Quando Yoghi dorme

Un'eccezionale esperienza di vita pleinair permette di visitare convenientemente lo Yellowstone National Park anche d'inverno, quando i cinque campeggi del parco sono chiusi (e gli orsi in letargo). Seguiteci.

Indice dell'itinerario

Per immergersi nel paesaggio invernale della più grande e frequentata area protetta degli Stati Uniti, basta partecipare a uno dei tour denominati Wonderland Package, organizzati da tre anni in qua dalla Yellowstone Association (un sodalizio no profit) in collaborazione con la società Yellowstone Park Lodges, che gestisce tutti i lodge esistenti all’interno del parco. Si tratta di una serie di itinerari guidati che permettono in cinque giorni di permanenza di osservare molti animali e gli angoli di maggior interesse. I grandi spostamenti si effettuano su pulmini fuoristrada o sul gatto delle nevi, per poi calzare sci e racchette o visitare a piedi le aree geotermali. Ogni gruppo, composto da non più di 12 partecipanti, è accompagnato da un biologo che conosce approfonditamente la geologia, la flora e la fauna del parco. Lo scorso anno abbiamo partecipato a uno di questi tour e ve lo raccontiamo.

Primo giorno – Lamar Valley e Lost Lake
(escursione sulle racchette: 5 km 2,5 ore)

Da Mammouth Hot Springs punto di partenza e di arrivo di tutti gli itinerari guidati, si percorre in pulmino 4×4 la strada asfaltata che attraversa la Lamar Valley, una straordinaria vallata coperta di boschi che d’inverno ospita un migliaio di cervi, centinaia di bisonti e i ventisette lupi del branco di Rose Creek (vedi “Il ritorno del lupo”). Si raggiungono i locali della base scientifica della Yellowstone Association in cui lavorano i ricercatori che seguono questo branco. Uno degli specialisti tiene un breve seminario sul lupo e i suoi comportamenti e subito dopo, muniti di potenti binocoli montati su treppiede, si va in campo aperto per osservare in natura questo splendido animale. Noi raggiungiamo Kerry, una degli studiosi che seguono costantemente i lupi durante il giorno, che ci indica il branco sui fianchi del dirimpettaio monte Druid Peak. I più se ne stanno a poltrire, sazi del cervo che hanno cacciato all’alba. Posizionati i treppiedi, li osserviamo a lungo fin quando tornano attivi: gli ultimi nati che si azzuffano giocando e gli adulti impegnati nei loro rituali comportamenti gerarchici.
Nel primo pomeriggio calziamo le racchette e percorriamo il sentiero del Lost Lake. Raggiunto in pulmino il punto di partenza, attraversiamo un’area bruciata dall’incendio del 1988 (vedi “Dopo il grande fuoco”) e subito ci immettiamo in un vasto tratto di foresta scampata al disastro. Percorrendo mezzo chilometro in leggera salita, raggiungiamo una stretta valle dove si osserva il tronco di un grande albero fossilizzato. Ai suoi tempi (15.000 anni fa) il clima e la geografia della zona erano molto diversi: oggi, infatti, nell’area di Yellowstone non esistono più essenze come questa (red wood).
Alla testa della valle si apre il Lost Lake nei paraggi del quale spesso si ritira un grande e solitario bisonte maschio che abbiamo la fortuna di fotografare, intento a cercare l’erba sotto la neve. Si costeggia il lago gelato per un chilometro, quindi lo si attraversa, per andare a osservare anche alcuni coyote e un branco di cervi. Poi si torna indietro ripercorrendo lo stesso sentiero.Secondo giorno – Tower Fall Trail
(8 km con gli sci e 2 km a piedi nel canyon: 5 ore)

In pulmino 4×4 si raggiunge l’inizio della strada asfaltata, innevata ma non spazzata e preclusa al traffico, che dalla Tower Junction conduce fino a Canyon Village. Con gli sci ai piedi la percorriamo per 4 chilometri osservando sulla neve numerosissime tracce. La nostra guida le riconosce descrivendoci il comportamento degli animali che vivono o transitano in quest’area. Il primo stop si effettua al Calcite Springs Overlook dove si tolgono gli sci e ci si affaccia sul Tower Canyon, in un punto dove sgorgano numerose sorgenti d’acqua calda dai colori vivissimi. Sono racchiuse da pareti di lava colonnare strapiombanti sulle quali non è difficile osservare i mufloni, ma a noi non capita. Poco più avanti inizia il ripido sentiero che conduce sul fondo del canyon e alla base della spettacolare cascata Tower Fall, ora ghiacciata, che si raggiunge a piedi in circa 30 minuti. La guida spiega la storia geologica di questo angolo spettacolare ma poco conosciuto del parco e, dopo uno spuntino, torniamo indietro per la stessa via. Deviamo brevemente soltanto per un sentiero che permette di attraversare sugli sci alcune radure frequentate da branchi di cervi, che stavolta non si fanno vedere.

Terzo giorno – Old Faithful
(83 km sul gatto delle nevi e visite a piedi)

Ci aspetta un lungo trasferimento sull’anello stradale del parco a bordo del gatto delle nevi, fino al grande geyser Old Faithfull. Prima di partire, apposite scale e marciapiedi sopraelevati in legno ci permettono di visitare le terrazze inferiori e superiori del Mammouth Hot Springs, il complesso geotermale dove abbiamo pernottato. E’ costituito da un incredibile numero di polle e piscine d’acqua calda, bordate da bianche concrezioni di travertino che si accavallano le une sulle altre lungo una parete in pendenza (le striature colorate che spiccano sul bianco si devono a batteri e alghe). Lungo la strada i luoghi d’interesse sono davvero numerosi. Nel primo tratto, fino al bivio di Norris, incontriamo gli Hodoos (un insieme di alte colonne di travertino), le rocce coloratissime del cosiddetto Golden Gate, la bella cascata Rustic e il lago Swan. Subito dopo compaiono la Sheepeater Cliff (insediamento dell’unica tribù di indigeni che viveva permanentemente a Yellowstone), l’Obsidiana Cliff (una cava di ossidiana utilizzata per realizzare utensili taglienti), la Roaring Mountain (un cratere così chiamato perché fino agli anni ’20 le sue fumarole emettevano boati) e il museo dedicato ai ranger (con fotografie e reperti dal tempo in cui era la cavalleria dell’esercito a proteggere l’area). Quindi è la volta del Norris Geyser Basin, che richiede una visita di almeno un’ora (saltuariamente si assiste anche alle eruzioni del geyser più alto del mondo, lo Steamboat, che proietta una colonna d’acqua fino a 150 metri d’altezza).
Si prosegue quindi lungo il corso del Gibbon River (dove fotografiamo due cervi a riposo tra la neve) per immettersi quindi nella Firehole Canyon Drive, una stradina che segue il fondo del canyon tra pareti di lava e cascate. La pista principale riprende poi il corso del fiume attraversando le meraviglie del Lower (dove si osservano esempi di tutti i tipi di manifestazioni geotermiche: pitte di fango, fumarole, geyser e sorgenti calde), del Midway e dell’Upper Geyser Basins (con la straordinaria piscina dai mille colori Grand Prismatic Pool). L’anello stradale attraversa spesso le zone colpite dal grande incendio, e raggiunge nel pomeriggio il grande e precisissimo Old Faithful, le cui eruzioni hanno una frequenza di 60/90 minuti circa. Se ne visita a piedi tutta l’area circostante, caratterizzata da un’altissima concentrazione di fenomeni effusivi.Quinto giorno – Lonestar Geyser
(da 10 a 18 km sugli sci; da 3 a 5 ore)

Con gli sci ai piedi si lascia l’Old Faithfull Lodge attraversando i boschi che si estendono a meridione. Si incontra e si scavalca l’anello stradale immettendosi, dopo poco meno di un’ora di cammino, nel sentiero per il Lonestar Geyser, sempre in piano e adatto a tutti, che attraversa estesi boschi di conifere scampati alle fiamme. Si raggiunge il geyser in un’altra ora di cammino. Isolato al centro di una vasta radura, striato da mille venature di colore, Il Lonestar è alto poco meno di 4 metri e con puntualità ogni tre ore lancia (molto rumorosamente) fontane d’acqua che possono raggiungere i 10 o 12 metri d’altezza e durare anche 30 minuti consecutivi. I visitatori che assistono a un’eruzione ne annotano l’ora in un apposito taccuino, in modo che i visitatori successivi possano regolarsi (a noi capita di aspettare poco più di un’ora). Dopo l’eruzione, davvero spettacolare e prolungata, i più allenati del gruppo continuano a sciare per un’altra ora; noi torniamo indietro per deviare con la seconda guida in un’area di wilderness assoluto (dove avvistiamo un coyote). Infine si rientra in albergo.

Quinto giorno – Grand Canyon e fiume Yellowstone
(sul gatto delle nevi; escursioni a piedi)

Attraversando fittissimi boschi di conifere, il gatto delle nevi segue l’anello stradale verso est raggiungendo il grande Yellowstone Lake (completamente ghiacciato) e il complesso geotermale di West Thumb. Questo è formato da numerose sorgenti d’acqua calda smeraldina e da fumarole che si aprono in un’area ristretta lungo la sponda del lago. Famosa è quella detta Fishing Cone, perché i primi esploratori dell’area vi bollivano le trote appena pescate nel lago. L’area è saltuariamente visitata da solitari bisonti adulti e stabilmente abitata da una colonia di lontre, grazie alle acque calde riversate nel lago che impediscono la formazione di ghiaccio vicino alla riva (ma gli animali sono attivi solo nelle prime ore del giorno e della sera).
Dal lago fino al Grand Canyon Yellowstone la pista segue spesso il corso del fiume e possiamo osservare coppie di cigni selvatici e numerose oche canadesi che vi vengono a svernare perché queste acque non ghiacciano mai del tutto. E’ questo il tratto di pista meno battuto dalle motoslitte, con vasti e maestosi panorami avvolti dal silenzio. Nella tarda mattinata si raggiungono i belvedere che permettono di affacciarsi sul Grand Canyon ad ammirare l’impressionante voragine scavata dal fiume nel suolo vulcanico. Sullo sfondo l’imponente cascata Lower è parzialmente avvolta da uno strato di neve e di ghiaccio.
Con tanta bellezza negli occhi si ritorna a Mammouth Spring ripassando per Norris. E se non è troppo tardi, se ne approfitta per visitare ancora qualche angolo tralasciato nei primi giorni.

PleinAir 366 – gennaio 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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