Sul filo della storia

Affacciata sulla profonda spaccatura carsica che le dà il nome, Gravina in Puglia ospita a settembre un coloratissimo incontro internazionale di gruppi storici. Tre giorni di festa con tornei, cerimonie, mercatini e sfilate in costume tra chiese, palazzi e antichissime cavità naturali da sempre usate come rifugio.

Indice dell'itinerario

La grande sagoma di un volatile accoglie lungo la strada chi giunge a Gravina in Puglia provenendo da Altamura. Il corpo ovale attraversato da striature colorate e la presenza di bargigli e di una cresta, entrambi di un rosso vivace, farebbero pensare alla raffigurazione di un ruspante animale da cortile: si tratta invece della gazza, chiamata in dialetto locale cola-cola, divenuta simbolo della città. In dimensioni ridotte rappresenta un fischietto, ancora oggi realizzato in terracotta da artigiani locali, che discende dai tintinnabula di epoca romana usati per trastullare i più piccini, come ci racconta il giovane operatore culturale Pino Navedoro. Gli anziani ricordano che sino a non molti anni fa questi tipici strumenti venivano donati ai bambini nel mese di maggio affinché, con il loro suono, accompagnassero il corteo dei pellegrini fino al santuario della Madonna di Picciano. Una panoramica di questo artigianato popolare si può avere presso la casa-bottega del maestro Loglisci, di fronte all’ingresso della cattedrale: il più anziano ceramista della città sarà ben lieto di mostrare la sua intera produzione.
Nei negozi, invece, il simpatico volatile fa bella mostra di sé in particolare durante il Raduno dei Cortei Storici, che si tiene ogni anno a fine settembre. La manifestazione vuole ricordare la donazione del feudo di Gravina al conte Giovanni di Monfort da parte del re Carlo d’Angiò, avvenuta nel 1289 con una cerimonia pubblica alla quale assistettero ospiti provenienti da più paesi. Oggi quell’atmosfera festosa viene ricreata con la partecipazione di numerose associazioni, italiane ed estere, che vivacizzano con i loro coloratissimi costumi la rievocazione d’inizio autunno. Il clou si ha negli ultimi due giorni con il torneo cavalleresco del Palio delle Porte e la solenne consegna delle chiavi al feudatario, preceduta da una sfilata in costume per le vie cittadine, dai giochi e dalle dimostrazioni d’armi in Piazza Benedetto XIII. Tutt’intorno si stendono accampamenti militari e mercatini d’epoca lungo le strade del rione antico: è la festa di un popolo che reindossa i suoi panni medioevali.

Civitas Gravinae

Il nome della città deriva evidentemente dalla sua posizione su di una gravina, una profonda fenditura carsica tipica del territorio pugliese. Tale formazione geologica è causata dall’erosione del permeabile terreno calcareo da parte di fiumi che per millenni hanno scavato veri e propri canyon. La presenza d’acqua sul letto della fenditura, la fertilità dei costoni e la duttilità del materiale tufaceo hanno creato le condizioni ideali affinché l’uomo colonizzasse queste aree: e così, nell’arco dei secoli, le grotte naturali sono state trasformate, ampliate, adattate alle necessità abitative e a quelle religiose.
Il bordo della gravina separa nettamente i quartieri moderni dalle abitazioni e dalle chiese del passato, creando un suggestivo e contrastato panorama. Un buon punto di osservazione sull’ampia voragine si ha dalla terrazza sottostante il sagrato della cattedrale, dedicata all’Assunta. In questa veduta a 180 gradi risalta, sulla sinistra, l’imponente ponte-acquedotto costituito da due serie di arcate sovrapposte, voluto dagli Orsini nel XVIII secolo: un’importante opera che consentiva di portare l’acqua dalle lontane sorgenti fino in città. Il quadro è altresì dominato dalla maestosa facciata della cattedrale, adorna di un bel rosone a ventiquattro raggi che sovrasta i tre portali d’ingresso, mentre l’interno a tre navate mostra il soffitto barocco in legno dorato, il coro in noce massiccio, bellissimi altari intarsiati con marmi policromi, madreperle e lapislazzuli e un San Michele Arcangelo, protettore della città, scolpito da Stefano da Putignano. Il fianco destro della chiesa affaccia sulla piazza dedicata al concittadino cardinale Orsini, che divenne papa nel 1724 con il nome di Benedetto XIII ed è immortalato in una statua benedicente. Da questo punto, alzando lo sguardo in alto, si noterà un piccolo rosone curiosamente semicoperto: una disattenzione in seguito a lavori di prolungamento della navata laterale.
Percorrendo la grande spianata rettangolare dove si innalzano anche il seminario, il convento e la chiesa di Santa Maria delle Domenicane, con scalinata semicircolare, si arriva in Piazza Notar Domenico. Su di essa affaccia la chiesa del Purgatorio fatta costruire dai duchi di Gravina, Ferdinando III Orsini e consorte, che volevano diventasse cappella mortuaria della famiglia: lo testimoniano il timpano spezzato, sul quale campeggiano due scheletri, e le colonne del portale sostenute da orsi, che richiamano ancora una volta il nome dei committenti. L’interno è piuttosto spoglio, ad eccezione di un originale altare marmoreo intarsiato e alcuni pregevoli dipinti su tela del ‘600 tra cui la Madonna del Suffragio, in barocco napoletano. Di fronte al portale si erge la Biblioteca Capitolare Finya, tra le più antiche della Puglia, sulla cui facciata è da notare il singolare orologio ottocentesco che reca nel quadrante i ritratti di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi. Chiude l’arredo urbano di questa scenografia la monumentale fontana pubblica settecentesca, chiamata Le Quattro Fontane, che distribuiva l’acqua di una vicina sorgente alla città prima che vi provvedesse l’Acquedotto Pugliese.
Proseguendo su Via Marconi e poi su Via Meucci, una sosta merita il liquorificio artigianale Amari & Rosoli condotto con passione e perizia da Michele Lafronza, che utilizza erbe selvatiche e frutta della Murgia per creare originali rosoli di gelso rosso, di salvia e limone o di fico d’india, solo per citarne alcuni. Nella limitata produzione, venduta in bottiglie numerate, spicca l’amaro Gariga a base di quarantatré erbe, tra le quali prevale l’aroma del timo selvatico. Al civico 10 della stessa Via Meucci si incontra la sede di Gravina Sotterranea, associazione che si incarica di esplorare il sottosuolo della città in cui si snoda un vero labirinto di anfratti scavati nel tufo. La visita guidata permette di conoscere questi ambienti utilizzati come cantine, cisterne per la riserva d’acqua piovana e magazzini per le derrate alimentari.
Ritornati in Piazza Notar Domenico, attraverso le vie d’Ales e Orsini si giunge alla Fondazione Ettore Pomarici Santomasi, ospitata in un elegante palazzo seicentesco. Al piano terra si visitano le sale delle maioliche, delle carrozze e degli abiti d’epoca, tra i quali un prezioso vestito da ballo dei primi dell’800 ricamato in oro. Un altro bel salto indietro nel tempo si compie visitando, nello stesso palazzo, la chiesa rupestre di San Vito Vecchio: in un vasto ambiente è stato integralmente ricostruito l’antico luogo di culto con gli affreschi del XIII secolo, asportati dalla sede originaria e qui conservati per salvarli dalla distruzione. Al primo piano si attraversano la biblioteca, ricca di 40.000 volumi, e l’appartamento di famiglia, costituito da sette sale tra cui il salone di rappresentanza, la camera da letto e la cappella con altare del ‘700. Al piano superiore si trovano le sale archeologiche con reperti risalenti al VII secolo a.C., una collezione numismatica di oltre 1.600 pezzi e una ricca pinacoteca che espone, tra l’altro, una Madonna col Bambino di Francesco Guarini e un San Sebastiano di Francesco Carracci.
Dal borgo antico diversi vicoli in forte pendenza, che qui chiamano calate, conducono in breve all’interno della gravina, dove è d’obbligo la visita almeno delle chiese rupestri più facili da raggiungere (rivolgersi allo IAT). Tra di esse la più appariscente, se non altro per le dimensioni e per essere stata cattedrale di Gravina fino all’arrivo dei benedettini, è San Michele delle Grotte, interamente scavata nel tufo e divisa in cinque navate, con altari dedicati agli arcangeli Gabriele e Raffaele. Altra suggestiva cripta rupestre è quella di Santa Maria degli Angeli, cui si accede costeggiando un tratto delle antiche mura: all’interno si conservano tracce di un Cristo Pantocratore nell’abside centrale. Interessanti per comprenderne l’utilizzo nel tempo la presenza di tre tombe e di una fossa, quest’ultima adibita forse a neviera.
Un’altra panoramica sul centro storico dominato dalla cattedrale si osserva raggiungendo la sponda opposta della gravina, lato dal quale, per viottoli scoscesi e gradinate scavate nella roccia, si arriva alla Grotta delle Sette Camere, complesso disposto su tre livelli. Da qui si torna verso l’abitato raggiungendo, nei pressi della stazione ferroviaria, il santuario della Madonna delle Grazie. La sua nota caratteristica è lo stemma del vescovo Giustiniani che riempie l’intera facciata: il grande bassorilievo, del 1602, raffigura un’aquila ad ali spiegate che sovrasta tre torri bugnate.
Per concludere la scoperta del territorio bisognerà dirigersi sulla statale per Spinazzola lungo la quale, appena fuori città, si possono osservare i ruderi del castello svevo che Federico II volle come maniero di caccia e che il Vasari citò nei suoi scritti. Sulla provinciale per Corato, invece, dopo 8 chilometri vedrete stagliarsi la bianca Masseria Pantano ai piedi del gradone delle Murge. Alle spalle dell’imponente casa contadina si trova lo jazzo, l’ampio recinto in pietra viva utilizzato per il ricovero delle pecore: un altro simbolo di questa nobile e generosa terra di Puglia.

PleinAir 434 – settembre 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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