Smeraldo nell'azzurro

Chi per ora non può, sogni. Ma chi può, si regali una vacanza pleinair nel cuore delle Antille Francesi: per scoprire le meraviglie tropicali della Guadalupa, questo è il periodo migliore. Esplorate con PleinAir la Grande Terre e la Basse Terre, tanto dissimili quanto affascinanti...

Indice dell'itinerario

La pianeggiante e calcarea Grande Terre – qui la sabbia è bianca, e le acque turchesi o verde chiaro del versante sud sono in più punti fronteggiate dalla barriera corallina – risponde fedelmente all’archetipo di tropicalità. Lungo la riva occidentale affondano in acqua le loro legnose radici aeree selve di mangrovie; sul lungo versante orientale, dove sboccano rare strade, lo scenario costiero è quello di alte falesie investite dalle onde atlantiche. La cittadina di Moule, prima tappa dopo l’arrivo all’aeroporto intercontinentale Le Raizet, è un antico porto zuccheriero che conserva un suo sapore di passato. Le ancore e le bocche da fuoco confitte nei basamenti corallini costituivano l’unico sistema perché i velieri, tirandosi con i cavi assicurati a quei sostegni, potessero guadagnare il mare aperto nonostante il vento contrario. Ma la barriera di corallo nella quale fu scavato l’unico approdo atlantico della Guadalupa protegge anche, immediatamente a sud di Moule, l’a spiaggia corallina detta “l’autre bord”. E’ un ottimo posto per il pernottamento e per un primo approccio con il mare e il sole delle Antille. Argomento da sottolineare, questo del sole, perché attutendo il clima ventilato la gran forza dei raggi in tutte le stagioni, le ustioni possono arrivare del tutto inattese. E’ necessario dunque (anche con cielo velato) graduare l’esposizione e non lesinare in creme protettive.
Ora la meta è un’immersione totale nelle grandi distese di canna che caratterizzano l’interno di Grande Terre e che si vestono d’argento in novembre, stagione della fioritura. Si punterà verso Morne-à-l’Eau e poi verso Port Louis, deviando fra isolati villaggi. La gente della Guadalupa, e più che mai la prevalente popolazione nera o mulatta, è molto disponibile, di indole allegra e pronta a chiacchierare con l’ospite. A volte si trovano anziani che parlano quasi solo il dialetto creolo: allora le cose si complicano, specie se nutrono la convinzione che non possiate non comprenderli. E chi vi dice che sapendo il francese riuscirete a capire il creolo, mente in modo spudorato. Della composita popolazione guadalupegna fa parte anche un cospicuo gruppo di provenienza indiana e di altri paesi dell’Estremo Oriente.
A Morne-à-l’Eau si può anche dare un’occhiata al singolare cimitero, tutto a piastrelle di ceramica bianche e nere; a Port Louis è d’obbligo la sosta alla bella spiaggia e alle palme dell’Anse du Souffleur, posto adatto anche al pernottamento. Ancora una dozzina di chilometri portano in quota fino ad un parcheggio sterrato, dal quale si dirama una passeggiata che conduce alla Pointe de la Grand-Vigie e al suo vasto scenario di selvaggia costa a falesie. Porte d’Enfer è un fiordo balneabile tra le rocce, del quale si ha una bellissima panoramica dall’alto. La violenza dell’Atlantico non riesce a turbare nella parte più interna le acque della cala, invitante anche per una sosta notturna. Occorre ora cercare nuovamente per segmenti di strade l’indicazione per Le Moule, passando per la località di Campèche (nei paraggi, il ristorante con piscina “Chateau de Feuilles”, appartato tra i campi, offre delizie gastronomiche). Su questa costa scoscesa gli accessi al mare sono rari, e a volte le strade si perdono tra i campi prima di raggiungere la riva. Chiuso il cerchio a Le Moule, bisogna trovare le indicazioni verso Pointe des Chateaux. Sulla sinistra c’è qualche altra non sempre agevole deviazione al mare, come quella verso Pointe Morne, che termina con un piccolo parcheggio in bella posizione e il breve sentiero ad un’insenatura selvaggia ma balneabile. Alla Pointe des Chateaux, dove la strada finisce, si parcheggia non lontano da un piccolo ristorante, per poi avventurarsi sul sentiero che in un quarto d’ora sale alla Pointe des Colibris. E uno dei punti memorabili della Guadalupa, ma quanto a bagnarsi i nuotatori della domenica lascino stare, perché le acque sono percorse da forti correnti.
A Saint-François, Sainte-Anne, Gosier, il lato sud della costa di Grande Terre presenta, tra fioriture di buganvillee e il rosso dei flamboyant (alberi corallo), gli alberghi su cui soprattutto si basano le fortune turistiche di Guadalupa. Saint-François non è più un vecchio porto di pescatori, però qui come nelle altre località la costa rimane accessibile (non pensate insomma a una Costa Azzurra formato Caraibi). La sua bellissima e ventilata laguna corallina è la più frequentata dai surfisti, ed è facile noleggiarvi una tavola a vela. Per chi poi vuol trascorrere una giornata di vela e di vento in compagnia va ricordata la possibilità (quotidiana) di imbarcarsi alla marina di Saint-François su un grande catamarano a vela. Si parte alle otto di mattina e la meta abituale, a due ore di navigazione, è Petite Terre, una coppia di disabitati isolotti corallini che si fronteggiano a formare una stupenda laguna turchese. La navigazione comprende immersioni con pinne e maschera (fornite), barbecue a terra, un punch planteur ghiacciato, una passeggiata fra rocce e vegetazione per osservare le iguane. Per il ritorno a Saint-François, un fresco aliseo gonfierà lo spinnaker del catamarano.
A Saint-François, sul lungomare del vecchio abitato, fra i numerosi ristorantini creoli a buon mercato per mangiar pesce la sera, “Les pieds dans l’eau” è un posto molto simpatico dove si comincia sempre con le strepitose zeppoline dette accras. Analoghi ambienti di mare, sabbie chiare e laguna li troveremo anche a Sainte-Anne e a Gosier. A Pointe-à-Pitre, il più grande e commerciale centro della Guadalupa, un giro tra il mercato di Saint-Antoine e quello della darsena è indispensabile: se il primo è la più gloriosa esibizione di frutti del tropico che si possa sperare, alte in colore sono anche le file di ceste proprio a margine della banchina della darsena, oltre all’adiacente mercato del pesce. Ma il parcheggio non è facile, pertanto è opportuno fermarsi nei pressi della marina di Bas-du-Fort per poi spostarsi in città col bus.Giungla e vulcani
Per farsi un’idea di Basse Terre, isola gemella, occorre capovolgere l’immagine di Grande Terre. Non è calcarea ma vulcanica, tanto che le sabbie di molte spiagge sono nere, mentre fra cale di roccia si insinua un mare blu dove sono quasi inesistenti le formazioni coralline. Basse Terre ignora la canna e presto si riveste di una fitta giungla che respinge i paesi all’anello costiero o poco più. A differenza di Grande Terre, la sua massa montuosa attira irresistibilmente l’evaporazione oceanica, che nelle zone più elevate deposita in un anno fino a sei metri di pioggia, alimentando ruscelli e torrenti. Abbiamo scelto di avviare il periplo in senso orario, puntando in direzione della capitale amministrativa della Guadalupa, che si chiama essa pure Basse Terre. Ma per visitare i piccoli centri nel contorno della costa occorrerà spesso allontanarsi dalla strada di grande comunicazione. In alto, la foresta risale la china del massiccio vulcanico, in basso le coltivazioni si arricchiscono di bananeti. A Sainte-Marie un busto di Colombo ricorda il punto in cui egli prese terra durante il secondo viaggio, nel novembre del 1493. Dalla località di Saint-Sauveur si devia di circa 8 km, per un primo approccio con montagna e foresta: uno tra i molti corsi d’acqua che scendono dal massiccio forma le tre cascate del Carbet, la seconda delle quali è agevolmente accessibile in venti minuti di sentiero. Questa costa è sopravento, e spiagge e rocce nere sono battute dall’aliseo in uno spettacolo marino che si gode a pieno cercando, da Trois Rivières, la deviazione per Vieux Fort (tra le molte fortificazioni disseminate lungo il mare nelle lunghe sfide con gli inglesi). A Trois Rivières una buona possibilità anche per la notte è il parcheggio a pagamento nei pressi della riva. In vicinanza c’è da visitare il Parco Archeologico delle Rocce Scolpite, misteriosa testimonianza del popolamento precolombiano degli Arawak.
Saint-Claude e gli altri centri collinari tipo Matouba costituiscono, in virtù del loro clima più gradevole, la zona residenziale della cittadina di Basse Terre. Ma Saint-Claude è anche passaggio obbligato per puntare in direzione del complesso vulcanico della Soufrière, la cima più alta della Guadalupa. Va detto subito che per proseguire fino alla quota 1100 del piazzale di parcheggio, prima in bellissimo ambiente forestale poi fra splendidi panorami, le forti pendenze richiederanno l’uso continuo della prima marcia sia all’andata che al ritorno. A metà strada ci attende una sosta alla Maison des Volcans per sapere tutto sul vulcano guadalupegno, le cui manifestazioni del 1976 obbligarono all’evacuazione precauzionale di 72.000 abitanti del sud di Basse Terre.
Dal parcheggio di Savane au Mulets l’ascensione al tozzo cono terminale richiede in tutto un paio d’ore, seguendo in salita il sentiero con segnalazioni gialle e al ritorno il sentiero blu. Unico problema la forte piovosità di queste quote, avvolte spesso dalle nuvole. Ma l’autonomia del nostro modo di viaggiare non ci vieterà di provare ad attendere, magari pernottando, il momento dell’azzurro, più frequente di primo mattino. In questo caso la passeggiata sarà veramente impagabile.
Dalla cittadina di Basse Terre la costa diviene sottovento e il mare delle baie si fa calmo. Bouillante prende il nome dalle sorgenti calde – anche subacquee – e da altri fenomeni di vulcanismo, e possiede una piccola centrale ad energia geotermica. Poco più avanti, reclamano sosta il roccione e la spiaggia di Malendure per la bellezza dei fondali corallini, visitabili a bordo di un battello dal fondo di vetro. Per apprezzare i sommersi incanti della Riserva Cousteau basta un tuffo dalla barca nei pressi dell’Ilet Pigeon, dove il divieto di calare l’ancora serve a non danneggiare fauna e flora dei fondali. Maschera e pinne sono disponibili a bordo.
Da Mahaut ecco la deviazione della Route de la Traversée, che taglia a metà l’isola e la giungla del Parco Nazionale della Guadalupa; questo copre tutta la parte centrale di Basse Terre con le sue centinaia di specie d’alto fusto circondate da liane. Della bellissima strada è consigliabile percorrere una ventina di chilometri fino al punto panoramico di Les Mamelles, facendo tappa anche al piazzaletto del Parc Zoologique et Botanique (dove c’è un piacevole ristorante); qui, fra le varie specie presenti nell’isola, è ospitato anche il topo lavatore, simbolo del Parco. Più avanti, alla Maison de la Forêt, pannelli e foto mostrano fiori e alberi dell’isola, avvicinabili in sentieri natura da dieci minuti a un’ora di percorso. Notevoli le possibilità di camminate, anche di più giorni, lungo i sentieri segnalati che attraversano il massiccio; indispensabile una guida o, per le escursioni meno impegnative, l’ottima cartografia reperibile a Pointe-à-Pitre e a Basse Terre città. Il Point de Vue des Mamelles, area di parcheggio dove faremo conversione, offre col bel tempo una gran veduta verso le lagune della costa nord.
Ritornati al mare, il percorso costiero offre le spiagge più invitanti dopo Deshaies, dove da nera la sabbia si fa bionda. Scenografica per la sua ampiezza la spiaggia di Grande Anse, al limite della quale si ha la possibilità di fermarsi in una zona a terra battuta ombreggiata da alberi d’alto fusto. Più avanti, per molti chilometri, si trovano spiagge minori e non meno invitanti, spesso da cercare a piedi dalla strada. Presso il piccolo centro peschereccio di Sainte-Rose (con svariati negozi di conchiglie locali) faremo il nostro ultimo incontro con il mare di Basse Terre. In un paesaggio più arido la strada si allontana dal mare, da ora in poi privo di spiagge interessanti, per riguadagnare nuovamente la Grande Terre.

PleinAir 316 – novembre 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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