Sentieri scolpiti

Torniamo sulle Alpi Apuane per testare a piedi alcuni sentieri segnalati all'interno del Parco. L'invito è di replicare l'esperienza, ma anche di mostrare a chi gestisce le sorti dell'area protetta quanti vantaggi offra, in cambio di nulla, il nostro turismo autosufficiente: che non chiede strutture e non conosce stagioni morte.

Indice dell'itinerario

Il Parco delle Alpi Apuane, istituito nel 1985, è compreso tra le province di Lucca e Massa Carrara. Le caratteristiche geomorfologiche dei rilievi unite alla secolare antropizzazione dovuta all’attività estrattiva del marmo rendono questo comprensorio unico nel suo genere. All’interno stesso del Parco si riscontrano notevoli diversità, a partire dalle condizioni climatiche dei due versanti: quello marino, caratterizzato da un clima e da una vegetazione mediterranei, e quello interno, con clima continentale e flora e fauna di tipo alpino-appenninica. L’incontro tra le masse d’aria caldo-umide provenienti dal Tirreno e quelle freddo-secche dell’entroterra determinano poi un elevato regime di piovosità in quota. Unite a tutto ciò, le difficoltà di comunicazione dovute all’asperità del territorio hanno contribuito a scongiurare stravolgimenti di tipo consumistico, riservando la frequentazione dei sentieri e delle zone di maggior interesse a un pubblico di appassionati.
Per quanto riguarda lo sviluppo del turismo pleinair, l’ente parco ha istituito alcuni centri di informazione denominati “Porte del Parco”, dove i visitatori possono trovare materiale informativo e assistenza, anche con servizio guide. Sono attive inoltre cooperative turistiche e numerose strutture CAI lungo i sentieri che attraversano l’arco montano. Per un primo approccio suggeriamo alcune escursioni effettuabili sul versante marino del Parco, sicuramente più servito dalle comunicazioni: più precisamente la zona circostante Pian della Fioba (890 m), facilmente raggiungibile dalla città di Massa attraverso una tortuosa strada panoramica di una ventina di chilometri, che va in direzione Arni. La località è una delle più suggestive essendo circondata dai rilievi di maggior sviluppo e più spettacolari del massiccio.

Sentiero Eligra
E’ uno dei sentieri più facili, alla portata di tutti. Parte dal rifugio “Città di Massa” posto sulla sommità di Pian della Fioba (tel. 0585/319923). E’ anche un percorso didattico, proposto dalla cooperativa “Il Giardino” che gestisce il rifugio: lungo il tracciato si fa la conoscenza delle specie vegetali arbustive (ginepro comune, ginepro fenicio, carpino, pero corvino, pino nero e così via) nonché delle varietà di fiori spontanei. Tutto questo in un paesaggio di spettacolari guglie rocciose e ripide pareti incise da cave di marmo ed imbiancate dai ravaneti, le colate dei detriti della lavorazione. Si può prolungare il percorso proseguendo per la Foce di Monte Antona fino a giungere al Santuario della Madonna delle Grazie, meta di pellegrinaggio per gli abitanti del posto. Seguendo le indicazioni per il rifugio CAI (tel. 0585/319791) si tornerà al punto di partenza.
La difficoltà di percorrenza è nulla, i tempi sono di circa mezz’ora, prolungabili ad una includendo il santuario.

Al Passo degli Uncini
Si parte a circa 500 metri dal rifugio “Città di Massa”, in prossimità del Sacrario della Linea Gotica. Il sentiero è di difficile individuazione, a lato della strada e senza indicazioni, annunciato da un piccolo tratturo fra gli alberi, in forte salita. Il primo tratto è impegnativo dato il notevole dislivello, ma una volta fuori dal bosco si è ricompensati dal panorama sul versante marino e su Massa. Più in alto, in prossimità di Passo degli Uncini (1100 m), ci si trova a ridosso di un’imponente parete rocciosa, che però si può scalare facilmente, prendendo poi fiato e gustando in tutta tranquillità la veduta d’insieme.
Dislivello in salita, 300 metri circa; tempo di percorrenza 40 minuti; difficoltà media nel primo tratto. Unico passaggio disagevole, un saltino da superare aiutandosi con una corda presente sul posto.

Canal d’Angiola e Le Gobbie
Dal rifugio “Città di Massa”, si prende la strada Massa-Arni verso la località Tecchia, raggiungendo la cappella in onore dei caduti della Resistenza. Alle sue spalle alcuni gradini annunciano il sentiero CAI n. 41 che si inerpica per prati sino a giungere nei pressi della roccia detta “della strega”, da cui ci si dirige verso il ripido canale d’Angiola; risalendo il canale si tocca il Passo del Fratino (1327 m). Da questo punto il sentiero prende il numero 42 e, scendendo per un bosco di faggi, percorre una mulattiera fino alla località Gobbie da dove la provinciale ricorduce, attraverso la Galleria del Vestito, al rifugio.
Dislivello in salita, 440 m; tempo di percorrenza tre ore circa; difficoltà minima.

Orto Botanico “Pietro Pellegrini”
Sempre partendo dal rifugio “Citta di Massa”, interessante è la visita dell’orto botanico intitolato allo studioso Pietro Pellegrini. Collocato in uno spazio delimitato da un dente roccioso che sovrasta il Fosso di Campiglia e quello di Redicesi, si divide in due zone: la parte bassa adibita a coltura sperimentale di piante d’alto fusto; e la parte alta con la vegetazione spontanea apuana (in special modo quella presente nei crepacci, dove si rinvengono piante che generalmente crescono a quote più alte). Inoltre, all’interno della struttura vi sono un piccolo stagno ricco di specie acquatiche e un rifugio-laboratorio.
Le visite, guidate, sono ripartite tra maggio e settembre dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 19; per informazioni rivolgersi al Comune di Massa, tel. 0585/42025 – 490214.

La Via Randelli
Le escursioni sulla storica via partono dal caratteristico paese di Resceto (485 m) incassato tra i profondi canaloni a ridosso del monte Tambura. Il tracciato (segnavia CAI n. 35) si origina dalla piazzetta della chiesa, dove ci si può rifornire d’acqua: inizialmente è un ampio sterrato; poi, giunti ad un boschetto di castagni, la strada assume le caratteristiche di tratturo. Questo tratto era anche usato per la lizzatura, metodo di trasporto su slitte di legno dei blocchi di marmo. Proseguendo si giunge in zona denominata Le Teste da una leggenda che voleva appese alla parete rocciosa le teste dei briganti uccisi in queste zone. Più in alto, superato un boschetto di frassini, unica zona d’ombra del percorso, la strada si inerpica tra le rocce e la vegetazione spontanea, fino a giungere in prossimità di una miniera di ferro in disuso. Proseguendo si giunge alla “finestra Vandelli”, un intaglio nella roccia dal quale una deviazione porta al rifugio CAI ‘Nello Conti’ (tel. 0585/793059). Ancora 40 minuti e si giunge al Passo Tambura (1620 m) dove una fonte denominata Acquifreddi, situata presso i ruderi di un alpeggio, fornisce l’acqua per il ritorno.
Tempo di percorrenza 4 ore; dislivello 1135 metri (da 485 a 1620 m). Difficoltà: facile percorrenza d’estate, ma d’inverno il percorso è riservato a persone esperte ed allenate. Occorre un abbigliamento da montagna.

PleinAir 309 – aprile 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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