Speciale Abbazie/8 - Oasi su strada

Al Galluzzo sono di scena i contrasti. Circondata dallo splendido scenario delle colline di Firenze, la Certosa alza verso il cielo i suoi campanili, i suoi tetti, la sua razionale architettura che ha ispirato Le Corbusier.

Indice dell'itinerario

Al Galluzzo sono di scena i contrasti. Circondata dallo splendido scenario delle colline di Firenze, la Certosa alza verso il cielo i suoi campanili, i suoi tetti, la sua razionale architettura che ha ispirato Le Corbusier. Dai chiostri del monastero lo sguardo raggiunge solo il cielo, dall’ingresso e dalla base delle mura si ammirano alcuni dei più classici scorci dominati da cipressi e casali dell’intera Toscana. Ma la Certosa del Galluzzo, al contrario di Camaldoli e di Monte Oliveto Maggiore, non sorge più in un paesaggio integro e solitario. Affacciata sin dalla sua edificazione su una delle strade più trafficate dei dintorni di Firenze (quella che conduce a Siena e quindi a Roma), l’abbazia fondata da Niccolò Acciaiuoli ha visto nascere negli anni Sessanta, a poche centinaia di metri dalle sue antiche mura, uno degli svincoli autostradali più congestionati d’Italia.
All’interno della Certosa, a sorpresa, il silenzio è ancora quello di un tempo. L’atmosfera, invece, è cosmopolita. A guidare i giovani viaggiatori americani, tedeschi, giapponesi e australiani che visitano ogni giorno l’abbazia sono religiosi provenienti da tutte le parti del mondo, spesso più a loro agio con l’inglese che con l’italiano. Ma Firenze, alle porte del Duemila, è anche questo. Voluta dall’Acciaiuoli, uomo politico e condottiero di gran peso nelle vicende di Firenze nel Trecento, l’abbazia è stata in seguito ampliata e abbellita con il concorso di grandi artisti come il Pontormo e Giuliano da Sangallo. Come per centinaia di altri monasteri italiani, le leggi napoleoniche significarono l’abbandono della Certosa.
I monaci ripresero possesso dell’abbazia, furono nuovamente costretti a lasciare le loro celle nel 1866 quando il Regno d’Italia incamerò i beni ecclesiastici, tornarono ancora una volta nel monumento a seguito dei Patti Lateranensi. Nel 1958, però, i Cistercensi di Casamari presero tra le antiche mura del Galluzzo il posto dei Certosini.
La visita, a gruppi e accompagnata da un monaco, inizia dalla vasta pinacoteca, dove spiccano gli affreschi del Pontormo e numerosi dipinti di scuola toscana. Da un primo, vasto piazzale si passa alla chiesa di San Lorenzo, che conserva in buona parte le forme cinquecentesche, e poi alle cappelle di San Bruno, di Santa Maria e del Beato Nicola Albergati.
Particolarmente suggestiva è la cappella di Sant’Andrea, che ha al centro l’elegantissimo sepolcro marmoreo del cardinale Agnolo II Acciaiuoli, scolpito probabilmente da Francesco da Sangallo nel 1550. Seguono la visita del chiostro piccolo (o dei conversi), del presbiterio, del chiostro medio e della sala del Capitolo.
Come a Padula, però, il momento più emozionante della visita è l’arrivo nello splendido chiostro grande, sistemato tra il 1498 e il 1515 e decorato da sessantasei sculture a tutto tondo in maiolica realizzate da Andrea e da Giovanni della Robbia. Anche qui, il monaco che accompagna i gruppi fa visitare uno degli alloggi dei Certosini, composto da tre o quattro stanze e con annesso un piccolo giardino. Anche qui, all’ingresso del cortile spicca il cimitero dei monaci, circondato da tetre sculture e dove le tombe non sono contrassegnate da nomi.
All’uscita della Certosa, è d’obbligo una sosta nel piccolo negozio dove i religiosi vendono liquori e altri prodotti dell’abbazia. Lasciato alle spalle il monumento, si può fare rotta su Firenze oppure sui suoi magnifici dintorni. Tra le mete più vicine, da non perdere lo storico borgo dell’Impruneta, le colline di Arcetri e i vigneti del Chianti.

PleinAir 326 – settembre 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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