Terra sovrana

Furono forse gli Svevi a darle il nome di Basilicata, proprietà del re: ma la vasta fascia montana che va dai dintorni di Potenza alle pendici del Pollino è soprattutto un generoso serbatoio di inedite occasioni di pleinair.

Indice dell'itinerario

La Basilicata è una regione in gran parte ancora da scoprire, forse perché i molteplici motivi di viaggio che questa terra può offrire durante tutto l’arco dell’anno non incontrano ancora una vera domanda di vacanza alternativa. Se però si vuole godere al meglio di ciò che il territorio lucano mette a disposizione, il periodo ideale è proprio quello dei mesi primaverili tra aprile e maggio, dedicando all’itinerario non meno di una settimana. E’ quello che abbiamo fatto noi – dopo aver esplorato la fascia costiera e l’area materana verso la Puglia – andando alla scoperta dell’entroterra montano, che presenta caratteri quanto mai vari e originali e annovera ambienti quali il cono vulcanico del Vulture con i deliziosi laghi di Monticchio, gli aspri rilievi del Potentino, le isolate piccole Dolomiti Lucane dalle fantastiche forme, la preziosa e originale foresta di Gallipoli che si estende attorno al Monte Croccia, sede di insediamenti antichissimi, e infine il grandioso massiccio del Pollino con i suoi immensi spazi naturali sui quali svettano le affascinanti chiome dei pini loricati. Il tutto è immerso in un contesto territoriale che comprende vari altri motivi di interesse: borghi da presepio, monumenti, castelli perfettamente conservati e presentati al pubblico durante la bella stagione.

Il Vulture e la montagna potentina
Se si eccettua la frequentata (ma solo nei giorni festivi) conca dei laghi di Monticchio, questa è un’area nota al turismo più per alcune presenze monumentali che per le sue qualità ambientali e paesaggistiche, ancora in larga misura inespresse. Ciò è anche dovuto al clima, tanto freddo e piovoso d’inverno e nelle stagioni intermedie quanto caldo in quella estiva: maggio è quindi il mese migliore per visitare le aree naturali di questa zona, quando le grandi praterie della pianura sono ancora verdi, il clima è mite e le alte quote appaiono nella loro veste migliore.

Da Orazio a Federico II
Per chi proviene da nord, sia l’Autosole che l’Adriatica offrono facile accesso alla Basilicata essendo tutte e due collegate alla Napoli-Bari, che sfiora il confine settentrionale lucano. Usciti al casello di Candela si seguirà la statale Ofantina, prendendo da qui non la prima bensì la seconda deviazione per Venosa: così facendo si arriverà a lato dell’abbazia della Trinità, dove si trova un ampio e tranquillo parcheggio. Questa cittadina ricca di storia diede i natali al celebre poeta latino Orazio e porta le tracce ben visibili di momenti storici successivi, almeno fino all’epoca degli Svevi (probabilmente furono proprio loro a cambiare il nome di Lucania, terra dei Lucani, in Basilicata, proprietà del re). Del poeta non rimane alcuna testimonianza, a parte un edificio che si dice fosse la sua abitazione, ma dello stesso periodo possiamo ammirare le cospicue rovine di una colonia romana. Risalenti al Medioevo sono invece il massiccio castello aragonese del 1400 e l’abbazia, la cui visita – come quella dell’area archeologica – è favorita da una serie di cartelli illustrativi assai ben realizzati. Il grandioso complesso è costituito da una prima costruzione e da tentativi incompiuti di edificarne una assai più grande nello stesso sito, con risultati che oggi creano effetti di grande fascino. Per visitare lo spettacolare castello, sede di mostre e di un piccolo museo, occorre invece attraversare a piedi il centro storico dalla ben conservata veste medioevale (disturbato soltanto dalla presenza delle auto).La strada che da Venosa porta ai laghi di Monticchio tocca due centri di notevole interesse: Melfi e Rapolla, quest’ultimo uno di quei paesi presepio che sanno attirare già a distanza l’attenzione del visitatore. Un sito particolarmente favorevole sia per la sosta che per godere di una magnifica vista sull’abitato si trova seguendo le indicazioni per il cimitero: in breve si arriva a un magnifico piazzale panoramico dal quale il borgo, con le case bianchissime, si presenta nella sua prospettiva migliore. Nell’interno non si notano presenze di particolare valore, ma ci si fa un’idea della tipica e gradevole struttura urbanistica dei piccoli centri lucani.
Diverso è il discorso per Melfi, oggi popoloso centro industriale che tuttavia conserva un bel nucleo storico. Si potrebbe raggiungere facilmente un comodo parcheggio nella parte alta della cittadina, ma risulta alquanto difficile uscirne dato che i sensi unici costringono a percorrere viuzze strette, tortuose e che abbiamo trovato spesso bloccate da auto parcheggiate in divieto; converrà dunque lasciare il veicolo all’inizio dell’abitato e servirsi del bus per la visita. Il castello normanno è la maggiore attrattiva, ben restaurato e con un interessante museo delle genti italiche che costituisce un primo approccio alla conoscenza di una storia dimenticata, cancellata dalla successiva dominazione romana. Tutt’altro che trascurabile la cattedrale, più volte distrutta e ricostruita.
Rispetto alla situazione che documentammo qualche anno fa, la suggestiva ma fragile area dei Laghi di Monticchio si presenta più strutturata e controllata, ma anche fruibile in maniera più vincolata. Sono quasi scomparsi gli spazi liberi in riva al lago accessibili alle quattro ruote, e la base migliore per la visita è rappresentata dal Camping Europa con belle rive erbose sul Lago Grande, panoramiche sul Vulture e sul santuario di San Michele. In pochi minuti si raggiungono un’area picnic e la striscia di terra che separa i due bacini: qui si trovano un imbarcadero ma soprattutto un sentiero pedonale che circonda il lago minore, dal quale a un certo punto si distacca un secondo percorso attrezzato che sale a San Michele e a un belvedere da cui si gode una magnifica vista sui laghi e su tutto il cratere. Il santuario sarebbe raggiungibile senza problemi anche in camper con possibilità di sosta libera lungo la strada, ma riteniamo che vada premiato lo sforzo effettuato per contenere gli effetti del turismo di massa con la tutela dell’ambiente e che sia meglio servirsi dei percorsi suddetti. Inoltre il sito è purtroppo ancora a rischio: gli appetiti attirati da un luogo di così alto richiamo turistico sono forti, i residenti si lamentano dell’invadenza dei nuovi imprenditori e i divieti di accesso alle macchine vengono ancora frequentemente ignorati.
La veloce superstrada che scende fino a Potenza sfiora Rionero in Vulture, che conserva alcuni interessanti palazzi settecenteschi e belle chiese di varie epoche oltre ad essere luogo di produzione del DOC Aglianico del Vulture (come pure il vicino centro di Barile, dove il vino viene ancora conservato in grotte tufacee scavate intorno al Cinquecento da profughi albanesi e, ai giorni nostri, utilizzate da Pier Paolo Pasolini per alcune scene del Vangelo secondo Matteo). La piazza principale di Rionero è intitolata al concittadino Giustino Fortunato, il letterato e parlamentare che a cavallo tra Otto e Novecento studiò la questione meridionale.
Proseguendo verso il capoluogo, senz’altro meritevole di una visita è Castel Lagopesole il cui nome curioso deriva dall’originario toponimo Lago Pensile, un bacino senza immissari né emissari di età preistorica, oggi scomparso. Anche in questo caso il borgo si segnala soprattutto per la presenza di un grandioso castello svevo magnificamente restaurato e ai lati del quale si trova un parcheggio con vista, ideale per la sosta e raggiungibile dopo aver attraversato il paese su un acciottolato largo, breve e molto ripido. Dopo la visita dell’edificio, ci si può concedere ancora un giro panoramico nella piccolissima area protetta situata attorno alle mura imponenti.

Alle sorgenti del Basento
Visitando questa zona nel cuore della primavera, come si è detto, se ne possono apprezzare pienamente le qualità per il pleinair: sinora è stata infatti teatro solo di un turismo interno e molto stagionale, ma fuori dalla piena estate offre proposte di pregio anche a chi viene da lontano. Tuttavia, a fronte di un notevole fascino paesaggistico e di uno stato di conservazione ammirevole, poche iniziative e strutture sono state pensate allo scopo di attrarre visitatori da altre regioni, ed è diffuso il convincimento che a tale scopo si possa far leva proprio sul turismo itinerante. Venendo dalla superstrada conviene imboccare l’autostrada per Salerno, uscire a Corleto Perticara, percorrere un tratto della statale per Picerno e al primo bivio girare a sinistra verso il Lago Pantano di Pignola, dove inizia il nostro successivo itinerario di esplorazione della zona. Fino a poco tempo fa nessuna carta riportava l’esistenza del bacino, e anche oggi la rappresentazione di questo ambiente, quando la si trova, è alquanto incompleta: si tratta di un’estesa palude che occupa il fondo di una conca verdeggiante, rifugio di una ricca avifauna e per questo protetta da tempo sotto l’egida del WWF. I tentativi di renderla fruibile per un turismo nella natura sono recenti e hanno portato alla costituzione di percorsi escursionistici, di una vasta zona attrezzata per il tempo libero lungo le pendici, di una strada pedonale e ciclabile sulla sponda occidentale e di un centro visite affidato a un gruppo di giovani locali che gestiscono l’area protetta. Acqua e spazi per la sosta non mancano, in particolare vicino allo stesso centro visite dove la presenza di camper è vista di buon occhio.
Poco distante dal lago è situato Pignola, grosso centro noto soprattutto per i portali in pietra: sebbene tutti i paesi lucani presentino questa caratteristica, qui più che altrove possiamo ammirarli per numero e bellezza. Il paese si presenta animato e ben fornito, ma il parcheggio è un po’ difficoltoso da trovare rendendo perciò preferibile sostare all’ingresso, di fronte al museo della civiltà contadina (aperto su richiesta), e di qui proseguire a piedi.
Più avanti la strada sale al Passo della Sellata, sul quale convergono numerose direttrici che aggirano il Monte Arioso il quale, con i suoi 1.722 metri di altitudine, è il più alto della zona richiamando d’inverno gli amanti dello sci. La più larga e comoda delle strade che servono questa zona è quella proveniente da Marsico Nuovo: procederemo dunque verso questo paese (incontrando dopo un breve tratto gli impianti di risalita di Pierfaone) su un tracciato assai bello, soprattutto nella stagione delle fioriture. Il borgo è molto grazioso e presenta l’usuale centro storico tutto in salita, con grosse difficoltà di parcheggio, ma vale la pena dedicargli una visita.
Da qui si prosegue sulla superstrada Agrese che porta a Brienza, un altro centro di discrete dimensioni pittorescamente arroccato su un colle. L’aspetto più interessante è costituito dalle rovine del paese vecchio, sparpagliate su un erboso pendio panoramico sotto le vecchie mura, sul versante opposto all’abitato. Parte di questo antico borgo è oggetto di tentativi di restauro che tuttavia appaiono inutili, visto che la parte più suggestiva è quella non recuperabile, bella così com’è e da godere con una piacevole passeggiata.
Passando per Sasso di Castalda, il cui nome deriva dalla presenza di una rocca posta su uno sperone, si raggiunge Fossa Cupa; al primo valico si scende sulla sinistra per non più di un chilometro, andando a sostare presso un fontanile. Quest’area naturale coincide con l’alta valle del Basento, che qui ha la sorgente, ed è quella più pregiata e anche relativamente fruibile della montagna potentina: non ci sono sentieri né escursioni, ma solo un’intatta bellezza da gustare in tranquillità circondati da morbidi prati fioriti.
Da Sasso di Castalda si tornerebbe anche alla Sellata, ma la strada (lungo la quale si trova anche una pista di sci di fondo, mentre è stata dismessa quella da discesa) è stretta, tortuosa, sconnessa e in forte saliscendi. E’ preferibile dunque andare a chiudere il giro scendendo di nuovo verso Brienza e tornando al punto in cui avevamo lasciato l’autostrada.

Le Dolomiti Lucane e la Foresta di Gallipoli
Si tratta di una delle zone più originali e interessanti della regione, protetta dal vincolo di parco naturale e fruibilissima, ma non ben descritta sia sulla cartografia che sulla stessa documentazione disponibile.
Prima di addentrarsi nell’area protetta vale la pena fare tappa in un piccolo paese limitrofo che colpisce subito chi, viaggiando sulla Basentana, alza lo sguardo sui rilievi a occidente: Brindisi di Montagna. Dal casello di Corleto Perticara procediamo verso est prima in autostrada e poi lungo la Basentana dove, dopo circa 12 chilometri, troviamo il bivio per questo delizioso borgo dominato dalla scenografica mole di un castello perfettamente fuso al pietroso cocuzzolo su cui sorge. Oltre a quest’ultimo, il paese stesso (che si presenta ben ristrutturato) merita una visita nella quale, insieme alla sobria grazia delle architetture, si assapora una pace quasi irreale che, unita alla consueta cordialità della gente, lascia nel visitatore una sensazione assai piacevole.

Le piccole montagne
Chi a questo punto stesse cercando un sito per la sosta notturna incontrerebbe qualche difficoltà, tuttavia superabile imboccando l’uscita per il lago artificiale di Camastra e Castelmezzano (la salita fino all’abitato non figura sulle carte): andando verso Trivigno si scorge sulla destra un ampio piazzale di destinazione incerta, ma al momento utilissimo alla bisogna. In alternativa si può proseguire lungo la Basentana fino alla nuova uscita per Tricarico, dove si trovano ampi spazi attorno al fiume.
Salendo a Castelmezzano si staglia la sagoma caratteristica delle Piccole Dolomiti (che geologicamente non sono affatto delle dolomie e devono il nome solo al loro aspetto); occorre lasciare il camper nel primo parcheggio disponibile, guardandosi bene dall’entrare in paese con il veicolo. Un sentiero a gradini porta a un belvedere incastonato tra i due picchi rocciosi che più si notano dal basso, e attorno al quale ci sono molti altri punti panoramici per saziare l’occhio di viste magnifiche quanto insolite. Il paese, oggetto di continui restauri, merita una visita, così come una chiesetta che si incontra prima di una galleria appena usciti dall’abitato, anch’essa incastonata tra le cime.
Da Castelmezzano fatevi indicare la strada per Pietrapertosa perché sia le carte che la segnaletica sono spesso poco affidabili, date le continue variazioni o i lavori in corso. Una possibilità di sosta si trova un centinaio di metri prima dell’abitato, assai ben tenuto, all’inizio di un largo sentiero lastricato che anche in quest’occasione si inerpica tra le rocce. Qui si può salire fino alla sommità delle cime aguzze che dominano il borgo, seguendo il sentiero fin dentro la rocca mediante alcuni gradini scavati nella montagna; poi si scende sul versante opposto e si torna alla base attraversando altri gruppi rocciosi e il paese.

La grande foresta
Per accedere da Pietrapertosa alla Foresta di Gallipoli sembrerebbe, a giudicare dalle carte, che non ci sia altra via oltre a quella che scende ripida e tortuosa sulla Basentana risalendo sul versante opposto ad Accettura lungo decine e decine di curve e di tornanti. Invece è molto meglio (seguendo ciò che fanno i locali) attraversare per circa 200 metri il paese, seguire le indicazioni per Accettura e immergersi nella solitaria Montagna dell’Impiso, anche se la strada è stretta e talora dissestata e la segnaletica scarsa. Inoltre si trovano molti spazi per sostare nel fitto bosco che ricopre l’intera area fino al ritorno sulla Basentana.
A un certo punto la strada gira decisamente sulla sinistra e scende sul gradevole paese di Accettura, per una sosta riposante dopo un tragitto che tale certamente non è. Proseguite fino a incontrare la biforcazione che sulla destra porta a Oliveto Lucano (di nuovo una strada non segnata sulle carte) e a sinistra scende sulla Basentana. Nei pressi del bivio si trova una confortevole casa della Forestale con ampi spazi di parcheggio, acqua e toilette; qui conviene farsi rilasciare il permesso per entrare nella vicina riserva di Monte Croccia.Imboccando la strada per Oliveto Lucano, dopo circa 500 metri si incontra l’Area del Daino, dove si può parcheggiare e utilizzare una bella area picnic che si sviluppa lungo il recinto che la delimita. All’interno di questa vasta zona forestale si possono vedere, anche servendosi di una torre di avvistamento, molti esemplari di daini e di cervi, tra cui qualche maschio adulto dagli imponenti palchi di corna. Ancora 2 chilometri e mezzo e si arriva a un’altra area attrezzata (aperta solo in alta stagione) dove inizia il sentiero che attraversa la Riserva Antropologica di Monte Croccia. Questa è attraversata da un magnifico percorso storico-naturalistico – accessibile anche in camper, ma è bene rispettare i divieti – che si sviluppa all’interno di una splendida foresta e nella parte più alta circonda le mura dell’antico abitato italico da cui il sito trae il nome. Numerosi cartelli illustrano le caratteristiche naturali, la storia dei luoghi e il rapporto tra la flora del posto e l’uso che ne facevano le antiche popolazioni. Il sentiero si percorre in poco più di un’ora, è sempre ben tenuto e completa degnamente la visita a questo prezioso comprensorio.
A questo punto si torna sulla Basentana e si prosegue in direzione di Matera per esplorare una regione non meno singolare ma assai diversa.

Il Pollino lucano
A cavallo fra la Basilicata e la Calabria, il parco del Pollino rappresenta uno degli ultimi esempi di montagna selvaggia che resta in Italia. Il percorso di attraversamento che porta dalla costa jonica a quella tirrenica è abbastanza naturale e permette di visitare le aree più interessanti del massiccio su questo versante: il Lago Duglia e i Piani di Pollino, la riserva di Cropani e il Bosco Magnano, l’alta valle del Frido, le alte vie e il Piano Ruggio. Una nota a parte merita l’evidente popolarità del parco tra gli abitanti, che si comprende soprattutto quando si vedono i paesi e i villaggi rimessi a nuovo, gli innumerevoli agriturismi cresciuti come funghi, le aree protette perfettamente attrezzate e gestite con criterio, alcuni sentieri ben tracciati e, in generale, un assetto territoriale sicuramente frutto di molto lavoro che, a quanto pare, genera anche reddito.
Dalla Basentana, sfiorando Matera, si procede fino allo Jonio e si prende la statale costiera verso sud; all’altezza di Bosco Pantano si ritorna nell’entroterra attraverso la statale 653 Sinnica. Poco dopo Valsinni si devia sulla Sarmentana per salire a Terranova di Pollino, dove si può comodamente sostare in più di uno spazio lungo la strada che sale al Lago Duglia, a partire da una piazzola con fontana 500 metri dopo l’uscita dal paese. La strada è finalmente consolidata, asfaltata e percorribile anche da un camper fino al bacino, con una struttura di ristoro (che si vede però quasi sempre chiusa) e un ampio parcheggio panoramico. Fermandosi invece prima del lago 6 chilometri dopo Terranova, presso una bella area picnic, si può intraprendere il lungo e faticoso sentiero che porta ai Piani di Pollino, sito quanto mai affascinante soprattutto per la presenza dei pini loricati, la bellezza dei quali si comprende solamente vedendoli da vicino. Un altro bivio ben segnalato, sempre su asfalto, porta alla località Acqua Tremola (altra area picnic con fontana) da cui parte un secondo sentiero – meno bello ma più facile e riconoscibile – che raggiunge i Piani. Da lì si diparte anche una strada diretta a San Severino Lucano, che però è praticabile solo dalle auto a causa di uno sbarramento che blocca i mezzi più larghi di 190 centimetri. Per raggiungere il paese è dunque inevitabile effettuare un percorso di 60 chilometri tornando a Terranova e alla fondovalle e da qui risalire il corso del Frido, imboccando il bivio che si trova circa 3 chilometri dopo Francavilla in Sinni.
Una quindicina di chilometri dopo aver lasciato la Sinnica, la segnaletica ci indica la Riserva di Cròpani e del Bosco Magnano con parcheggio e ristoro, attraversata da numerosi sentieri e ricoperta da una vegetazione lussureggiante. Ma il punto più bello, tra prati e boschi, è costituito dalla confluenza tra il Frido e il Peschiera nelle cui limpide acque – soprattutto del secondo – ci si può immergere liberamente, in special modo sotto una cascatella che forma una profonda piscina naturale. Lungo il letto di questo fiume corre anche un bel sentiero che si chiude ad anello con una passeggiata di un’ora e mezza: si tratta di un esempio (e non è il solo) di natura protetta e attrezzata ancora praticamente sconosciuta a un pubblico non locale.
Risalendo la valle si arriva a San Severino Lucano, paese completamente restaurato dove hanno sede il parco e un’area di sosta. Da qui si sale ancora verso Mezzana, incontrando tanti dolcissimi villaggi con una miriade di agriturismi e di casette per le vacanze perfettamente inserite nell’ambiente fino a giungere alla base dell’altura su cui è situato, a quota 1.537, il santuario della Madonna del Pollino (raggiungibile anche in auto tramite un acciottolato sconsigliabile a un camper). Lasciato il mezzo al termine dell’asfalto, si sale a piedi nel bosco per circa un’ora e, giunti in cima, si contempla uno splendido panorama al termine di un breve sentiero lastricato, sotto una statua del Redentore.
Seguendo da qui le indicazioni per Viggianello e subito dopo per Piano Ruggio si ha modo di percorrere una strada che si sviluppa in quota per molti chilometri, sempre lasciando spaziare liberamente lo sguardo e dove, all’occorrenza, si trovano infinite e magnifiche posizioni di sosta. Poi la strada si immerge nuovamente nel bosco e si incontrano nell’ordine il Piano Visitone (con acqua e ristoro non sempre aperto), il Colle dell’Impiso e finalmente il Piano Ruggio, un’immensa prateria a 1.500 metri di altitudine che offre splendida accoglienza a tutto pleinair e il Rifugio De Gasperi (sempre aperto). L’escursione più facile e interessante è quella che, lasciando il mezzo al Colle dell’Impiso, sale verso il Timpone di Mezzo e scende nel ridente Piano Vacquarro. Qui si incontra nuovamente il corso del Frido che, volendo, si potrebbe risalire fino ai Piani di Pollino visibili sullo sfondo assieme alle cime maggiori del gruppo.
Oltrepassando di poco il confine con la Calabria, si scende a questo punto verso il Tirreno e l’autostrada A3, prendendo a Campo Tenese la via del ritorno. ».

PleinAir 393 – aprile 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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