Pleinair sottocosta

Da Cagliari ad Alghero in kayak, dormendo in tenda sulla spiaggia: una vacanza sull'acqua per vivere tutto il piacere del campeggio nautico, affrontando in serenità le intemperanze del mare e del vento.

Indice dell'itinerario

A contatto con la natura, nel pieno rispetto dell’ambiente, muovendosi quanto più possibile in autonomia: è un modo di viaggiare che qualsiasi camperista riconosce di primo acchito, ma che ne direste se il percorso si svolgesse sull’acqua e il veicolo fosse un kayak? Da anni, con mia moglie Barbara e spesso in compagnia di amici, coltiviamo questa passione che ci ha portato a compiere esperienze a dir poco entusiasmanti: il campeggio nautico, infatti, è una pratica ideale per unire libertà e sport nel più autentico spirito pleinair, offrendo inoltre la possibilità di guardare i luoghi con altri occhi (basti pensare a come ci appare la terraferma da un traghetto in avvicinamento alla costa) e, non di rado, raggiungere approdi altrimenti inaccessibili via strada.
Fra i nostri itinerari nel Mediterraneo e non solo, uno dei più affascinanti si è svolto lungo la costa orientale e settentrionale della Sardegna, da Cagliari ad Alghero, viaggiando in senso antiorario e coprendo in media da 30 a 40 chilometri al giorno a bordo di due kayak monoposto: ed ecco il resoconto di questa bellissima avventura che, come leggerete, ci ha riservato anche sorprese di tutt’altro genere.

Tre settimane sottocosta
Sotto il sole di mezzogiorno che arroventa la spiaggia di Villasimius, trasciniamo faticosamente sulla sabbia i kayak in assetto di viaggio, con a bordo le attrezzature da campeggio e i viveri. L’idea di tagliare l’istmo e lo Stagno Notteri per evitare di affrontare a pagaie Capo Carbonara, battuto dal vento, non è stata delle migliori, ma sono gli inconvenienti di una vacanza in cui l’elemento naturale ha una parte preponderante. Riprendiamo con sollievo il mare, sospinti da un piacevole vento in poppa, mentre all’altezza di Punta Molentisabbocca alla lenza una ricciola di un paio di chili. Poco prima del tramonto incontriamo una caletta sabbiosa che ci sembra ideale per passare la notte. Montiamo la tenda, nettiamo il pesce su di un grosso tronco sbiancato dal sole e, dopo averlo arrostito, ceniamo sulla spiaggia deserta prima del meritato riposo.
Il mattino seguente la sveglia suona alle 6. Fuori dalla tenda il bruciatore ad alcool scalda la moka; beviamo una tazza di caffè fumante, smontiamo il nostro tetto di tela e, dopo aver nuovamente caricato i kayak e riposto sacchiletto e materassini all’interno delle borse stagne, siamo pronti per ripartire. Dopo un paio d’ore di pagaiata in direzione di Capo Ferratoci fermiamo in uno dei paesi costieri per rifornirci di acqua, pane, frutta e verdura, quindi riprendiamo il mare per sbarcare più avanti nei pressi di una pineta, che ci difende dalla calura per un momento di relax. Ancora un paio d’ore in acqua, poi ci fermiamo per la notte in prossimità di Muravera. L’indomani, alle 5.45, accendiamo la radio e il bollettino meteo comunica vento da ovest forza 5. Fa freddo, il sole non è ancora sorto e facciamo colazione dentro la tenda, unico riparo sulla lunga spiaggia alla foce del Flumendosa. Ridiscesi in mare, fino a Capo San Lorenzo navighiamo protetti dalle alte scogliere. Più in là si apre la Cala de s’Aqua Durci, un’altra lunga spiaggia disabitata di fronte all’isola di Quirra: pur essendo zona militare, sembra esserci una certa tolleranza riguardo alla presenza di turisti come noi. La sabbia bianchissima contrasta con l’azzurro del mare e con il verde dei canneti, delle tamerici e della macchia che cresce rigogliosa alle spalle delle dune. Nel punto più a nord della baia, a Torre Murtas, i graniti rosa formano un dedalo di scogli tra i quali ci divertiamo a zigzagare con i kayak. Il vento però è girato a maestrale e si è rinforzato tanto da consentirci di avanzare solo per qualche chilometro, impedendoci di arrivare a Melisenda come ci eravamo prefissati. Sbarchiamo su una ripida spiaggia fatta di grossi ciottoli e scopriamo un angolo incantevole sotto olivastri e carrubi: se non fosse per le mosche, davvero tormentose, sarebbe un vero paradiso.
Iniziamo ad accettare il maestrale come una presenza costante. Al mattino è meno intenso, diviene quasi insostenibile dopo mezzogiorno e riprende a diminuire verso sera; noi però abbiamo la necessità di trovare un buon posto dove accamparci quando c’è ancora luce, così non ci resta che approfittare delle prime ore del giorno, fare una lunga pausa per il pranzo e pagaiare di nuovo un paio d’ore nel tardo pomeriggio. Questa volta, invece, dopo aver doppiato Arbatax giungiamo allo spettacolare monolite di Punta Pedra Longa, sotto Baunei, quando il sole è già tramontato e abbiamo appena il tempo di trovare un posto per sbarcare, preparare la cena e montare la tenda prima che faccia buio.
Alle porte del Golfo di Oroseile scogliere calcaree formano una costa quasi completamente priva di ripari in caso di vento e mare mosso, quindi al mattino decidiamo di partire un’ora prima del solito per garantirci un ampio margine di sicurezza. Questi 40 chilometri di inaccessibili falesie sono scanditi di tanto in tanto da piccole e incantevoli spiagge, ma con l’avanzare del giorno arrivano orde di turisti trasportati da grosse imbarcazioni che, poggiando la prua sulla riva, li sbarcano con l’aiuto di trampolini. Intorno a mezzogiorno quasi non c’è più posto sui famosi arenili di Cala Sisine e Cala Luna, e il mare pullula di barche di tutti i tipi. Ormai compromessa la tranquillità dei luoghi, decidiamo di spingerci fino a Cala Gonone, stavolta sotto una fitta pioggia, e infine – bagnati per bagnati! – andiamo a concludere la tappa oltre la grotta di Biddiriscottai, fermandoci a Cala Cartoea ridosso di un’antica colata lavica che ha raggiunto il mare come a chiudere il golfo.
Il mattino successivo il mare è una tavola. Sul fondale sabbioso scorgiamo una razza che nuota avanti e indietro come giocando fra le ombre dei due kayak. Poi, mentre il sole si alza sull’orizzonte, il vento rinforza e gira a nostro favore: spieghiamo le piccole vele di cui i nostri natanti sono equipaggiati e raggiungiamo Capo Comino, fermandoci per la notte tra le dune della bellissima spiaggia di fronte all’isola Ruja. Qualche turista passeggia sulla battigia e ci osserva incuriosito, ma dopo il tramonto rimaniamo romanticamente soli; e così sarà anche la sera seguente, nei pressi di Ottiolu, dove ceniamo con pesce catturato poche ore prima e insalata mista, godendoci l’ennesimo tramonto e poi la luna piena e il nostro fuoco, mentre il mare sciaborda fra gli scogli.
Ormai abbiamo percorso quasi tutta la costa orientale della Sardegna e quando doppiamo Capo Coda Cavalloci appaiono le isole Molara e Tavolara, quest’ultima con la caratteristica conformazione simile alla chiglia capovolta di una nave gigantesca. Il traffico di barche a vela e a motore è molto intenso e occorre prestare la massima attenzione. Ci rifugiamo dietro Capo Ceraso, estremità meridionale del Golfo di Olbia, dove troviamo conforto all’ombra dei ginepri su una spiaggia rosa, fra ruvidi massi di granito. Qualche ora dopo, pagaiando verso l’imboccatura del porto di Olbia, il cielo si riempie di nubi grigio scuro e vediamo dei fulmini cadere nell’entroterra. Sulla spiaggia della Vecchia Dogana abbiamo il tempo di montare il campo e consumare la cena, poi si scatena un finimondo di pioggia, vento e fulmini: il rumore della tempesta e la luce delle saette ci tengono svegli per buona parte della notte, ma la tenda tiene senza troppi problemi.
Il giorno seguente ci fermiamo a Golfo Arancie, ormeggiati i kayak nel porticciolo, ci rechiamo a fare scorte; poi ci spostiamo per il pranzo di fronte all’isola di Figarolo e via, in mare aperto, per doppiare Capo Figari che chiude a settentrione il Golfo di Olbia. Controvento, risaliamo fino a Punta del Canigione, dove ci accampiamo per la notte. Tanto per cambiare, il bollettino meteo mattutino segnala vento di maestrale in tutto il Mediterraneo. Il nostro obiettivo di oggi è superare la Costa Smeralda, dove i liberi nomadi come noi si sentono a disagio: a Cala di Volpe almeno venti navi da sceicco ingombrano la rada, i motoscafi sfrecciano in tutte le direzioni, ci sentiamo piccoli e indifesi e il vento, che continua ad aumentare, non aiuta di certo. Dopo Punta Capaccia non è più possibile andare avanti, a meno di sforzi sovrumani, e siamo costretti a fermarci nella baia di Porto Liccia: per fortuna il posto si rivela così piacevole che dichiariamo conclusa la tappa. I pochi turisti presenti si dileguano nel pomeriggio, Barbara ritorna da una breve passeggiata con un sacchetto pieno di more e di corbezzoli e presto sul fornello bolle l’acqua per preparare minestrone e cous-cous. La serata è splendida, ma il vento non demorde e le previsioni dicono che sarà ancora più intenso nei prossimi giorni. Solo gli improvvisi grugniti dei cinghiali selvatici nella macchia alle nostre spalle ci distraggono dal pensare al mare mosso che dovremo affrontare l’indomani.
Di nuovo anticipiamo la sveglia alle 5 del mattino, quando è buio pesto e la luna è ancora alta. Il caffè esce solo a metà, il tè sa di alcool e fra un pasticcio e l’altro salpiamo alle 7. Siamo ben determinati ma non riusciamo ad avanzare e, dopo aver superato Porto Cervo, siamo costretti a fermarci a Cala Granu. Sono solo le 8 e mezzo, ma il vento soffia già a 25 nodi: doppiare Capo Ferro è impensabile e non ci resta che spostare l’equipaggiamento sul versante settentrionale della penisoletta, nella speranza di poter sfruttare le prime ore del mattino successivo. Neanche a dirlo, al risveglio l’anemometro segna 32 nodi da nord-ovest, circa 60 chilometri orari: pagaiare controvento è escluso e decidiamo di restare a terra. Nel frattempo, però, i nostri amici Mauro e Tatiana sono arrivati in Sardegna e ci aspettano all’Isuledda, nel Golfo di Arzachena, per proseguire il viaggio insieme: preso coraggio, ci rimettiamo in mare e riusciamo a raggiungerli.
Adesso siamo in quattro ad avanzare contro il maestrale: una sosta a Palauper il rifornimento d’acqua e poi su, oltre le Bocche di Bonifacio. Le giornate trascorrono liete in compagnia fra brevi pagaiate, bivacchi in spiaggia, sole e nuotate aspettando che il vento, prima o poi, si plachi; nel frattempo abbiamo modo di osservare che su questo tratto dello splendido litorale sardo non mancano gli abusi edilizi, come una spiacevole stonatura in una melodia particolarmente bella.
Finalmente le correnti aeree ci danno un po’ di tregua, permettendoci di utilizzare nuovamente le nostre piccole vele per perlustrare la costa settentrionale. Dedichiamo un pomeriggio alla visita di Castelsardoarrampicandoci fino in cima al castello, percorrendo le viuzze del centro storico e ammirando il paziente lavoro delle signore del paese, che siedono sull’uscio intrecciando i rinomati cestini di paglia a motivi stilizzati.
Superati Stintino e Capo del Falcone, è il momento di ridiscendere verso sud lungo la costa occidentale, che si presenta più selvaggia; anche qui soffia il maestrale che ora, invece di ostacolarci, sospinge vigorosamente i nostri kayak. L’altissima scogliera di Capo Caccia, che raggiungiamo dopo tre giorni, ci offre uno scenario indimenticabile, con le onde che si infrangono contro la roccia in uno spettacolo davvero emozionante. E siamo ormai ad Alghero, dove si conclude il nostro giro: ma già sappiamo che, non appena avremo un altro scampolo di vacanza, torneremo a pagaiare nelle acque di Sardegna.

Testo di Francesco Petralia
Foto dell’autore, di Barbara Sgarlata e di Tatiana Cappucci

PleinAir 446 – Settembre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

________________________________________________________

Tutti gli itinerari, i weekend, i diari di viaggio li puoi leggere sulla rivista digitale da smartphone, tablet o PC. Per gli iscritti al PLEINAIRCLUB l’accesso alla rivista digitale è inclusa.

Con l’abbonamento a PleinAir (11 numeri cartacei) ricevi la rivista e gli inserti speciali comodamente a casa e risparmi!

photo gallery

dove sostare

tag itinerario

cerca altri itinerari

Scegli cosa cercare
Viaggi
Sosta
Eventi

condividi l'articolo

Facebook
WhatsApp

nuove idee di viaggio