Quattro passi tra le nuvole

Nel parco francese del Queyras, "l'altra faccia del Monviso", l'inverno è pieno di opportunità anche per chi non scia o quando la neve si fa desiderare: dal ruisselling alle escursioni con i lama, è un pleinair davvero per tutti.

Indice dell'itinerario

Cosa fare quando la neve in alta montagna scarseggia? Si può sempre sciare sulle piste innevate artificialmente oppure tentare un po’ di fondo, ma di certo manca il piacere del fuoripista, dei silenziosi paesaggi invernali, di qualche passeggiata con le racchette tra gli alberi carichi di soffice polvere bianca…
Per far fronte a questa situazione, che di anno in anno si fa sempre più critica con la carenza di neve ormai cronica sull’arco alpino, qualcuno ha tentato – con inaspettato successo – strade alternative. Nel parco francese del Queyras, la cui estremità orientale è segnata dal Monviso, da qualche tempo le guide alpine hanno inventato il ruisselling, una piacevole e dinamica attività che abbina le camminate in montagna con l’alpinismo: uno sport per tutti, dai 14 anni in su, con diversi gradi di difficoltà e di impegno.
A prima vista potrebbe assomigliare all’arrampicata sulle cascate di ghiaccio (l’origine del termine si ricollega alle parole che indicano ruscelli o piccoli corsi d’acqua), ma non è proprio così. Inerpicarsi lungo le cascate vuol dire infatti scalare ripide pareti, e le nozioni sulle tecniche di alpinismo sono fondamentali; nel ruisselling, invece, si passeggia lungo le strette valli torrentizie che durante la stagione fredda gelano formando, insieme alla casualità del vento, del sole e della temperatura, piccole cascatelle, scivoli naturali e pareti ghiacciate di grande spettacolarità ma tutt’altro che complicate da affrontare.
Seduto a un tavolo della pizzeria La Merenda di Aiguilles chiedo a Pascal Giraud, una delle guide, di potermi aggregare al loro gruppo per provare questo nuovo sport: nessun problema, anzi ben venga un altro partecipante. La mattina successiva eccomi dunque di buon’ora nel negozio di articoli sportivi per noleggiare ramponi, piccozza, imbrago, caschetto e qualche moschettone. Tra i miei compagni d’avventura c’è anche una coppia che ha parcheggiato il camper a qualche piazzola di distanza dal mio, e mi rassicurano quando decido di confidare la mia assoluta inesperienza di trekking sul ghiaccio: anche per loro è la prima volta. Saliamo quindi sul pulmino che ci condurrà al punto di partenza, il torrente Barres, incassato nella roccia poco lontano da Aiguilles nell’alta valle del Gill.
Indossato l’imbrago e fissati i ramponi sotto gli scarponcini da passeggio, ci incamminiamo allegramente verso il corso d’acqua al seguito della nostra guida. Qualche passo sul terreno umido e poi eccomi in piedi su una pozza gelata sotto la quale, tra le bollicine d’aria, si intravvede scorrere il torrente. Rigido come una mummia, macchina fotografica a tracolla, obiettivi in tasca, piccozza in mano, braccia aperte, testa leggermente sollevata e occhi sgranati, aspetto di sentire da un momento all’altro lo scricchiolio del ghiaccio per poi sprofondare nell’acqua gelida. Già mi immagino come l’uomo di Similaun, che al disgelo di qualche millennio futuro verrà ritrovato con una strana apparecchiatura al collo al posto di arco e frecce… Ma dopo un momento di esitazione faccio qualche passo in direzione della stretta valle da cui scende il torrente; appena mi rendo conto che il ghiaccio tiene e che è impossibile scivolare prendo confidenza e, con i consigli della guida che illustra come riconoscere ed evitare gli strati sottili, iniziamo la risalita.
Gelide stalattiti pendono dalle brune rocce delle pareti del canyon e tratti semipianeggianti si alternano a piccole cascatelle ghiacciate che sotto i raggi del sole si accendono di sfumature incredibili: azzurro, verde, turchese. Ben presto mi accorgo che è davvero divertente piantare la piccozza e risalire le pareti senza scivolare di un millimetro; nei tratti più ripidi Pascal ci assicura a una corda mettendoci in sicurezza, ma più per gioco che per un’effettiva necessità. A circa metà percorso Pierre, un ragazzo che cammina davanti a me con il naso all’insù distratto da un falchetto che vola sopra le nostre teste, non si accorge di aver messo i piedi su un’altra grossa pozza semighiacciata e così eccolo precipitare in acqua fino al ginocchio. Approfittando della sosta imprevista, mangiamo cioccolato e beviamo un buon tè caldo offertoci dalla guida.
Dopo 150 metri di dislivello e due ore e mezzo di cammino, usciamo dal letto del torrente servendoci di un tratto pianeggiante che passa vicino a un sentiero. Tolti i ramponi e gli imbraghi, iniziamo la discesa nel bosco di larici seguendo Pascal che ci illustra il nome delle piante e i tipi di muschio e spesso si ferma per farci vedere i segni che gli animali lasciano al loro passaggio, come i buchi fatti dai picchi o le tenere cortecce degli alberi mangiucchiate da cervi e camosci.
Raggiunto il pulmino, mentre rientriamo alla base una delle ragazze del gruppo ci parla del trekking con i lama organizzato nel vicino villaggio di Ristolas, poco lontano dal campeggio dove sostiamo: è un irresistibile invito alla prossima avventura in alta quota.
Pelo folto e zampe agili ma ben piantate, da robusti camminatori di montagna, i lama stanno brucando l’erba intorno alla stalla. Al nostro arrivo l’intero branco alza il lungo collo e, senza smettere di ruminare, i simpatici animali ci osservano incuriositi con i loro grandi occhi addolciti da lunghe ciglia.
Bruno, la nostra guida, accompagnato dalla figlioletta inizia a caricare gli zainetti sul dorso dei nostri compagni a quattro zampe: organizza escursioni nel parco del Queyras utilizzando questi tranquilli e ubbidienti camelidi andini i cui primi esemplari sono stati importati nelle valli francesi già da diversi anni. Ci racconta che sono ormai migliaia le famiglie con bambini e ragazzi che trascorrono giornate in allegria alla scoperta dei sentieri del parco, e negli inverni senza neve il comodo trekking con i lama è proprio l’alternativa giusta per trascorrere momenti salutari e divertenti, a contatto con la natura.
Ci prenotiamo per la passeggiata prevista nel pomeriggio; manca ancora qualche ora e decidiamo di accomodarci nel ristorante gestito dalla moglie di Bruno per gustare la tartiflette, un piatto tipico di questa regione a base di patate, formaggio e prosciutto, che viene servito molto caldo. Tra una chiacchiera e l’altra, non senza un buon bicchiere di vino, arriva il momento della partenza. La giornata soleggiata e il cielo blu intenso fanno da cornice alla nostra buffa carovana, che a passo lento inizia ad arrampicarsi sul sentiero ciottoloso. Ogni lama è affidato a una o due persone che lo tengono al guinzaglio, procedendo con calma senza alcuno strattone o fermata improvvisa; gli animali, dal canto loro, trasportano con disinvoltura il bagaglio e i pochi generi di conforto, acqua, tè, qualche dolcino, maglioni di ricambio e giacca a vento. A differenza degli esemplari andini selvatici, abituati a sputare a chi si avvicina come atto difensivo, quelli del Queyras non hanno quest’abitudine poiché sono nati in cattività, a stretto contatto con l’uomo di cui riconoscono il ruolo di capobranco.
La camminata, grazie alla libertà dal peso sulle spalle, si rivela più facile del previsto e ci consente di apprezzare al meglio l’ambiente e i paesaggi del parco raggiungendo villaggi remoti con casette in pietra e legno, ultimi esempi di architettura montana. A sera, tornati alla base, facciamo ritorno in campeggio dove organizziamo la cena con i vicini di piazzola, commentando con entusiasmo le attività della giornata e confermandoci che la scarsità di neve non ha creato il minimo problema: e pensare che al mio arrivo credevo di dover passare la settimana annoiandomi…

PleinAir 401 – dicembre 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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