Profondo rosso

Dal Top End al Red Centre; da Darwin ad Ayers Rock: un viaggio nel cuore rosso dell'Australia. Quasi un pellegrinaggio tra i luoghi sacri degli aborigeni.

Indice dell'itinerario

Sì, è un bel posto per perdersi. Perdersi in Australia dà un delizioso senso di sicurezza scrisse Bruce Chatwin nel suo Le Vie dei Canti. Vagabondare nel Red Centre, il cuore rosso del quinto continente, è la chiave per scoprire la bellezza e la maestosità di una terra ostile, ma straordinaria. Il Northern Territory è forse lo stato che più di altri rappresenta la bellezza e la maestosità dell’Australia: dalle foreste pluviali infestate dai salties (coccodrilli) all’incredibile monolito di Uluru (Ayers Rock), occupa una superficie di 1.346.200 chilometri quadrati (circa cinque volte l’Italia), abitati da 195.000 persone, metà delle quali concentrate a Darwin.
Una natura assoluta e spazi enormi inducono il viaggiatore ad apprezzare la vita nomade in assoluta libertà e l’outback, quello che c’è dietro , l’interno inospitale e deserto.
Punto di partenza per la visita del Top End (la parte settentrionale del Northern Territory) è Darwin, la frizzante e moderna capitale, ricostruita dopo che il ciclone Tracy, alla vigilia di Natale del 1974, rase al suolo la gran parte degli edifici.
La città, sviluppatasi soprattutto dopo la scoperta dell’oro a Pine Creek (200 chilometri a sud), è un crogiolo di razze (sono presenti 45 etnie), un miscuglio di edifici moderni e di case basse dai colori sgargianti, un avamposto dove riposare prima e dopo la visita dei parchi del Top End e del Red Centre. Il gran caldo tropicale potrebbe indurre il viaggiatore a rinfrescarsi nel mare, ma ci sono due buoni motivi per non cedere alla tentazione nelle aree non controllate: da ottobre a maggio le acque sono infestate dai jelly-fish, una specie di medusa dai tentacoli micidiali; e poi ci sono i coccodrilli marini (Crocodilus porosus), dal fascino primordiale ma decisamente poco amichevoli.
Per vedere questi ultimi conviene salire a bordo delle robuste imbarcazioni con il fondo d’acciaio, che scivolano sulle acque dell’Adelaide River Crossing (da settembre ad aprile, partenze alle ore 9, 11 e 14.30; chiedere informazioni all’ufficio turistico di Darwin).
Il modo migliore per visitare Darwin è salire sul Tour Tub, un minibus scoperto che effettua un circuito turistico nei principali luoghi d’interesse della città (informazioni presso l’ufficio della Darwin Region Tourism Association, 38 Mitchell Street, tel. 08/89814300, Internet www.nttc.com.au, E-mail info@drta.com.au): il Parlamento, l’Old Admiralty House, il Tempio Cinese e il Museum and Art Gallery del Northern Territory.
In quest’ultimo edificio, oltre alla rassegna d’arte, sono esposti numerosi manufatti aborigeni, anche provenienti dalle Bathust Islands, situate 80 chilometri a nord della città. E’ proprio l’isolamento dal continente che ha permesso agli abitanti delle isole, i Tiwi, di mantenere in parte viva la cultura tradizionale. In passato erano noti per il carattere ostile e bellicoso, che indusse prima i pescatori di Sulawesi e poi i britannici a dirottare i loro interessi altrove.
Le Bathust Islands si raggiungono con piccoli (e traballanti) aeroplani a 12 posti che, un paio di volte al giorno, collegano Darwin al modesto aeroporto di Nguiu nell’isola di Bathurst. Qui abitano circa 1.200 persone; un tempo vivevano quasi esclusivamente di pesca, oggi anche con il ricavato della vendita di oggetti di artigianato che producono e commerciano nell’isola.
Visitati la chiesa della missione e il museo ricco di strumenti musicali e di oggetti d’uso quotidiano, conviene recarsi nei luoghi delle sepolture. Ci accompagna Adam, una giovane e sorridente guida locale che evidentemente non ha ereditato lo spirito bellicoso dei suoi avi. Nel cuore di un bel boschetto, da cui si vede il mare, ecco i primi pukumani posti nei luoghi delle sepolture. Sono singolari pali di legno di carpine, con intagli e decorazioni che raccontano i momenti più importanti della vita del defunto. «Quando qualcuno muore, viene interrato con tutti gli oggetti posseduti; con la morte il defunto perde anche il nome, perciò se qualcun altro del villaggio porta lo stesso nome dell’estinto è costretto a cambiarlo» spiega Adam. La visita delle isole Bathurst è dunque un’ottima occasione per avvicinarsi alla cultura aborigena; per raggiungerle è necessario un permesso, compreso nel prezzo del pacchetto offerto dalla Tiwi Tours (tel. 08/89241115), che tra l’altro sceglie esclusivamente guide locali.

Alice Springs
Darwin è anche il punto di partenza per la scoperta dei numerosi parchi del Northern Territory. I più famosi sono il Kakadu (circa 150 chilometri a est della capitale del Northern Territory; rientra nelle zone protette dall’Unesco anche per le antichissime pitture rupestri) e il Nitmiluk (noto per le tredici gole scavate dal Katherine River). Chi scrive ha preferito visitare il Litchfield Park, posto 140 chilometri a sud di Darwin, a occidente della National Route 1 nei pressi di Bachelor. L’area protetta, di 650 chilometri quadrati, per lo più si articola lungo il Tabetop Range, un vasto altopiano arenarico in parte lambito dalla foresta pluviale. Il parco, molto frequentato dagli australiani, comprende quattro belle cascate (tra le quali la Florence Falls e la Wangi Falls) e una buona rete di sentieri anche ben segnati che s’insinuano nel bush.
Decisamente diverso è il paesaggio che accompagna l’interminabile Stuart Highway fino ad Alice Springs (1.491 chilometri da Darwin, percorribili in auto in circa 15 ore o in 2 ore d’aereo). Sorta nella seconda metà dell’Ottocento a seguito dell’allestimento di una stazione del telegrafo (posta 4 chilometri e mezzo a nord della città, visitabile), allora presieduta da Charles Todd e dalla moglie Alice, oggi questa città moderna conta circa 26.000 abitanti, ma ogni anno ospita circa mezzo milione di turisti. Alice gravita attorno al Todd Mall, l’isola pedonale dove si concentrano le caffetterie preferite dai viaggiatori, i ristorantini che servono specialità australiane (canguro, emù e a volte coccodrillo) e alcune gallerie d’arte. Qui si possono acquistare dipinti di artisti aborigeni, boomerang e didgeridoo (tradizionali strumenti musicali a forma di lungo tubo, ricavati da tronchi scavati dalle termiti).
Al 65 di Hartley Street si trova la Panorama Guth, che ospita diversi dipinti dell’artista olandese Henk Guth e un enorme dipinto circolare raffigurante il Red Centre. Se capitate nei giorni feriali in Head Street (3 chilometri a nord del centro), potete assistere alle lezioni trasmesse via etere dalla School of the Air ai rari abitanti dell’outback. La miglior vista della città si ha dall’Anzac Hill (raggiungibile anche a piedi dall’estremità settentrionale di Todd Street) o dalla mongolfiera. Per quest’ultima escursione si parte di notte, per avere il tempo di gonfiare il pallone prima del sorgere del sole; la durata e la lunghezza del tragitto dipendono, oltre che dalla tariffa scelta, anche dal vento che condiziona la possibilità di alzarsi in volo. Mitica è la colazione offerta al termine del tour: pollo fritto, dolce al cioccolato, frittata, caffè e spumante a volontà.
Dall’alto il bush appare come una landa giallo ocra, punteggiato da una manciata di piante spinose che offrono riparo ai canguri. A sud-est di Alice si staglia la catena MacDonnell; secondo la mitologia degli aborigeni Arrente, da questi monti scesero Yeperenye, Ntyarlke e Utnerrengatye, i tre bruchi che plasmarono il paesaggio durante il dreamtime. Prima di lasciare Alice Sprins, conviene visitare il Desert Park (posto a 6 chilometri dal centro in Larapinta Drive), dove è possibile ammirare piante e animali del deserto, e la Olive Pink Flora Reserve, sulla riva occidentale del Todd River (aperta dalle 10 alle 18, piacevoli passeggiate). Chi preferisce muoversi a dorso di cammello, può recarsi alla Frontier Camel Farm (tel. 1800/808499) dove si organizzano escursioni brevi o di un’intera giornata. Il Red Centre offre splendide possibilità di trekking, in particolare nell’area di Uluru (Ayers Rock, a circa 450 chilometri a sud-ovest di Alice).

La montagna sacra
Lungo quasi 4 chilometri e alto 348 metri, questo monolito rosso sembra un enorme meteorite piovuto dal cielo in pieno deserto. Per gli Anangu, che abitano quest’angolo inospitale del Northern Territory, Uluru è una montagna sacra: è vietato perciò fotografare alcuni versanti, come quello orientale che ogni mattina viene preso d’assalto da migliaia di vocianti turisti accorsi al View Point per vedere l’alba. La scalata di Uluru è permessa, ma è vivamente sconsigliata, non solo perché ogni anno si contano diversi incidenti fatali, ma anche per rispetto agli spiriti sacri degli aborigeni. Eppure ogni giorno centinaia di persone affrontano la scalata, peraltro ingiustamente agevolata da catene d’acciaio che andrebbero rimosse. Chi scrive ha preferito partecipare a un’escursione attorno al monolito, in compagnia di una guida aborigena. Per percorrere il periplo del monolito ci vogliono circa 5 ore, ma ne vale la pena; la passeggiata, assolutamente priva di difficoltà, è un’ottima occasione non solo per scoprire grotte e pitture rupestri, ma soprattutto per avvicinarsi alla complessa cultura degli aborigeni e per comprendere come siano riusciti a sopravvivere in una terra così inospitale. La zona di Uluru, abitata dagli Anangu da più di 20.000 anni, dal 1985 è tornata di proprietà degli aborigeni che l’hanno affittata al governo per 99 anni, in cambio di 150.000 dollari austrialiani annui e del 25 per cento degli incassi dei biglietti d’ingresso al parco. Nonostante le migliaia di turisti presenti, Uluru non delude, soprattutto al tramonto, quando il sole incendia le rocce.
Meno frequentati dagli stranieri, ma affascinanti quanto Ayers Rock, sono i monti Olgas che gli aborigeni chiamano Kata Tjuta (nel loro idioma significa molte teste ). Poste a circa 50 chilometri da Uluru, anche le trentasei cupole di arenaria rossa di Kata Tjuta sono ritenute sacre dagli aborigeni, le cui credenze mistiche restano profondamente legate alla natura. Vedo le Vie dei Canti che spaziano per i continenti e per i secoli; uomini che hanno lasciato una scia di canto ovunque sono andati; e queste scie devono ricondurre nel tempo e nello spazio… dove il Primo Uomo aprì la bocca e gridò la strofa di apertura del Canto del Mondo: io sono… scrisse Bruce Chatwin. In principio il mondo era senza forma, completamente vuoto; esseri primordiali crearono le caverne, i fiumi, le montagne, le piante, gli animali. La legge Tjukurpa, tramandata di generazione in generazione nei canti, nelle danze e nelle cerimonie, ancora disciplina la vita quotidiana degli Anangu. E nei loro luoghi sacri, interdetti alle persone prive della necessaria iniziazione, lo spirito di Kuniya è presente oggi come dal principio della creazione.

PleinAir 367 – febbraio 2003

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio