Piste del cielo

A Crans-Montana, nella Svizzera vallese, le mongolfiere sono protagoniste di un grande raduno internazionale che si tiene ogni anno a metà gennaio. E anche il pubblico può provare l'ebbrezza del volo sullo splendido paesaggio delle Alpi innevate.

Indice dell'itinerario

La Svizzera dei cantoni e delle differenze culturali e linguistiche all’interno dello stesso stato è una realtà ben evidente anche su distanze territoriali molto ravvicinate, come nel caso di una delle più rinomate stazioni sciistiche del Vallese. I paesi di Crans e Montana che danno il nome alla località, insieme ad Aminoma, Buche, Randogne, Vermala e altri piccoli centri situati l’uno accanto all’altro, compongono di fatto un unico grande insediamento, ma ogni singolo villaggio mantiene leggi proprie talora differenti da quelle dei paesi vicini. Solo in anni recenti, sotto il segno di una frequentazione ormai internazionale, il comprensorio turistico attrezzato con quattro cabinovie e decine di seggiovie e skilift, al servizio degli oltre 140 chilometri di piste che si snodano sulle pendici del monte Wildstrubel, si è riunito in un unico ente con regolamenti comuni.
La frammentazione del territorio in piccoli borghi e proprietà terriere ha origini antiche quando lungo il Rodano, fra Brig e Martigny, vivevano agricoltori e allevatori raggruppati in comunità formate da poche famiglie unite tra loro dalla lingua e dalle consuetudini. In primavera i pastori e gli allevatori partivano con greggi e mandrie per portare gli animali dal fondovalle agli alpeggi in quota, e altrettanto facevano i contadini che salivano a coltivare i terrazzamenti e i campi ricavati tra gli alpeggi e il fondovalle; ma la dislocazione delle rispettive comunità a valle faceva sì che questi spostamenti avvenissero, per così dire, solo in verticale, senza dar luogo a mescolanze abituali fra i diversi gruppi, con la conseguenza che anche villaggi geograficamente molto vicini o addirittura confinanti mantennero i propri usi e costumi. Nonostante il passare dei secoli, i movimenti migratori e l’urbanizzazione crescente, questa situazione persiste ancora oggi: ma anziché dar luogo a un senso di isolamento e di esclusività, ha contribuito a rafforzare l’atmosfera multiculturale e la pacifica convivenza, rendendo questo territorio una sorta di antologia dell’intera Svizzera.

Visioni aeree
Dalle escursioni con le ciaspole allo sleddog, dall’eliski al curling, senza dimenticare la discesa e il fondo, gli sport invernali nel comprensorio di Crans-Montana coprono tutto lo spettro delle attività all’aria aperta. Non mancano impianti e servizi per il benessere e il relax, appuntamenti culturali, occasioni di shopping e decine di locali per tutti i gusti, come si conviene a una località ormai ai vertici dell’offerta turistica delle Alpi svizzere, nelle cui strade si sentono parlare comunemente almeno sei o sette diversi idiomi. Ma nel quadro c’è un tocco in più, ed è un avvenimento che ogni anno richiama migliaia di appassionati da mezza Europa: si tratta del raduno internazionale di mongolfiere che a gennaio colora i cieli di Crans-Montana con spettacolari evoluzioni aeree, alle quali può prendere parte anche il pubblico per un emozionante battesimo dell’aria durante il quale si sorvola un maestoso paesaggio in cui spiccano alcune delle vette principali della catena alpina. E con la complice presenza di un attrezzato campeggio aperto tutto l’anno, anche noi non abbiamo perso l’occasione di prendere parte a questa splendida esperienza.
Sono le nove del mattino quando nella piazza di Crans giungono le prime auto con al traino i grandi carrelli contenenti le mongolfiere pronte per essere allestite. Le piste da sci esposte sul versante meridionale iniziano ad essere illuminate da un tiepido sole, mentre il presidente dell’aeroclub Jean Mudry lascia andare un palloncino rosso riempito di elio che velocemente sale verso il cielo di un limpido blu evidenziando velocità e direzione dei venti, informazioni fondamentali per decidere se e quando dare il via al decollo. Questo tipo di volo, infatti, si basa esclusivamente sull’abilità del pilota nel conoscere, oltre alle correnti ascensionali, anche i flussi d’aria in direzioni contrarie, osservando inoltre la conformità, la composizione e la tipologia del terreno, e non è affatto semplice manovrare un mezzo volante quando lo stesso è sprovvisto di qualsiasi tipo di comando direzionabile. Non molto è cambiato, insomma, da quando i fratelli Montgolfier compivano alla fine del ‘700 i primi esperimenti con i rudimentali aerostati di loro invenzione, anche se oggi si utilizzano materiali, tecnologie costruttive e strumentazioni di bordo di ultima generazione.
Individuato il punto di partenza – occorrono dai 150 ai 300 metri quadrati di spazio per preparare al volo un pallone che contiene oltre 4.000 metri cubi d’aria – inizia l’approntamento delle mongolfiere. C’è chi scarica la cesta dai carrelli e sistema i bruciatori, chi distende il lungo sacco di leggerissima e colorata tela ignifuga, chi prepara il piano di volo continuando a lanciare di tanto in tanto rossi palloncini, chi controlla e assicura i cavi che sostengono la navicella all’aerostato: tutti con l’obiettivo di raggiungere, al termine del tragitto, il punto di atterraggio prestabilito dal giudice di gara.
Ben presto i grossi ventilatori che mandano aria fredda all’interno dei palloni vengono sostituiti dai bruciatori posti sulle navicelle di vimini che, riscaldando l’aria con fiamme lunghe e sottili, permettono al pallone di alzarsi in volo. Nella tarda mattinata le prime mongolfiere iniziano a sollevarsi lentamente da terra: comodamente appoggiati alla balaustra della cesta, vediamo allontanarsi il prato trasportati da un leggero vento da sud-ovest che soffia in direzione delle ormai affollate piste da sci. Ben presto ci troviamo a veleggiare sopra la valle dove brillano al sole le acque del Rodano, sulle pendici innevate delle montagne, sui tetti delle pittoresche case in legno che caratterizzano l’architettura di questi paesi. Intorno a noi scorgiamo chiaramente le sagome panciute di altri palloni, in un magico silenzio interrotto solamente dal sibilo di qualche soffio di propano che viene trasformato dal bruciatore in alte lingue di fuoco, necessarie per continuare a generare aria calda all’interno del pallone. A rendere il tutto ancora più suggestivo è l’apparente assenza di vento, determinata dal fatto che ci stiamo muovendo alla sua stessa velocità.
E’ proprio il caso di dire che il tempo… vola, e fatichiamo a renderci conto che sono passate quasi due ore quando il pilota, controllato con il GPS il luogo di atterraggio sulla carta, osserva con un binocolo le correnti d’aria al suolo e decide che è giunto il momento di invertire la rotta per ridiscendere a terra. Il nostro bersaglio è una piccola radura situata nel bel mezzo di un fitto bosco: ma come faremo a tornare indietro se il vento continua a sospingerci nella direzione opposta? Alla mia domanda il pilota si limita a sorridere, tira la corda che apre alcuni fori di scarico dell’aria sulla sommità del pallone e immediatamente la mongolfiera inizia a perdere quota; poi, mano a mano che scendiamo, mi spiega la manovra. Il bosco sotto di noi, accumulando maggior calore rispetto ai campi innevati, crea una corrente contraria e rasoterra rispetto a quella presente in alto, ed ecco che poco a poco il pallone inizia a dirigersi verso il punto previsto. E’ una sensazione bellissima volare rasente i rami degli alberi, e quando sembra inevitabile lo scontro con la punta di un abete, il pilota aziona la leva del bruciatore e la lunga fiamma scalda l’aria nel pallone, permettendo alla nostra macchina volante di riprendere nuovamente quota ed evitando il temuto impatto.
Ancora pochi minuti e il campo di atterraggio si delinea sotto di noi. Giunti sopra il bersaglio, basta tirare nuovamente la corda di uscita dell’aria calda e il pallone scende velocemente, mirando il ristretto spazio fra gli alberi. Mi afferro saldamente alla cesta di vimini per cercare di attutire l’impatto e invece, con mia grande sorpresa, un’ultima potente fiammata rallenta la caduta e il fondo della cesta si posa dolcemente sul terreno innevato. Non ci resta che rimettere i piedi a terra e accompagnare il lento sgonfiamento dell’aerostato, mentre da una stradina sterrata vediamo arrivare il giudice di gara che leggerà gli strumenti di bordo e valuterà la prova. La nostra avventura nei cieli di Crans-Montana è finita, ma la meraviglia di questo volo sulle Alpi è di quelle – provare per credere – che non si dimenticano.

Testo e foto di Carlo Piccinelli

PleinAir 425 – Dicembre 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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