Santi, chirurghi e norcini

Tra nobili borghi e silenziosi villaggi che celano piccoli e grandi tesori d'arte e di cultura (anche gastronomica), un facile itinerario da mezza stagione per riscoprire l'Umbria tra storia, fede e paesaggi.

Indice dell'itinerario

Alle soglie della patria di San Benedetto si giunge comodamente, da qualunque direzione si provenga, attraverso la scorrevole Via Salaria: la lasceremo al bivio di Cittareale per risalire di una ventina di chilometri la boscosa strada di montagna che sfocia nella piana di Santa Scolastica, ormai in prossimità della nostra meta.
Siamo nell’area più orientale dell’Umbria, ai piedi dei Sibillini e dei Piani di Castelluccio che, specie in primavera, tolgono attenzione alla stessa Norcia e al territorio circostante. Da qualunque lato si arrivi, il centro storico appare chiuso entro le mura trecentesche e accessibile solo mediante le porte che si aprono nella cinta: la più conveniente alla visita sarà Porta Ascolana, favorita dall’ampio parcheggio libero che si trova di fronte, appena più in alto, e preferito dai v.r. per la sosta notturna.
L’altezza limitata degli edifici e la scarsità di vicoli conferiscono a Norcia un aspetto regolare, dove manca l’atmosfera medioevale di molti centri umbri a causa dei terremoti che hanno più volte squassato il territorio determinando, poco dopo l’Unità, norme restrittive sull’altezza massima delle costruzioni. Ma ciò che ha cambiato in modo sostanziale l’aspetto del nucleo urbano sono stati, già in precedenza, i disastrosi sismi del 1703 e del 1730 che impegnarono il resto del secolo nell’opera di ricostruzione secondo gli stili dell’epoca; ciò spiega il sapore sette-ottocentesco del centro storico, appena moderato da vecchi portali e altre parti in pietra dura più facilmente recuperate dalle rovine. Basta oltrepassare la porta urbica per trovarsi nella zona più vivace e animata, un tempo punto di sosta dei mezzi pubblici d’inizio Novecento, come mostra presso il trivio la pensilina in ferro a svolazzi che protegge l’ingresso al bar principale dove un tempo si rifocillavano i viaggiatori.
Scantonando oltre l’abside e la torre campanaria della chiesa di San Benedetto, sotto il portico delle Misure è murata una serie di contenitori in pietra: servivano a garantire le giuste quantità nel commercio dei cereali che si teneva in loco. Da qui si sbuca nella spaziosa Piazza San Benedetto, cerniera urbana dal lucido pavimento di pietra alla quale fanno da corona gli edifici più significativi. Al centro sorge il monumento al santo, eretto nella seconda metà dell’Ottocento: la trecentesca basilica venne più volte rimaneggiata ma rimane in originale l’apprezzabile portale gotico. Il palazzo comunale, che vanta altri portici, è il gradevole risultato di vari interventi seguiti alle scosse sismiche, dove una terrazza nella parte frontale ha sostituito il volume edilizio preesistente a uno dei terremoti del Settecento. La torre che lo affianca (ben cento i rintocchi che avvertivano dell’imminente sprangatura serale delle porte cittadine) perse per cause analoghe la parte superiore, che fu rifatta; come era accaduto al campanile di San Benedetto che vide precipitare al suolo i propri bronzi e dovette essere ridimensionato.
Quando il Vignola, alla metà del Cinquecento, ricevette l’incarico di realizzare la fortezza usualmente chiamata La Castellina dovette demolire la vecchia chiesa di Santa Maria Argentea, già una volta abbattuta dal terremoto del 1328; è per questo che la parrocchiale si trova in posizione arretrata e laterale rispetto alla prima. In paese la nobiltà non giunse mai alla creazione di una signoria: resistettero invece forme di autogoverno sostenute dai diversi ceti e più tardi la città non mancò di espandersi verso i territori adiacenti, giungendo a possedere tutta l’area fino ad Arquata del Tronto e misurandosi con la stessa Spoleto. Nel XIV secolo forte era stata la riottosità nei confronti del potere pontificio, suscitata da un attaccamento alla libertà dei Norcini che portò il cardinale Pietro Barbo e poi Papa Paolo II a definirli i più cativi homini del mondo . Nella seconda metà del Quattrocento essi dovettero accettare l’insediamento di un governatore apostolico, il cui ruolo però non risultò adeguatamente protetto se non dopo la costruzione di un’importante residenza fortificata. La Castellina è una bella costruzione con baluardi angolari da qualche anno adibita a museo, che presenta un centinaio delle trecento opere che componevano la cospicua collezione archeologica etrusca e greca raccolta dal medico Alfredo Massenzi e donata dal figlio Evelino (oggi centenario) al Comune di Norcia. Al piano nobile, dov’era l’appartamento del governatore, sono invece esposte le opere del museo diocesano, provenienti soprattutto da antiche chiese del contado e tra le quali si fanno particolarmente ammirare una lignea Deposizione del Duecento e un’Annunciazione attribuita a Luca della Robbia.
Da Porta Ascolana a Piazza San Benedetto non mancheremo una tappa in una delle numerose norcinerie versate nella lavorazione delle carni di maiale, che qui è arte di remota tradizione al punto che il suo nome deriva proprio da quello della città. Altre botteghe si incontrano continuando lungo Via Sertorio, il principale asse cittadino che riporta all’esterno attraverso Porta Romana. Tornando invece verso Porta Ascolana si può visitare il Museo della Cultura Contadina allestito nel cortile del palazzo dei Cavalieri di Malta (se chiuso basta rivolgersi al comando dei Vigili Urbani, situato sotto il porticato del Comune). Un piccolo museo di antichità romane rinvenute nel territorio di Norcia si trova invece sulla sinistra, prima di uscire da Porta Ascolana: da qui si può anche accedere al criptoportico dell’antica Nursia, posto qualche metro più in basso rispetto all’odierno piano stradale. A 3 chilometri dal borgo, sulla strada già percorsa provenendo dalla Salaria, presso il cimitero si erge una chiesa di origine medioevale dedicata a Santa Scolastica, sorella di San Benedetto (tuttora invocata in caso di siccità e dalle donne che non riescono ad allattare). L’edificio subì nel tempo varie trasformazioni, compresa l’inversione dell’orientamento, ma tali cambiamenti non hanno impedito nel 1978 la scoperta al suo interno di una serie di affreschi del Tre e Quattrocento che, con oltre 100 metri quadrati di estensione, rimangono uno dei maggiori cicli delle storie di San Benedetto. Inoltre, la ridipintura su affreschi preesistenti ha portato a un’imprevista quanto curiosa conseguenza: proprio accanto alla saggia e pensosa figura di Benedetto compare – quasi fosse voluto – il gentile volto di Scolastica, appartenente allo strato più antico.
Nel rientrare verso Norcia, alcune centinaia di metri prima dell’abitato si noterà sulla sinistra un piccolo edificio sprangato al cui centro figura, in caratteri a rilievo, il nome del paese: era la stazioncina terminale della ferrovia elettrica Spoleto-Norcia che, aperta nel 1926, subì nel ’68 l’ingrata sorte di altre ferrovie secondarie italiane e fu affrettatamente smantellata. Oggi è usata come rivendita di vini, ma già nel 1902 era servita dal primo collegamento automobilistico regolare creato in Italia, che utilizzava una sorta di piccoli autobus a vapore.

Valli nascoste
Tra i rilievi che circondano la città e la piana, quello più legato all’immagine di Norcia è il triangolare Monte Patino (1.800 m), dove ci dirigiamo costeggiando da est le mura per prendere la strada che porta a Preci. Qui giungeremo però lasciando dopo qualche chilometro il tracciato principale per deviare a sinistra verso la Valle Oblita: il nome, di matrice latina, risalirebbe al 1200 e in particolare alla leggenda della regina Nolfa che, delusa dal matrimonio, si ritirò in questi luoghi per essere appunto obliata dal mondo. La strada è ben percorribile anche in camper, con solo un chilometro di sterrato, e sale fino a quota 1.000 incontrando diversi villaggi tra cui Il piccolo paese di Abeto (all’ingresso del quale converrà lasciare il mezzo date le difficoltà di conversione e sosta): l’abitato si presenta a ventaglio, con le facciate tutte a vista come carte nella mano di un giocatore, e camminando fino all’estremità opposta non una persona e una voce rompono l’intatto silenzio. Situazione simile nei villaggi che incontreremo più avanti: Montebufo, Collazzoni, Roccanolfi con l’unica torre castellana rimasta. Intanto, nelle luci d’autunno continuano a rosseggiare rasoterra le foglioline dello scotano, un arbusto tornato a vegetazione spontanea nei siti pietrosi che predilige; molto tempo fa veniva coltivato nelle cosiddette scotanare ed era destinato alla tintura dei tessuti.
Stiamo per uscire dalla Valle Oblita per entrare nella Castoriana, dove Preci invita ancora una volta a riflettere sul suo nome che, in questo caso, ricorda la presenza dei Benedettini (in particolare con l’antichissima abbazia di Sant’Eutizio, che incontreremo poco più avanti). Anche questo centro storico mantiene la classica disposizione a ventaglio, mentre il nucleo moderno si è sviluppato a valle. Curiosamente, il paese acquistò in passato una notorietà che valicava persino i confini della penisola per le capacità chirurgiche degli abitanti, abili in una specifica gamma di interventi come l’estrazione dei calcoli della vescica e le operazioni alla cataratta; furono specialmente girovaghi quelli che fino al Settecento si tramandarono di padre in figlio i segreti di una chirurgia empirica che comprendeva anche la modellazione in proprio dei ferri. Alla loro opera ricorsero con successo regnanti e dignitari d’ogni dove tra cui Elisabetta I d’Inghilterra (operata agli occhi), Eleonora Gonzaga, sovrani germanici e sultani ottomani. Preci non rimase estranea all’espansionismo di Norcia, che nel 1528 rispose duramente a una sua ribellione: distruttala, esiliò gli elementi ostili ai piedi del Monte Vettore dove Castel Precino si chiama oggi Castelluccio. Più tardi, la ricostruzione di Preci ricevette un’impronta signorile tuttora percepibile dalle dimore realizzate proprio con i guadagni dei chirurghi giramondo. Ma quale l’origine della singolare specializzazione? Cominciamo allora a risalire di un paio di chilometri la Valle Castoriana fino a prendere, alla frazione di Piedivalle, la breve deviazione segnalata per la famosa abbazia di Sant’Eutizio (con possibilità di parcheggio per i camper). In una zona frequentata da anacoreti di provenienza orientale si sovrappose alla presenza del monaco Eutizio – il cui eremo nella grotta appare tra le rocce sopra l’abbazia – il cenobitismo della Regola benedettina, che puntava sulla vita comunitaria; così, nel tempo, l’abbazia divenne un importante sito produttivo e stimolo a commerci d’ampio raggio. La sua decadenza, determinata dal primeggiare di Norcia, non interruppe tuttavia le attività di carattere culturale (qui fu redatto uno dei più antichi testi in volgare) con scuola dell’arte, biblioteca, farmacia. Ed è facile capire che proprio dai monaci furono impartite anche nozioni di carattere medico-chirurgico, un’esigenza importante specie dopo il divieto ecclesiastico che proibiva loro l’esercizio dell’arte medica. Quanto all’abbazia, i molti interventi (talvolta inopportuni) compiuti su di essa in periodi anche relativamente recenti, hanno contaminato la purezza dello stile romanico lasciando non molto di più della facciata con il bel rosone e i simboli dei quattro Evangelisti.
Il fiume Campiano, fiancheggiato da pioppi e prati ripariali, ci accompagna nella risalita della valle verso Norcia finché, al piano di Campi, ci appare la singolare chiesa romanica di San Salvatore con frontale a due porte e due rosoni, ricca di affreschi ma con qualche puntellatura all’interno (per la chiave rivolgersi in paese). La singolarità si evidenzia nell’ingresso a doppia navata, come se si trattasse di due chiese affiancate: le possibili spiegazioni suggeriscono la successiva costruzione di un secondo corpo per far fronte a un aumento degli abitanti oppure per tener separati uomini e donne. In ogni caso si tratta di un impianto frequente nella zona, come ci mostrerà nel centro abitato la chiesa di Sant’Andrea (qui la chiave va richiesta in una casa vicina) che si fa apprezzare per l’armonia architettonica e per la loggia che regala una serena veduta della valle. Ad Ancarano, costituito da diverse frazioni, si fanno ammirare sopra Capo del Colle i notevoli ruderi di Montefranco, castello costruito nel 1370 da Norcia per il controllo degli ingressi in paese, ma dove gli abitanti non erano propensi a trasferirsi per la difficoltà di accesso, tanto che alla fine fu abbandonato. Lungo la strada una deviazione sulla sinistra sfiora un boschetto di querce per condurre alla chiesa della Madonna Bianca, che prese nome dalla statua in marmo di un autore toscano conservata all’interno (chiave nella casa attigua). L’interessante costruzione è composta da parti di varie epoche e forme movimentate da un cospicuo frontale con pronao e portale gotico e da un portico laterale. Raggiunta a circa 1.000 metri di quota la Forca di Ancarano, nello scendere verso Norcia si apprezzerà una bella veduta del centro storico circondato dalle mura.

I luoghi di Santa Rita
Per raggiungere Cascia da Norcia si discende inizialmente un tratto della Valle del Corno per poi prendere sulla sinistra all’altezza dell’abitato di Serravalle. Nei pressi dell’incrocio si nota in alto sulla destra l’antica chiesa di San Claudio, che venne largamente depredata ed è oggi in stato di abbandono. All’incrocio forma invece un quadro verdeggiante con il fiume la chiesa di San Pietro, le cui strutture attuali risalgono al XV-XVI secolo.
Sul Corno, che ha tratti stretti e veloci, si può praticare il rafting rivolgendosi a un’organizzazione che ha base appena prima dell’incrocio per Cascia. La Stretta di Biselli, un paio di chilometri a valle del bivio, è un punto del fiume assai caratteristico per la sua angustia e fu sempre un passaggio critico nella strada per Norcia: la via attuale passa invece in un tunnel e non presenta alcuna difficoltà. Si può fermare il camper nel piccolo parcheggio a destra subito prima della galleria e proseguire per un tratto a piedi sulla strada antica, che venne a sua volta attrezzata con un tunnel dall’ingresso attualmente chiuso, ma l’operazione è altamente sconsigliabile essendo la strada – non più controllata – soggetta a caduta di massi.
A Cascia, meta di un turismo essenzialmente religioso, la sosta dei v.r. è strettamente regolamentata. In autunno avanzato, quando sono rari i visitatori, si può evitare di fermarsi nel grande parcheggio a pagamento situato in basso, scomodo nei giorni feriali perché le scale mobili sono fuori servizio; arrivando fin su con il veicolo non sarà difficile trovare un parcheggio a pagamento o uno dei pochi posti auto dalle rare strisce bianche. Punto di riferimento di Cascia è il santuario di Santa Rita, da raggiungere a piedi, anche se in verità l’insolita architettura dell’edificio lascia piuttosto freddi: terminato nel 1947, presenta uno stile promiscuo con qualche riferimento al quartiere romano dell’Eur. Ma certamente è la spinta della fede e non preconcetti culturali a guidare i credenti nei luoghi della santa, vissuta fra il Tre e il Quattrocento e canonizzata nel 1900. Era una donna semplice che perse il marito, assassinato, e i due figli, vivendo da monaca agostiniana tra episodi prodigiosi legati soprattutto al mondo della natura e a quello contadino. Dei figli si ricorda che, già adulti e determinati a vendicare la morte del padre, Rita impetrò e ottenne da Dio che fossero chiamati a sé pur di non vederli macchiarsi della vendetta. Nella cittadina si possono visitare anche un museo comunale d’arte e gli interessanti cicli di affreschi della chiesa di Sant’Antonio, oltre alla gotica San Francesco che innalza la sua mole al limite del centro storico.
Una diversione di pochi chilometri ci porta a Roccaporena, piccola frazione incassata tra i monti e luogo di nascita di Margherita Mancini dove, in cima a una spettacolare rupe coperta di vegetazione, una cappella segna il luogo in cui la santa veniva a chiudersi in raccoglimento. A margine dell’abitato non mancano spazi per la sosta libera.
Da Norcia, Cascia si raggiunge anche attraverso una gradevole strada collinare che inizia poco dopo Santa Scolastica e tocca piccoli abitati come Ospedaletto, Agriano e Aliena (qui si trova la chiesa con la singolare pittura della Madonna Egiziaca). In tal caso, si potranno toccare Serravalle e la Stretta di Biselli sulla via del rientro scegliendo di tornare per Triponzo e la statale 209, che verso sud si ricollega alla Via Flaminia e verso l’Adriatico alla statale 77 per Tolentino e Civitanova Marche. Una più breve alternativa, infine, è quella che da Cascia punta su Leonessa seguendo poi la 521 fino a Rieti e alla Via Salaria.

PleinAir 399 – ottobre 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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