Sui passi di Mosè

Divenuta una meta turistica tra le più frequentate in Medio Oriente, Sinai vuol dire soprattutto Mar Rosso e, per variare, escursioni comandate nei luoghi della Bibbia. Ma per recuperarne il fascino vero, niente di meglio di un trekking nel deserto. In tenda e cammello.

Indice dell'itinerario

Se si guarda alle tende, la scena del campo è assolutamente normale. Una dopo l’altra, le nostre cupole di tela prendono forma nel deserto. I freddolosi del gruppo si piazzano ai piedi delle rocce per ripararsi dal vento che accompagna il tramonto. Chi preferisce la privacy si allontana di un centinaio di metri tra le dune.
Khalid, la nostra guida, scarica zaini e sacche dal fuoristrada di appoggio. Sabah il cuoco mette su un fuoco di sterpi l’acqua per il primo dei molti chai, i saporiti tè beduini che scalderanno la serata. Sullo sfondo, il sole che arrossa le montagne di arenaria del Sinai calamita l’attenzione. Dall’altre parte del campo, invece, l’immagine è inconsueta. Uno dopo l’altro, i beduini fanno inginocchiare i cammelli, tolgono loro le selle, poi li lasciano liberi di vagare in cerca di rami di acacia cespugli da brucare. Non lontano dalla cucina le selle vengono sistemate a semicerchio, formando così una “sala da pranzo” di rara suggestione.
Anche il paesaggio è straordinario. Siamo nell’angolo sud-orientale del Sinai, a circa 3 km in linea d’aria dal Golfo di Aqaba, il braccio del Mar Rosso che separa la penisola dal litorale dell’Arabia Saudita. Poco a nord di dove ci troviamo, la strada che lascia la costa a Nuweiba conduce ogni giorno verso Santa Caterina e il Jebel Musa migliaia di viaggiatori. Noi, invece, stiamo viaggiando da soli, se è lecito definire così una comitiva che include tredici viaggiatori italiani, un accompagnatore originario del Cairo, sette beduini della tribù dei Muzeina e una quindicina di cammelli, più il fuoristrada di appoggio che ci raggiunge ogni sera con i bagagli, le tende, il cuoco e il cibo.
Viaggiare nel Sinai non è un’idea inconsueta. Passata dall’Egitto a Israele nel 1967 con la Guerra dei Sei Giorni, tornata in mano egiziana dodici anni dopo a seguito degli accordi di Camp David, la penisola è rapidamente diventata una meta turistica tra le più frequentate del Medio Oriente.
Sharm-el-Sheikh, un tempo base militare all’estremità meridionale, ha visto nascere un aeroporto intercontinentale, decine di alberghi e diving center che organizzano immersioni nel parco marino di Ras Mohammed. Oltre al sole del deserto e ai prezzi convenienti offerti dalle agenzie di viaggio, attirano infatti i visitatori le acque del Mar Rosso, i coralli, la fauna subacquea del bacino che è stato ribattezzato ‘l’acquario di Allah’. Nel corso di una settimana di soggiorno, però, anche i più ‘marini’ tra i visitatori di Sharm-el-Sheikh visitano i luoghi raccontati dalla Bibbia. Nel racconto biblico Mosè vive nel deserto insieme a Jethro e alla sua famiglia, ascolta la voce di Dio che gli parla dal roveto ardente, quindi torna nella penisola alla testa del popolo ebraico riscattato dalla cattività. Poi il profeta sale una prima volta alla montagna e ridiscende con le Tavole della Legge per scoprire che la sua gente ha scelto di adorare un simulacro pagano. Il pentimento del popolo d’Israele e una seconda salita di Mosè alla montagna precedono il ritorno degli ebrei sulle rive del Giordano.
Per millenni i luoghi di questa vicenda sono stati identificati con le montagne più elevate del Sinai ai piedi delle quali, già nel quinto secolo dopo Cristo, è sorto il monastero di Santa Caterina. Oggi, mentre gli archeologi sostengono che i fatti narrati dalla Bibbia si sono probabilmente svolti un po’ più a nord, il turismo di massa ha scoperto le spettacolari montagne di granito del Sinai. Quando, nell’ultima notte del viaggio, saliremo anche noi ai 2285 metri del Jebel Musa, scopriremo quanto siano affollate le mete più classiche della penisola. Una scoperta che ci farà apprezzare la tranquillità del nostro girovagare nel deserto. A rendere piacevole l’utilizzo dei cammelli è prima di tutto l’orografia del deserto, dove lunghe valli sabbiose staccano tra loro altrettanto lunghe dorsali di roccia sulle quali spiccano vette e torrioni.
Restare in sella a questi animali per intere giornate sarebbe noioso. Starci per una o due ore ogni volta è divertente e consente di superare senza fatica i tratti sabbiosi. Una o due volte ogni giorno, lasciati i cammelli ai beduini, si prosegue a piedi verso l’una o l’altra delle cime che dominano il deserto. Comprese tra una e due ore di cammino, queste digressioni consentono di ammirare fantastici paesaggi rocciosi, di sbizzarrirsi su brevi e facili passaggi di arrampicata su roccia, di godere panorami sul deserto dalle vette del Jebel Matamir, del Jebel Barga e delle altre piccole montagne della zona.
Nell’ultimo giorno del trekking, un ripido pendio sabbioso ci fa raggiungere la “montagna bucata”, l’imponente arco naturale che domina lo Wadi Nasb. Tre giorni prima, invece, l’emozionante discesa di un canyon ci ha permesso di raggiungere l’oasi di Ain Hodra, le cui palme ospitano un piccolo insediamento beduino.
Ed è proprio il rapporto con le tradizioni e gli abitanti del deserto a costituire l’ultima attrattiva del viaggio. Anche se reso più “turistico” dalle frequenti soste e dalla brevità delle tappe, il viaggio a dorso di cammello permette di accostarsi all’antichissima vita dei beduini, e di rievocare i tempi in cui le carovane solcavano in tutte le direzioni il Sinai. A Santa Caterina, i monaci di rito greco che costituiscono la più antica comunità del deserto hanno verso i visitatori un atteggiamento chiuso. Come del resto i beduini della tribù dei Gebeliyah, che si occupano della gestione quotidiana del monastero fin dai tempi di Maometto. Il viaggio insieme ai Muzeina, invece, ci fa conoscere i veri abitanti della penisola, cui il turismo consente di mantenere in buona parte le abitudini antiche. Certo, anche per loro, le vere “navi del deserto” sono da tempo le Toyota e le Jeep. Nel maneggiare i cammelli, però, questi uomini rivelano una sapienza e una confidenza antichissime. Guardarli al lavoro è un altro modo per avvicinarsi alla storia millenaria del Sinai.

PleinAir 320 – marzo 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio