Promesse al balcone a Santo Stefano d'Aveto

In linea d'aria dista una trentina di chilometri dal Mar Ligure, via terra il doppio, lungo i tornanti che risalgono l'Appennino: la Val d'Aveto, tutelata da un parco regionale, è una meta per tutte le stagioni, che d'inverno offre itinerari di fondo, escursioni con le ciaspole e facili passeggiate panoramiche. Con tanto di benvenuto ai camper, che trovano utili approdi e soprattutto una gestione del territorio intenzionata a dare al pleinair un posto di riguardo.

Indice dell'itinerario

Anche la Liguria ha il suo piccolo Tibet. Per arrivare a Santo Stefano D’Aveto, dalla trafficata costa di Lavagna e di Chiavari occorre seguire una strada interminabile e tortuosa (ma affrontabile anche in camper con pazienza e cautela) che tocca le vecchie case di Borzonasca, sale con una serie infinita di curve, scavalca lo spartiacque e prosegue tra rocce, magri campi e fitti boschi ai piedi delle cime dell’Aiona, del Maggiorasca e del Penna.

Le acque dell’Aveto scendono in direzione di Piacenza e del Po, ma la parlata della gente e le antiche pietre del castello di Santo Stefano d’Aveto, che appartenne ai Malaspina e ai Fieschi, ricordano che questa terra circondata da montagne è ancora e profondamente Liguria. Dai crinali più alti, nelle giornate serene, lo sguardo spazia sulle vette dell’Appennino e sul mare, mentre d’inverno, quando la tramontana spazza il cielo, all’orizzonte verso nord appaiono le Alpi innevate.

Divenuta quasi remota per il viaggiatore odierno, questa valle è da sempre una terra di transito fra la pianura e il mare. Racconta Cristoforo Campomenosi, sindaco del paese più alto dell’Appennino Ligure: «La strada è arrivata quassù nel 1936, e fino ad allora molti abitanti di Santo Stefano e di Rezzoaglio trasportavano le merci con i muli. Vino e grano viaggiavano dalla Pianura Padana alla Liguria, l’olio faceva lo stesso itinerario in senso inverso. Viaggiando ci si conosceva e ci si sposava. Molti di noi qui a Santo Stefano hanno qualche antenato di Ferriere o degli altri centri del versante emiliano».

Chiavari e il Monte Bue

Grazie alla strada, già alla fine degli anni ’30 gli abitanti di Chiavari, delle altre località costiere e della non lontana Genova iniziarono a venire quassù durante l’estate in cerca di fresco. Spiega Enzo Squeri, presidente dello sci club di Santo Stefano e assessore comunale al turismo: «Prima della guerra sono nati un grande albergo e una colonia della Piaggio, negli anni ’60 sono arrivate le piste da sci, le seconde case e la cabinovia del Monte Bue. Lo sci club, che ha compiuto quarant’anni da poco, è uno dei più attivi e ricchi di storia della nostra regione, e ha molti soci a Genova».

Chi sale in Val d’Aveto a sciare, però, rischia di trovare ben poco, e non solo per la mancanza di neve degli ultimi inverni caldi e asciutti, interrotti soltanto da qualche parentesi di bianco. All’inizio degli anni ’90, infatti, gli impianti del Monte Bue sono stati abbandonati e oggi a Santo Stefano funziona solo un modesto e spesso affollato campo scuola, tanto che ragazzi dello sci club, per allenarsi e gareggiare, devono scendere una curva dopo l’altra a Chiavari e risalire verso le stazioni piemontesi o valdostane. Di nuovi impianti di risalita si parla concretamente da qualche anno; fra due o tre inverni, grazie a 3 milioni di euro già stanziati da Regione e Comune, si dovrebbe poter nuovamente salire in cabinovia fino al Prato della Cipolla, a quota 1.600 metri, dove si snodano le piste più facili della zona. Poi sarà la volta del Monte Bue, sul massiccio del Maggiorasca, dove le piste offrivano uno straordinario panorama in tutte le direzioni. L’obiettivo è il ripristino di impianti e tracciati oggi dismessi, come spiega il sindaco Campomenosi: «Non vogliamo ampliare le strutture, ma ammodernare quello che è stato in funzione per anni e che ha contribuito all’economia e all’immagine di Santo Stefano d’Aveto. Per procurarci i fondi abbiamo aumentato l’ICI, e in paese sono tutti d’accordo. E’ il solo modo per rilanciarci».

Escursioni quattro stagioni

Lo sci, d’altro canto, non è certo l’unica attività per apprezzare l’ambiente della Val d’Aveto. D’estate le panoramiche vette che la chiudono possono essere raggiunte sui sentieri indicati dai curiosi segnavia della FIE, la Federazione Italiana Escursionismo, che è particolarmente radicata nella regione. Sul crinale che separa la valle dalla riviera corre l’Alta Via dei Monti Liguri, uno degli itinerari di trekking più famosi e antichi d’Italia, che si può percorrere almeno in parte, mentre le strade sterrate tracciate fra i pascoli e nei boschi offrono piacevoli sgroppate in mountain bike. Torri e spuntoni di scura roccia vulcanica permettono di praticare l’arrampicata sportiva, e nelle forre percorse da limpidi corsi d’acqua sono stati attrezzati impegnativi percorsi di torrentismo. Chi cerca una vacanza più tranquilla può semplicemente sostare nel verde o dedicarsi alla scoperta delle specialità locali assaggiando il Sansté, il profumato formaggio della valle che si produce nel caseificio di Rezzoaglio.

Paolo Cresta da oltre quattro anni è il direttore del Parco Regionale dell’Aveto, che la Regione Liguria ha istituito nel 1995 su una superficie di 3.018 ettari culminanti nei 1.735 metri del Monte Penna: «La nostra area protetta è piccola – ci dice – ma è circondata da ampie valli selvagge e vede la presenza di una fauna di grande richiamo. Tra i molti mammiferi troviamo una dozzina di lupi, e i rapaci includono quattro coppie di aquile. La flora, invece, comprende varie decine di endemismi e una straordinaria varietà di fioriture». In una parte d’Italia dove le aree protette non sono mai state amate, il nuovo turismo legato alla natura e i rimborsi pagati direttamente dal parco per il bestiame ucciso dal lupo sono riusciti a creare un’atmosfera diversa.

Se l’estate è prodiga di opportunità di visita, a maggior ragione si auspica il rilancio della stagione invernale. E così, il parco e il Comune di Santo Stefano da qualche anno collaborano nel preparare le piste da fondo nella foresta ai piedi del Monte Penna. Dal romantico Lago delle Lame, nelle belle giornate d’inverno partono escursionisti sulle racchette da neve o sugli sci verso il crinale del Monte Aiona, la più solitaria tra le cime che chiudono la Val d’Aveto. Sulle rocce del Monte Penna, da decenni gli alpinisti del litorale imparano l’arte dell’arrampicata su neve e ghiaccio.

Anche il turismo itinerante, in questo quadro, può svolgere un ruolo di notevole rilievo. Spiega Paolo Cresta: «Accogliere bene i visitatori per noi è importante. Per ora, purtroppo, nei comuni del parco ancora non ci sono aree di sosta attrezzate per i camper, ma la prima verrà realizzata da noi nella Foresta del Penna, nell’ambito di una ristrutturazione che trasformerà le casermette forestali della zona in rifugi escursionistici. Accanto a uno di essi, per cominciare, sarà allestito uno spazio espressamente dedicato alla sosta dei camperisti». I lavori per il nuovo rifugio del Monte Penna termineranno nel 2009 e il parco ha già iniziato a pensare alla possibilità di creare altre strutture, a iniziare dal Passo del Bocco. In ogni caso nei comuni dell’area protetta, salvo località particolari, non è espressamente vietata la sosta dei camper, purché la permanenza non si prolunghi per più giorni nello stesso luogo e si osservino le consuete norme igieniche e di comportamento.

Gli itinerari nel Parco Regionale dell’Aveto

Intanto, il Parco Regionale dell’Aveto ha investito energie e fondi nella realizzazione di carte e guide per il trekking in ogni stagione. D’inverno gli itinerari del settore più meridionale dell’area protetta (quella che culmina nel Monte Bossea e nel Monte Comarella) restano spesso percorribili senza alcuna difficoltà, come mostrano anche il numero e la varietà degli escursionisti che è facile incontrare da queste parti, mentre quelli che si sviluppano a quote più elevate richiedono una certa esperienza. Con la montagna innevata si può scegliere se muoversi con le racchette da neve o con gli sci; sulle creste, dove il vento teso crea spesso un insidioso strato di ghiaccio, sono invece necessari la piccozza e i ramponi.

L’itinerario più classico in veste invernale è offerto dai 7 chilometri che collegano la casermetta forestale del Monte Penna al Passo del Tomarlo, e che in presenza di neve si trasformano in un magnifico percorso per fondisti: il tracciato viene saltuariamente battuto, e lo stesso vale per alcune sue varianti. Apprezzata anche dagli amanti delle ciaspole è la comoda strada forestale che procede dalla stessa casermetta al Passo dell’Incisa, da cui si può proseguire verso il Passo dei Porciletti e il settore meridionale del parco. Ancora gli sci da fondo o le racchette si possono utilizzare per salire dal Lago delle Lame verso la Riserva Naturale delle Agoraie, dove una fittissima foresta circonda alcuni laghetti di eccezionale valore naturalistico che si aprono intorno ai 1.300 metri di quota; in condizioni normali occorrono invece l’attrezzatura da sci alpinismo o i ramponi per continuare a salire verso il Passo Pre’ de Lame e i 1.701 metri del Monte Aiona, la più remota fra le cime che fanno da corona alla valle.

Dal Monte Nero al Monte Penna

Inizia oltre il Passo del Tomarlo, sulla strada per il Passo dello Zovallo e Ferriere, il viottolo indicato dai segnavia n. 821 che sale nel bosco fino a un suggestivo pianoro e raggiunge la sella che stacca il Monte Maggiorasca e il Monte Bue dal Monte Nero (gli edifici in abbandono presso la cima del Monte Bue non offrono un’immagine piacevole, ma è tutto sommato l’unico neo di questa escursione). Per arrivare alle due vette più elevate della zona si deve piegare a sinistra e toccare l’arrivo degli impianti di risalita in abbandono, per salire al Monte Nero ci si deve invece dirigere a nord-est. Le racchette si possono utilizzare in condizioni normali di innevamento, ma devono essere tolte là dove il percorso diventa roccioso e ripido.

La meta più ambita dai visitatori della valle rimane comunque il Monte Penna, che raggiunge i 1.735 metri di altezza. Dal Passo dell’Incisa (raggiungibile mediante la facile escursione già illustrata) si piega a sinistra per un sentierino che si alza nel bosco: un passaggio tra cespugli spesso sovraccarichi di neve porta alla cresta sommitale e alla cima della montagna, dove sorgono una statua della Madonna e una cappella. In condizioni normali il tragitto si compie senza problemi con le ciaspole, ma quando la neve è gelata il brevissimo tratto oltre il limite del bosco dev’essere affrontato con i ramponi ai piedi. Dalla statua, nelle giornate serene si vedono il Monte Rosa, le Apuane, le acque luminose del mare, mentre in primo piano si stende un oceano di boschi, crinali, valli. La Liguria selvaggia c’è ancora, e la Val d’Aveto è uno splendido balcone per scoprirla.

————————————————————————–

Ti è piaciuto l’itinerario? Qui trovi tutte le aree di sosta in Liguria.

E se invece della montagna volessi andare al mare? Puoi percorre un bel giro in biciletta sulla costa ligure.

Tutti gli itinerari di PleinAir sulla Liguria li puoi leggere sulla rivista digitale sul pc, sul tablet o sullo smartphone. Con un anno di abbonamento a PLEINAIR (11 numeri cartacei) hai a disposizione gli inserti speciali, la rivista digitale e l’archivio digitale dal 2015 (con gli allegati).

Con l’abbonamento a PleinAir ricevi i prossimi numeri comodamente a casa e risparmi!

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio