Salute? Naturale!

La raccolta delle erbe spontanee, fra le più antiche pratiche dell'uomo, conosce oggi una larga diffusione grazie alla crescente popolarità delle terapie alternative. Ma dove e come avvicinarsi a quest'arte? Ecco una serie di proposte per abbinare la teoria alla ricerca – è il caso di dirlo – sul campo.

Indice dell'itinerario

L’immensa prateria si stende fino all’orizzonte, chiuso dalle montagne che la distanza tinge di viola. Una leggera brezza smuove le piante, spargendone ovunque il delicato profumo. Una donna avanza lentamente guardandosi intorno con attenzione, lo sguardo rivolto verso il basso a cercare quell’erba in grado di curare il suo bambino malato, rimasto all’accampamento. All’improvviso si china e raccoglie un cespo dai fiori color giallo zolfo, li esamina con attenzione e poi si affretta a tornare sui suoi passi.
Fu probabilmente in questo modo che ebbe inizio, qualche decina di migliaia di anni fa, il rapporto tra l’uomo e le piante officinali. Oggigiorno è sufficiente entrare in una farmacia o in un’erboristeria per reperire con facilità medicamenti di origine naturale in grado di risolvere tante affezioni, ma nel remoto passato solo la conoscenza empirica del mondo vegetale poteva fare la differenza tra la salute e la malattia, la vita e la morte. Con il passare del tempo, il compito di raccogliere e utilizzare questi prodotti spontanei della terra divenne appannaggio di stregoni, taumaturghi, santoni, guaritori, erboristi, druidi, in una commistione tra scienza, fede e superstizione che in molte parti del mondo è ancora pienamente attuale.
L’erboristeria, oltretutto, ha sempre avuto una caratteristica fondamentale: l’economicità, almeno per chi sa dove, come, quando cercare e in che modo trattare foglie, fiori e radici per sfruttarne correttamente i principi benefici. Se infatti le prime medicine di sintesi prodotte a livello industriale avevano un costo relativamente elevato – pensiamo a quanto ciò abbia ritardato l’uso massiccio del chinino per curare la malaria, pur trattandosi di un principio attivo di origine vegetale –, la raccolta delle piante spontanee dotate di proprietà curative costava e costa tuttora cifre irrisorie, fatto del quale non è semplice rendersi conto di fronte alla spesa che questo genere di cure spesso comporta nel mondo moderno.
Una ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che nell’Africa Occidentale circa l’80% della popolazione ricorre alle piante per liberarsi delle malattie più diffuse, al punto che il ruolo dell’erboristeria è riconosciuto anche dalla medicina ufficiale. Ci sono guaritori che assicurano di poter curare perfino l’Aids e il cancro grazie all’impiego di sostanze ricavate da particolari specie botaniche, e l’interesse delle multinazionali farmaceutiche verso questa pratica sembra testimoniare che non si tratti solo di una qualche miracolosa panacea promossa da abili ciarlatani. Nel mondo occidentale prevale senza dubbio la medicina allopatica, quella cioè che utilizza sostanze chimiche di sintesi (anch’esse spesso derivanti da principi attivi di origine vegetale); ma nel contempo si è assistito a un massiccio ritorno alle terapie alternative, e in questo campo l’erboristeria si è ricavata uno spazio importante grazie all’opera di alcuni personaggi ormai celebri, come Maurice Messegué, che alle indubbie competenze specifiche hanno saputo unire notevoli capacità di promozione commerciale.
Il fatto è che la medicina a base di erbe si rivela efficace nella cura di tanti disturbi di modesta entità, ma non per questo meno debilitanti. Questo genere di terapie si avvicina molto, almeno concettualmente, alla moderna farmacopea, in quanto impiega principi attivi rivolti a contrastare la malattia ed è perciò filosoficamente diverso da altre medicine dolci legate al mondo vegetale, come l’omeopatia e i fiori di Bach, che cercano invece di riequilibrare le energie del corpo dal cui disordine la malattia stessa deriva. Da questo punto di vista l’erboristeria è la più antica e la più longeva tra le scienze farmaceutiche, tanto che esistono corsi, anche a livello universitario, per formare tecnici che siano in grado di riconoscere, raccogliere e utilizzare le essenze vegetali.
L’argomento, del resto, è straordinariamente vasto: ci sono migliaia di specie di piante potenzialmente curative, e molte di queste sono nel contempo velenose o addirittura mortali. Le erbe, inoltre, vanno preparate con molta accortezza per l’utilizzo, e bisogna conoscere i metodi per adoperarle senza distruggerne le proprietà o per trasformarle in sciroppo, estratto, soluzione acquosa o alcolica e così via: occorrono insomma anni di studio e di applicazione per diventare davvero esperti. Ciò nonostante, la materia appassiona un gran numero di persone che, se non hanno la possibilità di dedicarvisi in proprio, si rivolgono agli erboristi per avere consigli, cure e materie prime già pronte. In qualunque erboristeria delle nostre città è oggi possibile trovare sia le erbe principali pronte all’uso che i principi attivi. Bisogna peraltro ricordare che la maggior parte delle erbe medicinali proviene ormai da coltivazioni specializzate, perché l’ampia diffusione delle medicine naturali rende impossibile procurarsi quanto serve dalla sola produzione naturale: la figura del druido intento a perlustrare il sottobosco, falcetto alla mano, è ormai un ricordo del passato, e la raccolta delle erbe selvatiche è il più delle volte una pratica per pochi appassionati che cercano di perpetuare questa antichissima tradizione.
Nella coltivazione di erbe officinali l’Italia è all’avanguardia, come dimostra l’esperienza della Aboca, oggi una delle principali aziende europee del settore con sede in una delle aree più belle della Valtiberina toscana, a Sansepolcro. Il borgo, conosciuto e apprezzato da numerosi turisti e viaggiatori (vi soggiornò fra gli altri Albert Camus) e molto frequentato anche dai camperisti, offre l’opportunità di conoscere più da vicino la scienza erboristica grazie all’Aboca Museum, che si raggiunge percorrendo Via Niccolò Aggiunti dove si trova, per inciso, anche la casa natale di Piero della Francesca. Al civico 75 il palazzo Bourbon del Monte ospita un’interessantissima raccolta di erbari e antichi ricettari, con una nutrita collezione di strumenti per l’erboristeria utilizzati nel corso dei secoli, oltre a una biblioteca specialistica e a un fornito bookshop. Di fronte al museo, nel bel giardino che circonda la statua del sommo pittore di Sansepolcro, è stata allestita una collezione di piante medicinali, debitamente etichettate per consentirne il riconoscimento.
Chi non si accontenta di trovare bell’e pronte le essenze vegetali e magari desidera recuperare la sapienza dei nostri avi (che ancora un secolo fa avevano molta più confidenza di noi con questo tema) può iscriversi a un corso tenuto da esperti riconosciuti. Prendiamo ad esempio l’Herba Bonifatia che secondo l’Erbario di Urbino, un manoscritto del XVI secolo, potrebbe aiutarci parecchio in caso di frattura di un osso: “Tolli de questa erba e pistala con siro de castrone, et fanne impiastro, e poni suso la rompitura, fa saldare l’osso e la piaga”. Semplice, no? O almeno quanto basta a capire che in questo campo è assai rischioso improvvisare perché, come accennato, molte piante sono estremamente tossiche, almeno in alcune delle loro parti: preparate in un certo modo consentono di guarire, ma se si sbaglia qualcosa possono portarci dritti dritti all’ospedale. La raccolta, inoltre, andrebbe effettuata con il massimo rispetto della natura, cercando di non danneggiare la radice (anche se a volte è proprio questa a contenere l’essenza curativa) e comunque prelevando solo la quantità strettamente indispensabile.
Ma a chi rivolgersi per avvicinarsi ai segreti di questa scienza della natura? A meno di non voler frequentare lezioni specifiche, destinate a formare erboristi di professione anche a livello universitario, ci sono workshop della durata di alcuni weekend che forniscono le basi indispensabili per entrare in questo magico mondo, consentendoci di trascorrere delle piacevoli giornate all’aria aperta. Alcuni di questi corsi si svolgono in città, ma più spesso in amene località dove le condizioni climatiche e lo stato di conservazione dell’ambiente permettono di trovare erbe utili in grande abbondanza, soprattutto nelle aree di montagna che a questo scopo sono le più indicate. A Collepardo, in Ciociaria, Marco Sarandrea perpetua l’antica tradizione erboristica della Certosa di Trisulti. «E’ dal 1991 che organizziamo questo tipo di corsi. Si tratta di un’introduzione al riconoscimento delle specie botaniche principali e al loro impiego curativo, con diverse uscite sul campo. Le nostre montagne sono famose in tutta Italia per la ricchezza di essenze botaniche e noi cerchiamo di conservare e diffondere queste conoscenze». Lo stesso ampio parcheggio della Certosa, con tanto di fontanella, si presta ad accogliere l’ospite itinerante ed è il punto di partenza di numerose escursioni.
Un altro territorio vocato alla ricerca delle erbe è quello che si trova, guarda caso, alle spalle della Riviera dei Fiori, in provincia di Imperia. Qui le montagne arrivano fin quasi al mare, in un susseguirsi di habitat molto vari in cui allignano circa 2.500 specie botaniche mediterranee e alpine. Partendo ad esempio da Sanremo si possono percorrere vari sentieri dedicati ai fiori, tra cui sette facili percorsi che difficilmente deludono gli appassionati.
Prima di partire si può intanto visitare uno degli orti botanici delle nostre città, nati sulla scorta degli horti medicinali che nel Medioevo e nel Rinascimento venivano allestiti proprio per insegnare agli speziali l’arte di riconoscere e utilizzare le erbe medicinali. Il primo orto botanico universitario del mondo, oggi dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è stato quello di Padova fondato nel 1545 dai monaci benedettini di Santa Giustina. Ancora oggi vi si trova una ricca raccolta di erbe medicinali, come nell’Orto dei Semplici di Palazzo Baisi a Brentonico, parte del Museo Civico di Rovereto, in Trentino, che svolge anche una preziosa attività didattica rivolta in modo particolare alle scuole.
Queste strutture offrono la possibilità di imparare a distinguere e impiegare anche le essenze esotiche: l’appassionato escursionista in procinto di partire per le Mauritius o le Seychelles, l’India o il Sudamerica può in tal modo ottenere una serie di informazioni da utilizzare sul campo. Non dimentichiamo poi che molte essenze d’uso quotidiano derivate da piante tropicali – pensiamo al tè, al caffè, alla vaniglia, al cacao – in origine erano impiegate come medicine in grado di curare numerosi disturbi.
C’è infine un modo molto semplice e pratico per effettuare le prime scoperte in autonomia: acquistare una delle numerosissime guide botaniche facilmente reperibili nelle librerie o su Internet. Un approccio immediato a un’arte antica che non è fatta solo di infusi, decotti, oli essenziali e tinture, ma soprattutto di un grande amore per la natura che ci circonda e che ci aiuta a vivere meglio e in salute.

Testo e foto di Marco Scataglini


PleinAir 442 – Maggio 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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