Sant'Agata sotto il vulcano

Alla giovane martire, patrona di Catania, la città dedica una festa di straordinaria intensità devozionale. E a due passi, sull'Etna, si scopre un inverno bianco come la neve che ricopre le nere colate laviche.

Indice dell'itinerario

Vestito interamente di bianco, guanti compresi, ma con l’eccezione di una papalina nera in testa, uno dei devoti grida a squarciagola: «Tutti divoti tutti… cittadini, cittadini… viva Sant’Aita!». All’unisono gli altri che hanno udito l’invocazione rispondono freneticamente: «Cittadini, cittadini, cittadini!» e agitano un fazzoletto candido. Migliaia di persone seguono intanto il percorso della processione trasportando faticosamente a spalla enormi candele accese (arrivano a pesare anche 40 chili), la cui cera disciolta finisce per ricoprire letteralmente il selciato in pietra lavica del centro storico. Il busto di Sant’Agata, rilucente d’argento, troneggia in cima al massiccio carro detto ‘a Vara, trainato mediante lunghissime corde da centinaia di fedeli. Il corteo procede lentamente, a tarda sera, lungo la Via Etnea stracolma di folla in un continuo ripetersi d’invocazioni, offerte di ceri e denaro, benedizioni di bambini, silenziose preghiere, ringraziamenti commossi.
Siamo a Catania, è il 5 febbraio, il gran giorno della festa di Sant’Agata, l’amatissima patrona celebrata con una carica emotiva che ha pochi eguali: forse solo la Settimana Santa di Siviglia e la festa del Corpus Domini di Cuzco, in Perù, si possono paragonare per partecipazione e devozione ai festeggiamenti agatini. Nel capoluogo etneo, da cinque secoli, devoti e non si riuniscono per tre giorni nelle vie e nelle piazze seguendo il fercolo della santa. La mattina del 4 febbraio parte la processione dell’offerta della cera con in testa le autorità, seguite dalle pesanti candelore delle congregazioni dei mestieri e dalle due antiche carrozze del Senato che ospitano sindaco e giunta; seguono, a notte quasi fatta, grandi fuochi d’artificio. Di dormire, poi, non se ne parla: nelle primissime ore del giorno successivo l’effigie della santa, ricoperta di preziosi gioielli, viene tolta dalla cripta del duomo che la conserva per essere trasportata a braccia all’esterno e qui collocata sulla Vara, che la condurrà passo dopo passo nei diversi quartieri.
La faticosa salita dei Cappuccini e quella molto più ripida e pericolosa di San Giuliano (entrambe affrontate in piena corsa), i giochi pirotecnici, il passaggio tra i casamenti popolari del centro storico sono solo alcuni dei momenti più spettacolari di una festa che lega profondamente la popolazione alla sua protettrice, venerata in tante altre città italiane, spagnole, portoghesi, francesi ma anche a Malta, in Grecia e persino in Argentina. Il passaggio processionale di più profondo significato è quello presso la chiesa di Sant’Agata al Carcere, dove si trovano i ruderi del III secolo con la prigione in cui la fanciulla – era poco più che adolescente – patì il martirio ad opera del proconsole Quinziano, che si era invaghito di lei ma, vistosi rifiutato, la accusò di vilipendio della religione in base all’editto imperiale di persecuzione dei cristiani, facendola torturare e portandola a morte fra atroci sofferenze. Nel tempio, oltre alla buia stanzetta, si può vedere la lastra lavica in cui sono impresse le orme dei piedi della martire.
I sempre più numerosi visitatori che raggiungono Catania per assistere alla festa rimangono stupiti dall’altissimo numero di devoti che manifestano il loro attaccamento alla santa vestendo il cosiddetto sacco: si tratta di una tunica bianca che probabilmente rimanda a quella degli antichi riti in onore di Iside, del cui culto Catania era stata sede importante vari secoli prima dell’era cristiana. Non è raro incontrare bambini che indossano anche loro la candida veste, alcuni così piccoli che stanno ancora tra le braccia della mamma, ma non mancano i devoti molto anziani che, nonostante la tremenda fatica, ogni anno seguono ugualmente la santa per tutta la processione. Ognuno sente di dovere qualcosa alla sua patrona: per una grazia ricevuta, per un voto espresso o anche solo per la forza di una fede che li aiuta ad affrontare la vita di tutti i giorni.

Intorno all’Etna
Per chi si trova nel Catanese in occasione della festa, molteplici sono le attrattive del luogo e del periodo: il mite inverno siciliano, le meraviglie barocche della provincia e, soprattutto, la possibilità di fruire di un ambiente naturale d’eccezione come quello del parco dell’Etna. ‘A muntagna, come qui viene chiamato il vulcano che si erge alle spalle della città, nei mesi freddi si presenta nella veste meno nota e più inattesa, disegnata dalla neve che la ricopre da dicembre a marzo e consente di vivere tutti gli sport invernali. Lo sci da discesa si può praticare nelle due stazioni esistenti: quella di Piano Provenzana, sul versante nord, e l’altra di Rifugio Sapienza, sul versante sud. Dopo l’ultima eruzione del 2002 che le aveva praticamente distrutte, oggi tutto è stato ricostruito: le strade d’accesso, i parcheggi, gli hotel, la funivia, gli impianti di risalita. Sciare fra comignoli spenti che spuntano dalla soffice coltre nevosa, sempre dominati dalla mole fumante dei crateri sommitali, è un’esperienza assolutamente esaltante. I patiti del fondo hanno a disposizione alcuni anelli nelle aree pianeggianti più a valle, ma chi può fruire appieno della bellezza del vulcano d’inverno è l’escursionista: con gli sci da alpinismo, in un itinerario di un giorno intero unico nel suo genere si possono raggiungere e visitare i crateri sommitali, per poi tornare a valle in uno straordinario fuoripista discendendo da Punta Lucia verso il selvaggio versante nord-occidentale del vulcano. Ancora con gli sci da escursione o con le racchette da neve si può accedere a diversi tracciati di grande interesse sportivo e paesaggistico: il più appagante è quello che, seguendo una pista antincendio creata dal Corpo Forestale, gira intorno all’Etna collegando i versanti sud e nord a una quota media di 1.700 metri, attraverso fitti boschi di pini, faggi, betulle e pioppi tremuli. Passando tra decine di colate laviche e vecchi crateri, nelle giornate limpide si apprezzano viste mozzafiato sui Nebrodi: e in basso, dove si allunga la piana di Catania, l’azzurra distesa del Mar Jonio è la prima e l’ultima delle meraviglie.

PleinAir 402 – gennaio 2006

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio