Triangolo di natura

Il Delta dell'Ebro, protetto dal parco più meridionale della Catalogna, è uno scrigno di tesori ambientali e paesaggistici da godere fino in fondo con i modi egli strumenti del pleinair: a piedi,in canoa, in bici e ovviamente con il v.r., che soprattutto in questi mesi trova facili opportunità di soggiorno.

Indice dell'itinerario

Al tramonto, l’oro del cielo sembra incendiarsi e liquefarsi nei canali e negli stagni, riversando metallo splendente nelle acque della laguna, mentre un batuffolo di nuvolette rosa stiracchiate dalla brezza scorrazza lieve sull’orizzonte che si va lentamente scurendo. I fenicotteri si ritirano a gruppi per la sera, come grossi ciuffi di ponpon color fucsia che sembrano voler rubare il colore al cielo. Il loro inconfondibile richiamo nasale, che somiglia a una trombetta, si mescola al garrire eccitato e stridulo delle gavine còrse che, con la più grande colonia nidificante d’Europa, affollano la salina. Potrebbero sembrare un comune gabbiano se non fosse per quel becco rosso brillante, l’occhio nero e le zampe verdastre, che li identificano come uno degli uccelli più rari del continente.
Ai primi di marzo nel parco del Delta dell’Ebro l’aria è meravigliosamente tiepida, come davvero non ti aspetti. Alla foce del più grande fiume spagnolo, che si disperde nel Mediterraneo 180 chilometri a sud di Barcellona, l’inizio della primavera è anticipato di almeno un mese, e solo l’umido della sera costringe a infilarsi un pullover più caldo. Probabilmente per il clima così favorevole questo è uno dei paradisi degli uccelli acquatici e limicoli di ritorno dall’Africa, che qui ritrovano anche molti degli ambienti del Continente Nero: bassi stagni, lagune salmastre, saline, canali d’acqua dolce, terra smossa, dune sabbiose, spiagge pianeggianti modellate dalla marea, coste calcaree. Un universo in cui liquido e solido si mescolano in tutte le combinazioni possibili, anche se è il primo a dominare il paesaggio e la natura del luogo: il suolo, infatti, è interamente costituito dai detriti portati dal fiume dall’ultima glaciazione fino ad oggi, e la fisionomia di questo tratto della costa catalana continua a modificarsi negli anni. La formazione del delta è talmente recente che non ci sono segni di popolamento umano fino al XVII secolo, quando i monaci cistercensi iniziarono a coltivare riso nella piana, nonostante il rischio elevato di malaria; ma solo dall’inizio del XX secolo le basse terre interne iniziarono ad essere sfruttate intensamente e con profitto per la coltivazione dell’arroz regalando, con le risaie, paesaggi e sfumature ancora nuove alla superficie dell’acqua. L’altra grande ricchezza dei villaggi viene dal mare, letteralmente dai suoi frutti: mitili, cozze, vongole, telline e ostriche sono fra le produzioni più pregiate del delta. Anche i loro allevamenti, le “vigne del mare” con le casette a palafitta per la raccolta e i lunghi pali dei vivai, hanno contribuito a ridisegnare l’aspetto di questi luoghi.
In questo paradiso di natura in cui le attività umane si sono perfettamente integrate, vivono ben 515 specie diverse di piante variamente adattate al contatto e alla vicinanza con il mare e, nei periodi di passaggio migratorio, possono arrivare fino a 75.000 uccelli, soprattutto anatidi, trampolieri e limicoli. Nelle paludi basse dell’Encanyissada e della Tancada, intorno a Poble Nou, oltre ai flamingos sgambettano le lunghe zampe di garzette, aironi cinerini, tarabusi, guardiabuoi, nitticore, pettegole, pantane, avocette e cavalieri d’Italia, mentre nelle acque più dolci degli stagni del Calaix Gran e di El Garxal, alla fine del fiume, troviamo germani, alzavole, morette, folaghe, mestoloni, marzaiole, volpoche e fischioni. Cormorani e svassi pescano nel fiume, edredoni e orchetti marini tra le onde nel Porto del Fangar a nord e nel Port dels Alfacs a sud. Sulle lunghe spiagge corrono veloci i corrieri, i piro-piro e le più rare beccacce di mare, mentre il falco di palude sorvola gli specchi d’acqua e le risaie. Nella salina di Punta de la Banya nidifica il prezioso gabbiano, tanto che l’accesso all’interno del promontorio è vietato nel periodo di nidificazione dal 15 luglio al 15 settembre: nessun problema, i rumorosi uccelli sono talmente tanti che gli osservatori rialzati di legno, i mirador, sono più che sufficienti per togliersi la curiosità.

Vacanze attive
A seconda del tipo di ambiente che si vuole scoprire, ci sono molti modi per visitare il delta dell’Ebro con gli strumenti del pleinair. La canoa, ad esempio, è il mezzo ideale per esplorare il lento scorrere del fiume, anche per i principianti. I più allenati potranno partire da Amposta e attraversare le due poblacion di Sant Jaume d’Enveja e Deltebre, divise dall’Ebro e collegate con simpatiche chiatte. Chi volesse un’escursione più tranquilla scenderà in acqua appena fuori dal centro abitato per godersi, con la corrente a favore, il tratto più selvaggio dei canali del Calaix Gran e dell’Illa de Buda (su cui non è possibile sbarcare perché riserva integrale). Evitando il corso principale, invece, si può pagaiare silenziosi fra i canneti dei canali minori attraverso la Gola del Migjorn, una delle vecchie uscite del fiume, sbirciando folaghe, gallinelle e tuffetti, sino a sfociare in mare se la marea e la portata dell’acqua lo permettono.
La mountain bike è la padrona indiscussa delle risaie, degli stagni interni d’acqua più dolce (come El Canal Vell, luogo di pesca alle anguille) ma anche delle dune costiere. Nell’emidelta settentrionale, da Riumar a Punta del Fangar, un percorso sterrato di circa 4 chilometri si snoda nei tratti pianeggianti fra le dune della spiaggia, sino al Faro de La Marquesa: non è particolarmente impegnativo, ma c’è la possibilità di incontrare sabbia molle soprattutto in caso di forte vento, così come è frequente trovare la pista allagata se è piovuto di recente. Dal 1° aprile al 15 agosto, per la nidificazione di gabbiani e berte, nella zona segnata dai paletti l’accesso è vietato.
Dal porticciolo di Riumar si può circumnavigare in battello l’Illa de Sant Antoni (anche questa è riserva integrale e lo sbarco non è permesso) accompagnati da guide naturalistiche. Da Sant Carles de la Rápita è invece possibile aggregarsi a una delle escursioni organizzate dai pescatori che, sui loro barconi, portano i turisti a visitare i muscleres, i vivai di cozze e ostriche della baia di Port dels Alfacs. In un incantevole paesaggio dal fascino quasi africano, si sale sulle pittoresche palafitte per assaggiare i frutti del mare appena raccolti, cotti o al naturale.
Le piccole lagune salmastre dell’Encanyissada e della Tancada, un tempo sito privilegiato di caccia delle famiglie nobili catalane e oggi oasi di protezione, si possono visitare a piedi, sfruttando al meglio i numerosi osservatori di legno rialzati. Si può così attardarsi nel fascino della Casa de Fusta, l’antico capanno reale in legno verde fatto giungere appositamente dal Nordeuropa, oggi recuperato come ecomuseo. Insieme all’abitazione tradizionale dell’ingresso con il tetto in cannuccia, che completa il centro visite, la struttura permette di scoprire, anche ai più piccini, le numerose varietà di uccelli del parco, la storia geologica del Delta e quella della sua antropizzazione, con le attività tradizionali agricole e di pesca. Un’altra casetta tipica contiene il bell’Acquario, dove osservare l’elemento liquido a distanza ravvicinata.
Chi volesse infine provare una curiosità tradizionale potrà noleggiare una cuixota, la piccola barca dal fondo piatto tipica del Delta che viene spinta lungo i canali mediante un lungo bastone, la perxa. Da soli o in compagnia della guida, non si dimenticherà l’emozione di sfilare lentamente sull’acqua, avvolti solo dal lieve sciabordìo del fiume, dai richiami degli uccelli, da una tiepida folata di vento che porta il profumo salmastro del Mediterraneo.

PleinAir 427 – febbraio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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