Scorciatoia per l'Adriatico

Dalle sorgenti alla foce, la valle del Potenza non arriva nemmeno a 90 chilometri: un rapido percorso alternativo per raggiungere la costa del Maceratese dall'Italia centrale ma soprattutto un distillato di natura e antichi borghi delle Marche, anche da combinare alle vacanze balneari.

Indice dell'itinerario

Gli antichi Romani, per collegare la capitale al resto d’Italia, tracciarono le consolari: ben due per raggiungere il versante adriatico all’altezza delle Marche, la Salaria e la Flaminia, che normalmente ancora oggi usiamo per attraversare l’Appennino. Dalla seconda si può deviare per quelli che vengono suggeriti come percorsi alternativi in situazioni di traffico pesante: la statale 77 del Chienti, storica via dei pellegrini tra Loreto e l’Urbe che sale da Foligno a Colfiorito, e la 361, che pochi conoscono e che da Nocera Umbra al valico del Cornello va a raggiungere l’alta valle del Potenza, percorso praticato dagli stessi Romani, se è vero che una targa a Pioraco addirittura la segnala come primitivo tracciato della Flaminia.
In realtà da qui passava la Settempedana (come si chiama tuttora da Septempeda, antico toponimo di San Severino), direttrice commerciale e militare nominata da Cicerone e da Tacito. Resti di rocche e torri di vedetta ne testimoniano l’importanza strategica attraverso i secoli, a difesa di quello che poi divenne territorio di confine fra papato e impero. La strada fu altresì usata dai pellegrini quale scorciatoia fra Loreto e Assisi (la percorse più volte lo stesso San Francesco); per coloro i quali non potevano andare a Roma in occasione di un Giubileo erano addirittura previste speciali dispense raggiungendo il convento di Forano, tappa d’obbligo fra Treia e Montecassiano. La Settempedana abbandona infatti la valle del Potenza all’altezza del crocevia presidiato dall’insediamento romano di Helvia Recina, dirigendosi con qualche tortuosità verso l’Anconetano attraverso Montefano e Osimo. La costa si raggiunge invece proseguendo diritti per Porto Recanati, sulla fondovalle 571: circa 85 chilometri dal Passo del Cornello (una decina in più da Nocera Umbra) da percorrere senza affanni con i ritmi della vacanza, seguendo il fiume dalle sorgenti alla foce e scoprendo un insolito itinerario turistico ricco di sorprese.

Intorno alle sorgenti
Quella del Potenza è una bella valle verdeggiante che si apre sotto i nostri occhi allorché, saliti per tornanti da Nocera Umbra, si scollina agli 813 metri del Passo del Cornello. La parte alta è poco abitata e il primo paese che si incontra, Fiuminata, è solo sfiorato dalla nuova sede della statale (in alto, fra la vegetazione, si intravvedono i ruderi di due rocche poste un tempo a guardia della valle).
Il fiume – le cui sorgenti si vanno a cercare svoltando a destra al bivio per Fonte di Brescia – scorre praticamente invisibile a lato della strada ma esce prorompente allo scoperto nei pressi di Pioraco dove la valle si restringe in una gola. Qui, alla confluenza con il torrente Scarsito, già in epoca romana sorse un paese (come testimonia il ponte Marmone) e in seguito si sono insediate le prime industrie come le storiche Cartiere Miliani, con i vecchi e i nuovi stabilimenti che affiancano i salti del corso d’acqua. L’intelligente amministrazione locale ha saputo trasformare la gola in un’attrazione turistica sistemando passerelle di legno e scavando gradini nella roccia: ecco tracciato un percorso pedonale che si può imboccare lasciando il v.r. nell’area attrezzata presso gli impianti sportivi o nel grande prato alle spalle del giardino pubblico all’inizio del paese, e cercando la caserma dei Carabinieri; proprio accanto a questa, lo scroscio dell’acqua vi guiderà verso il sentiero Vurgacci, segnalato da un’apposita tabella subito oltre un cancelletto.Altra soluzione è scendere con il camper oltre il paese e, superate due o tre brevi gallerie (a fianco delle quali è riconoscibile ciò che resta del primitivo tracciato della strada da cui ci si affaccia sulla gola, anche se la vegetazione nei mesi estivi renderà quasi impossibile la vista), si incontra sulla sinistra la deviazione per le cartiere. La si percorre finché l’asfalto termina in un piazzaletto; qui c’è l’imbocco inferiore della passeggiata, dove parte un sentiero sterrato che risale costeggiando gli stabilimenti. Occorre circa un’ora tra andata e ritorno, ma lo spettacolo ripaga della fatica: se non fosse per il tipo di vegetazione, sembrerebbe di essere in una foresta pluviale tra cascatelle e cascate di cui una davvero imponente (non a caso l’accesso all’itinerario a piedi è vietato da ottobre ad aprile, causa il pericolo di piene improvvise). A lato del sentiero, verso la metà del percorso, un rozzo cartello in legno indica la Fossa dei Mostri, un piccolo anfiteatro naturale attorno al quale un artista del luogo si è divertito a scolpire curiose maschere sulla pietra.
Pioraco, oltre al citato ponte romano, presenta altri monumenti come la quattrocentesca Madonna della Grotta, una chiesetta addossata a un roccione all’ingresso del paese, e la trecentesca chiesa del Crocifisso che, restaurata benché mancante di parte della copertura, fa mostra di sé allo sbocco delle gole. Al centro, il convento dei Francescani è oggi sede di due piccoli musei dedicati ai fossili e alla storia di un’antica gualchiera.

La media valle
Ripreso il veicolo, si prosegue sulla statale fino a incontrare dopo circa 7 chilometri il bivio sulla destra per Camerino, che si raggiunge in altri 15 chilometri. Già capitale dei duchi da Varano e oggi sede di un’antica e prestigiosa università, questo borgo medioevale (peraltro molto rimaneggiato) sorge sullo spartiacque fra le valli del Potenza e del Chienti. Diversi monumenti meritano la deviazione: primo fra tutti la chiesa di San Venanzio, dal notevole portale trecentesco in un gotico fiorito insolito a queste latitudini, dinanzi alla quale si può cercare un parcheggio (a meno di seguire la segnaletica per quello collegato al centro storico da una scala mobile). Siamo a due passi dal restaurato convento di San Domenico, che in passato fu stazione di arrivo del tram collegato con la ferrovia di fondovalle ed è oggi sede di un museo e di una pinacoteca nonché di eventuali mostre d’arte. Più in alto ci sono la grande piazza con il duomo, il Palazzo Vescovile e il Ducale, sede dell’ateneo, con una bella corte: dal terrazzo ci si affaccia su un vasto panorama verso la valle del Chienti. Ancora più avanti, attraversato il centro in saliscendi, la cinquecentesca rocca con accanto Porta Malatesta. Tornando sui nostri passi e volendo perdersi nei vicoli sulla sinistra, si va a scoprire l’altro bel portale della chiesa di San Francesco, il cui convento è oggi adibito a carcere; da un giardinetto adiacente si può ammirare un altro grande panorama, stavolta sulla valle del Potenza.
Andiamo a riprendere la 361 che subito entra a Castelraimondo, dove spicca il Palazzo Comunale con torre quadrata: immancabile e rinomato appuntamento è la tradizionale Infiorata che si tiene la prima domenica di giugno, rivestendo le strade del centro di lunghi tappeti di petali multicolori.
Ancora qualche chilometro e già appare sulla destra San Severino, bella cittadina con possibilità di sosta anche notturna nell’idilliaco sito tra i pini accanto al convento di Santa Maria del Glorioso (sulla deviazione per Cingoli che si prende al semaforo subito fuori paese).
La strada prosegue con andamento piuttosto lineare vicino al fiume che invece forma larghi meandri. Sulla sinistra, guardando verso i colli, è una torre solitaria ad attirare la nostra attenzione: si tratta del castello di Pitino, ma imboccata la stradina ci si accorge che è davvero troppo stretta per un camper di medie dimensioni, ed è quindi opportuno cercare un parcheggio presso le prime case cimentandosi in un’altra piacevole escursione tra campi coltivati e sotto una galleria di enormi querce.

Verso il mare
Giunti a Passo di Treia si sale a Treia, insediamento di antichissima origine: fu municipio romano nel quale, per salvarsi dalle invasioni barbariche, si trasferirono gli abitanti di Helvia Recina le cui rovine incontreremo più avanti. Allungata su un crinale, conserva un giro di mura praticamente intatto su cui svetta la torre esagonale dell’Onglavina; tra gli ingressi fortificati, notevole la Porta Vallesacco sul lato dello Sferisterio, il campo per il gioco del pallone con il bracciale. Il centro è nobilitato dalle facciate di alcuni palazzi tra cui spicca quello dell’Accademia Georgica, su progetto del Valadier, e dallo slanciato campanile del duomo. Il municipio racchiude un interessante museo archeologico con reperti dell’antico Egitto.
Sull’altro versante della valle c’è Pollenza, alta sul colle da cui si gode un panorama a tutto tondo che spazia dagli Appennini al mare, con vista supplementare delle prime isole della Dalmazia in giornate eccezionalmente limpide. Vanto artigianale di questa bella cittadina è la nutrita schiera di restauratori di mobili, con l’annuale rassegna che si tiene a luglio nelle vie del centro storico. Tra i vari monumenti non si può mancare, ben segnalata a fondovalle, l’abbazia di Rambona: un lungo restauro ha permesso di scoprire a fianco della cripta (un vero gioiello di affreschi e capitelli scolpiti) tracce consistenti di una basilica preesistente.
Tornati in basso si arriva in breve, in vista di Macerata, all’importante nodo stradale di Villa Potenza dove i Romani fondarono Helvia Recina: ma per visitarne gli imponenti e scenografici resti, ancora in corso di scavo, è necessario rivolgersi alla Pro Loco della cittadina.
Prima di terminare il nostro viaggio nella valle del Potenza, con l’ultimo tratto che arriva al mare sulla statale 571, si prosegue brevemente sulla 361 verso le colline fino a Montecassiano, un altro borgo fortificato dalla spettacolare porta d’ingresso. Anche qui il centro storico è ben conservato, ma ci preme una segnalazione: cercate il custode della cattedrale (se non sarà lui a trovarvi quali insoliti turisti, come è successo a noi) poiché la chiesa si apre solo a richiesta, avendo subito un vandalico furto con il danneggiamento di una pala d’altare cinquecentesca di Mattia della Robbia in terracotta vetrata e l’asportazione di alcuni angeli dalla copertura in legno del fonte battesimale, mentre delle statue dei dodici Apostoli che erano in sagrestia non è rimasta neppure l’impronta sul basamento.
Non c’è bisogno di tornare indietro per ritrovare il corso del Potenza: basta cercare sotto Montecassiano la bretella con l’indicazione Sambucheto per ritrovarsi quasi subito all’incrocio con la statale 77 del Chienti. In alto sulla sinistra, allungata su un crinale come Treia, ci appare Recanati. Celeberrima per le memorie leopardiane (e relativi luoghi di visita debitamente segnalati, da evitare nel periodo delle gite scolastiche) offre altri monumenti d’interesse come i portali trecenteschi delle chiese di San Domenico e di Sant’Agostino, entrambi opera di Giuliano da Maiano, e la facciata di San Vito, su disegno del Vanvitelli; preziosi dipinti sono conservati nella pinacoteca comunale e nel museo diocesano, annesso alla cattedrale. Il corso principale deve la sua insolita larghezza al fatto che qui un tempo c’erano dei portici, in seguito abbattuti, sotto cui si svolgeva un importante mercato poi soppiantato dal fiorire dei commerci nella vicina Ancona.
La strada di fondovalle condurrà infine alle spiagge di Porto Recanati, ormai in vista del Conero la cui riviera si raggiunge in pochi chilometri. Siamo arrivati alla costa e dunque alle foci del Potenza, ben visibili dal ponte che scavalca il fiume alle porte dell’abitato: dal lungomare pedonale si prosegue su un sentiero in parte lastricato, per poi finire tra piccole dune e lingue di sabbia dove i pescatori lanciano nell’aria le loro reti di forma circolare che si aprono come fiori. E per un attimo, dimenticata l’animazione balneare della riviera, sembra quasi di essere tornati indietro di mezzo secolo.

PleinAir 406 – maggio 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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