Visita in camper al Sacro Monte di Domodossola

Una drammatica Passione si rappresenta nel Sacro Monte di Domodossola. Davanti si aprono la grande platea delle Alpi e uno strategico valico

Indice dell'itinerario

Una balza scoscesa del Colle Mattarella, coronata dai resti di un’imponente fortezza, sovrasta la città da sud. La si inquadra subito all’uscita della superstrada, poi lo svincolo ne svela anche le pendici settentrionali: vi sono disposti un grande complesso conventuale e le strutture del Sacro Monte di Domodossola.

Al bivio per il centro di Domodossola la nostra meta è indicata nella direzione opposta. Una stradina asfaltata risale effettivamente il pendio tra varie borgate, ma è chiaramente riservata ai residenti e termina in un angusto parcheggio per auto, dunque assolutamente da sconsigliare ai v.r. Non resta che sostare in basso, nel mal segnalato ma vasto piazzale detto del Trocadero dal nome dell’adiacente discoteca.

Proprio a pochi metri inizia il percorso devozionale, con le prime tre cappelle ormai inglobate nell’abitato.

Vuoi scoprire dove sono gli altri Sacri Monti? Qui la spiegazione e l’elenco completo!

La storia del Sacro Monte di Domodossola

La storia del Sacro Monte si intreccia con le vicende della fortezza. Edificata dai Longobardi su resti romani e posta a difesa dei passi alpini, dal XII secolo fu sede amministrativa dell’Ossola Superiore, fin quando venne espugnata e distrutta dagli Svizzeri nel 1416. Per due secoli restarono solo macerie, ma nel 1656 i frati cappuccini Andrea da Rho e Gioachino da Cassano proposero di restituire al colle l’antica importanza realizzandovi un Sacro Monte.

Il complesso doveva comprendere una Via Crucis che, iniziando dalla periferia della città, collegasse quindici cappelle illustranti la Passione di Cristo e terminasse in un santuario del Santissimo Crocefisso da edificare sulla sommità. L’idea piacque, e già nel 1657 si iniziò la costruzione dell’edificio: dieci anni dopo era ultimato, e con esso la maggior parte delle cappelle. Ma bisognò attendere la prima metà dell’800 per vedere la fine dei lavori, grazie all’arrivo dei Padri Rosminiani che fondarono un proprio istituto accanto alla rocca (nella cella di Antonio Rosmini è conservata una mappa del Sacro Monte disegnata nel 1772).

In seguito si ebbero crolli e distruzioni, tanto che alcune cappelle furono ricostruite fra il 1900 e il secondo dopoguerra, e ciò spiega la grande differenza di stili sia nelle architetture che soprattutto nelle sacre rappresentazioni: accanto alle prime statue in terracotta ne troviamo altre del XVIII secolo, ma anche statue di gesso e lignee del XX. Stesse vicende per gli affreschi.

Gli affreschi del santuario

L’ascesa al Calvario vero e proprio, come detto, ha un prologo fra le case e il traffico; ma presto si impenna nel fitto della vegetazione e trasporta il visitatore in una dimensione mistica. In mezz’ora circa la salita raggiunge le cappelle raggruppate nel recinto dell’istituto e all’interno del santuario.

Qui si ammirano le ultime rappresentazioni, tra le più intensamente espressive (Gesù che spira, la Deposizione, il Santo Sepolcro, la Resurrezione), nelle quali eccellono l’arte scultorea di Dionigi Bussola e quella pittorica di Giovanni Sampietro. Poco fuori dal santuario una quindicesima cappella isolata, solitamente chiusa, è detta del Paradiso. Ancora all’interno del recinto si trovano gli uffici della riserva, si visitano i giardini dei Padri Rosminiani e la rocca, con ampi panorami sulla Val d’Ossola.

Testo e foto di Albero Galassetti

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