Piste da campioni

Neve, castelli e abbazie in Alta Val Venosta e nelle valli adiacenti, dove è nato e sciava quel mito indiscusso dello sport italiano che è Gustav Thöni.

Indice dell'itinerario

Ogni appassionato di sci dovrebbe fare una sosta a Trafoi. Quasi alla fine del paese, prima della chiesa e del centro visitatori del Parco Nazionale dello Stelvio, in vista della calotta di ghiaccio dell’Ortles, la strada che arriva dalla Val Venosta inizia la sua arrampicata verso il passo.
Sul primo tornante – più avanti, da novembre ad aprile, non si può proseguire – un cartello spiega al viaggiatore distratto che il Bellavista-Schöne Aussicht è l’albergo di Gustav Thöni, uno dei più grandi sciatori di tutti i tempi. Ma è l’interno a lasciare a bocca aperta. Nel bar, accanto ai tavolini e al bancone, alcune teche ospitano le quattro Coppe del Mondo che il proprietario ha vinto fra il 1971 e il 1975 (nel 1974 è arrivato secondo). In altre vetrine luccicano centinaia di coppe e medaglie, affiancate da pettorali, vecchie foto e trofei. A Sapporo, nelle Olimpiadi del 1972, il campione altoatesino ha vinto anche un copricapo da samurai che non manca di colpire la curiosità dei bambini.
Gustav Thöni, d’altronde, è una leggenda dello sci in tutto il mondo. Nato a Trafoi nel 1951, ha gareggiato dal 1965 al 1980. Oltre alle Coppe del Mondo, agli ori olimpici e a quelli dei Mondiali, è salito sul podio in ventiquattro gare di Coppa, piazzandosi secondo ventidue volte e terzo diciotto. Per milioni di italiani, le vittorie di Thöni sono state il primo contatto con la montagna e lo sci. Finiti gli anni delle gare, Gustav è restato nel mondo dello sport (per nove anni ha allenato Alberto Tomba) ma è sempre rimasto profondamente legato a questa valle. Insieme alla scuola di sci che porta il suo nome, e che lavora a Solda e Trafoi d’inverno e sul ghiacciaio del Livrio in estate, Thöni si occupa dell’albergo di famiglia costruito a metà dell’800, ristrutturato più volte e che propone numerose attività per i più piccini. Anche il turista di passaggio per sorseggiare un cappuccino o una birra può avere la fortuna di stringere la mano di Gustav che, lungi dall’atteggiarsi, è spesso disponibile per una chiacchierata o un consiglio tecnico.
Un viottolo che parte dall’albergo porta, con una passeggiata di mezz’ora, al santuario delle Tre Fontane in una solitaria valletta ai piedi dell’Ortles. D’inverno, se la neve è abbondante, si possono usare le racchette da neve; in tutte le stagioni è facile avvistare i camosci e i cervi che vivono nel parco dello Stelvio.

Uomini e vette
Un altro grande nome della montagna passa gran parte del suo tempo a Solda, ai piedi dei ghiacciai dell’Ortles. Chi arriva dal fondovalle, d’inverno come d’estate scopre la presenza di Reinhold Messner grazie agli yak che pascolano tranquilli su un dosso a un centinaio di metri dalla strada. Una breve deviazione verso sinistra conduce allo Yak&Yeti, il ristorante che l’alpinista ha realizzato nel più vecchio maso del paese: insieme alle specialità altoatesine e ai vini rossi prodotti sui vigneti di Juval, intorno al castello dove Messner risiede in estate, si possono assaggiare insoliti piatti a base di carne di yak.
Ma una sosta da queste parti non serve solo al palato. Accanto al ristorante e al bivacco dedicato a Günther Messner, il fratello di Reinhold morto nel 1970 sul Nanga Parbat, si trova l’ingresso del Museo alla Fine del Mondo, una delle quattro raccolte che l’alpinista ha inaugurato negli ultimi anni fra l’Alto Adige e le Dolomiti: in questa sono esposti materiali alpinistici e polari, opere d’arte d’epoca e moderne, allestimenti sui cristalli di ghiaccio, lo yeti, i ghiacciai alpini e i due Poli.
A qualche centinaio di metri di distanza, verso la funivia di Solda, una piccola costruzione affrescata ospita il Museo delle Curiosità Alpine, dedicato da Messner alla distanza tra i propositi degli alpinisti e i loro fatti . Al termine di una lunga galleria di polemiche e accuse spiccano una caricatura tedesca che raffigura uno yeti con la faccia di Reinhold e i ritagli di giornale che raccontano la caduta dell’alpinista, seguita da una dolorosa frattura, quando dimenticò le chiavi di Juval e tentò di entrare arrampicando dalla finestra. Uomo o scimmia? si chiede un cartello. Il re degli ottomila sa prendere in giro anche sé stesso.

Strade di storia
Gli incontri con Gustav Thöni e Reinhold Messner non sono il solo motivo per visitare l’Alta Val Venosta d’inverno. Se gli impianti di risalita di Trafoi sono abbastanza modesti (ma le piste, tracciate in una conca assolata, offrono un bel colpo d’occhio sull’Ortles), il comprensorio di Solda è uno dei più estesi e dei meglio attrezzati delle Alpi orientali, e offre panorami mozzafiato sulla vetta più elevata dell’Alto Adige e sul vicino e altrettanto spettacolare Gran Zebrù. Le piste, una quindicina, includono le facili e bellissime blu della conca del Madriccio, dove si scia normalmente fino ad aprile, una buona scelta di rosse e alcune nere ben tracciate come la Gran Zebrù e la Kanonenrohr, di 2 chilometri e mezzo. Un anello di fondo, piacevole anche se in vista di case e alberghi, serpeggia tra la base della funivia e il centro di Solda.
Qualche chilometro a valle delle due località, sulla conca attraversata dall’Adige, si affacciano alcuni dei monumenti più famosi e suggestivi del Sudtirolo, e non è un caso che si trovino proprio qui. Da millenni infatti la strada che collega Bolzano e Merano con Nauders e Landeck, sul versante austriaco, permette di spostarsi dalla valle dell’Adige e dalla Pianura Padana verso Bregenz, il lago di Costanza, la Germania e Zurigo, con due importanti deviazioni per il Passo dello Stelvio, la Valtellina, Bormio e per la Val Müstair e Sankt Moritz, in Engadina.
Nella chiesa di San Benedetto a Malles Venosta, dove si inizia a salire verso il Passo di Resia, uno dei più importanti cicli europei di affreschi dell’età carolingia ricorda l’antica importanza della strada e della valle. Poco prima, arrivando da Bolzano, si incontra lo splendido centro di Glorenza, chiuso da una cerchia di magnifiche mura costruite nelle forme attuali a metà del XVI secolo e scandito da case medioevali affiancate da portici. Nella vicina Sluderno, una breve deviazione conduce al turrito Castel Coira da cui partirono nel 1804 Josef Pichler e i suoi compagni per la prima ascensione dell’Ortles.
Sulle svolte della strada per il passo si affaccia più avanti il complesso barocco del Marienberg, l’abbazia di Monte Maria, ricostruita nel ‘500 dopo un violentissimo incendio: del vecchio edificio medioevale è sopravvissuta alle fiamme la cripta, che ospita anch’essa magnifici affreschi. Dedicata alla Vergine è un’altra splendida abbazia, quella di Santa Maria in Val Müstair, che sorge appena al di là del confine elvetico.
Il vecchio campanile di Graun im Vinschgau, Curon Venosta dopo l’annessione del Sudtirolo all’Italia, offre un’immagine altrettanto famosa: in seguito alla creazione di uno dei più vasti laghi artificiali delle Alpi tra il 1947 e il 1950, la torre emerge in estate dall’acqua e nei mesi freddi dalla superficie ghiacciata del bacino. Simbolo dei sentieri e delle piste da sci di Passo Resia, il campanile è un monumento controverso: accanto al piazzale da cui ci si affaccia verso il lago, alcuni cartelli spiegano al visitatore come l’abbandono e la demolizione del vecchio paese siano una conseguenza dell’odio dei governi di Roma (e della Montedison, che costruì e gestì a lungo la diga) per la gente dell’Alto Adige. Nessuno discute le responsabilità di tali governi, già prima di Mussolini, nel tentare di italianizzare queste valli: ma la sorte della vecchia Graun è la stessa toccata, nei medesimi anni, a molti centri di montagna di altre zone dello Stivale, dalla Valgrisenche scomparsa sotto il lago di Beauregard alle case di Vagli di Sotto, inghiottite dal più vasto bacino artificiale delle Apuane.

Neve e natura
Il comprensorio del Passo di Resia è un’altra ottima base per gli sport invernali: impianti e piste di sci alpino esistono a Masleben in Valle Lunga, a Schöneben sulla sponda occidentale del lago, a Watles in vista dell’omonima vetta, di Burgusio e di Malles Venosta. Le valli secondarie offrono invece piste da fondo e Winterwanderweg, sentieri battuti per l’inverno in vista dei bonari pendii del Sesvenna o dell’imponente Palla Bianca.
La prima di queste valli culmina nel piccolo centro di Slingia (Schlinig), che si raggiunge in pochi chilometri da Burgusio. Verso il confine svizzero e i contrafforti del Piz Sesvenna, chi ama il fondo ha a disposizione 15 chilometri di piste, mentre l’itinerario che sale al Piz è una delle gite di sci alpinismo più classiche della zona. Il Rifugio Sesvenna, a poca distanza dal confine, è aperto da metà febbraio fino a maggio; un piacevole Winterwanderweg collega inoltre il paese con la Schliniger Alm, la Malga Slingia, dominata a est da ripidi pendii boscosi e affacciata verso ovest sui crinali rocciosi del Muntpitschen e del Fernerkopf.
Un’altra meta di sicuro interesse per chi ama la neve pura è la Valle Lunga (Langtaufers Tal), che scende verso Curon Venosta e il Passo di Resia dai ghiacciai della Palla Bianca, il secondo massiccio altoatesino dopo l’Ortles. Qui, oltre alle piste di Masleben e della Val Benair che si raggiungono con una seggiovia, si snoda un anello per il fondo sui Prati di Melago, tra il paese omonimo e i ripidi pendii che scendono dalla Palla Bianca. Altri classici itinerari di sci alpinismo salgono da Melago e dai centri vicini verso il Glockhauser e le altre vette che dominano da settentrione la valle. Un Winterwanderweg ben battuto collega il piccolo borgo di Melago, dove la strada finisce, con la Melager Alm, una comoda malga all’estremità del pianoro. I boschi di larice e il torrente accompagnano l’intera passeggiata: l’Alta Val Venosta è anche una piena immersione nella natura.

PleinAir 415 – febbraio 2007

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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