi commerci che si servivano della stessa Flaminia.

 

Sulla via dei colli

Panorama di Verrucchio
Panorama di Verrucchio

Lasciate Rimini e la costa, nel suo tragitto verso ovest la Via Emilia sfiorava i piedi delle colline che segnano il confine tra le terre di Romagna e l’Appennino. Una breve deviazione conduce a Verucchio dove nacque la stirpe di Giovanni della Penna dei Billi, detto il Malatesta (1150-1190), fondatore della casata che da lui prese il nome e che tanta parte ebbe nella storia medioevale e rinascimentale di questo territorio. Dall’alto delle terrazze del castello lo sguardo si apre sulla Valle della Marecchia e sulla riviera, mentre l’impressionante rupe di San Leo si profila dalla parte opposta, verso sud-ovest. La rocca venne completamente ricostruita nella metà del XV secolo, ma conserva ancora all’interno della Sala Grande qualche traccia delle fondamenta originarie. Il passato di Verucchio è però decisamente più antico: centro di fondamentale importanza della civiltà villanoviana tra il IX e il VI secolo a.C., il borgo e le colline circostanti hanno conservato numerose necropoli dove il lavoro di scavo ha portato alla luce una serie di oggetti straordinari, custoditi nel Museo Civico Archeologico. Nella sala più ampia del secondo piano una vetrina protegge addirittura un trono, il meglio conservato fra i quattro rinvenuti nella zona. Probabilmente dipinto di nero e di rosso, era ornato da simboli a forma di ruota, motivi geometrici e spirali, e arricchito da intarsi metallici. Sulla struttura si riescono a intravvedere scene di tessitura e forme di carri carichi di personaggi che dovevano essere in rapporto con la principale ricchezza di queste colline, ovvero la lavorazione e il commercio della lana.

 

Santarcangelo di Romagna

L'architettura dei sotterranei di Santarcangelo di Romagna fa pensare che non venissero adoperati solo per lo stivaggio di merci e derrate.
L’architettura dei sotterranei di Santarcangelo di Romagna fa pensare che non venissero adoperati solo per lo stivaggio di merci e derrate.

 

La provinciale 14, che segue il corso del Marecchia, scende verso Poggio Berni e ritrova la Via Emilia a Santarcangelo di Romagna. Presso la pieve di San Michele Arcangelo sono stati esplorati i resti di un insediamento romano che, probabilmente importante nei secoli d’oro della strada, venne abbandonato nell’Alto Medioevo per rinascere intorno al Mille. Il Monte Giove, composto da sabbie e ghiaia di un antichissimo fondale marino, è la collina su cui sorge la rocca edificata da Sigismondo Malatesta: nelle sue viscere un labirinto di gallerie sotterranee di varia lunghezza serpeggia sotto le case, le osterie (come la celebre Sangiovesa) e le fontanelle del centro storico. E’ tuttora incerto il modo in cui venne realizzato il complesso ipogeo e non è chiaro a cosa fosse destinato, anche se in passato studiosi ed eruditi sostennero che poteva trattarsi di luoghi di culto o insediamenti di monaci.

Il Museo Civico Archeologico di Verucchio espone numerosi oggetti della civiltà villanoviana, risalente a quasi tremila anni fa.
Il Museo Civico Archeologico di Verucchio espone numerosi oggetti della civiltà villanoviana, risalente a quasi tremila anni fa.

Dai materiali d’archivio giungono le nostre poche certezze: la rete sotterranea si sviluppò a partire dal XV secolo, con un momento di grande sviluppo nel XVII. La cosiddetta cavità comunale di Via Ruggeri – quella in cui le visite guidate sono più frequenti – si sviluppa su due livelli sovrapposti mostrando forme e architetture inconsuete, ambienti circolari, tortuose gallerie: diversi particolari fanno pensare a un uso più complesso che il semplice stivaggio di ottimi prosciutti e frizzante sangiovese. Quali che siano state le loro origini, la visita degli ipogei è arricchita dai molti aneddoti che riportano alla Seconda Guerra Mondiale, quando antifascisti, partigiani e soprattutto la popolazione civile trovavano scampo in questi rifugi durante i bombardamenti. Nella parte alta del paese, non lontano dalla torre del Campanone, l’omonima grotta che si apre sulla Piazzetta delle Monache è il secondo sotterraneo visitabile in paese, ma chiedendo con cortesia è possibile accedere anche ad altri.

 

Sotto l’asfalto

L'area dell'itinerario
L’area dell’itinerario

Proseguendo verso l’entroterra, la Via Emilia superava il corso del torrente Uso con un ponte i cui resti sono stati inglobati in una struttura più moderna, rinnovata dopo l’ultima guerra. Anche il ponte di Savignano sul celebre Rubicone, distrutto nel 1944 dai tedeschi in ritirata, è stato restaurato e oggi sono ben visibili le sue tre arcate.
L’antica strada seguiva un itinerario curvilineo per aggirare le propaggini di una collina prima di raggiungere Cesena. Colonia romana, poi città bizantina e infine libero comune dall’XI secolo, la città entrò sotto il dominio dei Malatesta che le hanno lasciato il monumento più impressionante della loro epoca: fra il 1447 e il 1452, seguendo l’ispirazione del convento di San Marco a Firenze, Matteo Nuti edificò la Biblioteca Malatestiana, che ha la forma di una basilica a tre navate scandita da due file di colonne articolate in undici campate. La monumentale sala di lettura nacque per custodire 343 preziosi codici miniati e 48 opere a stampa e, affidata alla custodia ecclesiastica, fu anche aperta al pubblico per volere di Malatesta Novello. I suoi preziosi volumi si sono conservati e, tra questi, spiccano una Bibbia miniata del XIII secolo, il De Consolatione Philosophiaedi Boezio e il De Civitate Deidi Sant’Agostino. In ricordo dell’origine di Cesena, sorta come Ariminium a controllo della Pianura Padana su cui i Romani si erano appena affacciati dopo aver valicato l’Appennino, il Museo Archeologico espone anfore, monete, sculture e mosaici: reperti che ci raccontano la storia degli insediamenti umani nel circondario e l’avventura degli scavi archeologici. Pochi metri al di sotto del livello delle città odierne, la trafficata Via Emilia continua ad offrire al viaggiatore scoperte e sorprese.

 

 

 

 

 

 

 

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