Tra il fiume e i monti

Dalla pianura di Voghera, Broni e Stradella ai paesaggi appenninici della Valle Staffora, un itinerario nell'Oltrepò Pavese ne esplora la storia, ricca di memorie feudali, e le tradizioni, dalla viticoltura alle fisarmoniche. Con tranquilli approdi pleinair dove far base in ogni stagione.

Indice dell'itinerario

L’Oltrepò Pavese, che potremmo anche definire Oltrepò Lombardo trattandosi della sola area che la regione possiede al di là del fiume, è una sorta di triangolo che si incunea fra Piemonte ed Emilia, giungendo a una quarantina di chilometri in linea d’aria dal Mar Ligure con il suo montuoso vertice meridionale. Il curioso profilo di questo territorio, che ricorda la forma di un grappolo d’uva, appare quasi come una predestinazione visto che essenziale risorsa ne sono la vigna e i vini di qualità, prodotti nell’estesa area collinare. Si tratta di una zona storicamente segnata da tre o quattro eminenti famiglie feudali che, guelfe o ghibelline, di volta in volta legate a Pavia, a Piacenza, al Ducato di Milano, disseminarono il territorio di rocche e castelli: ciò che ne resta è uno, ma non certo l’unico, dei motivi d’interesse di questo lembo estremo della provincia di Pavia.

Città di pianura
Per iniziare la visita da alcuni siti prossimi a Voghera, sull’autostrada Milano-Genova scegliamo l’uscita di Casei Gerola, che si segnala per un castello feudale le cui forme di residenza signorile (attualmente privata) risalgono agli inizi del ‘400, ma del quale si ha già notizia a metà del X secolo. In mattoni come il castello la chiesa di San Giovanni Battista, transizione fra romanico e gotico, con la slanciata guglia in cotto del campanile e un interessante ciclo di affreschi di un maestro locale del XV secolo.
Nel vicino abitato di Silvano Pietra, del maniero un tempo proprietà dei Beccaria oggi rimane poco più che una torre adattata a campanile, mentre nelle campagne di Castelletto di Branduzzo ha il sapore di un’agricoltura d’altri tempi il basso edificio con quattro torri angolari eretto nel ‘400 a servizio delle proprie terre dalla famiglia pavese dei Botta e oggi monumento nazionale: i suoi laterizi, non privi di abbellimenti, mostrano i tipici caratteri di un castello-cascina.
Ed eccoci a Voghera, l’Iria dei Romani, nel Medioevo Vicus Iriae, poi Viqueria prima di assumere il moderno toponimo. Dal 1744, per oltre un secolo e con il resto dell’Oltrepò, fu ceduta dall’Austria al Regno di Sardegna divenendo parte del Piemonte e capoluogo di provincia; la restituzione alla Lombardia sarebbe avvenuta oltre un secolo dopo con la costituzione del Regno d’Italia. Per la sosta si rivela utile il parcheggio libero nel vasto piazzale dell’ex caserma Bonfiglio, in Viale Fratelli Kennedy, a margine dell’esagonale centro storico; è possibile anche pernottarvi, tenendo presente che alle 20 il cancello viene chiuso. Sul lato del piazzale opposto all’ingresso carrabile si trovano l’importante Biblioteca Ricottiana e il Museo di Scienze Naturali. Da qui si spunta direttamente in Viale Gramsci, dove il cospicuo Museo Storico espone cimeli militari e civili degli ultimi due secoli, compresa un’ambulanza del periodo risorgimentale trainata da cavalli. In pochi minuti si raggiunge l’ampia Piazza Duomo, parzialmente porticata, nella quale spiccano gli articolati volumi della chiesa di San Lorenzo, completata in più fasi tra ‘600 e ‘800. Ancora una breve passeggiata conduce al castello quadrangolare, riedificato e rafforzato dai Visconti nella seconda metà del XIV secolo. Più distante la cosiddetta Chiesa Rossa, risalente alla fine del 1100 e in passato adibita a polveriera.
Prendiamo ora la nazionale 10 sull’asse della Via Postumia romana, oggi Via Emilia, che ai piedi delle colline ci porterà fino a Stradella. Durante la seconda Guerra d’Indipendenza, nella piana sottostante il paese di Montebello ebbe luogo tra franco-piemontesi e austriaci uno scontro che dette infine la meglio ai nostri: svoltando a destra qualche centinaio di metri oltre il quadrivio semaforico per il paese di Montebello della Battaglia, si entra in un viale alberato che sulla sinistra dà accesso pedonale al sacrario di belle forme, eretto in memoria dell’evento. Nella vicina campagna si troverebbe anche l’albero, segnalato con una piccola targa, sul quale salì la “piccola vedetta lombarda” la cui storia Edmondo De Amicis narra in Cuore.
Lungo la piana limitata verso nord dal Po entriamo a Casteggio, che estende la sua parte antica sulla collinetta detta Pistornile dove converrà salire a piedi, lasciando il mezzo nell’ampio parcheggio sottostante. In pochi minuti si è al Palazzo della Certosa Cantù, che oltre alla biblioteca ospita l’interessante Museo Archeologico dell’Oltrepò Pavese con reperti dalla preistoria al Medioevo. La piacevole e bassa costruzione in mattoni, che conserva un aspetto monastico, risale agli inizi del ‘700 quando venne edificata come sede dell’azienda vitivinicola qui posseduta dalla Certosa di Pavia. Per un primo assaggio delle colline dell’Oltrepò prendiamo la strada che si stacca a pochi metri dal parcheggio, e presto l’ambiente si infoltisce di appezzamenti solcati da lunghi filari di vigne. A Montalto Pavese di recente è stato aperto in un antico edificio un Museo delle Api gestito da un’apicultrice, che accompagna nella visita. Siamo poco al di sotto dei 400 metri di quota, ma qualche chilometro più avanti una deviazione segnalata sale ancora più in alto al crinale della Madonna del Vento, con una cappellina di legno dalla quale si dischiudono grandi panorami, mentre poiane e altri rapaci minori si inchiodano nel cielo prima di tuffarsi a capofitto sulle prede intraviste nell’erba. Dovremo tornare a Montalto per puntare inizialmente sulla stradina per Oliva Gessi, scendendo poi verso Mornico Losana e raccordandoci a fondovalle in direzione Torricella Verzate. Qui, per raggiungere il settecentesco santuario della Passione, sarà il caso di lasciare il camper nel comodo parcheggio accanto al municipio, evitando così le due successive curve assai strette. La costruzione si leva su uno zoccolo calcareo ed è preceduta da un piazzale con raffigurazioni della Via Crucis in gesso policromo; i più devoti risalgono in ginocchio il tratto mediano della Scala Santa, per la quale venne usato terriccio fatto giungere dalla Palestina.
Essendoci stata segnalata una strettoia all’interno di Pietra de’ Giorgi, per raggiungere Cigognola scendiamo nuovamente sulla 10 e prendiamo la deviazione successiva. Domina il paese un castello (anche questo privato) protetto da grandi mura e risalente al XIII secolo, ma le cui forme goticheggianti sono di fine ‘800. Il piazzale con fontanella antistante l’ingresso si adatta alla sosta.
A Broni, che si estende in lunghezza sulla nazionale, lasciato il veicolo nei pressi di Piazza Garibaldi si possono osservare le forme insolite e piacevoli del palazzo comunale del 1857 e l’interno denso di dorature e stucchi barocchi della chiesa di San Contardo. La locale Cantina Sociale Intercomunale presenta la Bottega del Vino, aperta sette giorni su sette, in cui sono da segnalare i rossi: la briosa Bonarda e, di più limitata produzione, il Buttafuoco, il vino da dessert Sangue di Giuda, il robusto Barbacarlo. Verso la fine dell’abitato, una strada sulla destra conduce in un sito molto gradevole d’estate perché circondato da boschi: si tratta delle Fonti di Recoaro, complesso recentemente restaurato in elegante stile liberty con ampio parcheggio e annessi ristorante e bar.
Stradella, vivace cittadina dove in agosto si svolge una mostra-mercato dei vini dell’Oltrepò Pavese, è dal 1876 una piccola patria della fisarmonica (chi ricorda la canzone di Paolo Conte?) per merito di Mariano Dallapè, che con le sue intuizioni trasformò profondamente i rudimentali organetti in uso fino a metà ‘800. Il Museo della Fisarmonica Dallapè si trova non lontano dalla centrale Piazza Vittorio Veneto la cui torre medioevale, divenuta campanile nel 1835, è un residuo dell’antico sistema di fortificazioni. Pannelli, fotografie, materiali e strumenti da lavoro documentano, insieme alla raccolta di strumenti d’epoca, l’evoluzione di un’attività che fece nascere a Stradella ben trentacinque aziende produttrici, sei delle quali attive ancora oggi.

Sulla via del sale
Piccola capitale oltrepadana dello spumante è Santa Maria della Versa, dove Pinot Nero e Chardonnay sono il fulcro di una produzione che ha molto investito sul miglioramento della qualità fino ad ottenere risultati di elevato livello. Oltre questa località il percorso comincia a salire e diventa per un buon tratto strada di crinale, come a Montecalvo Versiggia dove abbiamo sfruttato anche per la notte il piccolo e delizioso parcheggio panoramico di fianco al Comune. Alla rocca, i cui rossi laterizi spiccano sul verde dei campi sottostanti, si può salire a piedi o in camper deviando poco oltre l’abitato. Su un primo piazzaletto si trova la parrocchiale di Sant’Alessandro, del 1815, accanto alla quale merita una visita l’originale Museo del Cavatappi, molto curioso per l’incredibile varietà di arnesi dalla fine del ‘700 in poi (il primo brevetto appartiene a un prete britannico).
A quota 600, dove il paesino di Carmine segna il passaggio a un nuovo versante, la vigna ha ormai ceduto il posto a boschi e coltivi. Da qui si scende a Zavattarello, con l’imponente castello in pietra che domina l’abitato. L’edificio, di cui si ha notizia già nel X secolo, appartenne dal 1264 ai Landi e dal 1385 ai Dal Verme, che in anni recenti lo hanno ceduto al Comune. Anche Romagnese, che sarebbe stato fondato dai Romani dopo la battaglia della Trebbia contro Annibale, ha un suo castello restaurato che ospita il Municipio e un museo di cultura contadina. In 8 chilometri si arriva al Giardino Alpino di Pietra Corva, con un piccolo centro visite e numerose specie anche di lontana provenienza. Altre belle passeggiate si possono compiere nella Riserva Naturale di Monte Alpe portandosi, oltre Casa Matti, sulla strada per Varzi, dove molto presto si incontrano un paio di aree attrezzate da cui partono sentieri segnalati.Varzi offre al turista pleinair una comoda area di sosta. La preminenza che questa cittadina mantenne nel Medioevo come centro strategico dell’Oltrepò meridionale si deve alla posizione presso lo sbocco degli itinerari montani che collegavano Genova alla Valpadana. Il nucleo storico, fra le porte Soprana e Sottana, evoca il Medioevo dei Malaspina, ricordati anche dal palazzo turrito di fronte al Comune. La torre è detta delle Streghe da quando, nel 1460, vi furono imprigionate oltre venti donne mandate poi al rogo nella piazza adiacente dopo la condanna dell’Inquisizione. La chiesa di San Germano, retta dai Cappuccini dell’adiacente convento al limite occidentale dell’abitato, è la più antica: risalente alla fine del 1100, vanta una facciata policroma a liste chiare e scure di arenaria sovrastate dal cotto della parte superiore. Concorrono a formare il centro storico alcune strade i cui portici ricordano, specie in Via del Mercato, la Varzi medioevale, nodo dei commerci con la costa ligure. Tra le merci un posto di rilievo occupava il sale, cui il contrabbando permetteva di sfuggire a dazi e gabelle: oggi è il filo conduttore di una serie di itinerari escursionistici su sentieri segnalati all’incontro di Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia, in un gratificante trekking di quattro giorni fino al mare.
Noi abbiamo invece sperimentato in camper un anello appenninico rimanendo entro l’Oltrepò, con partenza e ritorno a Varzi. Prima tappa il paese di Cella dove il Tempio della Fraternità, ideato dal parroco nel lontano 1951 con l’intento di stigmatizzare gli effetti delle guerre, si è via via arricchito di testimonianze provenienti dai più diversi campi di battaglia. Passati Castellaro e Casanova, si comincia a salire ancora più in alto per seguire la dorsale ovest del profondo solco in cui scorre lo Staffora, toccando il piccolo abitato di Cegni. La strada, ampia e pochissimo frequentata, si inoltra fra monti dal foltissimo manto boscoso in cui spiccano talvolta i pochi tetti di un villaggio. Si scende al Passo del Giovà, a quota 1.360, nei cui paraggi si trovano gli insediamenti turistici di Pian dell’Armà e di Pian del Poggio, dai quali una seggiovia sale ai 1.700 metri del Chiappo dove si trova un rifugio. Oltre il passo, risalendo in quota l’opposta dorsale, incontriamo qualche passaggio di ridotta larghezza, ma il traffico rimane quasi inesistente. Si toccano le sommità erbose del Monte Lesima (1.724 m), con l’argentea cupola per il controllo del traffico aereo, e Cima della Colletta, per poi scendere a Brallo di Pregola e di qui, attraverso Santa Margherita di Staffora, rientrare a Varzi. Da tenere presente che al Passo del Giovà si arriva anche per una strada di fondovalle lungo il fiume, ma dopo Casale Staffora diventa molto angusta e a serpentine poco praticabili in camper.

Castelli e terme
La Valle Staffora fu controllata in epoca medioevale dai Malaspina che nella strategica rocca di Oramala, esistente già nei primi decenni del Mille, dettero inizio al potere della dinastia. Da Varzi una strada di una decina di chilometri permette anche a un camper, sia pure con qualche strettoia, di raggiungere il castello eretto su un crinale e circondato da fitti boschi. Restaurato una ventina d’anni fa dal suo ultimo proprietario, il medico Luigi Barigazzi appassionato di storia malaspiniana, è visitabile dietro appuntamento: vi si potranno ammirare sale e terrazze oltre a un singolare museo di strumenti in ferro, che lo stesso Barigazzi ha raccolto in decine d’anni di professione.
Da Oramala una scorciatoia asfaltata, pur se non molto larga, punta direttamente sull’abbazia di Sant’Alberto di Butrio, la cui origine è legata all’eremita Alberto insediatosi fra questi boschi agli inizi dell’XI secolo. Il cuore del suggestivo complesso è costituito da tre piccole chiese decorate da affreschi di differenti epoche, mentre dell’antico chiostro rimangono un solo lato e il pozzo. Per lungo tempo benedettino, il monastero ospita oggi i monaci dell’ordine di Don Orione ed è l’unica delle sue fondazioni non adibita a cottolengo ma alla meditazione.
Oltrepassato lo Staffora, ci si ferma ora alle soglie del piccolo centro di Cecima e se ne attraversa la parte antica per ammirare la chiesa dei Santi Martino e Lazzaro, con il portale in cotto di gusto rinascimentale. Un’altra attrattiva si appresta a diventare l’osservatorio astronomico di recentissima apertura, nei pressi del castelliere preistorico di Ca’ del Monte.
Ripresa la nazionale, all’altezza di Godiasco si può deviare brevemente per Montesegale, dove le mura del castello (di nuovo un edificio privato) difendono un recinto con qualche bassa costruzione a merli ghibellini. Dista una dozzina di chilometri il grazioso borgo di Fortunago, ristrutturato e restaurato nelle abitazioni in pietra a vista e nell’arredo urbano. Una fonte nel piazzale all’arrivo in paese offre acqua liscia o frizzante.
Tornati sulla statale, chi volesse concedersi un bagno rigenerante potrà fermarsi a Salice Terme, dove però sono presenti alcune restrizioni per la sosta, oppure a Rivanazzano, che a pochi passi dal centro dispone di uno stabilimento termale dove agli ospiti in camper è consentito il libero uso del circostante parcheggio alberato e recintato. Potrà essere anche la buona occasione per salire al piccolo e silenzioso borgo di Nazzano, della cui vitale posizione strategica si resero ben conto i Malaspina ai quali si deve il rosso castello, ricostruito dai Visconti e poi restaurato in stile neogotico, che fu la vigile sentinella dell’accesso in Valle Staffora. Da qui si riprende per Voghera, chiudendo sulla A21 o sulla A6 l’itinerario nell’Oltrepò Pavese.

PleinAir 439 – Febbraio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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