Strada facendo

Conoscete i parchi del Lazio? Per scoprirli o riscoprirli in tutta la loro ricchezza naturalistica e storica è in corso di sviluppo un lungo itinerario turistico all'insegna del pleinair: siamo andati a visitarne le prime due parti, intorno a Subiaco e nella Sabina meridionale.

Indice dell'itinerario

Non trova vento favorevole chi non sa verso quale porto andare sosteneva Seneca, e forse è questo il motivo per cui tanti di coloro che viaggiano si ritrovano spesso a percorrere le stesse strade, raggiungono le stesse mete, attraccano ogni volta solo nei porti conosciuti. Allontanarsi dalle vie più battute può sembrare imprudente o addirittura rischioso, così semplicemente non lo si fa; e se questo accade di frequente per i lunghi itinerari, a maggior ragione si finisce con lo scegliere destinazioni già note quando ci si muove in un ambito ristretto, magari a poche decine di chilometri da casa, nell’arco di un finesettimana o di una breve vacanza. Il poco tempo a disposizione rende apparentemente più logico dirigersi verso i soliti posti, dove sappiamo quello che troveremo, ma così facendo si trascurano proprio quei luoghi che esulano dai percorsi battuti e che potrebbero invece offrire al viaggio nuovi motivi e sensazioni.
Sulla scorta di queste considerazioni è nato un itinerario insolito e a volte sorprendente nella parte centro-settentrionale del Lazio, lungo tortuose stradine che si srotolano fra boschi secolari o incontro a piccoli, deliziosi borghi medioevali. Vi troverete spesso a chiedervi come sia possibile che luoghi così verdi e sereni, silenziosi, remoti nel tempo e nello spazio siano invece a portata di ruote: e se questa domanda si sarà affacciata alla vostra mente, vorrà dire che il vento inizia a soffiare a favore.
Prima di prendere il largo, però, ci sono un paio di indicazioni importanti. Tutto il percorso, con poche eccezioni, è in effetti molto ben segnalato sul campo grazie al progetto Le Strade dei Parchi realizzato dall’ARP, l’Agenzia Regionale dei Parchi. Si tratta del primo di una serie di interventi di promozione del turismo sostenibile lungo itinerari di pregio ambientale, storico e culturale che collegano le aree protette del Lazio valorizzando la viabilità minore , come recita il documento ufficiale. Nel 2008 verranno inaugurati i tratti che puntano verso nord (Monte Mario e Monte Rufeno, Sutri e Bomarzo, Valle del Treja e area del Tevere-Farfa), mentre sono già perfettamente attrezzate le strade oggetto del servizio. La prima parte inizia da Vicovaro e risale il fiume Aniene sino a Jenne, mentre la seconda penetra nella verdissima valle del Licenza, un affluente dell’Aniene, incontro ai paesini di Roccagiovine, Licenza, Percile e Orvinio per poi dirigersi alla volta della solitaria Riserva Naturale dei Monti Cervia e Navegna, incontrando lungo il tragitto località poco note al grande pubblico ma di notevole interesse storico, architettonico e ambientale. E’ una sorta di fuga dal turismo di massa per dare nuovo impulso a uno stile di viaggio che utilizza le risorse naturali senza distruggerle e che è il solo in grado di rivitalizzare le economie delle cosiddette aree marginali, quelle che per l’isolamento rischiano di spopolarsi e morire. Le tabelle che segnalano le diverse tappe non si limitano a descrivere in modo più o meno approfondito la località in cui ci si trova, piuttosto offrono una chiave di lettura: si tratta di un approccio nuovo e stimolante, che porta il turista non tanto ad acquisire informazioni quanto a dotarsi di strumenti per comprendere il territorio. Tutto l’itinerario, del resto, è facilmente individuabile anche grazie a un’accorta segnaletica stradale (frecce di colore marrone con scritte in bianco), che a più riprese invitano a una sosta o a una deviazione per scoprire l’ennesimo piccolo gioiello. Alla guida del camper è richiesta solo qualche accortezza: il tragitto infatti risulta spesso tortuoso e stretto, il che richiede una certa attenzione soprattutto quando si incrociano veicoli di grossa stazza, come i pullman del trasporto regionale che servono la zona partendo da Roma. Le strutture organizzate per la sosta sono praticamente assenti, con rarissime eccezioni, ma le possibilità di sosta libera non mancano, ricordando che è indispensabile fruirne con la massima discrezione poiché si tratta quasi sempre di parcheggi all’ingresso dei centri abitati.

Lungo l’Aniene
Nato dalle acque raccoltesi ai piedi del Monte Tarino, nel gruppo dei Simbruini, l’Aniene percorre 108 chilometri prima di gettarsi nel Tevere a Roma, all’altezza di Ponte Salario. Seguendo l’autostrada A24 per L’Aquila, poco prima dell’uscita di Vicovaro-Mandela vedremo alla nostra destra la profonda gola del fiume con un’alta parete rocciosa sul cui ciglio si trova il monastero di San Cosimato, uno dei luoghi più suggestivi e meno noti fra quelli legati alla vicenda di San Benedetto. I monaci che vivevano nell’eremo si rivolsero al santo perché facesse loro da abate, e solo dopo molte insistenze – come racconta San Gregorio Magno nei suoi Dialoghi – egli accettò di abbandonare la grotta presso Subiaco in cui si era ritirato in quel periodo. Presto però i monaci si accorsero che sotto la sua direzione le cose non potevano continuare con il lassismo a cui erano abituati, e giunsero alla determinazione di avvelenarlo: ma quando offrirono a Benedetto il calice con il vino letale e questi alzò la mano per benedirlo, il santo segno ridusse in frantumi quel vaso di morte .
San Benedetto abitò in una cappella scavata nella roccia, raggiungibile dal giardino del monastero grazie a una rampa di ripide scale tagliate nella pietra. E’ un luogo di rara suggestione, sospeso a picco sulla gola dell’Aniene che qui forma un piccolo invaso artificiale (la diga è degli anni ’30) circondato da una natura verde e tranquilla nonostante l’incombente vicinanza dell’autostrada. Distribuiti sulla rupe ci sono molti altri ambienti, alcuni di difficile interpretazione, altri riconducibili a piccoli eremi, cappelle, celle dei monaci, che fanno di questo luogo un unicum di grande interesse, a cui va aggiunta la presenza degli spechi di ben due acquedotti romani. Degli undici che arrivò a contare la Roma antica, i quattro principali provenivano appunto dalla valle dell’Aniene: l’Anio Vetus, l’Anio Novus, l’Aqua Claudia e l’Aqua Marcia. Tutti gli acquedotti prelevavano l’acqua da alcune sorgenti (i primi due direttamente dal fiume) e, dopo aver superato valli e montagne, raggiungevano l’Urbe a Porta Maggiore con un percorso che andava dai 63 chilometri dell’Aniene Vecchio ai 91 della Marcia.
Da Vicovaro proseguiamo ora sulla Tiburtina in direzione dell’Abruzzo: poco oltre la stazione ferroviaria di Mandela, si svolta a destra e si sale verso Saracinesco. Il paese, anche nel nome, ricorda come questa zona sia stata in passato sotto la pressione delle invasioni saracene: secondo la tradizione lo avrebbe fondato un gruppo di pirati, dedicandosi poi ai saccheggi. Nel piccolo abitato l’interesse principale, oltre ai ruderi della fortezza risalente al Medioevo, è la splendida vista sul verdissimo paesaggio circostante. Lasciato il mezzo nello slargo proprio sotto al cimitero, a 700 metri dal paese (praticamente impossibile entrare in centro con il camper), si prosegue a piedi ammirando l’arioso panorama sulla valle dell’Aniene e i Monti Lucretili, con i borghi di Vicovaro, Roccagiovine e Civitella di Licenza.
A Saracinesco la strada finisce e un sentiero consente di raggiungere a piedi Anticoli Corrado, ma chi preferisce spostarsi con il veicolo non dovrà far altro che tornare a valle, riprendere la Tiburtina e imboccare dopo pochi chilometri il bivio a destra per il paese. La strada sale fino alla chiesetta della Trinità dove sono alcune case e uno slargo, utile per il parcheggio e la sosta, dinanzi a una fontana del 1891. Anticoli Corrado era molto ben conosciuto negli ambienti artistici dell’800 e del ‘900 soprattutto per la straordinaria bellezza delle sue donne, spesso divenute modelle famose; nel periodo di massima notorietà vi si contavano almeno sessanta studi di pittori. Qui operarono artisti come Spadini, Carena, Martini, Selva, Ponzi, Kokoschka, Pirandello (figlio del grande scrittore), Capogrossi, Cavalli; più tardi, attorno agli anni ’60, il piccolo centro laziale fu riscoperto anche grazie al poeta Rafael Alberti, esule dalla Spagna di Franco, insieme al quale arrivarono pittori del calibro di Greco, Purificato, Villalta. Numerose opere di questi e molti altri artisti, 350 in totale, sono ospitate nel Museo Civico di Arte Moderna e Contemporanea.Ridiscesi ancora una volta sulla Tiburtina, si continua verso il bivio per Subiaco (che però raggiungeremo su una secondaria) e quindi in direzione di Arsoli, borgo caratterizzato da uno splendido castello. Da qui si seguono le indicazioni per Cervara di Roma sino a incontrare, in corrispondenza di un ponticello, il segnale che indica l’avvio del sentiero attrezzato del Pozzo del Diavolo, che offre l’opportunità di una breve ma interessante escursione: il tracciato, lungo circa 800 metri ma piuttosto ripido, in un paio d’ore consente di fare la conoscenza con uno splendido ambiente di forra carsica creato dal Fosso Bagnatore che, scendendo da Riofreddo, ha scavato la roccia intorno al Castello Massimo di Arsoli.
Con una piccola deviazione dalla provinciale ci spostiamo a Cervara di Roma, dove un ampio piazzale sotto l’abitato si rivela ottimo anche per la sosta. Salendo la Scalinata degli Artisti, dove sono sistemate diverse opere d’arte, si sale alla bella piazzetta centrale dominata da un grande bassorilievo in ceramica di Fabio Piscopo, del 1995.
La strada, che segna il confine occidentale del parco dei Simbruini, ci porta ora a Subiaco, cittadina che non ha certo bisogno di presentazioni essendo divenuta uno dei massimi simboli della cristianità grazie alla presenza, nelle suggestive gole dell’Aniene a monte del borgo, dei santuari legati a San Benedetto (il Sacro Speco) e alla sorella Santa Scolastica. Proprio questo secondo monastero ebbe un ruolo cruciale anche nella storia della nostra cultura poiché qui venne edito da due tipografi tedeschi, nell’ottobre del 1465, quello che molti considerano il primo libro stampato in Italia: si trattava del De Divinis Institutionibus del Lattanzio, tuttora conservato nella biblioteca del convento.
Nelle gole tra Subiaco e Jenne ma anche più a monte, nella parte alta della valle, il corso dell’Aniene dà vita a un ambiente straordinario, ricco di giochi d’acqua e cascate, come quella di Trevi nel Lazio o l’altra dedicata a San Benedetto, che compie un salto di 6 metri in un verdissimo laghetto. All’interno della gola un tempo il fiume incontrava ben dodici monasteri, dei quali oggi rimangono solo i due già citati: il Sacro Speco è stato edificato sulla grotta dove Benedetto visse a lungo in meditazione e maturò la consapevolezza di quanto fosse importante la lettura – e quindi la scrittura – per il benessere dello spirito. Negli scriptoria benedettini si miniavano in modo magistrale testi liturgici e di preghiera ma anche le più importanti opere della classicità, che senza la dedizione di quegli amanuensi sarebbero andate completamente perdute. La tortuosa ma bellissima strada che percorre le gole ci condurrà infine all’accogliente paesino di Jenne, che appare come disperso fra i monti. Qui ha sede il parco dei Simbruini e termina il primo tratto del nostro itinerario.

La strada della Sabina
L’asse portante di questo secondo itinerario è la Via Licinese, che si imbocca anch’essa dall’uscita autostradale di Vicovaro-Mandela seguendo le indicazioni per Licenza. Fin da subito il paesaggio si mostra verdissimo e tranquillo: ci troviamo all’interno del Parco Naturale Regionale dei Monti Lucretili.
Svoltando a sinistra si arriva in breve a Roccagiovine, con parcheggio all’ingresso del paese dominato da un piccolo castello. Una strada intercomunale di sufficiente larghezza, anche se con fondo un po’ sconnesso, porta al Ninfeo Orsini, un complesso di epoca rinascimentale sempre ricco di acqua limpida, in corrispondenza del quale si va a destra in discesa fino all’ampio piazzale davanti all’ingresso dell’area archeologica della Villa di Orazio, ottimo per la sosta. I ruderi consentono di farsi un’idea abbastanza precisa di quella che doveva essere una grande residenza rustica di epoca romana: fu Mecenate (la cui generosità è infatti rimasta proverbiale nei secoli) a donare nel 33 a.C. l’ampio podere a Orazio, che amò profondamente questo luogo e ne fece menzione in molte sue opere.
Scendiamo a questo punto sulla Licinese fino a Licenza, borgo edificato in spettacolare posizione su uno sperone di roccia: significativa la vista che se ne può avere dalla ripida strada per Civitella. Ci troviamo ai piedi del Pellecchia, la più alta vetta della catena montuosa, su cui nidifica l’aquila reale. Continuando sulla stessa strada si attraversa Percile, da cui un semplice e riposante sentiero alle spalle del paese conduce in un paio d’ore di cammino ai suggestivi Laghetti.
Entriamo qui nella provincia di Rieti, cioè nella Sabina vera e propria: prossima tappa è Orvinio, uno dei paesi più graziosi del parco dei Lucretili. Da non perdere è la visita ai ruderi della chiesa di Santa Maria del Piano, edificata dai benedettini fra il 1100 e il 1400, anche se l’accesso pone varie difficoltà a chi si sposta in camper. La strada normale, che si imbocca sulla destra lasciando l’abitato al chilometro 18 della Licinese, è infatti sterrata, stretta e dal fondo sconnesso, oltre che del tutto priva di spazi di manovra per veicoli di dimensioni superiori a quelle di un’auto: si dovrà perciò lasciare il mezzo in paese e coprire la distanza fino alla chiesa in bicicletta o, meglio, in mountain bike. Dalla piazza di Orvinio un percorso alternativo più breve inizia accanto alla cappella di San Giacomo (riconoscibile dal color rosso mattone) e scende in ripidissima pendenza fino a un bivio a sinistra, dove c’è uno slargo, ma arrivare sin qui con il camper è comunque un’impresa ardua ed è senz’altro preferibile camminare, proseguendo infine sulla vecchia strada di collegamento con Santa Maria del Piano che dista circa 2 chilometri.
Lasciata Orvinio si continua sulla Licinese per poi girare a destra verso Pozzaglia Sabina, con ampio parcheggio provvisto di toilette all’ingresso del paese, e più avanti la frazione di Montorio in Valle, con un notevole affaccio sul gruppo dei monti Navegna e Cervia dal belvedere in località La Pianella (un pannello esplicativo descrive la geologia della zona). Una successiva deviazione a sinistra immette su una sterrata in salita, percorribile con molta attenzione anche da un camper: fatti circa 150 metri si arriva a uno slargo dove si parcheggia e si continua a piedi sulla sterrata attraverso un ambiente collinare solitario e molto piacevole, fino a un’area coltivata e recintata; poco dopo si va a destra attraversando un prato (il riferimento è un palo privo di cartello) e seguendo il sentierino, che si fa sempre più evidente, si raggiunge l’eremo di San Michele Arcangelo, costruito a ridosso di una parete rocciosa tra i boschi. Fra andata e ritorno, la passeggiata richiede circa un’ora.
Ripreso il mezzo ci rimettiamo in marcia per Pietraforte, passando il fiume Turano e arrivando a un bivio: qui si apre e si chiude il percorso ad anello del Navegna-Cervia, per cui è indifferente andare a destra o a sinistra. Per comodità svoltiamo a destra in direzione di Collalto Sabino, certamente uno dei borghi più interessanti del comprensorio grazie alla presenza del possente castello. E’ questo un altro tratto particolarmente ricco di emergenze artistiche, storiche e ambientali: incontreremo la prossima in direzione di Collegiove, superando il bivio per Nespolo fino a un ponte sul fiume. Subito dopo, sulla sinistra, una sterrata porta ai ruderi di un vecchio mulino, punto di inizio per una bella passeggiata lungo le rive del Fosso di Riancoli, che si è scavato una profonda forra nelle rocce del Monte Cervia.
Da Collegiove si entra nei vastissimi castagneti secolari che ammantano le pendici orientali del gruppo montuoso del Navegna-Cervia. La strada che li attraversa è davvero piacevolissima, soprattutto in autunno, e arriva a uno spiazzo dove noteremo il pannello illustrativo delle Gole dell’Obito. Il sentiero che consente di visitarle inizia proprio a lato del tabellone e, pur non essendo molto agevole, la passeggiata si rivela di grande interesse naturalistico.
Curva dopo curva, in un sereno paesaggio di colline arriviamo a Marcetelli per scendere verso il Lago del Salto; volendo, si può imboccare la piccola deviazione per il grazioso villaggio di Rigatti che offre una bella vista sul lago. La strada si mantiene alta lungo il profilo dell’invaso fino all’incrocio per Varco Sabino, che sorge a ridosso di un’alta parete di roccia: si tratta in realtà di una faglia tettonica, ai piedi della quale potremo sostare in un comodo parcheggio.
Salendo tra fitti boschi ecco Vallecupola, che sorge a circa 1.000 metri di quota in un ambiente di notevole tranquillità, per poi deviare verso il comune capoluogo di Rocca Sinibalda attraverso Longone Sabino. Da quest’ultimo paese, prendendo per Stipes dove si trova un altro ampio parcheggio all’ingresso dell’abitato, scenderemo sul Lago del Turano, che negli ultimi anni ha conosciuto un discreto sviluppo turistico. Proprio sulla sponda occidentale, a Colle di Tora, un’area attrezzata per i camper offre una piacevole veduta sulla caratteristica sagoma del paese, arrampicato su un’altura piramidale. A questo punto non resta che chiudere l’anello riprendendo per Collalto Sabino, scendendo a Poggio Cinolfo e tornando infine alla Via Tiburtina o all’autostrada Roma-L’Aquila che ritroveremo al casello di Carsoli.

PleinAir 423 – ottobre 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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