Istanbul: quarta dimensione

Da sempre Istanbul è un crocevia fra due continenti. Ventisette secoli di storia le hanno lasciato incredibili ricchezze monumentali e una solida tradizione di incontro fra i popoli

Indice dell'itinerario

«Come si dice grazie nella vostra lingua?» chiedo al sorridente cameriere che mi sta servendo un piatto di riso e kokoreç, interiora di agnello arrosto. «Supas» mi risponde. Poi si volta, ridendo imbarazzato: «No, scusi, mi sono sbagliato, in turco è teshekkür». L’altro termine, mi spiega, è curdo, come lui e il ristorante in cui sono seduta. Così comincio a chiedermi che cosa sia veramente “turco”: le ragazze in minigonna dagli occhi truccati con il kajal o la giovane velata di nero fino al naso, abbarbicata sulla panchina del molo al suo fidanzato chiuso nella kefiah rossa? I modernissimi grattacieli o i piccoli bar invasi da lampade e tappeti che odorano come yurte del Kazakistan?

Stoffe miulticolori
Stoffe miulticolori

Per quanto si legga da ogni parte che Istanbul è il ponte tra Oriente e Occidente, non si riesce a coglierne davvero il senso fino a quando non la si vive per un po’. Si respira uno spirito di integrazione che racconta l’unico risultato possibile di una storia millenaria di popoli che si mescolarono in un crocevia di culture e commerci. Imperatori e sultani richiamarono in città le migliori menti e i più raffinati artisti, invitando intere popolazioni dei loro variegati territori a trasferirsi entro le mura per ripopolare la città a ogni cambio di potere. Oltre ai discendenti diretti degli antichi ottomani spuntano in ogni angolo della città arabi, armeni, bulgari, curdi, kazaki, palestinesi, rumeni, russi, siriani, slavi, turkmeni, riconoscibili dal colore del velo, dalla forma dei pantaloni o semplicemente dalla lingua che parlano. E in questa magica città le moschee sono accanto alle chiese e alle sinagoghe: sembra quasi che dialoghino fra loro.

 

Un ponte sul tempo

Un gatto pigramente si crogiola al sole
Un gatto pigramente si crogiola al sole

Anche lo stile da metropoli del nuovo millennio si mescola, senza stridere troppo, ai secoli di storia: al mercato la seta ricamata degli hijab, i veli islamici, sventola accanto alla lingérie di pizzo e ai banchi di vestiti da sposa all’occidentale. I bambini più poveri lustrano scarpe dopo la scuola, mentre giovani imprenditori fanno jogging con l’iPod al braccio. In una piazzetta affacciata sul Bosforo, anziane signore vendono mangime per piccioni mentre il parcheggiatore del nostro camper – un afghano biondo e con gli occhi verdi – ci stacca la ricevuta per il compenso e ci offre il tè, trattandoci con la proverbiale ospitalità turca.

Il lungomare intitolato a Kennedy è uno dei luoghi ove si può sostare con il camper.
Il lungomare intitolato a Kennedy è uno dei luoghi ove si può sostare con il camper.

Qualcuno ha detto che la civiltà di un popolo si misura anche da come tratta gli animali da compagnia, e l’affettuosa condiscendenza verso i migliori amici dell’uomo è un altro aspetto che ci sorprende. Un distinto uomo d’affari si china per accarezzare una pallina di pelo miagolante, mentre il gestore di un chiosco di frutta sbocconcella spiedini di carne prima di passarli a un grosso persiano; decine di cani scorrazzano per le strade, innocui e curiosi, concedendo agli avversari felini una tregua serena. Più di pace e meno che mai di guerra, la Istanbul che fu Bisanzio e Costantinopoli sembra vivere di ricostruzione e di rinascita: assedi, invasioni, cataclismi sono solo attimi nel suo continuo rinnovamento. Anche oggi, la pulsione verso l’Europa aggiunge pezzi di nuovo sulle fondamenta dell’antico: cartellonistica multilingue viene sistemata in ogni sito interessante, scuole di inglese e francese sorgono tra gli edifici tradizionali dai balconi di legno, le case da fumo attrezzano con Internet wi-fi i tavoli con il narghilè. E’ questo il primo elemento di fascino che riconosciamo al capolinea dell’Orient Express: la sua capacità di trasformarsi e di inglobare le nuove realtà senza rinnegare il passato.

 

Culture a confronto

La basilica (ora museo) di Santa Sofia
La basilica (ora museo) di Santa Sofia

Per quanto 12 milioni di abitanti e una superficie di più di 5.500 chilometri quadrati facciano di Istanbul la più grande città europea e la terza al mondo, la parte più interessante per il turista si concentra sul promontorio che sporge verso il Bosforo, tra l’Haliç, ovvero il Corno d’Oro, e il Mar di Marmara.
La nostra visita inizia a poche decine di metri dal lungomare intitolato a Kennedy, nel quartiere di Sultanahmet, il cui centro è una grande piazza che fu la sede dell’ippodromo voluto intorno all’anno 200 da Settimio Severo e grandiosamente ristrutturato quando Costantino decise di trasferire la capitale dell’impero a Bisanzio. Con la tradizionale forma a ferro di cavallo, il circo poteva ospitare sino a 100.000 persone; oggi si passeggia fra reperti provenienti da ogni parte del mondo allora conosciuto.

Particolare dell'obelisco di Teodosio
Particolare dell’obelisco di Teodosio

L’Obelisco di Teodosio prende il nome dal cesare che lo fece portare qui nel 390, ed è certamente il più antico monumento della città: in origine il monolito era stato eretto intorno al 1450 a.C. presso i templi di Karnak, in Egitto, sotto il regno del faraone Thutmosis III. Anche la Colonna Serpentina ha qualche anno sulle spalle, essendo parte del tripode celebrativo della vittoria greca sui Persiani nella battaglia di Platea del 479 a.C. Non si conosce invece la data esatta dell’Obelisco di Costantino VII Porfirogenito, ma si sa per certo che quell’imperatore lo fece restaurare nel X secolo: era rivestito da decorazioni in bronzo che vennero trafugate durante i saccheggi degli eserciti latini, come vengono qui chiamati, nel corso della Quarta Crociata.

La Moschea Blu
La Moschea Blu

A lato della piazza sorge la Sultan Ahmet Camii, assai più nota come Moschea Blu per via del colore degli oltre 21.000 pezzi di maiolica che decorano gli interni, ma la vera particolarità di questa grandiosa costruzione sta nel numero di minareti di cui è dotata, ben sei. La Moschea Blu si guarda a distanza con la Basilica di Santa Sofia, la cattedrale voluta da Costantino che mai la vide finita: venne inaugurata nel 360, ma già nel 415 fu necessario riedificarla in seguito a un incendio. Durante una grande rivolta scoppiata nel 532 contro Giustiniano (che la sedò nel sangue, facendo migliaia di vittime) la basilica fu data alle fiamme e distrutta, per essere ricostruita in soli cinque anni in maniera ancora più sfarzosa. Una meraviglia architettonica di dimensioni spropositate, con decorazioni di marmi, porfidi e splendidi mosaici; la magnifica cupola risorse più bella di prima, ma subì poi altri crolli e restauri. Anche Santa Sofia fu sottoposta a numerose razzie da parte dei crociati; più tardi, nel 1453, gli ottomani guidati da Maometto II la convertirono in moschea intonacando le immagini cristiane, sostituendo l’altare con la tribuna del müezzin e aggiungendo i minareti. E arriviamo al 1934, quando Mustafa Kemal Atatürk – l’uomo che nel 1923 fondò la Repubblica Turca e che la presiedette fino alla morte, nel 1938 – decise di trasformarla in un grande museo, perché tutti potessero ammirare gli splendidi mosaici dorati sopravvissuti alle distruzioni, capolavori dell’iconografia bizantina.

Interni della basilica di Santa Sofia
Interni della basilica di Santa Sofia

Sulla piazza di Santa Sofia si trovano anche gli ingressi dei due grandi serbatoi sotterranei che garantivano l’approvvigionamento idrico alla città in caso di assedio: la Yerebatan Sarayi, una stupefacente cisterna-basilica voluta ancora una volta da Giustiniano, e la Binbirdirek Sarnici, il cui nome significa “cisterna delle 1.001 colonne” (in realtà sono 224, ma una visita la merita ugualmente). Poco lontano è anche l’Haseki Hürrem Sultan Hamami, l’Hammam della Sultana, voluto nel XVI secolo da Solimano il Magnifico.

Interni della basilica di Santa Sofia
Interni della basilica di Santa Sofia

 

Sfarzo regale

La panoramica torre di Galata ricorda la colonia fondata dalla Repubblica di Genova
La panoramica torre di Galata ricorda la colonia fondata dalla Repubblica di Genova

Mehmet II non amava le case piccole, come dimostra la reggia che si fece costruire dopo aver assediato e preso Costantinopoli. Il Topkapi è un edificio enorme, costruito come un sarayi, cioè un serraglio con ampio cortile fortificato, circondato da mura e protetto da 28 torri. Una volta passata la porta imperiale ci sarebbe da perdersi fra le sale e i porticati che si estendono su 700.000 metri quadrati, centinaia di stanze e ambienti finemente decorati in ogni dettaglio, tra cui spiccano la sala dei visir, il chiosco delle ceramiche, l’harem e i lussureggianti giardini per riposare le stanche membra; ma a colpire di più è generalmente la visita al Tesoro, un insieme mozzafiato di gioielli e manufatti in metalli nobili. Oltre ad un trono in oro massiccio, una culla per infanti tempestata di rubini, un pugnale dal manico ricoperto di smeraldi enormi, un casco da cerimonia in oro e zaffiri, una brocca in cristallo e lapislazzuli, il Topkapi conserva uno dei diamanti più grandi del mondo. Forse meno luccicante ma altrettanto sorprendente e preziosa è la collezione di reliquie musulmane conservate nella sala del Sacro Mantello, che oltre all’indumento del Profeta raccoglie vari oggetti, tra cui quello che si crede sia il bastone appartenuto a Noè.

le raffinate decorazioni del Topkapi
le raffinate decorazioni del Topkapi

Usciti dal Topkapi, ancora storditi, vale la pena fare una piccola pausa prima di dirigersi verso una meta più rilassante. Con gli affollatissimi mezzi pubblici urbani ci spostiamo verso ovest, dove ha sede l’università e dove troviamo uno degli edifici religiosi più noti al mondo: la Moschea di Solimano, che domina lo skyline di Istanbul. La Süleymaniye Camii è uno dei più felici esempi di architettura imperiale ottomana; venne costruita in soli sette anni alla metà esatta del XVI secolo, su progetto del celebre architetto Sinan. Solimano il Magnifico, che è sepolto proprio qui accanto, volle che la moschea richiamasse la struttura di Santa Sofia, per creare una sorta di continuità fra l’impero di Giustiniano e il proprio sultanato.
Molti principi si dedicarono ad arricchire Istanbul di palazzi, moschee e mercati. Poche centinaia di metri ed eccoci di fronte alla Yeni Cami, la seicentesca Moschea Nuova affacciata sul Corno d’Oro, con la tribuna su cui il sultano si ritirava per le preghiere del venerdì. Altri due passi e siamo al Misir Çarshisi, il Bazar Egiziano: costruito nel XVII secolo e restaurato nel dopoguerra, è conosciuto anche come Bazar delle Spezie e ci fa pregustare la prossima tappa. Il sultano Mehmet II non si preoccupò soltanto di sistemare al meglio il palazzo del Topkapi, e per non smentire le sue manie di grandezza decise di dotare la città del più grande mercato coperto che si fosse mai visto: il Gran Bazar o Kapali Çarshi, realizzato nel 1461 e ampliato nel 1550 e nel 1700, è un quartiere commerciale con 64 strade che ospitano centinaia di botteghe, negozi, uffici bancari, una stazione di polizia, un’infermeria e l’ennesima moschea. Un luogo ideale anche per assaggiare le gözleme, le tipiche crêpes farcite con carne o formaggio.

La moschea di Solimano
La moschea di Solimano

Il soggiorno a Istanbul volge ormai al termine, ma non si può ripartire prima di aver attraversato il ponte sul Corno d’Oro per visitare il quartiere dove sorgeva la colonia genovese di Galata, di cui resta testimonianza nella trecentesca torre che domina la scenografica collinetta. Seguiamo le acque del Bosforo sino a giungere al Palazzo Dolmabahçe, fatto costruire alla metà del XIX secolo dal sultano Abdülmecit, estensore di numerosi leggi per ammodernare il paese. Tra le centinaia di locali dell’edificio, che oggi è un museo, vanno segnalati il giardino invernale, la sala di madreperla, la sbalorditiva scalinata di cristallo e la camera da letto dell’Atatürk. Il “padre della patria” è una figura quasi venerata dalla popolazione: fu lui che – pur adottando un sistema autoritario – depose il sultano, laicizzò lo stato e istituì il suffragio universale.

Case restaurate lungo il bosforo
Case restaurate lungo il bosforo

All’uscita dal palazzo, il camper non vede l’ora di macinare un po’ di chilometri. Poco fuori dal centro storico facciamo una breve sosta al museo ospitato nell’antichissima chiesa di San Salvatore in Chora, costruita nel V secolo e ristrutturata intorno al 1080, un piccolo capolavoro dell’architettura bizantina. Poi ripartiamo verso ovest, lasciandoci alle spalle una città sconvolgente per la bellezza, per la storia e per l’umanità: nei nostri specchietti retrovisori, come nelle nostre emozioni, c’è ancora Istanbul.

Artigianato locale al Gran Bazaar
Artigianato locale al Gran Bazaar

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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