Prospettive regali

Nel raggio di 70 chilometri da Torino, le Valli di Lanzo sono lo scenario di altrettante piste da fondo che si snodano fra le borgate alpine incoronate dai monti. E quando la neve scarseggia, niente di meglio che immergersi nella storia sabauda visitando la splendida Reggia di Venaria Reale, da poco riaperta, e il Parco della Mandria.

Indice dell'itinerario

Quando si cerca una meta per le vacanze invernali, sempre più spesso salta fuori la domanda: se non c’è neve, se si mette a piovere, se fa troppo freddo, che facciamo? Per chi ha prenotato un albergo spesso non c’è via di scampo, mentre la mobilità offerta dal veicolo ricreazionale permette di trovare ottime risposte alle sempre più frequenti bizzarrie del clima o alla scarsità di innevamento; e anche quando la situazione per lo sci è ottima, si possono unire mete non lontane per vacanze all’insegna di sport, natura e cultura.
E’ sicuramente il caso dell’accoppiata tra lo sci di fondo nelle Valli di Lanzo e la visita dei gioielli di Venaria Reale, la Reggia e il Parco della Mandria. Appena 50 chilometri separano le piste di fondo della Val Grande, di Balme e di Usseglio dall’ingresso del fantastico insieme di palazzi barocchi della Reggia di Venaria e dei suoi Giardini: appena restaurato e riaperto al pubblico, il complesso monumentale è stato premiato da un riscontro quasi inatteso, tanto che nei giorni festivi le code alle biglietterie e lungo le strade d’accesso sono frequenti. Meglio perciò escludere i finesettimana e dedicare alla visita i feriali, mentre qualsiasi giorno è indicato per il vicino Parco della Mandria, con il suo castello, e per le escursioni sugli sci.

La Val Grande e gli otto villaggi
Le Valli di Lanzo sono tre, e altrettante sono le piste da fondo. Se la copertura nevosa è buona conviene senza dubbio iniziare dalla Val Grande, la più settentrionale. Come dice il nome, è anche la più ampia e solatìa, con una comoda strada di accesso e un fondovalle pianeggiante, ideale per gli insediamenti e per tracciarvi il percorso sciistico: non a caso il centro fondo si chiama 8 Villaggi, poiché l’itinerario si snoda tra le numerose frazioni dei comuni di Chialamberto e Groscavallo, che si susseguono l’una dopo l’altra.
Proprio il buon soleggiamento e la quota modesta, però, creano frequenti problemi per la battitura della pista. Negli ultimi anni era chiuso l’accesso da Chialamberto, dove si trova anche un piccolo skilift: sulla pista da discesa c’è un cannone per l’innevamento artificiale, mentre per trovare neve su quelle da fondo bisogna proseguire fino a Pialpetta. Qui, appena usciti dall’abitato, si trova a sinistra il breve accesso sterrato al parcheggio del centro fondo. Con il camper conviene proseguire lungo la valle sino a Forno Alpi Graie, un villaggio d’altri tempi, dove la strada termina a una quota di appena 1.219 metri: un pugno di case, un albergo, un ristorante dove si rifocillano i fondisti, un ampio piazzale dove si può sostare senza problemi.
La pista di fondo di 17 chilometri si dipana a saliscendi sul primo tratto nella piana di Forno, dominata da possenti cime, poi continua lungo il torrente Stura di Val Grande. Si lascia a destra il piccolo villaggio di Campo della Pietra, poi si sfiora il capoluogo Groscavallo con la sua parrocchiale barocca, e si raggiunge Pialpetta: qui si stacca a destra un anello breve ma impegnativo che si snoda con ripide impennate nel bosco per circa 2 chilometri. Continuando sul tracciato di fondovalle si sfiora Migliere e si raggiunge Bonzo, a quota 970 metri, dove in genere termina la parte ben battuta (di rado si prosegue per Chialamberto). Il rientro prevede qualche tratto in salita, ma la fatica è compensata dallo splendido scorcio sulle cime della testata della valle a cui ci si avvicina progressivamente, mentre i bar e ristoranti delle borgate sono segnalati per invitare i fondisti a una pausa ristoratrice.

La Val d’Ala e il Pian della Mussa
Se la neve scarseggia, arrivando da Lanzo Torinese e Pessinetto bisogna assolutamente puntare verso Balme. In questo caso si percorre la strada della Val d’Ala, che si dirama da quella della Val Grande nei pressi di Procaria (per chi giunge da Groscavallo è meglio evitare la scorciatoia tra Fé e Ceres). La strada è buona, con pochi tornanti, e dopo aver attraversato Ceres e le frazioni di Ala di Stura termina a Balme (sono 50 chilometri da Venaria e appena 35 da Forno, ovvero da una pista di fondo all’altra). Conviene fermarsi in uno dei parcheggi che precedono il centro urbano, anche perché la strada si restringe nel vecchio borgo, e cominciare con un giro a piedi per osservare la gola in cui scorre la Stura e per visitare il nucleo di origine cinquecentesca arroccato intorno alla casa-forte del Rociàs. Gli edifici sono collegati da viuzze e passaggi coperti per spostarsi da un punto all’altro senza problemi in caso di precipitazioni nevose, che qui erano molto abbondanti: siamo infatti a quota 1.450, e se la neve non c’è in paese i fondisti possono trovarla ai 1.750 metri del Pian della Mussa.
Usciti “in punta di Balme”, quasi sempre si possono già calzare gli sci per seguire la strada innevata e battuta che con 3 chilometri di salita conduce al Pian della Mussa. Per chi preferisce le racchette c’è un itinerario ben tracciato che inizia subito dopo Balme, attraversa il torrente su una passerella e con 300 metri di dislivello esce anch’esso nel Pian della Mussa. Il colpo d’occhio è fantastico: il vasto pianoro è circondato da imponenti cime tra cui la Bessanese, il Collerin, l’Uia di Ciamarella, e d’inverno ritrova la sua quiete poiché si raggiunge solo a piedi o con gli sci. Qui vengono tracciati diversi anelli per il fondo: Rocca Tovo (3 chilometri e mezzo), Pian dl’Andret (5 chilometri), Le Ghiaires e Valanga Nera (8 chilometri): le possibilità sono notevoli e permettono di scoprire che il paesaggio è decisamente più ondulato di quel che si crederebbe. La sciata si può interrompere con una sosta al rifugio CAI Città di Ciriè, posto sul versante soleggiato e raggiungibile anche con le racchette lungo il percorso pedonale. Per il ritorno a Balme si dovrà ripercorrere in discesa, con un po’ d’attenzione, la stessa strada.

La Valle di Viù e Usseglio
La più meridionale delle Valli di Lanzo ha un strada di accesso un po’ più stretta e tortuosa, soprattutto nel primo tratto che conduce da Germagnano a Viù; poi si abbassa per seguire la Stura di Viù, che si attraversa passando a fianco di un antico ponte ad arco in pietra. Dopo un altro ponte si tocca Lemie, si fanno pochi tornanti e si giunge a Usseglio, ultimo comune della valle: un piccolo centro turistico che ha visto la nascita dell’alpinismo piemontese ed era già famoso alla fine del XIX secolo, come testimoniano alcuni storici hotel (da non perdere un’occhiata, anche solo per il caffè, al Grande Albergo Rocciamelone). Usseglio ospita d’inverno un centro fondo e una pista di pattinaggio con ghiaccio naturale: la quota è di 1.265 metri, ma il soleggiamento nella stagione fredda è modesto, così le temperature restano basse. Per i camper è prevista la realizzazione di un’area attrezzata, mentre ora si sosta in uno slargo dal quale si accede direttamente alla pista da fondo.
Si comincia nella piana di Usseglio, dove il tracciato corre lungo entrambe le sponde della Stura; poi ci si può spingere verso Margone, con un anello a saliscendi, oppure procedere in direzione opposta su un tratto più turistico che segue sempre la Stura di Viù: si raggiunge così un lago artificiale, gelato d’inverno, che precede la Piana di Piazzette, dove inizia il percorso di ritorno verso il capoluogo (in tutto sono 11 chilometri).
Usseglio è interessante anche per chi ama lo sci da discesa. Proseguendo infatti verso Margone e svoltando a sinistra si raggiungono gli impianti di Pian Benot, che dispongono di due skilift, tre baby, un nastro trasportatore e giochi sulla neve per i più piccoli: una stazione con prezzi ragionevoli, ideale per i principianti e le famiglie con bambini.

Venaria Reale, la Reggia e i Giardini
Può rappresentare un piacevole intervallo culturale fra le escursioni sulla neve o una soluzione ideale se peggiorano le condizioni meteorologiche, ma la Reggia di Venaria Reale è una meta che da sola merita il viaggio.
Si tratta dell’edificio più bello tra quelli voluti dai Savoia, che nella nuova veste è il risultato di un cantiere di restauro fra i più grandi d’Europa: 250.000 metri quadrati di superfici coperte e 800.000 di terreni riportati allo splendore di un tempo. I lavori sono ancora in corso, ma già ora la visita della Reggia e della mostra “Arte, magnificenza e storia di una corte europea” (aperta fino al 30 marzo) richiede come minimo mezza giornata. Difficile immaginare che già nel 1663 il duca Carlo Emanuele II avesse deciso di costruire un palazzo così sfarzoso, in grado di rivaleggiare con quelli di corti ben più potenti. Il primo nucleo, distinguibile per l’intonaco bianco, venne progettato dall’architetto Amedeo di Castellamonte. Il palazzo venne poi ampliato con altri edifici, riconoscibili per i mattoni a vista: dal 1699 diresse i lavori l’architetto Garove e dal 1716 lo Juvarra a cui si devono la grande cappella di Sant’Uberto e la Galleria Grande, una sala lunga 80 metri e alta 15, che bisogna ammirare alla luce del tramonto. Poiché l’esposizione inizia nei sotterranei e il senso di visita è obbligato, conviene entrare in mattinata, scoprire la storia dei Savoia con l’aiuto delle installazioni del regista Peter Greenaway e poi salire al primo piano.
Dalla Sala di Diana si accede ai Giardini, che offrono un eccezionale colpo d’occhio verso i boschi del Parco della Mandria, con lo sfondo delle montagne delle Valli di Lanzo. Il giro, ideale nelle ore invernali più calde, richiede un paio d’ore: i viali, i giochi d’acqua e le siepi appena ricostruite coprono solo una parte della sede originaria ma ne ricreano alla perfezione le scenografie, con qualche tocco di arte moderna. Lungo il viale sopraelevato che domina la Pescheria Grande si susseguono infatti le opere di Giuseppe Penone, artista piemontese che ha sempre giocato con i temi della natura (in uno specchio d’acqua si forma, a intervalli regolari, la gigantesca impronta di un dito).
Nel primo pomeriggio si può riprendere la visita delle sale del primo piano (notevoli i costumi di corte confezionati con la carta), facendo qualche puntata verso la Galleria Grande che diventa sempre più luminosa. Oltre la sala vi sono altre installazioni di Greenaway, poi la Galleria Piccola, il bookshop e infine la cappella di Sant’Uberto.
Un insieme di edifici meravigliosi, che rivaleggiano in bellezza con Versailles. Eppure nel 1958 era previsto il loro abbattimento per realizzare abitazioni: dopo un secolo di utilizzo come caserme e poi di abbandono erano infatti ridotti in pessime condizioni, e solo un gruppetto di abitanti di Venaria ne aveva colto il valore e aveva cominciato a battersi per il loro recupero. Gianfranco Falzoni, uno dei fondatori dell’Associazione Venariese Tutela Ambiente, ci racconta il loro lavoro certosino e instancabile di salvaguardia, che ha dato i suoi frutti solo quarant’anni dopo. Il colpo di scena è nel 1997, quando la Reggia viene visitata dall’allora ministro Veltroni e finalmente iniziano i lavori di restauro: il risultato di quella lontana intuizione è ora sotto i nostri occhi.

La Mandria e gli appartamenti reali
Appena 2 chilometri separano la Reggia di Venaria dal Borgo Castello della Mandria: li collega un viale di platani e poi, oltre il Ponte Verde, si prosegue a piedi o in bici verso le scenografiche svolte che salgono alla meta. Qui, con un salto di un secolo, si può conoscere dal vivo un altro momento della storia dei Savoia: a metà dell’800 è Vittorio Emanuele II, il “re cacciatore”, che fa restaurare le sale più panoramiche del castello, per farne la base delle sue cavalcate nei fitti boschi della Mandria e per ospitarvi la sua amante Rosa Vercellana, “la Bela Rosin”. Non entriamo nel merito delle vicende amorose del sovrano, che vengono di solito narrate durante la visita guidata degli appartamenti reali: ci limitiamo a fornire qualche spunto per visitare il parco circostante, che si estende su 3.000 ettari fatti recintare dallo stesso Vittorio Emanuele II con un muro lungo 36 chilometri, allo scopo di creare un’immensa riserva di caccia popolata ancora oggi da cervi, cinghiali, volpi.
Una parte della tenuta è oggi di proprietà privata, mentre 1.760 ettari sono della Regione Piemonte. La zona più vicina all’ingresso di Ponte Verde si può visitare liberamente a piedi: qui c’è il Percorso Roppolo, un itinerario autoguidato nel bosco, illustrato da un opuscolo. Inoltrandosi maggiormente bisogna percorrere solo i viali aperti al pubblico, riportati su mappa in vendita all’ingresso: si tratta di tracciati pianeggianti, molto adatti alle bici, che si noleggiano sul posto. In alcuni settori invece si può accedere solo con visite guidate: una delle più piacevoli si svolge la domenica pomeriggio e conduce dal Ponte Verde al Lago Grande e alla Villa dei Laghi, un suggestivo reposoir di caccia fatto costruire dall’onnipresente Vittorio Emanuele II. E se si sosta con il camper nelle vicinanze, si può effettuare una delle visite notturne per avvistare gli animali.
A proposito di pernottamento, i vigili di Venaria ci tengono a specificare che i camper possono sostare presso il Ponte Verde e lungo il Viale Carlo Emanuele II, mentre non si può campeggiare. Dunque niente attrezzature all’esterno del veicolo, massima discrezione… e sogni da re.

PleinAir 426 – gennaio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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