Non è una strada facile, diciamolo subito, quella che risale la valle del Sermenza, laterale della Val Sesia, fino al borgo e al lago artificiale di Rimasco. Qui si divide in due tronconi senza sbocco: a sinistra per Rima e la Valle Piccola, a destra per Carcoforo e la Val d’Egua. Lo stretto e tortuoso percorso, tuttavia, non spaventa le decine di camperisti che da almeno quindici anni dirigono la prua del veicolo proprio a Carcoforo, dove sanno di trovare un’accoglienza benevola e di prim’ordine.
Bisogna risalire indietro nel tempo, agli inizi degli anni ’90, quando l’amministrazione comunale di questa località piemontese fu tra le prime in Italia a deliberare la realizzazione di un’area di sosta per camper, giustificando più volte l’interessamento di PleinAir. Nel 1992, a conferma di una saggia gestione del territorio, Carcoforo fu eletto uno dei dieci “villaggi ideali” del Bel Paese scelti fra quarantatré partecipanti a un concorso bandito dalla rivista Airone. Una targa ricorda ancora quel riconoscimento all’ingresso del paese, pur se da allora diverse cose sono cambiate anche qui: sono sorti un albergo e alcune nuove case, un’antenna satellitare consente finalmente di vedere bene la tv e di usare i telefonini, ci sono i cassonetti per la raccolta differenziata dei rifiuti. Inoltre, è stato allestito all’ingresso del paese un museo naturalistico sul Parco dell’Alta Valsesia e c’è perfino una statua in bronzo al cacciatore inaugurata nel ’95 (un omaggio alle tradizioni, è scritto, ma anche alla locale e remunerativa riserva di caccia gestita dal Comune).
E l’area di sosta? Non soltanto c’è ancora ma è stata ingrandita e attrezzata con panche da picnic, nuova illuminazione e un blocco di servizi igienici. Segno che il paese ne trae beneficio e che i suoi settantacinque abitanti, la metà d’inverno, riconoscono nel pleinair il solo turismo sostenibile in un habitat fragile come il loro. Anche per questo non hanno mai voluto impianti di risalita, si accontentano di un paio di hotel, di un piccolo skilift, di un campo da tennis che d’inverno diventa pista di pattinaggio, di tre anelli di fondo, di un bocciodromo e della rete di sentieri che si ramificano nel parco. Al resto ci pensano un borgo esemplare (fra i più alti d’Italia, a 1.304 metri di altitudine) e una natura maestosa tenacemente addomesticata dai valligiani, a cominciare dalle popolazioni walser provenienti dall’alto Rodano, che colonizzarono le pendici intorno al Monte Rosa fra il XII e il XVI secolo.
Passi ritrovati
Il borgo stesso, le costruzioni sparse, le caratteristiche abitazioni in pietra e legno qui dette torbe testimoniano quelle origini, ed è proprio sugli antichi percorsi tracciati dai pastori, contadini, artigiani e commercianti walser che si snodano i principali sentieri escursionistici della zona. Il più famoso, che collega Carcoforo a Rima, è inserito nella GTA, la Grande Traversata delle Alpi: richiede 4 ore di buone gambe e supera il Colle del Termo (2.531 m), un balcone verso il Rosa e la Punta Gnifetti. Giunti a Rima, se non si vuole ricalcare il tragitto dell’andata, occorre organizzarsi per il rientro con l’autobus, approfittando dell’unica corsa pomeridiana.
Ma intorno a Carcoforo non mancano destinazioni meno impegnative né passeggiate alla portata di tutti, come quella che dall’area di sosta conduce in paese costeggiando l’Egua sulla sponda opposta alla strada di arrivo. Il percorso inizia dal ponticello pedonale di fronte al cimitero e alla chiesetta della Madonna della Neve, quindi prosegue a destra sollevandosi un poco per poi riprendere il piano su un altro ponte, questo carrabile, dinanzi all’arco d’ingresso al borgo e all’inizio del sentiero natura Carcoforo-Alpe Colmetto (un’ora e mezzo circa, media difficoltà). A sinistra del ponte, lungo l’affluente Trasinera, si trova l’innesto della GTA verso Rima e s’imbocca quella che d’inverno è la pista di fondo, divisa in tre anelli da 5, 3 e 2 chilometri di lunghezza. Si può camminare in relax nella natura di fondovalle, addentrarsi a vista nei valloncelli laterali per toccare varie baite, o ancora seguire alcuni segnavia del CAI: fra questi, il 113 conduce all’Alpe Massero e al vicino rifugio del parco (circa 3 ore andata e ritorno). Chi se la sente può proseguire in forte pendenza dal rifugio alla panoramica Bocchetta del Badile, sul sentiero 116, e da qui ridiscendere su Carcoforo per il sentiero 117 (4 ore in totale e 1.000 metri di dislivello).
A monte dell’abitato, superate le ultime case e alcuni salti d’acqua, vari segnavia invitano a raggiungere i pascoli più alti e assolati dell’area protetta, dove nei mesi estivi gli alpeggi sono abitati e le casere in attività. Il sentiero 122 sale in successione alla Contrada Giacci, alla Casera Bianca e all’Alpe Piovale con attiguo Rifugio Boffalora; un secondo strappo e si raggiunge il Colle d’Egua (2.239 m), altro eccezionale belvedere sul massiccio del Rosa (5 ore andata e ritorno). Più facile e breve (3 ore e 800 metri di dislivello) l’anello disegnato dal sentiero 121 che dalla Contrada Giacci si stacca a sinistra salendo all’Alpe Ciletto e quindi all’Alpe Giacet per poi collegare in discesa l’Alpe Busacca, l’Alpe Passone e l’Alpe Pianelli, abituale ritrovo dei villeggianti per gli spettacoli all’aperto; da lì in mezz’ora si riprende il 122 e si rientra alla base. Giusto in tempo per scambiare quattro chiacchiere, rassettarsi e concedersi una bella cena tradizionale in uno dei due ristoranti del paese. E quando infine il cielo annerisce mentre un velo di nebbia confonde i lampioni, non resta che ritirarsi nel camper, a farsi cullare dal brontolio del torrente.
PleinAir 434 – settembre 2008