Un fiume sacro, un camper, una bici

Nove anni fa la percorremmo su due ruote con la tenda al seguito. Oggi siamo tornati nella valle del Tevere, dalla foce alle sorgenti, con il pedale nel ruolo di perfetto alleato del v.r. Un esperimento perfettamente riuscito su un itinerario naturalistico e culturale dalle mille sorprese, che nel pleinair può finalmente trovare una definitiva occasione di rilancio.

Indice dell'itinerario

La Donau-Radweg, che segue il Danubio dalle sorgenti alla foce attraverso Germania, Austria, Repubblica Slovacca e Ungheria, è forse la pista ciclabile più famosa d’Europa. Un sogno per chi viaggia su due ruote: le tappe sono studiate per essere alla portata di qualsiasi genere di ciclista con una lunghezza massima tra i 50 e i 60 chilometri al giorno, a volte anche meno, e l’organizzazione pensa a tutto, ad esempio al trasporto delle bici e dei bagagli, all’assistenza tecnica, all’alloggio. A chi percorre quest’autostrada europea dell’outdoor non resta che dimenticare lo stress, pedalare e godersi il mutevole paesaggio.
Forse lungo il nostro Tevere non vedremo mai una simile organizzazione, nonostante sia dimostrato che il cicloturismo è uno dei modi di viaggiare in più rapida crescita nel Vecchio Continente. Ma si può sperare che il ciclista in procinto di risalire il fiume da Ostia al Monte Fumaiolo trovi almeno quel minimo di attrezzature capaci di rendere l’impresa un po’ meno impresa, e il viaggio più piacevole e tranquillo. I paesaggi attraversati, d’altra parte, sono bellissimi, carichi di storia e di cultura, e non hanno nulla da invidiare a quelli attraversati da molti altri corsi d’acqua turisticamente assai più noti.
Dal punto di vista dei numeri, in verità, il Tevere non è un gran fiume e per di più ha la tipica portata bizzosa e variabile dei torrenti troppo cresciuti, con frequenti esondazioni e periodi di magra che quasi lo fanno sparire. Ai nostri giorni, poi, l’inquinamento e i rifiuti ne sminuiscono l’antica regalità, e in diversi punti il fiume sembra sparire dalla vista e dalle coscienze degli uomini, perfino di chi abita lungo le sue sponde. Ma Roma non esisterebbe senza il Tevere, e un numero impressionante di strepitosi borghi dell’Umbria si affaccia sulla sua valle, per non parlare di centri d’arte come Perugia che, pur trovandosi a qualche chilometro dalle rive, è a tutti gli effetti una città tiberina. Anche in Toscana, nonostante ne attraversi solo un breve tratto, il Tevere contribuisce ad arricchire la già preziosa offerta turistica regionale. E in Emilia Romagna, dove nasce (anche se solo in seguito a un decreto di Benito Mussolini), regala l’emozione di essere proprio nel punto in cui inizia il suo viaggio, ma anche dove la Storia con la esse maiuscola trova un momento di contatto indissolubile con la natura.
Da quando sgorga dalle rocce dell’Appennino a quando s’insala nel Tirreno, come scrive Dante nel secondo canto del Purgatorio, il Tevere è insomma il filo conduttore di un itinerario fra i più interessanti del Bel Paese, che già nove anni fa ci aveva spinto a percorrerne le rive in bicicletta per osservarlo da vicino, nella speranza di promuoverne anche la riscoperta. Si tratta infatti di una risorsa turistica di primo piano, specialmente per chi è interessato a una fruizione rispettosa del territorio e dell’ambiente come appunto i cicloturisti, ma anche chi viaggia in camper (e magari è provvisto di dueruote al seguito). Proprio per questo è nata l’associazione Tevereinbici che si occupa di promuovere la realizzazione di strutture, anche ricettive, in grado di rendere questa esperienza possibile in ogni stagione e alla portata di chiunque; ogni anno, inoltre, organizza la risalita cicloturistica del fiume da Ostia, la cittadina costiera alle porte di Roma, fino a Balze di Verghereto, il paese prossimo alle sorgenti.A riprova della bontà della formula, l’unione tra il camper e la bicicletta ha caratterizzato l’edizione di quest’anno (che abbiamo seguito per realizzare questo reportage), rivelandosi efficacissima sia per la logistica della manifestazione che per sperimentare il percorso con i diversi mezzi di trasporto. Non tutti infatti desiderano compiere il tragitto interamente a pedali: la maggioranza dei camperisti intende utilizzare la dueruote perlopiù come strumento di escursioni medio-brevi lungo il fiume o poco lontano da esso, partendo dal luogo di sosta e facendovi ritorno a sera. Considerando che allo stato attuale, su gran parte dell’itinerario, le strutture ricettive si trovano sulle colline piuttosto in alto rispetto alla quota del fiume, ecco che il camper si rivela un punto di appoggio indispensabile.
Rispetto al servizio che realizzammo nel 1999 molte cose sono cambiate in meglio, ma rimangono inascoltate le esigenze di chi viaggia in maniera alternativa, e soprattutto rimane tuttora assai difficile mantenersi vicino al fiume la cui valle è percorsa dalla E45 Orte-Cesena, ovviamente preclusa ai ciclisti e certo non molto divertente per chi viaggia con mezzi meno agili dell’automobile. Per questo l’unica reale alternativa è, come si dice in gergo, scollinare, ovvero salire e scendere lungo i colli che dominano la Valtiberina: un’opzione che offre vedute meravigliose e consente di visitare borghi intatti, ma che aumenta di molto la fatica per chi deve pedalare.

A ritmo lento
Ma veniamo all’edizione 2008 di Tevereinbici, un viaggio di circa 400 chilometri suddivisi in cinque giorni. Alla fine dell’impresa i partecipanti erano stanchi ma molto soddisfatti. Andrea Onida, infaticabile organizzatore della pedalata e presidente dell’associazione, è forse il più entusiasta. «Ci sono stati momenti piuttosto duri, bisogna ammetterlo – racconta – ma ne valeva la pena. Già lo scorso anno, in solitaria, avevo saggiato queste strade, e proprio le emozioni che ho provato mi hanno convinto ad organizzare un evento aperto a tutti, che diventasse l’occasione per far conoscere il Tevere al maggior numero possibile di persone». A dispetto della notorietà del fiume, pochi sono quelli che lo conoscono davvero. «Il dato di fatto più sorprendente – conferma Andrea – è appunto che anche gli stessi abitanti della Valtiberina hanno ormai dimenticato il loro fiume. Oggi si punta troppo su un turismo massificato e privo di reale contatto con il territorio, mentre qui, nel cuore d’Italia, si trova una valle che offre eccellenti occasioni di vita all’aria aperta, con la possibilità di visitare alcune delle più belle città d’arte del nostro paese. Gli appassionati hanno inoltre l’opportunità di osservare una ricca avifauna, grazie alle numerose riserve naturali create lungo il corso del fiume».
Il padre di Andrea annuisce alle sue spalle: è lui che ha guidato il camper lungo le strade del Tevere. Nei suoi occhi non c’è la stanchezza di chi ha seguito il percorso pedalando, ma l’emozione è la stessa. «Solo andando lentamente – ci confida – si possono apprezzare i luoghi. Sono camperista da sempre, ho viaggiato per mezza Europa, ma posti come questi ce ne sono pochi!» e sembra quasi che pensi con un po’ di tristezza ai molti, troppi, che sfilano sulla E45 superando senza fermarsi città e paesi. «Quella è una strada buona per trasportare merci e collegare velocemente i paesi. Viaggiare è un’altra cosa» conclude, e come dargli torto? A titolo di consolazione, però, è stata proprio l’apertura della superstrada ad alleggerire gran parte del traffico sulla viabilità secondaria, trasformando le vecchie statali e provinciali in autentici percorsi turistici. E’ infatti su queste strade che si concentra l’interesse di coloro che progettano un diverso futuro per la valle del Tevere.

Idee di viaggio
La descrizione passo passo del percorso, o meglio di uno dei molteplici percorsi possibili, ricalca assai da vicino la cronaca di nove anni fa: non molto è cambiato, e quel testo resta tuttora valido (per un riepilogo vedi l’approfondimento “Tevere a tappe”). Qui pensiamo a coloro che, per l’appunto, non intendono compiere l’intera risalita, ma che grazie alle piccole divagazioni concesse dalla bicicletta vogliono cominciare a scoprire o a riscoprire il fiume. A questo scopo le mezze stagioni sono le migliori, in particolare i mesi da settembre a novembre e da marzo a giugno, anche perché la possibilità di sfruttare le aree di sosta consente spesso di evitare lo scollinamento alla fine della giornata solo per raggiungere una qualche struttura ricettiva in cui trascorrere la notte.
E’ bene sottolineare subito che il tratto più complesso, per ovvi motivi, è quello iniziale, da Ostia e Fiumicino a Roma. Da anni si parla di una pista ciclabile lungo gli argini del Tevere, già oggi percorribili ma su fondo sterrato e in molti punti difficilmente agibili, ma per il momento non se n’è fatto nulla, perciò occorre seguire la viabilità ordinaria: una circostanza in assoluto poco gradevole, dato l’intenso traffico motorizzato. Molto migliore invece la situazione a Roma, dove esistono diverse piste ciclabili che seguono i muraglioni lungofiume consentendo di attraversare la città in totale sicurezza, restando vicinissimi alle sponde.
Risalendo verso la provincia di Rieti, tra Fiano Romano e Ponzano Romano, di grande interesse naturalistico e paesaggistico è la Riserva Naturale Nazzano-Tevere-Farfa dove il fiume, sbarrato da una diga dell’Enel, forma un piccolo lago molto frequentato dall’avifauna: una stradina bianca consente di percorrerne le rive, approfittando di diversi capanni per l’osservazione. Da qui in poi inizia uno dei tratti più belli del Tevere, annunciato dalla grandiosa abbazia di Sant’Andrea in Flumine che però è di proprietà di un istituto di studi al quale bisogna rivolgersi per la visita. Poco distante è Ponzano Romano, splendido paesino alto su un colle a dominio del fiume.
Orte, che la maggioranza conosce come fondamentale snodo viario lungo l’Autosole, è una cittadina ricca di sorprese. Edificata su uno sperone di tufo già in epoca etrusca, in una posizione che ricorda quella della ben più nota Orvieto, conserva un centro storico di straordinario fascino, solcato da stretti e pittoreschi vicoli, per non dire delle testimonianze archeologiche di un passato ancora più remoto, come ad esempio le suggestive catacombe scavate nella rupe affacciata sul Tevere.
Continuando verso l’Umbria, incontro al tipico paesaggio di campagna dell’Italia centrale, sulla valle si affacciano paesi come Penna in Teverina, uno dei più panoramici, o Giove con il suo monumentale castello. Chi viaggia in bici troverà qui alcuni dei tratti più faticosi, dati i dislivelli, ma più avanti il percorso diventa meno impervio fino al cuore della Valtiberina umbra, l’Oasi WWF del Lago di Alviano, area umida creata da uno sbarramento artificiale che sfrutta le acque in uscita dalla diga di Corbara, poco più a monte, e le splendide Gole del Forello. Le opere idroelettriche hanno profondamente modificato l’aspetto del canyon, ma rimane intatta la suggestione dei luoghi: il fiume, infatti, non scorre più scaraventandosi furioso contro la roccia (Iacopone da Todi lo descriveva come en terribile fossato che Rioverci è nominato loco sia abandonato da omne bona compagnia ) ma forma una sorta di stretto canale che ricorda un fiordo. Oggi, tuttavia, le gole sono attraversate dalla trafficata statale 448 che non offre comode occasioni di sosta, cosicché non è facile godere dello spettacolo offerto dalle pareti rocciose su cui vegeta un fitto manto di erica, carpino, ginestra, leccio e dove nidificano rapaci quali la poiana, lo sparviero, il nibbio reale e numerose specie notturne come civette, barbagianni e gufi. Per avere un’idea di quale dovesse essere l’atmosfera delle gole in passato ci si può inoltrare nel Vallone della Pasquarella, cui si arriva grazie a una sterrata in ripida discesa e piuttosto stretta, che si stacca nei pressi di uno dei viadotti della 448 circa 13 chilometri prima di Todi ed è segnalata da un poco visibile tabellone con la scritta “Centro Escursionistico”. La stradina termina in un ampio parcheggio da dove, in una decina di minuti, si raggiunge l’eremo della Pasquarella: immerso in una fitta lecceta ricca di macchia mediterranea, venne fondato nell’XI secolo e appartenne ai Camaldolesi. Nella chiesa si conserva un dipinto quattrocentesco, ma normalmente la struttura è chiusa.
All’uscita delle gole si trova una delle città più belle dell’itinerario, Todi. Da vedere il notevole Palazzo dei Priori nella magnifica Piazza del Popolo, dove si può ammirare anche il duomo, mentre da Piazza IV Novembre, dove sorgono i ruderi della rocca trecentesca, si gode una magnifica vista sulla valle del Tevere e sulla sottostante chiesa di Santa Maria della Consolazione. Da qui si prende in direzione del capoluogo umbro attraversando una serie di piccoli borghi di notevole interesse da Fratta Todina a Marsciano, da Deruta – famosa per le sue ceramiche – a Torgiano. Perugia, con il suo centro storico fra i più ricchi e articolati d’Italia, non ha certo bisogno di presentazioni: dopo Roma è l’unica grande città d’arte a trovarsi nella valle del Tevere, e chi vuole tributarle una visita non troppo superficiale dovrà mettere in preventivo non meno di due giorni.
Rimanendo invece nei pressi del fiume, il tratto perugino che va da Ponte San Giovanni a Ponte Felcino è divenuto un parco urbano fluviale con oltre 10 chilometri di sentieri attrezzati, anche ciclabili, e aree picnic per trascorrere piacevoli momenti di relax a poca distanza dalle rive. In questa zona il Tevere divaga in un susseguirsi di anse e meandri, mostrando un aspetto sontuoso grazie alla fitta vegetazione arborea che cresce sulle sponde. Certo, la qualità delle acque risente della presenza di un’intera città che spesso guarda al fiume con troppa distrazione, ma questo è uno dei punti in cui il Tevere dimostra maggior capacità di resistenza e di reazione all’inquinamento e agli usi troppo disinvolti del patrimonio ambientale, aiutato in questo da associazioni e singoli che intendono difenderlo e valorizzarlo come risorsa per i residenti e i turisti. Per avere un’idea di quale potrebbe essere il futuro di questa parte della Valtiberina ci si può recare proprio a Ponte Felcino, uno degli accessi principali al parco, dove si trova un bellissimo bosco didattico con oltre 3.000 alberi, sul quale affaccia un ostello della gioventù ricavato da una casa signorile del XIV secolo. Nei pressi di Ponte Valleceppi, altro ingresso all’area protetta, la Torre di Pretola fu costruita nel XIV secolo a protezione di un mulino e di una residenza feudale, mentre oggi accoglie un ecomuseo di recente creazione che racconta la vita dei fiumaroli, cioè di tutti coloro che avevano a che fare con il Tevere per svolgere il proprio mestiere: pescatori, lavandaie, mugnai, cavatori di ghiaia e raccoglitori di legna che durante le piene facevano bottino di tronchi e rami trasportati dalle acque. Un mondo oramai scomparso, ma che non va dimenticato e le cui testimonianze sono raccolte appunto in questa struttura didattica.
A nord di Perugia, la risalita verso le sorgenti vede allargarsi la forma della valle con il fiume che scorre in ampie curve, attraversando cittadine nobilissime come Umbertide, Città di Castello e soprattutto Sansepolcro, già in Toscana, che può vantare tra i propri concittadini Piero della Francesca: la sua Resurrezione si trova in Palazzo Aggiunti, sede del Museo Civico, ed è visibile anche dall’esterno del museo grazie a un’apposita vetrata che si apre su Piazza Garibaldi. Sulla stessa strada, Via Matteotti, prospettano i maggiori monumenti, come la cattedrale di San Giovanni Battista che conserva al proprio interno il cosiddetto Volto Santo, grande crocifisso ligneo di epoca carolingia (VIII-IX secolo) che già nel Medioevo rese Sansepolcro una sosta obbligata dei molti pellegrini che percorrevano la valle del Tevere diretti a Roma.
Poco più avanti si sfiora il bel lago artificiale di Montedoglio, si attraversa Pieve Santo Stefano e ben presto si varca il confine romagnolo, anche se fino agli anni ’30 questa era Toscana: fu il Duce, nativo del Forlivese, che decretò di spostare la linea più a sud affinché il Tevere, così importante per la storia nazionale, nascesse nella sua stessa regione. Arriviamo così a Verghereto e qui procediamo verso la frazione di Balze, incontrando il bivio per le sorgenti. Nell’area immediatamente a ridosso si trovano diverse strutture turistiche, campeggi compresi, mentre l’ultimo tratto fino alla meta si compie a piedi, su un sentiero perfettamente attrezzato che si dipana in una grandiosa faggeta secolare. Ed infine eccola, quell’acqua che sgorga dalla roccia e che diviene il fiume sacro ai destini di Roma , come recita la frase incisa sul brutto monolite collocato qui in epoca fascista. Il viaggio del fiume inizia, il nostro, degnamente, è giunto al termine.

PleinAir 434 – settembre 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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