Sicilia, al mare con gli antenati

Indice dell'itinerario

Sulle coste della Sicilia, le meridionali in particolare, sono sbarcati tutti ma proprio tutti i nostri progenitori. A cominciare dall’Homo Sapiens che vi giunse probabilmente dall’Africa trecentomila anni fa. Poi, all’alba della storia arrivarono i Siculi, gli Elimi, i Sicani; quindi i Fenici, i Greci, i Cartaginesi, i Romani, i Vandali, i Goti, i Bizantini; infine gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Spagnoli, i Savoia, gli Austriaci, i Borboni, i Mille di Garibaldi… Per non tacere degli americani nell’ultima guerra (ma quelli erano in buona parte siciliani di ritorno). Insomma un complicato mosaico di razze, costumi, idiomi, del quale sono sparse le tessere in tutta l’isola. Mentre sul mare si trovano le scene composte le più nitide, lasciate soprattutto dai Greci, alcune famose e celebrate, altre quasi sconosciute. Ci piace indicarvele per sommi capi (lasciando a voi il maggior piacere di approfondire) seguendo un percorso di scoperta che da Augusta nel Siracusano a Selinunte nel Trapanese le tocca tutte, disegnando al tempo stesso una vacanza balneare itinerante. Con due raccomandazioni però: la prima è, possibilmente, di non muoversi a cavallo di luglio e agosto. Vincoli di lavoro o di scuola a parte, il periodo migliore per i bagni in Sicilia (ma anche per le escursioni) va da settembre a novembre. La seconda raccomandazione è un invito a documentarsi bene prima della partenza: Internet e buone letture possono addirittura accrescere la curiosità per quello che ci aspetta; inoltre in bassa stagione occorre accertare la disponibilità delle strutture interessate (dai campeggi ai villaggi turistici).

Se dunque siete dei nostri, insieme al costume da bagno non dimenticate qualche buona guida da tenere nello zainetto e i sandali da trekking (o robuste scarpe da ginnastica): templi, teatri, cardi e decumani, tra un bagno e l’altro, ci daranno da camminare.

Colonia greca e poi insediamento punico, Selinunte è una delle aree archeologiche più estese al mondo
Colonia greca e poi insediamento punico, Selinunte è una delle aree archeologiche più estese al mondo

Da Megara all’oasi di Vendicari

Se si approda in Sicilia nel porto di Messina o di Catania, l’itinerario segue la direzione qui descritta. Altrimenti da Palermo e da Trapani lo si può compiere in senso contrario. Noi gli abbiamo dedicato quattordici giorni, compreso il primo, per metà occupato dagli spostamenti fino al Golfo di Augusta. Qui, in un paesaggio mirabile com’è possibile ancora immaginare, otto secoli prima di Cristo i nostri antenati greci fondarono la città di Megara, stesso nome di quella da cui provenivano, detta in più Iblea in onore del re locale Hiblon che ne autorizzò la costruzione. Scelta felice, a giudicare dalla dimensione e dall’importanza strategica che la colonia raggiunse in breve tempo in aperta rivalità con la vicina e coeva Siracusa.

Mille anni dopo il golfo affascinò anche Federico II di Svevia che su una coreografica penisola fondò un’altra città, Augusta, con tanto di porto e di castello. In questo stesso ambiente di placide acque e fertili terre, i nostri contemporanei hanno pensato bene di impiantare il più grande polo petrolchimico d’Europa. Cosicché oggi l’area archeologica con i resti affiorati di Megara si può inquadrare solo con il contorno delle ciminiere, mentre la città di Augusta scivola in un progressivo stato di abbandono. Un contrasto che tiene lontani i turisti, anche se l’Antiquarium allestito all’ingresso dell’area archeologica merita una visita attenta e Augusta riesce ancora a mostrare scorci urbani di qualità. Quanto ai bagni, conviene spostarsi di poco a nord per tuffarsi nelle acque meno insidiose di Brucoli, pittoresco borgo marinaro reso ancor più attraente da un bel castello e da numerosi murales di un unico autore. Dopo si riprende la strada alla volta di Siracusa lasciando perdere Priolo e gli scavi di Thapsos, secondo insediamento greco nel golfo riportato alla luce e asfissiato dalle raffinerie.

Oasi di Vendicari, le antiche vasche da itticoltura e la tonnara
Oasi di Vendicari, le antiche vasche da itticoltura e la tonnara

Per apprezzare al meglio l’orografia della zona conviene raggiungere il capoluogo dall’alto attraverso la frazione Belvedere sorta a ridosso di Castel Eurialo, la fortezza che chiudeva le mura cittadine nel punto sommitale. Dell’imponente opera di ingegneria militare, comandata da Dionigi il Vecchio nel 400 a.C., restano parti significative e la posizione panoramica che ci aiuta a valutare le prossime mosse.

La strada che riconduce al mare tocca per primi i quartieri di Siracusa alta, dove è d’obbligo visitare il celeberrimo parco archeologico (teatro greco, latomie, anfiteatro romano, il vicino Museo Orsi) e infine s’attesta ai moli di Ortigia, da dove – ancor prima di ammirare da terra il centro storico, a cominciare proprio dai resti della originaria fondazione greca – è istruttivo aggirarlo dall’acqua con una delle escursioni in barca che doppiano il castello Maniace (l’ennesimo del XIII secolo voluto da Federico II) e lambiscono le grotte della piattaforma calcarea su cui si sviluppa Siracusa. Per ristorarsi con un bagno, conviene invece riprendere il viaggio fino ai lidi di Ognina e Fontane Bianche, dopo una manciata di chilometri. Da qui in poi la litoranea infila una sequenza di marine che è meglio evitare. Bisogna oltrepassare anche quelle di Avola, Calabernardo e Noto per ritrovare un litorale libero da costruzioni e al tempo stesso accessibile. Merito indubbio dell’area protetta che include in successione gli scavi di Eloro, città fondata dai Siracusani sulla foce del fiume Tellaro, e la Riserva Naturale Orientata oasi faunistica di Vendicari, all’interno della quale è delimitata a uso dei visitatori un’apposita zona di balneazione. Doppiamente protetti in diversi punti della grande area, caratterizzata da una successione di laghetti costieri arginati da un litorale prevalentemente sabbioso, affiorano altri segnali di antiche presenze: come le vasche da itticoltura d’epoca romana accanto agli edifici della vecchia tonnara, o la necropoli bizantina scoperta al confine meridionale. Nelle vicinanze della riserva non vanno inoltre trascurati i magnifici pavimenti musivi della villa romana che prende il nome dallo stesso fiume Tellaro.

Le spiagge del Commissario

Le scogliere di Sampieri
Le scogliere di Sampieri

Dopo Vendicari e fino a Capo Passero il litorale è preda di massicce lottizzazioni private, perciò inavvicinabile se non nelle spiagge di Marzamemi, centro peschereccio di solide tradizioni ora dotato anche di buoni servizi turistici, e in quelle di Portopalo, l’ultimo centro abitato del promontorio. Da qui la strada ripiega all’interno, dirige su Pachino, attraversa estese coltivazioni in serra e dopo una ventina di chilometri torna sulla costa… tra estese piantagioni di seconde case. Se si esclude il gradevole ambiente di sabbia e scogli che s’incontra a Marza, non c’è motivo che giustifichi altre soste fino a Pozzallo, dove l’audace policromia delle costruzioni è divenuta un segno di nuova identità del centro storico. A ovest della città si sfiora l’area portuale e si procede spediti fino alle spiagge (talune di ciottoli) di Marina di Modica e di Sampieri, queste vegliate da La Mannara, una vecchia fornace abbandonata resa famosa dal popolare Commissario Montalbano. Ancora per cinquanta chilometri numerosi accessi al mare si alternano a nuove e vecchie urbanizzazioni, ad aree verdi protette (in primis la Riserva Speciale Foce dell’Irminio alle porte di Marina di Ragusa) e ad altri “luoghi del Commissario” riconoscibili soprattutto a Donnalucata e a Punta Secca, dove il nostro eroe abita. Qui, tra un abuso edilizio e l’altro, un recinto protegge i modesti ruderi di Caucana, antica cittadina portuale d’epoca bizantina (V e VI secolo d.C.). Proseguendo sulla litoranea e superata Punta Braccetto (vari campeggi e facile accesso al mare), c’è invece di che sorprendersi tra i resti di Camarina. Su un promontorio elevato da bianche scogliere, dominante la foce del fiume Ippari e un habitat di selvaggia bellezza, un’ampia stazione di scavi e un prezioso museo vanno svelando i segreti di questa opulenta ma sfortunata città greca del V secolo a.C. sempre contesa dai tiranni di Gela e di Siracusa che più volte la distrussero e ricostruirono.

La vista sulla città di Licata dal Castello Sant’Angelo
La vista sulla città di Licata dal Castello Sant’Angelo

Puntando a Girgenti

Nella vicina Scoglitti, ormai affermato centro balneare, si può cogliere l’ultima occasione di un bagno prima dei successivi venti chilometri. La litoranea infatti si allontana dalla costa bordeggiando i cosiddetti Macconi, fondi agricoli connessi a un vasto sistema dunale riconosciuto di interesse comunitario ma ormai snaturato da un tappeto di serre, interrotto appena dalla Riserva Naturale Orientata del Lago Biviere. Gestito dalla Lipu, questo autentico paradiso per l’avifauna confina con un altro mega impianto petrolchimico, quello di Gela. Conviene tuttavia resistere all’impulso di alzare i tacchi e dedicare qualche ora al Museo Archeologico e agli adiacenti resti dell’Acropoli arcaica che da soli conservano la memoria di quella che fu una delle più importanti colonie della Magna Grecia.

Una breve deviazione all’interno, sulla statale 117 per Caltagirone, merita anche l’elegante architettura del Castelluccio, una fortezza d’epoca normanna eretta in aperta campagna a sentinella dell’allora perdurante supremazia della città. Ripresa la litoranea che da Gela per un lungo tratto coincide con la statale 115, si torna a viaggiare con il mare in vista; la prima buona occasione per infilarsi di nuovo il costume si presenta a Punta Due Rocche: nella spiaggia dell’omonimo campeggio o nelle insenature che si rincorrono dal vicino Castello di Falconara. Subito dopo compaiono le lottizzazioni spontanee della costa che precedono l’arrivo a Licata, altra città di antica fondazione (III secolo a.C.) come attestano i reperti del locale museo e i resti affioranti sul Monte Sole, a ovest della montagnola su cui sorse. Mancano ora meno di cinquanta chilometri ad Agrigento e la statale che va per l’interno allontana il desiderio di una nuotata.

Valle dei Templi di Agrigento, Tempio dei Dioscuri
Valle dei Templi di Agrigento, Tempio dei Dioscuri

La città e la Valle dei Templi esigono almeno due giorni di visite e, sistemandosi in uno dei campeggi suburbani di San Leone, il mare torna a portata di infradito; sempre che il fascino dell’archeologia non prevalga su quello del bagnasciuga. Allineati su uno sperone di tufo parallelo alla linea di costa i templi dell’antica Akragas hanno in realtà fascino da vendere, sia alla luce del giorno che dei riflettori. Basta immaginarli con gli occhi dei naviganti apparire da lontano interamente colorati com’erano in origine per avvertire un brivido di commozione. E non è che l’inizio di un’esperienza extrasensoriale che continua tra i resti dell’agorà e del quartiere ellenistico, nelle sale dell’eccezionale museo, nei solchi degli scavi ancora in corso assediati da una vegetazione rigogliosa e dagli indomiti attacchi della speculazione edilizia. Infine non si può trascurare il centro storico della nuova Agrigento, servito anch’esso come l’area archeologica dai trasporti pubblici che fanno la spola con San Leone.

Tra Greci e Fenici

Valle dei Templi di Agrigento, Tempio della Concordia
Valle dei Templi di Agrigento, Tempio della Concordia

Se nella Valle dei Templi il viaggio tocca l’apice, ad appena trenta chilometri di statale verso ovest si preparano nuove emozioni, stavolta più legate alla natura che alla storia, con un prologo immediato appena superata Porto Empedocle e una scia di villette seguendo la litoranea per Realmonte. A Punta Piccola si presenta infatti una spettacolare formazione di marna calcarea bianca detta Scala dei Turchi (altro luogo di Montalbano) protesa in mare come una prua incagliata tra due arenili. In zona, e a pochi passi dai resti di una villa romana è attiva una capiente area attrezzata, con proprio servizio di navetta. Sempre nel territorio di Realmonte, alle spalle del lido di Capo Rossello, ha inizio un tratto di costa che, a parte l’intrusione di Siculiana Marina, conserva lo stato naturale per decine di chilometri, fino e oltre la foce del fiume Platani (protetta da una riserva).

Vi si alternano bianche scogliere di gesso venate di ossidi a lingue di sabbia, praterie di macchia e pinetine. Uno scenario quasi lunare per un soggiorno all’aria aperta indimenticabile quale si può vivere sostando nell’agricampeggio di Torre Salsa, nel comune di Montallegro. Il lungo arenile dell’azienda confina a est con un’oasi del WWF e a ovest s’interrompe alla base del promontorio di Capo Bianco, sul quale intorno al VI e V secolo a.C. sorse Eraclea Minoa, travagliata città di confine tra la sfera d’influenza dei Cartaginesi e quella dei Siracusani. Alta su candide falesie che sembrano lanciarla nel vuoto, se ne visita l’area di scavo con il teatro in evidenza e un documentato antiquarium. La Riserva del Platani, inquadrata dall’alto, suggerisce un’altra tappa in piena natura; non resta che tornare sulla statale e imboccare il prossimo bivio. È l’occasione per scoprire ai margini dell’area protetta anche una curiosità di storia recente: il Borgo Bonsignore, una contrada rurale d’epoca fascista isolata su un colle a 700 metri dal mare, convertita in stazione balneare del comune di Ribera. Non appena la natura cede il passo o le autodifese, miti e riti balneari tornano ad avere il sopravvento con tutti gli effetti collaterali: lottizzazioni stagionali, abusivismo, disordine urbanistico. Qui si può scegliere se tirare diritti o approfittare del nuovo lungomare di Seccagrande, anch’essa frazione di Ribera.

Le bianche scogliere di gesso di Capo Bianco, lungo la costa tra Agrigento e Sciacca
Le bianche scogliere di gesso di Capo Bianco, lungo la costa tra Agrigento e Sciacca

Intanto compare Sciacca all’orizzonte. Le più antiche terme di Sicilia, già frequentate dai Romani, il pittoresco porto peschereccio che riflette una cascata di abitazioni, i monumenti barocchi del centro storico, le corti interne di tradizione araba. Di certo alla città non mancano motivi d’attrazione; non mancano neppure le spiagge. Ciascuno decida come organizzarvi la propria sosta, giacché siamo prossimi all’ultima tappa del viaggio e sappiamo che lo chiuderà in bellezza. A neppure cinquanta chilometri, ignorando deviazioni intermedie verso il mare, ci aspettano infatti lo spettacolare parco archeologico di Selinunte, uno dei più estesi al mondo (270 ettari), e l’opportunità di un rilassante finale sul lido di Marinella, il borgo cresciuto all’ombra dei templi e ben attrezzato turisticamente. Parcheggi temporanei, due campeggi con camper service nel borgo, altri tre nelle vicinanze non pongono problemi per la sistemazione dei v.r. Per il resto, alternanza di riposo in spiaggia ed escursioni tra i resti del grande insediamento greco distrutto dai Cartaginesi dopo neppure tre secoli di esistenza e un successivo violento terremoto. Ma sapete chi aveva fondato Selinunte intorno al 650 a.C.? La comunità di Megara Iblea, proprio la città dove il nostro viaggio ha preso le mosse. Dunque non poteva esserci conclusione migliore. Grazie di averci fatto compagnia e… alla prossima. 

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