Razionale, a dir poco

Da opere di regime a monumenti del nostro Novecento: lungo l'asse stradale della Pontina, da Roma al Circeo, tre tappe da scoprire o da riscoprire seguendo il filo del razionalismo architettonico.

Indice dell'itinerario

C’è stato un tempo in cui il Lazio era una terra selvaggia, ricoperta da un tappeto di verde che arrivava a lambire l’Urbe e in cui trovavano rifugio numerose specie animali: si trattava della vasta distesa delle Paludi Pontine, una landa evitata all’uomo a causa della malaria che solo d’inverno – quando la malattia concedeva una tregua – contadini, pastori e carbonai riuscivano a sfruttare almeno in parte. Tale era fino a settant’anni fa, quando divenne operativa la bonifica integrale, e di uno dei patrimoni naturalistici più rilevanti d’Europa non rimase che qualche sparuto brandello come la selva del Circeo, il bosco di Foglino e l’Oasi di Ninfa; nacquero al suo posto Latina e la provincia, il cui territorio comprende i comuni di Sabaudia, Pontinia, Aprilia e, appena al di fuori, Pomezia.
Oggi questi centri si presentano alquanto disomogenei tra loro: se infatti l’architettura urbana di Sabaudia è oggetto di studio in tutto il mondo, il degrado in cui si trovano città come Aprilia e Pomezia lascia a dir poco sconcertati. Tutti hanno però mantenuto qualcosa del loro tessuto originario: lo stile razionalista dei principali monumenti, un’espressione artistica che si è imposta a livelli europei e che ha raggiunto nel tempo uno standard di pura eccellenza.
Durante la Prima Esposizione d’Architettura Razionale, tenutasi a Roma nel 1928, venne spiegato con chiarezza che il termine “razionale” non è in grado di esprimere compiutamente lo spirito delle opere a cui viene applicato; queste, al di là della loro funzione, dovevano rispondere anche a un’esigenza estetica. “Lo slancio virile della linea retta che crea a destra e a sinistra quadrati di energia realizzatrice e va a pugnalare il lontano languore cascante di terre, erbe, mare, cielo” scrisse Marinetti, il vate del Futurismo, a proposito di Sabaudia.
Sotto la spinta del regime fascista il razionalismo assunse caratteri di propagandistica monumentalità, disprezzata dagli oppositori di allora e che solo in tempi più recenti – con gli opportuni distinguo – si è iniziato a riconsiderare con attenzione. Lo fece, tra gli altri, anche Pier Paolo Pasolini: “Quanto abbiamo riso, noi intellettuali, dell’architettura del regime… Eppure adesso queste città le troviamo assolutamente inaspettate. Si sente che sono fatte, come si dice un po’ retoricamente, a misura d’uomo”.
E’ questo il filo conduttore di una visita senza pregiudizi per apprezzare le forme, le invenzioni stilistiche, l’inserimento di questi luoghi nel contesto, lungo un itinerario che dall’area pontina raggiunge il quartiere romano dell’Eur dove il razionalismo ha saputo lasciare altre tracce convincenti. Per chi è diretto verso le coste del Parco Nazionale del Circeo (tra le più frequentate dai camperisti del centro Italia), è un’integrazione che offre un ritratto inedito di questa provincia; per chi ama l’architettura moderna, è una proposta che da sola vale il viaggio.

Gelosie di campanile
Nota soprattutto come località balneare alla moda, Sabaudia è anche il cuore del parco del Circeo: si affaccia sul lago di Paola, il più bello dei quattro bacini costieri dell’area protetta, e le sue case sfiorano un tratto della selva tra i più frequentati, anche grazie al centro visite con itinerari segnati, al museo e a diverse aree picnic. Nonostante la speculazione edilizia che ha violentato le dune con ville e alberghi, le sue spiagge restano ancora di grande bellezza.
Pochi pensano a questo come a un luogo d’arte, ma in realtà è stato concepito per esserlo. A differenza infatti degli altri comuni pontini, destinati principalmente ad accogliere burocrati e agricoltori, Sabaudia (fondata nel 1934) nacque come città-giardino, buen retiro per gerarchi e amici del regime, e deve a ciò l’atmosfera solare e ariosa, in armonia con l’ambiente circostante fino a integrarsi con esso pur costituendo, con le sue “forme urbane aperte e decentrate” come scrisse uno dei progettisti, Luigi Piccinato, un chiaro elemento di rottura.Non mancano i monumenti, a cominciare dalla Torre Civica – fulcro della caratteristica piazza – col sottostante Palazzo Comunale il cui portone è decorato da una Vittoria Marciante in altorilievo. La torre venne concepita per svettare sopra le chiome degli alberi, in modo da essere un richiamo per chi si avvicinava alla città, ed è alta 46 metri, ben 14 in più di quella di Latina: un affronto, secondo alcuni funzionari di allora, che perciò ordinarono di abbassarla. Fu Mussolini in persona a far ritirare l’ordine, convinto dalle buone ragioni dei progettisti.
Aneddoti a parte, questo è naturale punto di partenza per una passeggiata nel centro urbano. Poco lontano dal Comune risalta la possente mole della chiesa dell’Annunziata, dall’esterno in mattoni rossi e il campanile che gareggia in altezza con la torre (è solo un metro più basso); sulla facciata si trova un immenso mosaico di Ferruccio Ferrazzi che rappresenta appunto l’Annunziata, con alle spalle scene di vita campestre ai tempi della bonifica (si riconosce il Duce intento a raccogliere il grano). Alla destra della chiesa è situato il Battistero, dove sono evidenti i richiami alle architetture rinascimentali – ovviamente reinterpretate in chiave razionalista – e al cui interno si trova, a sinistra dell’altare, la Cappella Reale donata nel 1935 dalla regina Elena.
In mattoni rossi, ma qui in intenso contrasto con un mosaico di tessere azzurre (i colori dei Savoia), è anche il monumento più rilevante di Sabaudia: il Palazzo delle Poste, opera dell’architetto Angiolo Mazzoni.

Nuova provincia
Era il 18 dicembre 1932 quando Mussolini pose la prima pietra della futura Littoria, l’odierna Latina. Il piano regolatore e i principali edifici – tra cui il Palazzo M dai chiari intenti propagandistici, attuale sede della Guardia di Finanza – vennero progettati da Oriolo Frezzotti, uno dei maestri del razionalismo italiano. Egli disegnò una città con precisi connotati legati all’economia agricola del territorio: una vasta piazza centrale (oggi del Popolo) da cui si dipartono a raggiera le strade dirette verso i campi dell’Agro Pontino.
Quando venne istituita la Provincia, l’architetto fu incaricato di predisporre un ampliamento e un nuovo piano regolatore: nacquero i grandi palazzi pubblici, le palazzine per gli impiegati, i villini con giardino. Il progettista stabilì inoltre che l’altezza degli edifici non dovesse superare di una volta e mezzo l’ampiezza delle strade: un criterio messo a dura prova dall’assedio dei nuovi palazzoni, alcuni dei quali sin troppo evidenti per chi viaggia lungo la statale 148 Pontina che taglia i quartieri meridionali.
Rimanendo in centro, tuttavia, si coglie facilmente lo spirito originario della città e se ne apprezzano le ricchezze monumentali. A breve distanza da Piazza del Popolo (dove si affaccia anche il palazzo dell’Intendenza di Finanza dall’arioso porticato, completato nel 1937) troviamo l’interessante Piazza del Quadrato con l’edificio dell’Opera Nazionale Combattenti (ora sede del Museo della Terra Pontina e dell’Arsial, l’agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura) e, disposte a semicerchio a pochi minuti di cammino l’una dall’altra, le piazze Celli, Roma e Dante. Da quest’ultima, percorrendo Viale Mazzini, si raggiunge Piazza Buozzi, dove sorge il tribunale; mentre il breve tratto di Via Nizza conduce a Piazza della Libertà con i due palazzi del Governo, nella cui sala della Consulta si trova un grande affresco di Duilio Cambellotti, e delle Poste (progettato, come quello di Sabaudia, da Mazzoni) dove le nitide forme futuriste sono ancora ben visibili nonostante le modifiche apportate all’edificio in tempi recenti. A Piazza San Marco, già Savoia, si trova l’omonima chiesa, con ai lati l’ex Opera Nazionale Balilla e l’ex Casa del Combattente: è uno dei punti in cui Latina è rimasta più fedele a sé stessa. L’ex Caserma della Gioventù Italiana del Littorio, vicina al Palazzo M, è divenuta invece un bellissimo teatro grazie all’intervento dell’architetto Adolfo Antonelli; nel foyer è collocata La fonte della palude, un’altra splendida opera di Cambellotti. Chi ama l’arte contemporanea potrà inoltre ammirare le opere di alcuni dei maggiori pittori del Novecento ospitate nella Pinacoteca.
Tutto, insomma, sfata quel certo pregiudizio che Latina sia priva di attrattive e sin troppo provinciale: siamo invece di fronte a un centro che ha saputo rendere la sua modernità un punto di forza e un autentico motivo d’interesse.

Visioni di marmo
La Pontina procede diritta verso Roma toccando Aprilia e Pomezia (se si ha tempo si può dare un’occhiata alle piazze centrali e osservare come siano state anche queste realizzate in base a un preciso disegno), entra nella capitale e dopo aver sfiorato il Palazzetto dello Sport, capolavoro di Pierluigi Nervi, raggiunge l’Eur. “Continuare con un’opera moderna lo spirito e l’arte di Roma. Costruire per il futuro, con l’arte di oggi”: con queste parole gli architetti Gino Pollini e Luigi Figini presentarono la piattaforma programmatica del quartiere, un progetto (poi coordinato da Marcello Piacentini, altro nome illustre delle vicende urbanistiche romane) che ben presto è divenuto un vero e proprio laboratorio destinato a durare sessant’anni. Questo è anche il terreno di coltura dello stile E42, figlio del razionalismo ma allontanatosi progressivamente da questo sino a conquistare autonoma identità. Un trionfo di vetro e cemento, di riflessi e giochi di luce che fanno di questa zona di Roma un vero caso architettonico, ormai lontano dalla retorica fascista che ne aveva ispirato la nascita.
Le atmosfere sospese, l’ampiezza degli spazi, le geometrie rigorose ma armoniche, la stratificazione di metodologie edilizie diverse, le forme e i volumi in grado di adeguarsi agli scopi per cui gli edifici vennero realizzati rivelano la capacità dei progettisti di rileggere in forme sempre nuove l’idea dei progettisti, che non è stata tradita nemmeno quando l’entrata in guerra dell’Italia bloccò i lavori o negli anni Cinquanta, mettendo nuovamente mano al quartiere che doveva ospitare i centri per i convegni, i nuovi musei, le direzioni di enti pubblici. Furono così portate a compimento la chiesa dei santi Pietro e Paolo (iniziata nel 1937 e abbandonata all’inizio delle ostilità, ha pianta a croce greca impostata su forme cubiche ed è sovrastata da una cupola ricoperta di squame di ardesia) e l’Esedra dell’INPS, il cui progetto originario venne nettamente modificato alla ripresa dei lavori. Nel 1953 fu terminato anche il Palazzo dei Congressi, capolavoro di Adalberto Libera iniziato nel 1938. Prima della caduta del fascismo, invece, fu posto l’ultimo mattone alla sede dell’Ente Eur, che doveva gestire l’Esposizione Universale di Roma: è caratterizzato da una bella fontana collocata davanti al portico d’ingresso con 18 vasche decorate a mosaico e da un altorilievo di Mussolini. Il simbolo stesso del quartiere, il Palazzo della Civiltà Italiana familiarmente chiamato Colosseo Quadrato (opera di Guerrini, La Padula e Romano), venne completato nel 1940 e rappresenta uno dei monumenti più noti e singolari di Roma.
Dopo queste prime opere, che in qualche modo definirono l’atmosfera se non lo stile del quartiere, l’attività di progettazione e realizzazione non si è più fermata. L’Eur ha continuato ad arricchirsi di lavori interessanti e di pregio, come il rigoroso palazzo dell’Eni affacciato proprio sul laghetto artificiale (altro gioiello circondato da un notevole giardino), o l’ex palazzo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ora sede di Poste Italiane, proprio di fronte alla stazione della metropolitana. Oggi la zona si presenta come centro degli affari e della tecnologia, dove si decidono i destini non solo economici della città. Ma è anche un importante nodo museale con alcune delle strutture espositive più importanti di Roma, come il Museo Preistorico ed Etnografico Pigorini o quello della Civiltà Romana.
La gran parte dei monumenti sorge lungo Via Cristoforo Colombo (nella quale la Pontina confluisce proprio alle porte dell’Eur): superato il laghetto, avremo di fronte il rettilineo – parzialmente chiuso dall’obelisco dedicato a Guglielmo Marconi – che taglia in due parti quasi uguali la superficie vagamente pentagonale del quartiere. A destra e a sinistra di questa grande arteria, altri ampi vialoni immettono in ariosi spazi dove sono situati gli edifici principali.
Il consiglio che vi diamo è di recarvi sul posto di sera, quando il traffico è ridotto ed è ancora più accentuata quella sensazione di straniamento delle dimensioni spaziali e temporali – un effetto forse previsto dai progettisti – che ricorda l’arte di Giorgio De Chirico. Ad ogni modo, l’Eur non lascia mai indifferenti: o lo si ama o lo si detesta con convinzione. Ma prima di decidere è meglio viverlo con calma, intravvederne i misteri, lasciarsi accerchiare dalle luci riflesse da mille finestre, scoprirne gli spazi improvvisamente verdi o candidi di travertino, per vivere un’insolita avventura urbana tra il metafisico e il futurista.

PleinAir 386 – settembre 2004

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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