Ritorna San Pardo

Fiori, carri addobbati, bianche coppie di buoi e tanta gente nella festa più colorata del Molise che ogni fine maggio, da più di mille anni, festeggia a Larino il patrono della città.

Indice dell'itinerario

A pochi chilometri da Termoli, in un piccolo centro agricolo della provincia di Campobasso, si svolge una delle celebrazioni più antiche e autentiche della nostra penisola. Siamo a Larino: novemila anime, quasi tutte impegnate ogni anno, dal 25 al 27 maggio, nei festeggiamenti in onore del patrono San Pardo.
Le origini di questa tradizione risalgono al 26 maggio dell’anno 842 quando arrivarono in città le spoglie del santo protettore. Le incerte cronache dell’epoca raccontano che il vescovo Pardo visse gli ultimi anni della sua vita nei pressi della città di Lucera dove fu sepolto nell’anno 650. Quando nell’840 i Saraceni distrussero la ricca Larino, i vicini abitanti di Lesina trafugarono dalle macerie della cattedrale i corpi dei santi martiri Primiano e Firmiano. I pochi larinesi superstiti, scoperto il furto, andarono alla ricerca delle spoglie; nei pressi di Lucera trovarono invece il corpo di San Pardo e decisero di portarlo in città. Fu allora adagiato su un carro agricolo trainato da buoi che, per l’occasione, venne adornato con un ramo d’olivo e con fiori di campo.
Da quel leggendario anno, il ricordo è stato perpetuato sino ai giorni nostri con la rievocazione delle fasi del trasporto. Dapprima vi partecipò, forse, un solo carro al quale si aggiunsero, nel corso dei secoli, tutti gli altri via via allestiti dalle famiglie larinesi a testimonianza della loro fede al santo. Oggi, tra grandi trainati da buoi e piccoli trainati da agnelli o da bambini, si contano oltre cento carri: un fiume di persone e animali che inonda quasi ininterrottamente l’intero borgo medioevale e il centro storico della città durante tutto il periodo della festa.
La particolarità di questa processione è data dalla cura e dal gusto degli allestimenti. I carri richiamano alla mente i Conestoga del Far West o gli antichi carrozzoni dei gitani; mentre il coloratissimo addobbo floreale ci ricorda i cesti di fiori dei Banderesi a Bucchianico (vedi PleinAir n. 297). La copertura a botte, retta da una struttura di ferro e legno, è rivestita con grandi drappeggi di stoffe finemente ricamate da abili mani femminili. Eleganti ricami ornano anche le bianche tendine dell’accesso posteriore, riservato ai responsabili del carro. Tutte le superfici disponibili sono poi ricoperte da un’esplosione di colori con fiori di carta confezionati, ancora una volta, dall’ingegno e dal paziente lavoro delle donne nelle lunghe sere d’inverno.
Gli addobbi seguono le più svariate forme: da quelle geometriche, che si ripetono da entrambi i lati o con archi affiancati, a quelle più libere con un unico tappeto che riveste completamente la struttura. L’intento è sempre di realizzare il carro più bello. Alcuni partecipanti lasciano libera da ornamenti la parte bassa del loro veicolo al fine di evidenziare gli artistici lavori di intaglio sul legno, opera di artigiani locali.
Su tutto spiccano le bianche figure dei buoi scelti tra gli esemplari più belli e robusti delle masserie locali e di quelle della vicina Puglia. Aggiogati a coppie e adornati con nastri e fiori, aspettano pazientemente di svolgere il loro lavoro, questa volta lontano dagli assolati campi. Manovrati dagli addetti, scuotono la testa facendo risuonare grossi campanacci appesi al collo, altra caratteristica della tradizione larinese. Qualcuno è listato a lutto, in segno di una grave perdita subita dalla famiglia proprietaria.Questi carri vengono completati, come nel lontanissimo anno 842, con un grande ramo d’olivo, ma rappresentano la vecchia tradizione; oggi partecipano alla processione anche quelli cosiddetti trionfali, completamente aperti e con quattro colonnine agli angoli per sostenere una cupola. Sono divenuti i più importanti poiché su uno di essi viene trasportato il simulacro d’argento di San Pardo.
Già dalla mattina del 25, in vari punti della città, si danno gli ultimi ritocchi alle strutture; poi vengono aggiogati i buoi e ci si avvia al punto di ritrovo. Alle diciotto, quasi tutti i partecipanti sono sul sagrato della Cattedrale, nella parte medioevale della città, in attesa dell’inizio delle celebrazioni. Dinanzi alla bellissima facciata e lungo la strada che vi conduce, gli animali vengono sistemati, con abili manovre, ordinatamente l’uno accanto all’altro.
Come tradizione vuole, tutti i santi, solo quelli maschi però, saranno portati a rendere omaggio a San Pardo; mentre Sant’Antonio, San Francesco, Santo Stefano, San Nicola, San Rocco, San Luigi, San Giuseppe e San Michele si trovano nella parte medioevale, San Primiano è posto in una cappella del camposanto nella parte alta della città, il centro storico, lontano oltre cinque chilometri. Per questo motivo il corteo, disposto in una lunga fila indiana, si avvia lentamente verso quella cappella per ritornare in chiesa solo a notte fonda.
Questa è forse la parte più emozionante e scenografica di tutta la manifestazione in quanto le strade percorse sono rischiarate solo dalle fiaccole dei fedeli e da tante piccole luci accese in ogni carro. Una lunga e lucente fiaba che molti bambini vivono in diretta all’interno dei carri, scortati da vigili genitori. Un panoramico punto d’osservazione consente di vedere il corteo che, come una piccola colata di lava, si snoda lungo il tortuoso percorso.
Il giorno successivo si svolge la fase centrale della festa che inizia nella Cattedrale con il solenne pontificale presieduto dall’arcivescovo, e poi prosegue con la processione del busto di San Pardo che percorrerà soltanto le strette strade del centro medioevale per rientrare nel primo pomeriggio. Già dalle prime ore del mattino i carri rioccupano i posti del giorno precedente; chi non trova spazio, si sistema nella vicina piazza e, alla luce del sole, emerge tutta la bellezza delle colorate composizioni floreali.
Intorno a ogni carro è un vociare di curiosi che commentano, ammirano, provano l’ebbrezza di montarvi per un momento, mentre conducenti e familiari approfittano della pausa per rifocillarsi. Tutti parlano volentieri dei propri carri ed elencano i problemi legati al mantenimento di questa tradizione, ma non rinunciano alla volontà di mantenerla viva negli anni futuri. Quando le campane annunciano festosamente la fine della funzione appare sulla soglia del Duomo il busto d’argento che, con grande cura, viene posto sul carro trionfale in attesa: San Pardo inizia così a sfilare tra due ali di fedeli preceduto dall’arcivescovo e seguito dal lento ondeggiare di un tappeto fiorito.
Il mattino del 27, San Primiano sarà riportato nella sua cappella e il corteo, che si è ricomposto per l’ultima volta, tornerà nella città medioevale solo nel tardo pomeriggio, dopo una pausa per il pranzo effettuata nei campi circostanti. Un’altra tradizionale Carrese si è felicemente conclusa.

PleinAir 346 – maggio 2001

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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