Polvere di diamanti

Emilia Romagna, Toscana, Marche e Umbria sono le quattro regioni in cui si dipana la Strada del Tartufo dell'Appennino Centrale: una rete di percorsi per assaporare le eccellenze gastronomiche di un ampio territorio, che vede nell'aromatico tubero uno dei suoi prodotti più preziosi. Seguiamo allora questi itinerari del gusto tra borghi e campagne, sagre e ristoranti, montagne e vallate in cui il v.r. è uno strumento privilegiato dell'andar per luoghi.

Indice dell'itinerario

Sansepolcro, Città di Castello, Bagno di Romagna, Sarsina, Urbino, Sant’Angelo in Vado. Sono solo alcuni dei circa ottanta comuni attraversati dalla Strada del Tartufo dell’Appennino Centrale, che include il territorio di undici Comunità Montane in quattro province di altrettante regioni: Forlì e Cesena a rappresentare l’Emilia Romagna, Arezzo per la Toscana, Pesaro e Urbino per le Marche, Perugia per l’Umbria. Un’ampia fascia montuosa e collinare assai piacevole da fruire turisticamente – anche e soprattutto con il v.r. – in un’ottica di ricerca delle eccellenze: la natura tranquilla e suggestiva, le città e i borghi con i loro tesori nascosti, l’artigianato di qualità, le tradizioni e, a completare il quadro, i sapori genuini e raffinati di una ricca gastronomia che ha nel tartufo uno dei suoi protagonisti.
Massimo miracolo è la nascita e la vita di questo tubero che cresce isolato e circondato di sola terra, la secca, sabbiosa e fruttifera terra della lodatissima Africa . Così Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia descriveva il tartufo che anche i Romani, dopo Babilonesi e Greci, apprezzavano per le indubbie qualità gastronomiche e per quelle afrodisiache, pur meno certe. Probabilmente conoscevano però solo il tipo Terfezia leonis o tartufo delle sabbie, che ancora oggi è possibile trovare in Libia ma che a quell’epoca doveva essere piuttosto diffuso lungo la fascia costiera nordafricana. Nel Medioevo si diffidava invece di questo strano prodotto del sottosuolo, sospettando che avesse proprietà venefiche e persino demoniache, mentre nel Rinascimento fu riportato in auge dai banchetti di corte. Per la sua vera consacrazione gastronomica bisogna però attendere gli ultimi due secoli, quando il tartufo è stato riconosciuto come uno dei protagonisti del sapore. Oggi conosciamo diverse specie di tartufo che si succedono durante tutto l’anno. Il Tuber magnatum pico, ovvero il tartufo bianco, matura in ottobre, più o meno nello stesso periodo del tartufo uncinato e del nero ordinario; seguono a dicembre il nero pregiato e più tardi il nero d’inverno, il moscato e il bianchetto. Nei mesi più caldi si trovano invece il tartufo estivo e il raro nero liscio.
L’Appennino Centrale è una delle zone di produzione più note e frequentate, e non è un caso se proprio qui è stata creata una rete di percorsi che si sviluppano tra vallate e borghi storici, montagne e città, conducendo il visitatore a scoprire tutti i segreti del tubero in una vasta area che comprende parte della Romagna, il Montefeltro, il Casentino, l’Alta Valle del Tevere e l’Umbria settentrionale. Grazie a un innovativo progetto del S.I.L. Appennino Centrale (un organismo inserito nell’omonimo Patto Territoriale nato per valorizzare le risorse locali), gli itinerari del tartufo costituiscono ora un autentico punto di riferimento per tutti gli appassionati di questo re della tavola, e rappresentano nel contempo una straordinaria occasione di pleinair. Seguendo l’aroma di quello che viene definito l’autentico giacimento diamantifero dell’Appennino, i percorsi comprendono ad esempio i monti Nerone e Carpegna, la riserva della Gola del Furlo, il parco del Sasso Simone e Simoncello sul versante tosco-marchigiano, mentre il parco delle Foreste Casentinesi è il cuore del tratto tosco-romagnolo. Un altro itinerario che si articola fra Toscana e Umbria è l’Anello di Marzana, attraverso un selvaggio e quasi disabitato ambiente silvestre che arriva fino alla sommità del Monte Favalto da dove, nelle giornate limpide, la vista si estende fin quasi al Lago Trasimeno. Ed ancora, i boschi della Serra di Burano che si attraversa a mezza costa nelle vicinanze degli splendidi manufatti e ponti romani della Via Flaminia.

Proposte di viaggio
La Strada del Tartufo attraversa un territorio scandito da un complesso sistema di rocche, castelli, torri di avvistamento, monasteri che rievocano secoli di storia e la grande creatività letteraria, artistica e architettonica di questi luoghi. Chi ha tempo di regalarsi una vera vacanza autunnale potrà divertirsi a seguire l’itinerario per intero, ma la dimensione ideale è quella del weekend, che permette di scegliere ogni volta un comprensorio e un tema diverso alternando gli innumerevoli motivi d’interesse. Non importa da dove si comincia: ogni accesso al percorso si rivelerà prodigo di soddisfazioni, e non solo per il palato. Se siete appassionanti di castelli – oltre che di tartufi, naturalmente – potreste iniziare dalle Marche, risalendo la Valle del Foglia che si lascia poco dopo per raggiungere la Rocca di Sassocorvaro. Fatta costruire nel 1475 dal conte Ottaviano degli Ubaldini, oltre ad accorgimenti difensivi come l’elevato spessore delle mura, le caditoie e le feritoie, rappresenta il primo esempio di fortezza tondeggiante per sfuggire meglio ai colpi di bombarda, la nuova micidiale arma che cominciava ad affermarsi verso la fine del XV secolo. Monte Cerignone, che appare poco dopo il valico del Monte Fagiola, è un castello medioevale che si inerpica attorno alla fortezza, voluta nel XIII secolo dai conti di Montefeltro. La celeberrima Rocca di San Leo sorge invece su un possente masso calcareo le cui pareti perimetrali, scoscese e perpendicolari al suolo, costituiscono di per sé una fortezza naturale. Durante il Medioevo venne aspramente contesa da Bizantini, Goti, Franchi e Longobardi, mentre nel XVII secolo venne adattata a prigione nelle cui celle furono rinchiusi, fra gli altri, Cagliostro e alcuni patrioti risorgimentali. Sul versante aretino regna il possente misticismo dell’Eremo di Camaldoli, immerso nella magnificenza delle Foreste Casentinesi. Lo straordinario complesso benedettino merita una sosta che consenta una passeggiata nel bellissimo bosco di abeti che lo circonda. Poche decine di chilometri più a sud, il Santuario della Verna ha una secolare tradizione di centro di cultura in una fitta trama di rapporti artistici e scientifici. All’interno di una monumentale foresta di faggi e abeti, è visibile da tutto il Casentino e dall’Alta Valtiberina anche grazie all’inconfondibile sagoma che scende a picco su tre lati.
Ed eccoci in Umbria per una meta a misura di trekking nel Medioevo urbano: Gubbio, che nel suo centro storico raccoglie decine e decine di monumenti, vegliati dalla sagoma del Monte Ingino sulle cui pendici, tra dicembre e gennaio, splendono ogni anno le luci dell’albero di Natale più grande del mondo. Nel vicino castello di Petroia, scenario di fatti storici cruciali, nacque nel 1422 Federico di Montefeltro, alla cui famiglia e alle cui vicende la città è rimasta legata per secoli.
Storia, arte e cultura anche per una tappa in Romagna dove la città-fortezza di Terra del Sole, a pochi chilometri da Forlì, fu fondata da Cosimo I de’ Medici per assolvere a funzioni amministrative, giudiziarie, militari, religiose e commerciali. Sintesi esemplare della nuova concezione urbana che si impose in Italia nel XVI secolo, era pensata non solo come fortificazione ma anche come minuscola città, simbolo del Granducato di Toscana in terra romagnola. E che dire delle tante altre mete collegate dalla Strada del Tartufo? Atlante stradale alla mano, ciascuno potrà scegliere le sue, approfittando di queste settimane d’autunno che sono particolarmente generose di appuntamenti del gusto. Da Bibbiena ad Acqualagna, da Rocca San Casciano a Gualdo Tadino, il cuore montuoso d’Italia è una splendida palestra all’aria aperta per il corpo e la mente, da percorrere in libertà seguendo l’aroma penetrante dei diamanti dell’Appennino.

PleinAir 435 – ottobre 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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