Un velo azzurrognolo sembra allontanare le Alpi sullo sfondo. Ma a pochi chilometri da qui la statale imbocca la Valle di Locana e sale al Colle del Nivolet, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Siamo a Cuorgné: sulla città incombono le Prealpi che, come le dita di una mano gigante, affondano nella pianura i primi contrafforti. Da uno di questi, un banco di granito rosso ammantato di boschi, emerge a tratti la nostra meta: il santuario del Sacro Monte di Belmonte.
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La storia del Sacro Monte di Belmonte
Si vuole che a fondarlo, insieme a un piccolo convento, sia stato nell’XI secolo re Arduino come voto alla Madonna per una guarigione. Retto fino al 1326 dai monaci benedettini, fino al 1601 dalle suore di Santa Scolastica e poi dai francescani, è stato più volte rimaneggiato; le dimensioni e l’aspetto attuali risalgono alla fine dell’800.
A seguito dei tanti episodi miracolosi attestati come a Crea da una galleria di ex voto, nel 1788 il Capitolo Vaticano riconobbe virtù soprannaturali alla statua della Vergine che vi si venera; ma molto amata in chiesa è anche un’effigie della Madonna assisa in trono (forse del XVI secolo), di autore ignoto, scolpita insieme alla sedia in un unico blocco di legno.
Dedicato invece alla Passione di Cristo e avviato in costruzione nel 1712 dal padre francescano Michelangelo da Montiglio è il Sacro Monte che si sviluppa su un’altura alle spalle del santuario e dell’adiacente convento. Non si conosce il nome dell’architetto che ne disegnò le tredici cappelline, tutte simili e di piccole dimensioni se si esclude quella della Morte in Croce, con pianta ottagonale e portico anulare.
Il percorso devozionale che le collega, ancora come a Crea, è ad anello: inizia e termina accanto a un’edicola che precede di poco l’ingresso al santuario. La Via Crucis include tre anomalie: una grande statua in bronzo di San Francesco, opera dello scultore Giovanni Vogliazzi, eretta nel 1960 sul punto più alto del colle; un sentiero didattico su flora e fauna locali con tabelle esplicative anche per non vedenti; l’affaccio su una stazione di scavi archeologici che hanno riportato alla luce tracce dell’Età del Bronzo e resti di un villaggio longobardo.
I dipinti del santuario
Pesanti grate ostacolano la vista delle sacre rappresentazioni all’interno delle cappelle: furono applicate alla fine del ‘700 per impedire ai fedeli e ai religiosi fanatici la lapidazione dei personaggi ritenuti negativi. Malgrado i successivi restauri le statue in gesso e terracotta e gli affreschi portano ancora i segni di quella furia iconoclasta, oltre che di un diffuso abbandono; compongono tuttavia un significativo esempio di narrazione popolare, opera per giunta di artisti ignoti.
Visitato il Sacro Monte, una breve passeggiata in discesa conduce a una croce con cippo commemorativo degli Alpini caduti in guerra. La terrazza di basamento è anche un buon punto di osservazione sulla pianura del Canavese e, a monte, verso la facciata del santuario che svetta tra gli alberi.
Testo e foto di Albero Galassetti
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