Spazi di libertà

Dal Victoria al South Australia per scoprire un grande paese dalle infinite risorse pleinair, girovagando lungo le coste del Pacifico e nei deserti dell'entroterra tra aree protette popolate da marsupiali e cetacei, antichi siti aborigeni, spiagge affollate dai patiti del surf e cantine in cui si producono ottimi vini.

Indice dell'itinerario

Più di 2.000 chilometri separano Melbourne da Adelaide, lo stato di Victoria da quello del South Australia: apparentemente vicini sulla carta, ben più lontani se si considerano le lunghe distanze dell’isola più grande del mondo. Un itinerario fra scogliere vertiginose tormentate dall’oceano, foreste di eucalipti e parchi naturali abitati da koala, canguri, wombat e altre specie della ricca e variegata fauna locale, selvagge montagne, fiumi navigabili in houseboat, ma anche fertili vallate agricole, testimonianze della cultura aborigena e caratteristici villaggi coloniali. A tutto questo abbiamo pensato nel progettare il nostro viaggio: non il primo che ci ha visto raggiungere l’Australia, ma certamente uno dei più affascinanti. Con la sorpresa di incontrare, arrivati dall’altra parte del mondo, un buon numero di turisti italiani – come noi a bordo di un camper a noleggio – interessati a scoprire le grandi e piccole meraviglie di questo paese.

In riva all’oceano
In Australia lo sport più popolare è il surf, e Torquay ne è la capitale indiscussa. Nel pieno dell’estate australe, tra gennaio e febbraio, i suoi circa 10.000 abitanti arrivano a triplicarsi e ogni giorno, fin dal primo mattino, una folta tribù di surfisti armati di tavola sfida le gelide onde del Pacifico. Surf Beach è il posto giusto per cimentarsi con gli impressionanti cavalloni o per apprendere i primi rudimenti di questa energetica disciplina (noleggio dell’attrezzatura e lezioni costano poche decine di euro). I meno temerari potranno visitare la piacevole e animata cittadina fondata negli ultimi decenni dell’800 e sviluppatasi rapidamente intorno allo Spring Creek, il fiume che la costeggia, prima di imboccare la Great Ocean Road e immergersi nei suoi scenari da cartolina. Questa strada litoranea, realizzata fra il 1918 e il 1932 occupando per quattordici anni di lavoro oltre 3.000 ex militari, inizia una settantina di chilometri a sud-ovest di Melbourne e si sviluppa per quasi 250 chilometri seguendo la costa fra Torquay e Warrnambool. Lungo il tragitto si susseguono caratteristici paesini, baie solitarie e scogliere dalle forme bizzarre: le più celebri e fotografate, un gruppo di faraglioni color giallo ocra alti più di 60 metri, si trovano nei pressi di Port Campbell e vengono chiamate The Twelve Apostles. Non è da meno quanto a suggestione la Loch Ard Gorge, una baia sabbiosa dalla stretta imboccatura di roccia che trae il nome da un’imbarcazione irlandese naufragata in queste acque perigliose nel 1878. Il London Arch è invece un tozzo isolotto traforato da un arco naturale: un secondo arco lo collegava alla terraferma e perciò era detto London Bridge, ma nel 1990 la scogliera è parzialmente crollata lasciandolo isolato a qualche decina di metri dalla costa.

Graffiti millenari
Piccolo centro dalla florida economia turistica e peschereccia fondato intorno al 1835 come stazione baleniera, Port Fairy è uno degli insediamenti più antichi del Victoria. E’ qui che lasciamo la litoranea percorrendo un centinaio di chilometri verso nord fino a Dunkeld, accesso meridionale al Grampians National Park. Il nome originario di Gariwerd, usato dai nativi Koori, indica le montagne di questo territorio caratterizzato da rocce sedimentarie formatesi 400 milioni di anni fa. Il parco, istituito nel 1984, abbraccia ben 167.000 ettari di foreste, laghi, cascate e vette che superano i 1.100 metri, ed ospita circa un terzo della flora del Victoria, più di duecento specie di uccelli e numerosi mammiferi, dagli opossum ai koala, dai canguri ai wallaby. Considerato un luogo mistico nella cultura locale, è abitato dai nativi da oltre 5.000 anni, e qui si concentrano in gran parte i siti di arte aborigena del Victoria: da Billiminia Shelter a Nagamadjidj Shelter sono più di cento le località in cui sono stati rinvenuti utensili, resti di falò e graffiti dell’antica popolazione indigena (singolare è quello di Gulgurn Manja Shelter, in cui spiccano impronte di mani infantili).
Un interessante approccio alle tradizioni indigene è offerto dal Brambuk Living Cultural Centre di Halls Gap: la sua visita porterà alla scoperta della storia di queste comunità la cui esistenza venne stravolta dall’arrivo dei coloni europei, che invasero i Grampians nella prima metà dell’800. Presso questa struttura si possono inoltre avere informazioni sulla fitta rete di sentieri a disposizione dei trekker, in genere ben segnalati: la scelta spazia dalle brevi escursioni, accessibili anche ai disabili, fino ai percorsi di uno o più giorni e alle arrampicate sulle vertiginose pareti del Mount Arapiles. Tra gli itinerari più frequentati consigliamo la salita ai Pinnacles con partenza dal Wunderland Carpark, a meno di 20 chilometri da Halls Gap: il percorso, in parte attrezzato con scale metalliche per superare i tratti più arditi, richiede circa 2 ore e si sviluppa tra boschi e gole (eccezionale per le sue caratteristiche la cosiddetta Silent Street, la cui larghezza massima in alcuni punti non supera il mezzo metro), fino ad arrivare su un panoramico altopiano roccioso con vista sul Mount William e sulla conca di Bellfield. Da non perdere anche l’escursione ai Balconies, formazioni di arenaria sporgenti nel vuoto, che si raggiungono in un quarto d’ora di semplice passeggiata dal Red Look Carpark: l’ora migliore è il tramonto, quando le pareti del vicino Mount Bagara si tingono di rosso.

Australia da bere
Prima di lasciare il Victoria, un’altra lunga deviazione di quasi 400 chilometri ci conduce ancora più a nord fino a Mildura (da Halls Gap si raggiunge Stawell e si prosegue per Horsham, Warracknabeal, Rosebery, Lascelles e Ouyen). La fortuna di questa regione si chiama Murray River, la più importante via d’acqua d’Australia, che nasce dalla catena della Great Diving Range e a lungo segna il confine tra il Victoria e il New South Wales prima di terminare la sua corsa nell’oceano presso Adelaide, dopo oltre 2.500 chilometri. Nei secoli scorsi, prima che venissero realizzate la ferrovia e le rotabili, il fiume era un’autostrada naturale solcata da piroscafi a ruota che trasportavano persone e merci, in particolare dopo la costituzione della Murray River Navigation i cui battelli furono per decenni protagonisti del traffico fluviale. Oggi lo si può esplorare anche a bordo di confortevoli houseboat a noleggio, o ammirare il territorio dall’alto con le escursioni in mongolfiera. Il fiume era ed è una ricchezza anche per l’agricoltura: senza il suo apporto idrico, il paesaggio di Mildura (parola che nella lingua degli aborigeni Kulkyne indica la terra arida) sarebbe assolutamente brullo. Nella seconda metà dell’800 i fratelli canadesi George e William Chaffey furono incaricati di applicare in questo remoto angolo del Victoria le tecniche di irrigazione artificiale sperimentate in California, e grazie ad esse il deserto lasciò lentamente spazio alle coltivazioni di ortaggi, meloni, agrumi, mandorle, pistacchi, olivi e viti. Da queste uve nascono vini molto interessanti che spaziano dal Moscato allo Shiraz, dal Merlot al Bella rosé e allo spumante, prodotto con metodo classico.
A Renmark, 150 chilometri ad ovest, abbiamo ormai varcato i confini del South Australia. Questa cittadina, nota per le sue rose e per il relativo festival annuale che si tiene nella seconda metà di ottobre, è una buona base di partenza per scoprire il Murray River, per dedicarsi agli sport acquatici o per il bushwalking nella Chowilla Regional Reserve. Da qui Adelaide dista solo altri 250 chilometri, ma prima di giungervi non possiamo mancare una tappa alla Barossa Valley, una fertile area collinare celebre per la viticoltura fin dalla prima metà del XIX secolo. Nel South Australia si producono i tre quarti circa dell’intera esportazione vinicola nazionale, e in oltre cinquanta cantine (quasi tutte aperte al pubblico per visite guidate) si possono degustare e acquistare Chardonnay, Riesling, Cabernet Sauvignon, Shiraz e altri vini con un ottimo rapporto fra prezzo e qualità. Negli ultimi anni un numero crescente di australiani si è avvicinato alla cultura enologica, tanto che il consumo pro capite annuo è salito a 20 litri. In parallelo, riscuotono grande successo due manifestazioni di enogastronomia capaci di richiamare visitatori da tutto il paese: il Barossa Vintage Festival e la kermesse Tasting Australia, le cui prossime edizioni si svolgeranno fra aprile e maggio del 2010.
Sapori da tutto il mondo sono invece quelli che si possono gustare ad Adelaide, visto che la capitale del South Australia conta non meno di settecento ristoranti in cui assaggiare una cucina davvero cosmopolita, dai piatti tradizionali del bush a quelli italiani, dalle grigliate alla cucina cinese passando per quella thailandese, vietnamita, pakistana, indiana, greca. Questa metropoli di quasi 1.200.000 abitanti è una città ordinata e a misura d’uomo, con piste ciclabili, ampi spazi verdi e un clima ideale caratterizzato da temperature miti tutto l’anno. Il centro, visitabile a piedi, è sempre affollato, in particolare l’area pedonale di Rundle Mall; ma gli australiani amano anche vivere all’aperto e appena possono raggiungono le sponde del Torrens River, la vicina spiaggia di Glenelg per una nuotata o l’Adelaide Botanic Garden per una passeggiata o un picnic. Poco lontano dalla città è il Mount Lofty, con più di 200 chilometri di sentieri a disposizione degli amanti del trekking.

Canguri e balene
E’ giunto il momento di tuffarsi nell’Australia selvaggia: l’outback ci attende alla Eyre Peninsula, una vasta zona di straordinaria bellezza ancora poco frequentata dal turismo europeo, che si trova più o meno 600 chilometri a nord-ovest di Adelaide ed è costellata da parchi e riserve naturali di varia estensione. Fulcro delle attività è Wudinna, villaggio agricolo il cui nome deriva, ancora una volta, da un termine aborigeno che significa luogo di riposo. Da qui si accede facilmente al Gawler Ranges National Park, che è stato dichiarato area protetta nel 2002 ed è tuttora privo di strade asfaltate e sentieri segnati; motivo per cui le parti più remote sono raggiungibili, previo pagamento del biglietto d’ingresso, solo con veicoli dotati di quattro ruote motrici. Chi ha poco tempo a disposizione può rivolgersi agli operatori specializzati che organizzano escursioni guidate in fuoristrada con pernottamento in confortevoli tende. L’ambiente del parco, di tipo desertico, è caratterizzato da antichissime formazioni di origine vulcanica (alcune risalgono a 1.600 milioni di anni fa), laghi salati e un’inaspettata varietà di piante e animali. Sono state censite oltre 200 specie botaniche, alcune delle quali endemiche, e 140 di uccelli tra i quali l’emù, l’aquila cuneata e il cacatua, mentre all’alba e al tramonto si possono osservare e fotografare il canguro rosso, il wombat, l’opossum e altri mammiferi. Tra le bellezze naturali più caratteristiche ci sono lo Stuarts Lake, le Organ Pipes, altissime colonne di roccia dalla sagoma quadrata, e la Pildappa Rock, un enorme monolito la cui forma ricorda quella della celeberrima Ayers Rock. Indimenticabile è il Lake Gairdner, il quarto lago salato d’Australia: lungo più di 160 chilometri e largo circa 48, è una distesa di sale dal candore abbacinante incastonata nel rosso delle sabbie.
Duecento chilometri separano Wudinna da Ceduna, centro marinaro fondato nella seconda metà dell’800 all’estremità occidentale della penisola, dove ritroviamo l’oceano e le sue mille suggestioni. Chi sceglie di visitare questi luoghi durante l’inverno australe non perda l’occasione di raggiungere la Head of Bight, un vicino promontorio nelle cui acque si riproduce da maggio ad ottobre la balena franca, osservabile con una certa facilità grazie alle escursioni organizzate di whalewatching. Continuando lungocosta verso sud-est si raggiunge Smoky Bay, località famosa per le ostriche e per le colonie di pellicani che frequentano la bella spiaggia, mentre la non lontana Streaky Bay offre il singolare spettacolo delle strutture granitiche di Murphy’s Haystack, che sembrano piovute dal cielo. Un’ultima deviazione su strade costiere minori conduce al Point Labatt Conservation Park, dove è possibile avvistare una colonia permanente di leoni marini da una scogliera opportunamente segnalata, mentre nei dintorni di Baird Bay si può vivere l’emozionante esperienza di una nuotata in compagnia di foche e delfini: e basterebbe questo ad essere arrivati fin quaggiù.

Testo e foto di Alberto Campanile

PleinAir 447 – Ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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