Iniziata nel 1396 per volere di Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano e dell’intera regione, venne completata solo un secolo e mezzo più tardi, dopo aver accolto nel 1474 le spoglie dell’uomo che l’aveva fortissimamente voluta. Nella sua grandiosa architettura, la Certosa è una pietra miliare dell’arte lombarda, e testimonia il passaggio dal gotico al Rinascimento.
Nonostante le dimensioni imponenti, però, l’abbazia ha la classica struttura di tutte le certose, sancita intorno al 1130 dalle Consuetudines Domus Cartusiae. All’atrio e alla chiesa si affiancano quindi i due chiostri (il piccolo per i conversi, il grande circondato dalle celle dei Certosini), il vasto refettorio dei monaci, la foresteria seicentesca che ha ospitato per secoli pellegrini e studiosi.
Passato più volte dai Certosini ai Cistercensi (che lo reggono ancora oggi), il monastero non è stato vittima delle spoliazioni e dell’abbandono che hanno arrecato gravi danni a molti altri monumenti analoghi d’Italia. Ad accogliere i visitatori, oltre il vestibolo e il giardino, è l’inconfondibile facciata della chiesa, realizzata a partire dal 1473 da Guiniforte Solari, Cristoforo Mantegazza e da altri tra i migliori architetti del momento.
Edicole, loggette, pinnacoli, sculture e i 61 medaglioni della parte bassa fanno sì che la facciata sia particolarmente complessa. Superato il bellissimo portale, capolavoro di Benedetto Briosco, si entra nelle tre vastissime navate che invitano al silenzio chiunque. Chi volesse passare in rassegna tutte le opere d’arte dell’interno impiegherebbe delle ore.
La maggior parte dei visitatori si limita a soffermarsi davanti ai sepolcri di Gian Galeazzo Visconti, Ludovico il Moro e Beatrice d’Este, agli stalli lignei del coro, agli affreschi della navata e del transetto e agli arredi intarsiati della Sagrestia Vecchia. Meritano una sosta, però, anche la Pala di Sant’Ambrogio nella sesta cappella a sinistra e l’Incoronazione di Maria nell’abside del transetto sinistro, entrambi opera del Bergognone.
Una porta dà accesso al chiostro piccolo, il più spettacolare della Certosa, realizzato a partire dal 1462 su progetto del Solari. Gli eleganti archi gotici e i capitelli di scuola lombarda hanno per sfondo l’imponente fianco della chiesa con le sue arcate e le sue numerosissime guglie.
Dopo una sosta nel refettorio, decorato da affreschi del Bergognone, e nella ex biblioteca, un ennesimo arco conduce nel vastissimo chiostro grande, che ha al centro un verdissimo prato ed è circondato dalle ventiquattro celle dei monaci, analoghe per planimetria e struttura a quelle di Firenze e Padula.
Come tutti i monaci dell’ordine cistercense, i religiosi di Pavia producono liquori che vengono venduti ai visitatori nei locali dell’antica farmacia. Per i frati oggi presenti nella Certosa (non più di una decina) l’attività prevalente è diventata quello che uno di loro, ironicamente, ha definito “l’apostolato del turismo”.
Da non mancare una visita a Pavia, una delle più belle città della Pianura Padana, che affianca alle chiese e ai palazzi rinascimentali del centro le splendide chiese medioevali di San Michele e di San Pietro in Ciel d’Oro.
Chi preferisce la natura può invece dirigersi verso il Parco del Ticino, dove il ponte di barche di Bereguardo, il bosco della Zelata e le numerose garzaie frequentate dagli aironi offrono incontri sempre nuovi e interessanti. Il “Cammino dell’Alleanza”, un sentiero segnato che inizia proprio accanto alla Certosa, consente di raggiungere il cuore del parco in bicicletta.
PleinAir 326 – settembre 1999