Samotracia, la dimora di Nike

La dea alata della vittoria oggi esposta al Louvre dominava in origine un  altare nel bel mezzo dell’Egeo. Una vacanza in camper a Samotracia concilia cultura e natura, relax e passeggiate, escursioni in montagna e tuffi in un mare cristallino

Indice dell'itinerario

Correva l’anno 1863. Durante una visita ai resti del santuario dei Grandi Dei, sulla costa settentrionale dell’isola di Samotracia, il viceconsole francese Charles Champoiseau s’imbattè – quanto casualmente non è dato a sapersi – nei frammenti di una grande statua in marmo purtroppo mutilata che, una volta ricomposta, sarebbe diventata la famosissima Nike. Intuendone lo straordinario valore, ordinò subito ai suoi uomini di impacchettarla insie­me ai resti marmorei della prua della nave su cui poggiava e di spedirla a Parigi dove, una volta restaurata, divenne una delle principali attrazioni del museo del Louvre.

In origine la Vittoria Alata era stata collocata su un altare del santuario per commemorare una vittoria navale: era il 190 a.C. e Samotracia si era imposta già da qualche secolo come punto di riferimento per quei popoli dall’origine incerta che avevano trasformato l’Egeo nel loro mare. Sull’isola venivano celebrati culti di cui ancora oggi nessuno sa nulla ma che dovevano rappresentare una tappa di fondamentale importanza nella formazione religiosa e culturale dei greci antichi, al punto che vi furono iniziati lo storico Erodoto, il filosofo Aristotele e anche il grande condottiero Filippo II, padre di Alessandro Magno.

Ciò che oggi rimane non rende giustizia al complesso di edifici costruiti su tre terrazzamenti a picco sul mare: fon­damenta e non palazzi, rocchi di colonne rovesciate e non templi, blocchi di marmo e non le meraviglie architettoniche che avevano lasciato a bocca aperta persino Plutarco. Pas­seggiando fra le rovine sotto il sole, si può solo immaginare cosa potevano essere l’Arsinoeion, considerato con i suoi venti metri di diametro la più grande sala circolare coperta del mondo greco, o il vicino Epopteion, il tempio con il più ampio spazio interno della grecità, o ancora il Temenos, il grandioso edificio di culto che la tradizione attribuisce all’architetto Scopas che già aveva dato dimostrazione delle sue straordinarie abilità di scultore decorando il tempio di Asclepio a Epidauro. Gli scavi sono ancora in corso e non si esclude che possa saltar fuori qualche nuova informa­zione in grado di svelare il mistero sul ruolo del santuario nei delicati equilibri politici e culturali della Grecia antica.

Nei pressi del sito si stanno ultimando anche i lavori di realizzazione del nuovo museo: dovrebbe ospitare la ric­ca collezione di manufatti fin qui recuperati e una copia della celebre Nike (difficilmente i francesi si priveranno dell’originale). La speranza degli studiosi è di recuperare un nuovo, straordinario reperto con cui Samotracia possa ancora richiamare l’attenzione del mondo sulle sue bellezze, che non sono solo archeologiche.

Il tempio dorico del santuario dei Grandi Dei
Il tempio dorico del santuario dei Grandi Dei

Spiagge e cascate

L’isola, un enorme uovo galleggiante a 40 chilometri dalla costa della Tracia e a soli 14 miglia dalla turca Gökçeada, è ricca di attrattive per gli amanti della vita all’aria aperta, e non solo per le spiagge e il mare cristallino. Per alcuni decenni Samotracia ha attirato anche l’interesse di molti figli dei fiori provenienti da ogni angolo d’Europa, che nei boschi e lungo le spiagge ben protette hanno trovato il paradiso in terra. La loro presenza è stata talvolta così ingombrante che le autorità locali hanno pensato di dirottarli verso un’ampia area nella parte nordorientale dell’isola.

Oggi lì è nato un vero e proprio campeggio libero, dotato di servizi spartani ma efficienti e di un piccolo bar ristorante. In quella zona le spiagge sono strette e sassose, quindi è meglio spostarsi sull’estremità orientale dell’isola, a Chipos, dove si spinge una strada che, oltre la chiesetta di Aghios Petros, diventa ogni anno più fatiscente a causa delle mareggiate invernali. Niente sabbia, ma un’ampia e suggestiva distesa ghiaiosa di origine vulcanica adatta a una tranquilla sosta notturna.

Per la sabbia dorata ci si deve spostare sulla costa meri­dionale di Samotracia, a una trentina di chilometri di curve e saliscendi dai due campeggi. Una volta superati i villaggi di Lakkoma e Daphnes ecco la baia di Pachia Ammos, dove il paesaggio si offre in tutta la sua straordinaria bellezza: mare turchese, sabbia dorata, alberi scenograficamente disposti a offrire adeguato riparo dal solleone e l’immancabile taverna di pesce. Il colpo d’occhio è migliore se, prima di piantare ombrellone e sdraio, ci s’inerpica lungo la stradina bianca che conduce alla chiesa di Panaghia Krimniotissa, realizzata su uno sperone roccioso del Monte Saos da cui si domina l’intera vallata e nota per le sue apparizioni miracolose.

Le uniche altre spiagge di sabbia bianca si trovano procedendo verso est, ma la strada si ferma a Pachia Am­mos. Due le alternative: scendere in acqua e dedicarsi a un’escursione in kayak oppure imboccare il sentiero che in un paio d’ore di cammino conduce alla meravigliosa Vatos, spiaggia incontaminata con polle d’acqua dolce e alberi frondosi, meta ambita da uomini e donne desiderosi di vivere secondo natura.

Per i rifornimenti e le necessità quotidiane essi fanno riferimento al capitano della Theodora, la barca che ogni giorno fa il periplo dell’isola e si ferma sulla spiaggia per un’ora, in modo da garantire ai turisti il tempo necessario a una veloce perlustrazione. La mini­crociera sulla Theodora – sempre che non si posseggano mezzi propri – è anche l’unico modo per poter ammirare la scenografica cascata di Kremastos, 800 metri di balzo direttamente nelle acque blu dell’Egeo, e le variopinte conformazioni vulcaniche di Tis Grias ta Panià, davvero spettacolari quando la luce del sole ne esalta le variazioni di colore.

La spiaggia di Malathria
La spiaggia di Malathria

Querce e piscine naturali

Se la vita da spiaggia a Sa­motracia risulta alquanto complessa, ci si può consolare volgendo l’attenzione al suo interno. Nulla a che vedere con le classiche isole dell’Egeo, prevalentemente brulle e decorate da sprazzi di macchia mediterranea o da arbusti di piccole dimensioni. Sull’isola della Nike cara a Demetra i fianchi del Monte Saos sono coperti da una vegetazione a tratti persino lussureggiante, grazie alla presenza di numerosissime fonti d’acqua che sgorgano inattese. Almeno quattro gli itinerari irrinunciabili per rendersi conto di tali meraviglie. Il primo è quello che, partendo dai ruderi della torre costruita dai Genovesi nel XV secolo, risale il torrente Fonias fino alla straordinaria piscina naturale con cascata che si apre dopo tre quarti d’ora di cammino; il sentiero è ombreggiato dalle chiome di alberi la cui conformazione avrebbe potuto ispirare Tolkien per l’ambientazione dei suoi racconti fantastici. La temperatura dell’acqua è piuttosto bassa, ma la camminata e il caldo invitano a un tuffo.

Più suggestivo ancora il percorso lungo la gola di Gria Vathra, profonda spaccatura che fende le pendici del Monte Fengari una volta usciti dal paese di Therma. Le querce secolari all’inizio del sentiero lasciano in breve il posto a distese di felci che, se non ci si trovasse in pieno Egeo, non si esiterebbe a definire tropicali. Il torrente Gria Vathra, che scorre a fianco, forma di tanto in tanto piccole piscine naturali, fino ad arrivare alla grande vasca con cascata dove fermarsi per un tuffo ristoratore. Simili i panorami se si percorre il sentiero che risale il corso dello Tsivdoghianni, altro torrente che nascendo dalla vetta del Fengari (si veda il riquadro a lato) si esaurisce nelle acque antistanti il paese di Therma.

Dopo una mezz’ora di cammino si arriva alla cascata Paradisos, una delle più frequentate dell’isola anche se la piscina ai suoi piedi non è invitante come le precedenti. Un’ultima avventura lungo i torrenti si può effettuare partendo dal villaggio di Xiropotamos, sul versante meridionale: un tortuoso sentiero conduce dall’a­bitato fino al corso d’acqua sottostante, caratterizzato dalla presenza di canali per l’irrigazione che a tratti diventano l’unica risorsa per arrivare alla meta, l’ennesima piscina naturale immersa in un paesaggio da sogno.

Chi cerca acque dalla temperatura più conciliante può spostarsi nel villaggio di Therma dove si trova un pic­colo centro termale (lo scorso anno l’abbiamo trovato in ristrutturazione) adatto a bagni decisamente più rilassanti. In alternativa, risalendo la strada bianca che parte dietro lo stabilimento, si può raggiungere una rudimentale vasca in cemento coperta da un tetto di frasche dove l’acqua calda (oltre i 50°C) si raccoglie e si rinnova per un’immersione straordinaria, grazie allo splendido panorama che vi si gode: unica pecca il rischio di sovraffollamento, evitabile scegliendo le ore centrali della giornata.

La vita mondana si limita a qualche cena in uno dei tanti ristorantini distribuiti nei numerosi centri dell’isola (da non perdere il capretto e i fagioli al forno di Charidis, ad Ano Merià). Uffici, banche e servizi sono concentrati a Kamariotissa, la cittadina sorta intorno al porto dove attraccano i traghetti provenienti da Alexandroupoli. Non c’è molto da vedere lì, se non il breve lungomare abbellito da una statua – ovviamente ispirata alla grande attrazione dell’isola, la Nike, – e poco fuori dall’abitato l’area umida di Aghios Andreas, punto di riferimento stagionale per molte specie di uccelli.

Chora
Chora

L’unico luogo ricco di fascino e di storia oltre al santuario dei Grandi Dei è Chora, il villaggio che gli antichi abitanti in epoca bizantina realizzarono in un anfiteatro naturale alle pendici del Monte Saos per sfuggire agli assalti dei pirati. Un ampio parcheggio alla base permette di risalire a piedi le strette viuzze lungo cui si dipana il suo piccolo ma grazioso centro, con ristoranti tipici e negozi ben curati che vendono prodotti locali: da non perdere il forno che si trova nella parte alta del paese, realizzato all’epoca in cui i Turchi avevano occupato l’isola e da allora ininterrottamente in funzione.

A protezione dell’abitato si erge il possente castello realizzato nel XV secolo dai Gateluzzi, la famiglia genovese che resse le sorti dell’isola per qualche decennio. La struttura difensiva (interessata da un profondo intervento di ristrutturazione) proseguiva fino al mare nei pressi di Paleopoli, dove due torri, seppure in precarie condizioni, rimangono a testimoniare quel glorio­so passato. Da vedere ancora in città l’ottocentesca chiesa dell’Assunzione, dove sono custodite le reliquie dei cinque martiri che nella prima metà dell’Ottocento sacrificarono la loro vita nella lotta per l’indipendenza dai Turchi, e il Museo del Folklore, ricco di testimonianze dell’antica Samotracia. Per la Nike, purtroppo, niente da fare: rimane blindata a Parigi. Guardando in basso dalla sommità della fortezza, come in una sorta di miraggio, sembra quasi di vedere forme sinuose come quelle della dea alata che appaiono e scompaiono sul mare in movimento. Certo, sono le onde spumeggianti dell’Egeo, ma non si può mai dire…

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