Scrigni di Natura

Si annidano nelle pieghe del paesaggio toscano piccoli paradisi di vita animale e vegetale. E se dalle antiche mura s'alzano torri e campanili, dai canneti svettano aironi rossi e tarabusi a caccia di rane. Se alle porte di pievi e musei s'allunga la fila dei turisti, all'ingresso delle oasi della LIPU un camper parcheggiato è il campobase di scoperte silenziose.

Indice dell'itinerario

L’Italia intera, ne siamo più che convinti, per chi viaggia in camper è il Paese di Bengodi. Natura e cultura a piene mani, paesaggi così coinvolgenti che dietro il piccolo parabrezza dell’auto proprio non ci stanno, trattorie da ricordare, angolini che sembrano nati per la tua sosta sono ancora una merce diffusa. Alcuni luoghi più di altri però meritano un’attenzione speciale, perché speciale è la vocazione al pleinair che manifestano se appena valorizzati. Tra essi c’è sicuramente Montepulciano. La cittadina, perla della Valdichiana a ridosso dei colli umbri e al centro di una mirabile rete di centri storici e beni culturali diffusi, la conoscono tutti. Giù nella valle però, dove fino a qualche secolo fa si estendevano paludi degne di descrizioni dantesche, appare una risorsa assai meno nota ed è da lì che partiamo per questa esplorazione in camper delle più belle oasi della LIPU, la Lega Italiana Protezione Uccelli.

L’oasi di Montepulciano
Di strade per scendere al lago ce ne sono diverse. La più bella è una sterrata dall’ottimo fondo che, segnalata subito dopo la frazione di S. Albino venendo da Chianciano Terme (e quindi dall’Autosole), scende a destra nel fondovalle. I pochi chilometri fra campi di grano, casali da sogno, distese di girasole e i vigneti da cui proviene il celebre vino sono un piccolo percorso anche simbolico nel paesaggio agrario italiano. Scavalcata l’autostrada si giunge proprio all’inizio del Canale Maestro della Chiana, dove sorge il centro visite dell’oasi della LIPU. Qui il responsabile dell’oasi vi racconterà la storia del piccolo specchio d’acqua – 400 ettari di superficie complessiva di cui 300 coperti da canneto, il più grande dell’Italia centrale – e del canale che mette in comunicazione col vicino e più grande lago di Chiusi, del processo di interramento in corso, della straordinaria avifauna che si è andata moltiplicando da quando nell’88 un decreto ha proibito la caccia sul lago. Dal centro visite, un sentiero scavalca il canale e raggiunge tre capanni che si affacciano sulla palude, offrendo ottime possibilità di avvistare gli uccelli specialmente nelle prime o le ultime ore del giorno. Le specie più ambite da birdwatcher e fotonaturalisti sono l’airone rosso e il tarabusino, ben più rari ed elusivi dell’airone cenerino, la moretta tabaccata (un’anatra nidificante qui e in pochi altri luoghi in Italia), lo svasso maggiore, il tarabuso e diversi piccoli passeriformi dai nomi curiosi tra cui il basettino e il forapaglie castagnolo, la timida testuggine palustre. Da non perdere è però la visita al lago vero e proprio, che si effettua in barchino prenotandosi in anticipo presso l’oasi (telefonare allo 0578/767518). Solo così infatti si possono apprezzare i panorami aperti del lago, l’incredibile estensione del canneto e la sua ricchezza di vita.
La sosta è comodissima nell’ampio piazzale all’ingresso dell’oasi (per chi ha necessità, acqua e pozzetto si trovano invece all’area attrezzata segnalata in paese in località Lo Sterro, lungo la circonvallazione), vicino ai recinti del Centro Anatidi dove sostano anatre in cura o impossibilitate al volo. Comodo avere al seguito le bici per passeggiate nella campagna, e comodissimo anche il raffinato ma non esoso ristorante dell’agriturismo I Chiari (tel. 0578/768226) con annessa piscina, a due passi dal centro visite, per gli immancabili pici all’aglione e lo spezzatino di cinghiale.

Miraggio tra i campi
Nella Maremma pisana, spostandoci verso il mare, andiamo a visitare il lago di Santa Luce che è uno di quei posti che l’appellativo “oasi” se lo meritano davvero. Mettetevi nei panni di un’alzavola, ma anche di un merlo. I 105 ettari cintati dai cartelli LIPU comprendono giusto appena lo specchio d’acqua e una striscia di sponda. Oltre tutto a circondare l’isola d’acqua c’è un mare di monocolture a grano e segale, davvero poco ospitale e senza un albero, o quasi, dove posarsi. Sicché i salici e le tamerici sulle rive sono tutto un cinguettare, e non è solo un’impressione ma un’effettiva elevata densità di specie e individui qui riscontrata dagli ornitologi. Gli svassi maggiori, per esempio: sono splendidi uccelli un po’ più grandi di un’anatra, si nutrono di pesce che catturano tuffandosi sotto il pelo dell’acqua e nel periodo della riproduzione si esibiscono in elaborate e divertenti parate nuziali. Frequentano Santa Luce ben una cinquantina di coppie, e una quarantina vi nidificano. Per avvistare gli svassi ma anche i falchi di palude, gli aironi, le anatre, lungo la sponda meridionale c’è un sentiero lungo 1,4 km che si percorre comodamente in una mezz’ora. Quando leggerete queste righe, dovrebbe essere stata realizzata una schermatura di cannuccia con alcune feritoie per le osservazioni. In più, in autunno saranno pronti i capanni, accessibili anche dai portatori di handicap, e panoramiche torrette. La responsabile, Paola Consani, racconta dei (molti) problemi coi cacciatori della zona ma anche della crescente soddisfazione dei visitatori.
Anche se la convenzione tra LIPU e Solvay (l’azienda proprietaria dell’invaso, realizzato negli anni ’60 come bacino di raccolta per fronteggiare eventuali incendi agli stabilimenti sulla costa) risale al ’92, solo nel 1996 Santa Luce ha infatti realmente aperto i battenti al pubblico. Le visite si effettuano il sabato e la domenica, d’estate in orario 9-12,30 e 15,30-19,30, mentre d’inverno è continuato tra le 9,30 e le 17,30. L’ingresso costa L. 5000 (L. 3000 per bambini sotto i 14 anni), e i soci LIPU pagano la metà: per informazioni, i numeri dell’oasi sono 0568/58637 e 0586/400226. L’accesso è dalla S.S. 206 Cecina-Pisa: da Cecina, superata l’Aurelia, Santa Luce è segnalata a destra dopo circa dieci chilometri. L’ingresso dell’oasi, poco visibile, è sulla destra, superati un vecchio passaggio a livello e alcuni capannoni: prima di girare, conviene parcheggiare il camper e percorrere a piedi il breve tratto lungo la stradina che porta al cancello.

Un ospedale che funziona
In tempi di malasanità, parlar bene di un ospedale fa sicuramente notizia. Tanto più se i pazienti hanno penne e piume e, una volta operati, trascorrono la convalescenza in gabbie e voliere. L’anomala struttura è sorta a Livorno nel 1987 ed è il Centro Recupero Uccelli Marini e Acquatici (CRUMA, lo chiamano qui per far prima) della LIPU. Per anni ospitato nell’ex zoo comunale, adesso il centro è sdoppiato e pur mantenendo alcune strutture all’ex zoo si è trasferito con la sua sede appena fuori città. Visitarlo è farsi dal vivo un’idea della concreta attività di protezione degli uccelli svolta dagli ambientalisti della LIPU, l’unica grande associazione ad aver puntato molto proprio su tali attività, oltre che sulle oasi e le altre più generali attività di conservazione. Attualmente i principali centri di recupero sono cinque: oltre a quello di Livorno, ne esistono a Sala Baganza nel magnifico contesto ambientale del parco dei Boschi di Carrega in provincia di Parma (è il noto Centro Recupero Rapaci, tel. 0521/834330), a Roma (è stato inaugurato nel ’96 e già riscuote grande successo, tel. 06/3201912), a Ficuzza nel palermitano e alla tenuta Fagiana nel parco del Ticino lombardo. E presto ne aprirà un altro a Vicchio del Mugello, già visitabile su richiesta da rivolgere alla delegazione LIPU Toscana (tel. 055/474013).
Il responsabile Daniele Marzi ci mostra alcuni dei degenti più illustri prima della periodica visita di controllo. Sono splendidi aironi cenerini, cicogne, garzette, anatre di varie specie. Assistiamo a un piccolo intervento su un giovane gabbiano reale (degli oltre 1550 uccelli che arrivano ogni anno al CRUMA, la metà appartiene proprio a questa specie), vittima di un incidente e portato al centro, come tutti gli altri, dalle mani caritatevoli di un amico degli animali. Investiti da un’auto, impallinati da un bracconiere, avvelenati da una discarica o semplicemente caduti dal nido: arrivano tutti qui, e ci sono casi peggiori. Ancora ricordano come fosse ieri, al CRUMA, i cormorani e i pulcinella di mare imbrattati dal petrolio della Haven e della Moby Prince che furono pazientemente curati in queste voliere nel ’91; oppure gli aironi e le anatre che pasturavano tranquillamente nelle risaie di Trecate, nel Novarese, quando esplose un pozzo Agip e un fiume di petrolio si riversò nelle campagne. Il centro è liberamente visitabile su richiesta (tel. 0568/400226). Per arrivarci, dall’autostrada uscire per Livorno centro, seguire la superstrada fino all’uscita per il centro-città e alla successiva rotatoria prendere la S.S. 206 per Colle Salvetti: dopo un paio di chilometri, superato il cartello giallo che segnala la località Cisternino, siete arrivati.

In barchino nella palude
Tra Pisa e il mare si estende un territorio ancora ricco, naturalisticamente parlando. A due passi dalla Torre di Pisa si trovano diversi ambienti come boschi di querce e conifere, macchia mediterranea, dune, zone umide, tutti compresi entro i confini del Parco Naturale Regionale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli. Solo di recente si è resa possibile la visita al cuore del parco costituito dalla tenuta presidenziale di San Rossore (esclusivamente nei giorni di martedì, giovedì, sabato e domenica, previa prenotazione al tel. 050/525211 del parco). Al limite settentrionale dell’area protetta è posta la zona umida più grande e cioè il lago di Massaciuccoli, esteso per ben 1720 ettari totali, sul cui margine nord-orientale si trova una delle più belle oasi della LIPU. Gli uffici dell’oasi sono posti in un bel casale proprio sul piccolo molo di Massaciuccoli (la sosta in camper è tranquilla, pianeggiante, panoramica, con possibilità di utilizzare i servizi al pianoterra del casale: praticamente perfetta) e lì si fanno i piani per un soggiorno quanto mai vario. E’ possibile infatti: 1 – passeggiare lungo il bel camminamento di mezzo chilometro che dal molo solca la palude fino a due capanni di osservazione dell’avifauna; 2 – noleggiare una barca a remi per una silenziosa visita alle sponde e ai canali dove i locali hanno costruito una miriade di capanne di pesca; 3 – noleggiare una canoa per scivolare più velocemente e magari dedicarsi al birdwatching a pelo d’acqua; 4 – effettuare una visita guidata da personale della LIPU (prenotarsi in anticipo allo 0584/975567) su un silenzioso barchino con motore elettrico; 5- scegliere un’escursione più panoramica e confortevole col battello della Eco-Idea (tel. 0360/342005 oppure 3382968 oppure lo 0584/341877 del ristorante Antonio), che dura mezz’ora oppure un’ora con partenza dal pontile di Torre del Lago.
Quanto al birdwatching o alla caccia fotografica, a Massaciuccoli ci sono importanti colonie di airone rosso e di tarabuso, il più raro airone italiano. Ma non solo. C’è anche da dire purtroppo che l’inquinamento delle acque da pesticidi e fertilizzanti ha raggiunto livelli gravissimi, sì da causare la scomparsa pressoché totale di alghe e altre piante acquatiche. E ciò spiega l’assenza delle anatre (erbivore, appunto), quelle anatre che in volo oscuravano i cieli del lago al tempo di Giacomo Puccini che tanti momenti della sua vita e della sua attività artistica ha legato a questi luoghi. Per non dire del bracconaggio e degli incendi dolosi. Massaciuccoli resta comunque un posto splendido, oltretutto ideale per il pleinair, e la visita all’oasi è anche un modo per testimoniare il sostegno di turisti responsabili a chi opera per la tutela di un bene collettivo.

PleinAir 311 – giugno 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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