Ritorno ai monti

Distesa fra la sponda orientale del Lago di Como e le Alpi Orobie, la Valsassina è un belvedere naturale ricco di opportunità pleinair in ogni stagione. Ecco un itinerario a misura di v.r. per scoprirla fin negli angoli più remoti, insieme alla Lecco manzoniana e ai soleggiati paesi rivieraschi che conservano chiese, castelli e storiche ville.

Indice dell'itinerario

E’ ben difficile che chi passi dalle parti di Lecco, dove prendeva le mosse il romanzo storico per eccellenza dell’Ottocento italiano, non si lasci tentare dalla possibilità di identificare luoghi e ambienti incisi nella memoria dalla lettura de I promessi sposi. Come a proposito di “Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti”, della casa di Lucia ch’era in fondo al villaggio, anzi un po’ fuori. Aveva, quella casetta, un piccolo cortile dinanzi, che la separava dalla strada, ed era cinto da un murettino o, ancora, nel rammentare che il palazzotto di don Rodrigo sorgeva isolato, a somiglianza di una bicocca, sulla cima di uno dei poggi . In rapporto a ciò e al fatto che non sono mancati commentatori cimentatisi nel riconoscere sul territorio l’uno o l’altro edificio o ambiente, opportuna è l’iniziativa dell’ufficio turistico di Lecco che ha predisposto una mappa al servizio del visitatore incuriosito da queste corrispondenze.
Dopo aver lasciato il camper in uno dei parcheggi pubblici (ad esempio quello del cimitero di Castello, in Via Ugo Foscolo) ci si avvia dunque a piedi tra le vecchie frazioni oggi assorbite dallo sviluppo della città: ci riferiamo in particolare a Olate e Acquate, due villaggi ormai divenuti rioni, sui quali si sono divise le opinioni degli studiosi. Altri siti identificati nella topografia urbana sono la chiesa di Don Abbondio, la Rocca dell’Innominato e il vecchio nucleo di Pescarenico, dove Manzoni collocava il convento di Fra’ Cristoforo. Nell’opera manzoniana Lecco è ricordata come la principale di quelle terre… un gran borgo al giorno d’oggi e che s’incammina a diventar città . Lo sviluppo in effetti proseguì portando via via, come detto, a ricomprendere i borghi adiacenti, anche se per la promozione a capoluogo di provincia si è dovuto aspettare fino al 1992. Sullo sfondo della seghettata cresta del Resegone, il tessuto urbano ha un aspetto fra l’ottocentesco e il moderno, con un sinuoso lungolago (sul quale si trova un parcheggio orario a pagamento) e vari musei che includono Villa Manzoni, per due secoli appartenuta alla famiglia e ora custode di memorie dello scrittore che vi abitò da ragazzo.
Le fortune di Lecco si dovettero alla sua posizione nel punto in cui il Lario si restringeva, tornando a riprendere poco più a sud il nome di Adda. Che si trattasse insomma dei trasporti lacuali da e verso i passi alpini, del percorso interno lungo la Valsassina usato dai Lanzichenecchi nella loro calata in Italia o dello storico Sentiero del Viandante (già Via Ducale) che si sviluppa in saliscendi lungo la sponda orientale del lago, tutti i traffici toccavano Lecco e il suo ponte, voluto da un Visconti in epoca medioevale. A queste collaudate alternative si è aggiunta ai nostri giorni la veloce superstrada che corre parallela al bacino lungo l’asse della statale 36, pur trattandosi di un percorso per buona parte in galleria e perciò utile solo a chi lo impiega come transito: noi sceglieremo invece la provinciale 72, che segue per intero la riviera permettendoci di raggiungere, l’una dopo l’altra, le località più interessanti.

Lungo il lago
La strada si imbocca poco prima di Abbadia Lariana offrendo subito la possibilità di deviare per la chiesa di San Martino, di origine duecentesca, sul Sentiero del Viandante.
A una manciata di chilometri, verso le prime case di Mandello del Lario si trovano a sinistra la Via Pra Magno, con il comodo parcheggio del centro sportivo, e sulla destra una piazzetta triangolare. Da qui parte una salita acciottolata che in pochi minuti giunge al sagrato di San Giorgio, altra chiesa del XIII secolo la cui apertura può essere chiesta con debito anticipo al parroco di Crebbio, e consigliamo di farlo poiché all’interno si può ammirare una serie di affreschi del ‘400 fra i più intriganti di tutto il territorio del lago. La vena sinceramente popolaresca dell’ignoto artista si rivela nelle scene di beatitudine, dove una fitta schiera di papi, nobili, gentildonne, monache e altri religiosi popola un recinto castellano merlato, e si accentua nei quadri della dannazione, dove un grande albero vigilato da Satana mostra una serie di spuntoni che trafiggono i dannati nelle più infelici posture; innumerevoli cartigli e finte lapidi, purtroppo solo in parte leggibili, sottolineano con iscrizioni in volgare i fini edificanti delle pitture, richiamando un grande fumetto ante litteram. La contrapposizione fra beati e dannati ritorna con le sette opere di misericordia e i sette vizi capitali, questi ultimi in particolare di acuta caratterizzazione. A chi poi si chiedesse il motivo della singolare posizione della chiesa, lontano dalla rotabile e dalla parte antica di Mandello del Lario, basti dire che anch’essa è situata lungo il Sentiero del Viandante dove, con il suo campanile e la vista sul lago, doveva costituire un caposaldo per l’osservazione e il controllo del territorio. A poca distanza dal parcheggio di Via Pra Magno gli appassionati di storia del motociclismo possono visitare il museo che ricorda i fasti delle Moto Guzzi, la cui fabbrica fu fondata proprio qui nel 1921; nello stesso anno il clamoroso successo nella Targa Florio fu il primo di una lunga serie di vittorie in campo anche internazionale. Converrà invece servirsi del mezzo per spostarsi in Via Manzoni, dove ha sede l’attiva Pro Loco (è possibile parcheggiare poco lontano) prossima alla parte più antica dell’abitato, all’area portuale e alla Beata Vergine del Fiume, piccolo ma elegante santuario del 1624 a pianta ottagonale, dove la sobrietà dell’esterno si arricchisce di un interno dedicato all’esaltazione mariana e colmo di stucchi e decorazioni barocche.
E’ possibile oggi solo immaginare come doveva apparire il monastero delle monache cistercensi che nella seconda metà del 1100, fuggite dall’Isola Comacina messa a ferro e fuoco dai Comaschi, fondarono appena a sud di Varenna il loro nuovo cenobio. Costruito di fronte al lago, doveva essere un centro di contemplazione e severo raccoglimento se ancora nel ‘400 uno scrittore locale, Bettino da Trezzo, poteva dire che “per acquistar vita serena le Moniale han corpo silicioso”, riferendosi con ciò alla penitenza del cilicio indossato dalle monache sotto le vesti. Ma si sa, i tempi cambiano, e a metà del ‘500 i costumi delle religiose subirono una dura scossa inducendo il cardinale Borromeo all’immediata soppressione del monastero, con trasferimento delle sorelle in un convento di Lecco. Presto l’edificio divenne una residenza signorile che passò attraverso differenti proprietari arricchendosi di caratteri eclettici, mentre il giardino rivierasco popolato da piante anche esotiche mostra come l’opera dell’uomo possa trasformare una pendice scoscesa in un luogo di straordinario incanto. Per visitare Villa Monastero occorre parcheggiare in sosta libera sul tratto della provinciale che ne costeggia il lungo recinto; si potrà così accedere anche ai bei giardini della vicina Villa Cipressi, fondata nel ‘500 ma rifatta nell’800 e oggi adibita ad albergo.
Non conviene spostare il veicolo per la successiva passeggiata verso sud che consente di apprezzare, nell’omonima frazione, lo spettacolo del Fiumelatte, un torrente di appena 250 metri le cui acque turbinanti e spumeggianti vengono alla luce unicamente tra la fine di marzo e gli inizi ottobre, scendendo precipitosamente al lago da una caverna della montagna sovrastante. Il curioso fenomeno naturale fu osservato da Leonardo da Vinci, che ne riferisce nei suoi scritti.
Ancora a piedi si torna indietro per visitare il compatto centro storico di Varenna fra platani, antiche chiese, stradine che calano pittoresche verso il porticciolo. I terreni sovrastanti sono cosparsi – cosa non comune data la latitudine – di oliveti che potrete notare risalendo su quattro ruote i pochi chilometri fino al gradevole paesino di Perledo. Nella vicina rocca di Vezio, fortificazione di probabile origine medioevale in panoramica posizione strapiombante, il falconiere Nicola Castellano è giornalmente all’opera dalle 10 del mattino alle 6 del pomeriggio per dimostrazioni di addestramento e volo dei rapaci qui ospitati.
Tornati sul lago, la prossima sosta ci attende a Bellano che deve la sua fama a un altro spettacolo naturale: quello delle gole scavate dall’ultimo tratto del torrente Pioverna in un dedalo di rocce, attrezzate con passerelle per addentrarsi nel romantico e severo ambiente dell’orrido (da preferire le stagioni piovose che esaltano il fascino della visita con acque più abbondanti). Sulla piazza adiacente all’ingresso, con parcheggio, si affaccia la chiesa dei santi Celso e Nazzaro, nello stile dei maestri campionesi, con facciata adorna di un non comune rosone in ceramica a smalto.
Superato Dervio, dove si fa notare lo svelto e ben conservato campanile romanico di San Quirico e Giulitta, di epoca longobarda, incontriamo Corenno Plinio con il suo turrito castello del ‘300, le piccole scalinate che scendono al lago, la chiesa di San Tommaso di Canterbury completata all’esterno da tre eleganti monumenti sepolcrali.
Siamo ormai prossimi al termine della sponda orientale, ma proprio qui ci attende uno dei momenti magici del percorso, poco dopo il paese di Dorio, dove una diramazione si immette sulla strada acciottolata che conduce al parcheggio dell’abbazia di Piona, nascosto nel verde. Il centro cluniacense che i benedettini di Casamari sono tornati ad abitare nel 1969 è un’oasi di tranquillità affacciata sulle acque dalla penisoletta che abbraccia il golfo noto come Lago di Piona: visitiamo la piccola e sobria chiesa romanica con i suoi affreschi per poi passare al notevole chiostro di forma irregolare, nel quale giganteggia un imponente lauro.
Colico, capolinea del nostro itinerario lungolago, si distende intorno a una piacevole piazza portuale riservata ai pedoni. A rendere agevole la visita e ancora più strategica la collocazione del luogo (qui si incrociano le strade provenienti da Sondrio, dalla Valchiavenna e dalla sponda occidentale del lago) non manca un’area attrezzata comunale per i camper, situata appena a nord dell’abitato e ottima per una pausa di relax prima di proseguire verso la Valsassina.

A zonzo nella valle
Da Colico, volendo raggiungere la Valsassina per il suo accesso usuale, la soluzione migliore è quella di tornare a Lecco percorrendo rapidamente i 40 chilometri della superstrada. Sia la strada vecchia che una più recente in galleria conducono dal capoluogo a Ballabio: qui si devia per i Piani Resinelli, un altopiano a 1.200 metri di quota su cui sorgono case e ville e dove si può visitare il Museo delle Grigne. La zona è punto di partenza di numerose escursioni, in particolare verso la Grigna Meridionale o Grignetta (2.177 m), paradiso dei rocciatori con la sua selva di guglie e pinnacoli. Un buon approccio alle quote alte è il sentiero della Direttissima che, passando per il Rifugio Carlo Porta, conduce in 2 ore e mezzo circa ai 1.730 metri del Rifugio Rosalba.
Tornati a valle, si riprende la strada fino al Colle di Balisio, spartiacque tra il versante lecchese e quello della Valsassina vera e propria, solcata dal Pioverna che scende dalle Grigne per andare infine a gettarsi nel Lago di Como a Bellano, formando l’orrido che abbiamo visitato nella prima parte dell’itinerario. Sono tuttavia numerose le valli minori in cui si articola il territorio, e alle quali dedicheremo la nostra attenzione.
Barzio è un’attiva località di villeggiatura che gode di un’ampia veduta verso le Grigne; nelle vicinanze partono due seggiovie dirette ai Piani di Bobbio e ai Piani di Artavaggio, frequentati per gli sport della neve durante l’inverno e per le passeggiate nella bella stagione. Il paese fu culla degli antenati del Manzoni, cui apparteneva il signorile palazzo oggi sede del Comune. Antonio Stoppani (vedi l’approfondimento “L’abate del Bel Paese”) fu dal 1873 l’animatore di un comitato di raccolta dei fondi per erigere un monumento al centro di Piazza Manzoni a Lecco, ma la sua stima per lo scrittore non impedì alla sua onestà intellettuale di rammentare quanto affermato da Massimo d’Azeglio: cioè che l’influente famiglia era giunta in Valsassina a un tale grado di prepotenza da esigere che chi passava davanti al palazzo di Barzio si togliesse il cappello anche di fronte al cane, pronunciando le parole «Reverissi sciòr cà!». D’altra parte, i vecchi del posto usavano dire che i Manzoni avevano fatto più danni del Pioverna, protagonista in passato di rovinose alluvioni.
I territori montani alla sinistra del Pioverna sono compresi dal 2005 nel Parco Regionale della Grigna Settentrionale, che si estende a nord-ovest fino alla riviera e il cui ambiente naturale gode di flora, fauna e caratteristiche geologiche sicuramente rare e d’alto livello. L’area protetta è gestita dalla Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera, con sede nei pressi di Barzio lungo la strada provinciale di fondovalle; in programma anche l’allestimento di infrastrutture leggere come quelle destinate ai veicoli abitativi, in grado di favorire un turismo legato al rispetto della natura e del paesaggio.
Situato alle falde del Grignone, come viene anche chiamata la Grigna Settentrionale (2.409 m), Pasturo conserva in quota alpeggi e casolari di notevole interesse ed è punto di partenza e di arrivo di un sentiero ad anello per escursionisti esperti, che tocca entrambe le Grigne; al margine inferiore dell’abitato si trova un parcheggio a due livelli, utile anche per esplorare il paese e per visitare il santuario della Madonna della Cintura. Nel vicinissimo villaggio di Baiedo solo pochi resti segnano la munita posizione naturale della rocca che marcava il punto più angusto e difendibile del corso del Pioverna.
Introbio, che per secoli fu sede di governo della Valsassina anche a motivo della sua posizione baricentrica, riveste particolare importanza nella visita della zona. La provinciale tocca solo l’inizio e la fine del lungo abitato, sottratto dunque ai veicoli in transito, e non mancano le possibilità di parcheggio: nel nostro caso abbiamo scelto la piazza all’estremità meridionale, dove si trova anche una fontanella. Qui l’appartata chiesa di San Michele merita una tappa per i suoi affreschi votivi e per una sontuosa Madonna con Bambino, sullo sfondo di ricche architetture gotiche. Nel quartiere storico, fra antiche abitazioni, si leva una torre medioevale che nel ‘500 sarebbe riuscita a bloccare un attacco di migliaia di svizzeri provenienti dalla Valtellina. Medioevo di fantasia è invece quello di Villa Migliavacca, costruita verso il 1920 dall’architetto milanese Bottoli e circondata da un ampio parco, che venne poi lasciata al Comune il quale vi ha installato la propria sede. Prima di rimettersi in marcia, quasi all’uscita del paese i golosi non manchino una sosta all’invogliante negozio della Biscotteria, con la sua scelta di ottimi dolci.
Una lunga escursione che presenta anche attrattive storiche si può effettuare da Introbio lungo la Via del Bitto, percorso montano che univa la Valsassina alla Valtellina passando per i pascoli di alta quota. Alcune varianti permettono di sfiorare una serie di laghetti fra i 1.800 e i 2.000 metri. Al bivio per Cortenova, proseguendo per qualche centinaio di metri ci si imbatte ai margini del bosco in una singolare costruzione, risalente alla metà del XIX secolo, che fu la grande e fastosa Villa De Vecchi, la quale evoca oggi le inquietanti suggestioni di una casa delle streghe. Riprendendo invece per il paese si può continuare verso Parlasco ed Esino Lario, su una delle strade meno frequentate di tutta la valle. Alle soglie di Parlasco l’isolata chiesa di Sant’Antonio, di origine medioevale, gode di una posizione invidiabile, mentre il vecchio abitato è un solitario borgo del silenzio. Per una dozzina di chilometri la strada avvolge quindi le sinuosità boscose della montagna fino a un bivio sulla sinistra che sale in altri 5 chilometri al Rifugio Cainallo (1.436 m), poco oltre il quale una mulattiera permette di raggiungere il Rifugio Bogani (1.816 m). Questo è il punto d’inizio di tre itinerari ad anello che costituiscono, con le relative digressioni, la sorprendente rassegna delle molte peculiarità del Moncodeno, grande conca aperta verso nord ai piedi della vetta del Grignone. Si trova qui l’origine delle turbinose acque del Fiumelatte che al termine di lunghi meandri sotterranei vanno a sfociare, come abbiamo visto, nei pressi di Varenna. L’antico circo glaciale è una delle aree carsiche più interessanti di tutta Italia e comprende, in circa 2 chilometri quadrati, qualcosa come cinquecento cavità, incluso l’abisso dal singolare nome di W le Donne, tra le più profonde grotte conosciute con i suoi 1.170 metri. Molto più facile da visitare, comunque in compagnia di guide, la cosiddetta Ghiacciaia, una grotta che non vede mai sciogliersi le sue stalattiti di ghiaccio. Dal Rifugio Bogani si può anche compiere l’escursione alla vetta del Grignone, 600 metri più in alto, segnata dalla presenza del Rifugio Brioschi: se le condizioni del tempo sono propizie, la magnifica veduta circolare può arrivare dal Cervino alla Pianura Padana.
Il bivio per il Cainallo si trova già alle soglie di Esino Lario, località di villeggiatura montana che consta di due nuclei separati; il superiore, Cres, di origine celtica e l’altro, Piac, di fondazione romana (il Museo delle Grigne, con collezioni naturalistiche e antropologiche, non manca di fare riferimento a queste due diverse matrici). Una piacevole deviazione raggiunge invece i pianori di Ortanella, da cui uno sterrato di un chilometro conduce a un’ampia radura e termina a una fontanella. Oltre una catena si leva la chiesetta di San Pietro (le chiavi sono custodite dal parroco di Esino Lario) della quale si ha notizia già nel ‘200: stupendo il sito, a pochi metri da un belvedere aperto verso il lago e sul promontorio di Bellagio.
Oltre Esino Lario la strada continua toccando molto più in basso Perledo e Varenna, sul lungolago. Noi scegliamo però di tornare verso Cortenova, lasciando poco dopo la provinciale che lungo le gole del Pioverna scende a Bellano; questo fu il percorso lungo il quale risalirono i famigerati Lanzi per sciamare verso Lecco, a Milano e fino a Roma. Ci dirigeremo dunque a Taceno e quindi a Margno, dal bel nucleo antico a valle della chiesa nel cui buio interno rifulgono gli argentei busti di quattro vescovi, mentre l’ovale della piazza antistante è un circuito di Via Crucis della metà del ‘700. v Siamo ormai in alta Valsassina e anche qui, quasi al termine del percorso, ci attende una vera perla. Qualche chilometro più in alto, oltre l’abitato di Somadino, la suggestiva chiesetta di Santa Margherita eretta nel Mille proprio su una sorgente ha conservato gli originali caratteri romanici, tre monofore asimmetriche, affreschi di chiara impronta bizantina. Al di là di un passetto la vista già spazia a mezza montagna sul compatto abitato di Premana che vanta una tradizione antichissima nell’estrazione e nella lavorazione del ferro, grande risorsa del circondario di Lecco (vedi l’approfondimento “Il ferro e i suoi artigiani”).
Ci riportiamo infine verso il lago, non prima però di aver toccato altre gradevoli tappe di questo piccolo mondo annidato fra il lago e le cime. Da Narro una strada ben praticabile anche in camper consente di raggiungere la panoramica località di Giumello dove, alle falde del Monte Muggio (1.800 m), si trova il Rifugio Capanna Vittoria ad apertura annuale. Alla portata di tutti l’escursione su un pianeggiante sentiero ad anello che circonda il Muggio stesso, con panorama sui diversi versanti. Mornico, frazioncina di Vendrogno fornita di parcheggio, può essere invece punto di partenza per un’escursione alla località di Camaggiore: anche qui magnifiche vedute come quella sul Lario oppure verso la casera, dove a volte passano le greggi tra dolci pascoli sullo sfondo della massiccia vetta del Legnone. Pochi tornanti sulla provinciale e si è di nuovo a Bellano, chiudendo così il giro della sponda settentrionale del lago, dove ci si potrà attardare in altre esplorazioni vegliate dai “monti sorgenti dall’acque”.

PleinAir 427 – febbraio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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