Speciale abbazie/1 - Orate fratres!

Dopo l'Italia di San Francesco (PleinAir n. 314), ancora un servizio speciale dedicato ai luoghi tradizionali della fede cristiana. Da nord a sud, dal confine con l'Austria alle porte della Magna Grecia, un viaggio in camper tra le principali abbazie del nostro paese. In questo itinerario, vi presentiamo l'abbazia di Novacella.

Indice dell'itinerario

“Ci eravamo messi in viaggio verso le montagne allo spuntar del sole. Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l’abbazia. Non mi stupirono di essa le mura che la cingevano da ogni lato, simili ad altre che vidi in tutto il mondo cristiano, ma la mole di quello che poi appresi essere l’Edificio’ Era una costruzione ottagonale i cui lati meridionali si ergevano sul pianoro dell’abbazia, mentre quelli settentrionali sembravano crescere dalle falde stesse del monte. Dico che in certi punti, dal basso, sembrava che la roccia si prolungasse verso il cielo, senza soluzione di tinte e di materia, e diventasse a un certo punto mastio e torrione”.
Così, nel suo Il nome della rosa, Umberto Eco fa descrivere dal diacono-narratore il faticoso arrivo all’abbazia che sarà teatro del dramma. Certo, il bestseller dello scrittore bolognese è e resta un romanzo, e nelle sue pagine l’atmosfera gotica è sottolineata in ogni modo. Pure, a dispetto della serenità e operosità dei monaci, un brivido di emozione e di mistero pervade anche il più laico dei visitatori al momento di entrare in un’abbazia, piccola o grande che essa sia.
Che sorga su una vetta aguzza come la Sacra di San Michele, che sia circondata dalla natura selvaggia come Monte Oliveto Maggiore o il Sacro Speco, che si innalzi nel cuore della pianura coltivata come la Certosa di Pavia o Pomposa, che sia stata inglobata nello sviluppo urbano come la Certosa di Firenze, ogni abbazia è di per sé una montagna, un ponte tra la terra e il cielo, un luogo dove le regole del mondo restano fuori, e ne valgono altre, immutabili e antiche.
E’ questo che ci fa amare e visitare le abbazie. Certo, c’è anche l’importanza storica: i monaci hanno salvato capolavori letterari e trattati scientifici, prodotto farmaci e ospitato pellegrini, dissodato deserti e bonificato paludi, tramandato la musica e salvato foreste.
Certo, molte delle abbazie (italiane, ma non solo) racchiudono tesori d’arte straordinari. Certo, gran parte di esse sorgono nel cuore di paesaggi splendidi: le foreste alpine e le valli più selvagge dell’Appennino, le colline toscane e le coste liguri. Ma questi, anche se importanti, restano comunque dei dettagli.
Nel nostro mondo convulso, la vita nelle grandi abbazie del mondo cristiano è diventata per tutti simbolo di un’esistenza diversa, e probabilmente migliore, quantunque i monaci utilizzino il computer, vendano sul mercato i prodotti del loro lavoro, dedichino buona parte del loro tempo ad accompagnare turisti. Di fatto, anche il meno attento dei visitatori moderni avverte in queste cittadelle dello spirito la consolazione di una fede millenaria e la moralità di un ordine immutato.
Per questo, mentre le vocazioni al sacerdozio continuano a diminuire in tutto l’Occidente più ricco, quelle alla vita monastica hanno ripreso da qualche anno a crescere. Per questo, accanto alle guide dei campeggi, dei ristoranti e degli alberghi, si pubblicano ogni anno volumi che elencano i monasteri dov’è possibile trascorrere un periodo di meditazione e di preghiera.
Per questo, attirano l’attenzione degli italiani anche abbazie create da fedi e culture diverse dalla nostra come i gompa buddhisti dell’Himalaya o gli arcigni monasteri ortodossi abbarbicati sulle rocce del Monte Athos o delle Meteore, in Grecia. Sparse in tutto il nostro paese abbiamo a portata di mano duecento e più abbazie.
Tutti ne hanno visitato almeno una. Ben pochi, però, hanno verificato su una carta d’Italia (o d’Europa) quanto fosse capillare, nei secoli bui del Medioevo, così come nel Rinascimento, la loro presenza sulle montagne e sui colli, sulle vie di pellegrinaggio e presso i valichi montani.
A dare il via a tutto ciò, nel 529 dell’era cristiana, fu Benedetto da Norcia, reduce da un’esperienza di eremita tra le rocce di Subiaco. In quell’anno, il santo che associamo anche alle rondini di primavera, salì sull’altura rocciosa che domina la valle del Liri e Cassino, fondò una comunità di tipo nuovo, pose come base della sua regola le parole Ora et labora, prega e fatica.
Nel volgere di uno o due secoli, le abbazie ispirate alla regola di Benedetto si moltiplicarono in ogni parte d’Italia, con la sola eccezione di regioni come Puglia, Sicilia e Calabria in cui prevaleva (e avrebbe prevalso ancora a lungo) l’ispirazione all’Oriente ortodosso, dove i valori della preghiera e dell’isolamento dei monaci non lasciavano spazio alcuno all’organizzazione e al lavoro.
Altrove, le abbazie fiorirono come funghi. Sulle Alpi, sugli Appennini, tra i colli, iniziarono in gran numero a imporsi come centri di cultura e di organizzazione della vita collettiva. Abbazie oggi poco note come San Vincenzo al Volturno e San Salvatore dell’Amiata si trovarono a governare territori vastissimi. Alcune, come San Clemente a Casauria e la Certosa di Pesio, furono devastate dai Saraceni. Altre subirono incendi, terremoti, saccheggi. Pian piano, dalla regola di San Benedetto si staccarono le famiglie – o congregazioni – dei Camaldolesi (San Romualdo, nel 980), dei Vallombrosani (San Giovanni Gualberto, 1039) e degli Olivetani (Bernardo Tolomei, 1313).Nel 1098, nell’abbazia francese di Citeaux (Cistercium nella letteratura medioevale), l’abate Roberto di Molesmes fondò l’ordine cistercense, ispirato all’austerità e al silenzio, che si sarebbe diffuso in tutta Europa grazie a San Bernardo di Chiaravalle e che avrebbe a sua volta generato le congregazioni di Casamari e dei Trappisti.
Nel 1084, nella valle della Chartreuse, presso Grenoble, Bruno, un canonico tedesco, fondò l’ordine dei Certosini basato sulla netta separazione tra i monaci, concentrati sulla meditazione e sull’ascesi, e i laici (o conversi) che si occupavano della gestione del monastero.
A partire dal Duecento, in tutto l’Occidente cristiano si moltiplicarono i conventi degli ordini minori come i Domenicani e i Francescani, sorti come reazione contro la ricchezza e il potere degli ordini preesistenti.
All’inizio dell’Ottocento, le leggi napoleoniche cacciarono dai loro rifugi i monaci, trasformando le abbazie in caserme, in fattorie, addirittura in carceri. In Italia, lo scontro tra Stato e Chiesa prolungatosi formalmente dal 1870 al 1921 ha fatto sì che molte abbazie importanti siano tornate alla loro originaria funzione solo da qualche decennio, e che alcune (come San Fruttuoso o Pomposa) siano ormai dei musei.
Non c’è bisogno di lunghi studi storici, però, per apprezzare il fascino delle abbazie e dei monasteri italiani. Che siano costruite con i mattoni della Pianura Padana, con il calcare dell’Appennino o con il granito delle Alpi, queste cittadelle della fede presidiano le strade della nostra Italia, e raccontano pagine di storia che riguardano tutti noi, credenti e non. L’arrivo del Giubileo è solo un pretesto per passarle in rassegna.

Novacella, fede barocca
Celebre per le montagne, le foreste, le tradizioni e i masi, l’Alto Adige è anche una regione molto ricca di storia e particolarmente legata alla fede. Chi ne frequenta le strade e i sentieri sa bene come crocifissi, cappelle in legno e suggestive chiesette affrescate abbondino anche nelle zone all’apparenza più solitarie.
In tutti i centri principali – Bolzano, Merano, Bressanone, Malles Venosta, San Candido – sorgono chiese di grande fascino e bellezza, dallo stile prettamente germanico largamente influenzato però dalla vicinanza dell’arte e della cultura italiane. Né mancano monasteri e abbazie.
A poca distanza dalle vie che scavalcano le Alpi attraverso il Brennero o il Passo di Resia, monumenti come la Certosa di Senales, il monastero di Sabiona o l’abbazia di Monte Maria che domina Malles Venosta sono testimonianze di storia, fede e cultura tra le più preziose dell’arco alpino. Il complesso più importante del Sudtirolo, però, è senz’altro la Novacella (Neustift), che sorge poco a nord di Bressanone, accanto alle antiche strade che conducono verso la Val Pusteria e Innsbruck.
Fondata nel 1142 e cinta da una poderosa cerchia di mura, l’abbazia è oggi tenuta dai monaci agostiniani e ha aspetto in prevalenza rinascimentale e barocco. La confusione di stili, che testimonia la sua lunga e complessa storia, è però uno degli elementi essenziali del suo fascino.
Sorta in fasi successive intorno a un ospizio utilizzato dai pellegrini diretti a Roma, l’abbazia accoglie il visitatore con la quattrocentesca Torre dei Turchi e con l’inconsueta ed elegante cappella di San Michele, a pianta circolare, costruita nel 1199 per iniziativa di Corrado di Rodank. Superati i resti del primitivo ospizio si raggiunge la porta dell’abbazia vera e propria, fondata nel 1442 dal vescovo Artmanno di Bressanone e dal conte Reginberto di Sabiona.
Oltrepassato il portale si traversa il cortile dove spicca il cinquecentesco Pozzo delle Meraviglie, decorato da stucchi e da affreschi e sormontato da un’edicola ottagonale, e si raggiunge l’imponente chiesa della Madonna, rifatta in forme barocche tra il 1735 e il 1773 dagli architetti Filippo Apeller e Giuseppe Delai e ornata da una fastosa decorazione.
Un passaggio dà poi accesso al chiostro, che al contrario degli altri ambienti ha conservato le forme gotiche della costruzione originaria. Gli affreschi che lo decorano risalgono in prevalenza al Quattrocento e non sono in condizioni straordinarie. Solo su appuntamento, invece, si può visitare la biblioteca del monastero, una delle più rinomate d’Europa, che comprende oltre 65.000 tra volumi, codici miniati, incunaboli e manoscritti.
Noti fin dal Rinascimento per le loro attività culturali, i religiosi della Novacella si dedicano da secoli a un’altra, più prosaica attività che li ha resi famosi. Nella valle dell’Isarco e sulle vicine colline, infatti, i monaci producono degli ottimi vini doc come il Traminer aromatico e il Muller Thurgau (entrambi bianchi) e il rosso Blauburgunder.
Un negozio all’ingresso dell’abbazia consente ai visitatori di degustare e acquistare questi prodotti dei religiosi, che gestiscono anche un ampio ristorante a poca distanza dal negozio. Più tranquilla è l’atmosfera della foresteria della Novacella, nella quale può essere ospitato anche chi non è spinto da motivazioni religiose.
Lasciata alle spalle l’abbazia, il viaggiatore ha a disposizione l’intero Sudtirolo. Oltre al centro storico di Bressanone, alla Val Pusteria e alla strada che sale al Brennero, vale la pena dirigersi verso il centro storico di Chiusa e l’abbazia di Sabiona, che domina dall’alto il fondovalle.
A chi preferisce la montagna suggeriamo una puntata in Val di Funes, una delle più caratteristiche e tranquille di tutte le Dolomiti. Celebre tra gli alpinisti per aver dato i natali a Reinhold Messner, la valle (Villnosstal in tedesco) offre facili e piacevolissime passeggiate a piedi o in mountain bike nelle foreste e sui pascoli dominati dalle guglie dentellate delle Odle.

PleinAir 326 – settembre 1999

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio