Strade di scoperta

Il turista intelligente non segue i modelli preconfezionati, ma sceglie da sé i propri percorsi. E allora seguiteci lungo questi quattro itinerari in un Lazio spesso ben conosciuto ma ancora poco frequentato: direttrici che hanno per filo conduttore i parchi, individuate e attrezzate con pannelli e segnaletica per una fruizione realmente alternativa e di piena soddisfazione del territorio regionale.

Indice dell'itinerario

Dove andiamo domenica? E’ per dare una risposta diversa e stimolante a questo fatidico interrogativo della società del benessere e del tempo liberato (almeno nel finesettimana) che nasce un recente progetto della Regione Lazio intitolato Le Strade dei Parchi. Una risposta originale e di qualità, ambientata in luoghi difficilmente battuti dalla folla, una delle grandi contraddizioni del turismo contemporaneo che condiziona e mortifica l’esperienza di viaggio di ciascuno. Quanto a bellezza dei paesaggi, inoltre, il Lazio interessato dagli itinerari che andiamo ad illustrare ne ha da vendere.

Nella definizione ufficiale, Le Strade dei Parchi costituiscono ‘un progetto per sperimentare nuove forme di fruizione e promozione del turismo lungo itinerari di pregio ambientale, storico e culturale che collegano parchi e riserve regionali valorizzando la viabilità minore’. Pane per i lettori di questa rivista, insomma, tanto più che i percorsi sono corredati da numerosi pannelli informativi atti a fornire validi spunti d’approfondimento, e che un’esauriente illustrazione del territorio (qui presentato in sintesi per ovvie esigenze di spazio) è contenuta nelle guide reperibili gratuitamente presso i centri visita delle aree protette, oppure scaricabili da Internet. In attesa dei tepori primaverili, ma con qualche occasione da cogliere al volo già in questo periodo, ce n’è quanto basta per programmare con tutto comodo le prossime gite: e buona strada a tutti.

 

Itinerario del Lazio etrusco

Il "Ponte Sodo", in realtà una galleria scavata nella roccia dagli Etruschi, è una delle attrazioni del Parco di Veio,
Il “Ponte Sodo”, in realtà una galleria scavata nella roccia dagli Etruschi, è una delle attrazioni del Parco di Veio,

Le prime tappe di questo lungo percorso che conduce da Roma al confine con l’Umbria e la Toscana sono il parco urbano del Pineto e le riserve naturali di Monte Mario e dell’Insugherata, tre delle numerose aree verdi che la città ancora offre ai residenti, ai turisti e a chiunque abbia la curiosità di andare oltre le immagini da cartolina e la pazienza necessaria a orientarsi nel sempre più caotico traffico capitolino.
Imboccate la Via Cassia o la Via Flaminia in uscita dalla città si attraversa il Parco di Veio, la prima grande area protetta a ridosso di Roma. Quindi si punta a nord, verso Formello e Sacrofano, che introducono a un tema ricorrente dell’itinerario, quello dei centri storici sorti sul tufo: case che si confondono, mattoni e pietre intrecciati in un tutt’uno che rende il paesaggio armonioso e inconfondibile, anche se la relativa vicinanza alla città si fa sentire e l’urbanizzazione avvolge i nuclei originari con spire di asfalto e di cemento.

Scorcio di Calcata, uno dei borghi storici della valle del Treja
Scorcio di Calcata, uno dei borghi storici della valle del Treja

Più integri gli scorci di Mazzano Romano e soprattutto del borgo vecchio di Calcata, dove a difendere il paesaggio ci ha pensato il Parco Valle del Treja. Sono luoghi che ritroveremo anche nella quarta proposta e che fungono da ideale cerniera verso la Valtiberina.
L’itinerario aggira la collina di Narce, antica città falisca, e scende lungo il corso d’acqua, che mette in scena il piccolo spettacolo delle cascate di Monte Gelato. Qui si profila un nuovo orientamento spostato decisamente a nord-ovest lungo la Via Cassia, custode in questa zona del tracciato che nei secoli passati era percorso da mercanti, pellegrini e soldati. L’odierna Francigena sfila a doppia corsia davanti al Lago di Monterosi per poi infilarsi più discretamente tra i noccioleti verso Sutri. Ed è ancora al suo posto, dopo migliaia di anni, la passerella d’eccezione di tombe allineate lungo la strada che introduce al vicino anfiteatro: di datazione incerta, scavato interamente nel tufo, poteva contenere ben 9.000 persone ed è sicuramente uno dei gioielli dell’architettura antica nel Lazio.
Appena passata Capranica, usciamo dalla Cassia in direzione di Veiano e Barbarano Romano per andare a scoprire una vera meraviglia etrusca: la necropoli di San Giuliano, cuore del Parco Marturanum. Le tombe, che risalgono al VII secolo a.C., si affacciano nel bosco sul fianco di un vallone tappezzato di querce e di felci, integrandosi perfettamente con lo spettacolare scenario naturale che le circonda.
Poco prima di Vetralla, a Pietrara, un querceto attrezzato con aree picnic è un buon punto dove sostare prima che questo Lazio inizi a farsi segreto per davvero.

Tuscania, che dista una ventina di chilometri, la conoscono tutti, ma pochi hanno esplorato gli integri ambienti della riserva naturale che abbraccia la splendida area archeologica.
Proseguiamo spediti oltre Canino e altre località di primo interesse, che la geografia amministrativa e la viabilità hanno relegato in una marginalità preziosa per il turista intenditore, e ne approfittiamo nei pressi di Farnese e del Bosco del Lamone andando a cercare i resti della città fantasma di Castro. Ridotta a una spianata nel 1649, quella che fu capitale di un ducato cinquecentesco era abbellita da chiese e palazzi riccamente decorati da artisti di fama internazionale, come Antonio da Sangallo il Giovane. Oggi i pochi ruderi circondati dalla vegetazione sono lo sfondo di una divertente e un po’ avventurosa passeggiata.
Arrivando a sfiorare il confine con la Toscana, la conca di Latera è l’ennesimo paesaggio a sorpresa, quasi un mondo sospeso tra impianti geotermici in disuso e l’apparizione improvvisa dello specchio azzurro del Lago di Mezzano. Passata Acquapendente c’è solo il Monte Rufeno con la sua bella, riposante riserva: un cappuccio di verde che tappezza l’ultimo rilievo del Lazio, ormai in prossimità dell’Umbria.

La torre di Julia de Jacopo ad Acquapendente che ospita il centro visite della riserva di Monte Rufeno.
La torre di Julia de Jacopo ad Acquapendente che ospita il centro visite della riserva di Monte Rufeno.

 

Itinerario del Salto-Cicolano

Uno scorcio del centro storico di Petrella Salto.
Uno scorcio del centro storico di Petrella Salto.

Siamo nel territorio del Reatino, la provincia più appenninica del Lazio. Il percorso prende le mosse da Varco Sabino, a sud-ovest del Lago del Salto e in prossimità delle distese boschive della Riserva Naturale dei Monti Navegna e Cervia. In vista delle sponde del lago, percorse da una strada di andamento sinuoso, brevi incursioni in paesini come Rigatti o Girgenti introducono alla tranquilla quotidianità di borghi dove sorprese storiche o vedute panoramiche sono sempre a disposizione: al solito, basta saperle cogliere. Ogni sosta, ogni scorcio è all’impronta dell’aura di solennità che questo bacino infonde a territorio. Dopo l’inaugurazione della diga che nel 1940 ha comportato la nascita del lago, i piccoli centri che affacciano sul Salto sono riusciti lentamente a creare un discreto movimento di visitatori, che in alcune settimane estive si fa addirittura concitato. Ma gli spazi restano dilatati e le atmosfere perlopiù rarefatte, quasi oniriche, offrendo al pleinair ambienti a tratti vergini.

Un lungo ponte in cemento attraversa il lago portandoci a Fiumata, uno dei paesi ricostruiti a un’altitudine maggiore per consentire la creazione dell’invaso; questo ha comportato ovviamente che le testimonianze storiche e architettoniche siano rimaste laggiù, sotto la superficie dell’acqua. Passato Borgo San Pietro, l’itinerario si alza lasciandosi alle spalle il lago e raggiungendo Petrella Salto, nota per la rocca in cui venne rinchiusa Beatrice Cenci la cui tragica storia influenzò tanti poeti e drammaturghi. Il percorso, ora pedemontano, inanella piccoli nuclei e con essi le vicende storiche dei Mareri, gli antichi signori locali.

Il tumulo del Montariolo, nella piana di Corvaro, è la principale testimonianza archeologica della civiltà equicola.
Il tumulo del Montariolo, nella piana di Corvaro, è la principale testimonianza archeologica della civiltà equicola.

Presso il caratteristico borgo di Fiamignano la strada comincia a scendere verso la piana del Cammarone, dove prima Borgorose e poi Corvaro hanno molto da offrire cominciando da un sito archeologico, il Tumulo del Montariolo, tra i più arcani d’Appennino.

Prima di concludersi a cavallo dell’autostrada Roma-L’Aquila, che magari ci riporterà a casa dopo quasi 200 chilometri, il degno finale è la Riserva Naturale Montagne della Duchessa. Cime ammantate di boschi e un laghetto solitario incastonato tra le vette fanno di quest’area protetta uno dei luoghi più interessanti di tutta la regione: ed è qui, presso uno degli accessi segnalati alla riserva, che converrà parcheggiare il camper proseguendo, zaino in spalla e scarponi ai piedi, alla scoperta delle fitte faggete e delle vaste praterie d’alta quota.

 

Itinerario geologico Cimino-Vicano

Particolarità geologica del Cimino-Vicano è il Sasso Naticarello, un enorme macigno in misterioso equilibrio
Particolarità geologica del Cimino-Vicano è il Sasso Naticarello, un enorme macigno in misterioso equilibrio

Nel Viterbese si trova uno dei volti più originali del paesaggio del Lazio, segnato dal verde dei boschi, dall’ocra del tufo, dal glauco bagliore dei laghi. Nella remota preistoria, quando i vulcani erano attivi, queste zone dovevano avere connotati danteschi: decine di bocche effusive, fessure marginali, tavolati di lava solidificata costellavano il Vulsino e il complesso vulcanico di Vico, risalente a circa un milione di anni fa e oggi occupato dal lago omonimo. L’apice dell’attività eruttiva si ebbe circa 400.000 anni fa, ma i geologi dicono che l’area vicana non ha ancora raggiunto un definitivo equilibrio, come testimonierebbe la presenza di numerose manifestazioni idrotermali.

Come le altre proposte delle Strade dei Parchi, questo è un itinerario tra natura e cultura, e qui vale la pena soffermarsi sulle pietre tra le quali si snoda il percorso: rocce protagoniste, stavolta. In questo settore dell’Alto Lazio, ceneri e lapilli hanno formato strati di tufi a volte chiari e giallastri, spesso grigi o rossicci. Forre, pareti e cave mostrano a cielo aperto le diverse varietà, tra le quali una delle più note e apprezzate è il peperino, brizzolato e compatto. E con il tufo, naturalmente, venivano costruiti i paesi: incantevoli borghi dalle piccole case asserragliate sull’orlo del burrone, sono quasi un tutt’uno con la rupe che li ospita.

L’itinerario prende le mosse da Sutri muovendo dalla Via Cassia che ci aveva accompagnato nel primo degli itinerari qui descritti, quello del Lazio etrusco. Dirigendosi subito verso nord si passa per Ronciglione, che ospita un famoso Carnevale – tra le manifestazioni folkloristiche più visitate della regione – con parate storiche e sfilate di carri e gruppi mascherati. Poco lontano ci si immette sulla Cassia Cimina, che percorre il crinale della conca vulcanica: il tragitto segue dunque a distanza le sponde del Lago di Vico, passando ad ovest di Caprarola (che pure merita una deviazione) e risalendo fino alla cresta opposta, sotto San Martino al Cimino. Dalla provinciale, una discesa tra i boschi di castagno conduce a Canepina, uno dei centri più interessanti di questi mondi rurali appartati e freschi di foreste. Prima di raggiungere Soriano nel Cimino e il suo possente castello risaliamo il cono del monte, anch’esso verdeggiante di faggete tra le quali desta curiosità il monumento naturale del Sasso Naticarello, un macigno in singolare equilibrio.

Ancora un paesaggio segnato dagli Etruschi a Bomarzo, il paese celebre anche per il cinquecentesco Parco dei Mostri.
Ancora un paesaggio segnato dagli Etruschi a Bomarzo, il paese celebre anche per il cinquecentesco Parco dei Mostri.

Continuando sempre verso nord la provinciale della Molinella porta alla statale Ortana, oltre la quale si va a scoprire Bomarzo, il paese del Parco dei Mostri e di una piccola ma deliziosa area naturale protetta. Dopo Bagnaia e Vitorchiano, il capoluogo è alle porte: le ultime battute dell’itinerario sono infatti per Viterbo, tra il centro storico di sorprendente bellezza e le sorgenti termali dei dintorni. Ultimo pannello informativo e degna conclusione alle terme di San Sisto, dove si trovano alcuni ruderi romani e una comoda area per i v.r.

 

Itinerario delle Forre Etrusche e della Valle del Tevere

A poche decine di chilometri da Roma appare l'inatteso spettacolo del Tevere circondato dal verde.
A poche decine di chilometri da Roma appare l’inatteso spettacolo del Tevere circondato dal verde.

Né costa né montagna: la zona compresa fra il Lago di Bracciano e il Tevere sembra fatta apposta per il viaggiatore curioso, libero dai condizionamenti della promozione turistica su carta patinata. A poche decine di minuti dalla Capitale, curva dopo curva ma senza gli impegnativi dislivelli dell’Appennino, si trovano anche qui sorprese grandi e piccole di natura e di cultura. L’itinerario, che si sviluppa a quote modeste, passa in rassegna le propaggini degli antichi sistemi vulcanici dell’Alto Lazio che, come abbiamo visto, sono disegnate da forre e colli boscosi su terreni fertilissimi. Segue poi l’avvicinamento a una delle presenze più forti del paesaggio regionale, quella Valtiberina la cui dolcezza ha lasciato il suo timbro indelebile nei capolavori di pittura di tanti maestri del Rinascimento.

Punto di partenza è il Lago di Monterosi e più precisamente la località Settevene, lungo la consolare Cassia. Siamo ancora alle porte dell’Urbe, in quella che un tempo era la solitaria campagna romana mentre oggi sempre più rappresenta la prima fascia periferica di una metropoli tentacolare, perennemente alla ricerca di nuovi spazi d’insediamento. Seguendo una piccola strada provinciale ci avviamo verso est incontrando, nell’antica terra dei Falisci, tre paesi costruiti su spettacolari scogliere di tufo e con centri storici ben conservati: a Mazzano Romano e Calcata, che abbiamo già incontrato nella prima proposta, si aggiunge Faleria.

Il Monte Soratte, facilmente visibile anche dall'Autosole nel tratto fra Roma e Orte, è uno dei punti più panoramici dell’itinerario in Valtiberina.
Il Monte Soratte, facilmente visibile anche dall’Autosole nel tratto fra Roma e Orte, è uno dei punti più panoramici dell’itinerario in Valtiberina.

Dopo Rignano Flaminio, con la quattrocentesca Rocca Savelli, eccoci alle falde di un rilievo modesto eppure dal profilo ben noto, che arrivando da nord lungo l’Autostrada del Sole annuncia l’approssimarsi di Roma: è il Monte Soratte, nave calcarea che incrocia tra le colline plioceniche, avamposto dell’ampio solco della Valle del Tevere. Il massiccio svetta sulla pianura, e a dispetto dei neanche 700 metri di altitudine offre panorami mozzafiato che vanno dall’Amiata al Mar Tirreno. Un’isola felice per gli abitanti del paesino di Sant’Oreste, dove una panoramica quiete sembra ignorare il pugno di chilometri che separa dall’hinterland capitolino, ma anche per piante e animali, abbarbicati a questo scoglio che dispensa spazi e tranquillità, e per escursionisti e appassionati, che lungo i suoi sentieri ritrovano sguardi lunghi e un silenzio altrove dimenticato.

Un ultimo tratto verso nord e poi si vira ad est, per raggiungere le sponde del biondo fiume. Questa è forse la sorpresa più grande, soprattutto per chi – come gli abitanti di Roma – è abituato ad associare al Tevere ben altre immagini di incuria e sporcizia. Dipanandosi in meandri ravvicinati, nelle campagne di Ponzano Romano il fiume si fa vanto di mostrare paesaggi di pura bellezza, in continuo divenire, disegnati dalle piene e da un’agricoltura che si è presto adoperata per occupare i rari terreni pianeggianti lontani dal mare. A Filacciano ci attende un minuscolo abitato tutto da scoprire; poco noti sono anche i borghi che si affacciano sul ciglio della valle fluviale, subito a sud. Torrita Tiberina e Nazzano hanno un bel castello ciascuno e sono i piccoli capoluoghi di una storica area protetta del Lazio, la prima a venire istituita alla fine dei già lontani anni ’70: la Riserva Naturale Nazzano-Tevere-Farfa. Con i suoi boschi, i canneti e gli incontri con un’avifauna numerosa e assortita, che si ammira cn facilità dalle feritoie degli osservatori, lascerà un ricordo speciale nel taccuino della gita. Infine, a Civitella San Paolo c’è il castello dei Monaci, fortezza che segna la fine del nostro piccolo viaggio, con il percorso che torna a chiudersi ad anello verso Sant’Oreste.

 

 

 

 

 

 

 

 

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