Piccolo incanto baltico

C’è una vecchia storia che ogni lituano conosce. E' quella dell’affascinante ondina Juraté, che regnava su tutte le creature marine dal suo castello d’ambra in fondo al Baltico, e del giovane Kastytis

Indice dell'itinerario

C’è una vecchia storia che ogni lituano conosce. E’ quella dell’affascinante ondina Juraté, che regnava su tutte le creature marine dal suo castello d’ambra in fondo al Baltico, e del giovane Kastytis, che pescava dalle spiagge dorate di Palanga con troppa fortuna. Lei voleva punirlo per la sua sfrontatezza, ma finì per innamorarsene: la loro unione non piacque però a Perkunas, il dio dei fulmini, che scagliò i suoi strali distruggendo il castello e costringendo Juraté a vagare senza dimora nelle profondità equoree; anche Kastytis, a seconda delle versioni, non fece miglior fine.

La resina fossile che il mare ogni anno restituisce a quintali (dalle coste lituane e della vicina Kaliningrad proviene l’80% di tutta l’ambra mondiale) non sarà quel che resta del castello di Juraté, ma trovarne qualche frammento è sempre emozionante. E anche un viaggio lungo l’antica Via dell’Ambra, su cui l’oro del Baltico giungeva fino al Mediterraneo, è ricco di scoperte inattese: la Lituania, menzionata per la prima volta con questo nome negli Annali di Quedlinburg redatti nel 1009, oggi si presenta come un paese giovane e maturo al tempo stesso, nel quale si stenta a intravvedere il passato sovietico quantomeno nelle città principali, dove si respira un’aria squisitamente nordeuropea forse anche grazie all’ingresso nell’Unione già nel 2004. Il territorio, vasto all’incirca quanto il Nordovest italiano, è alla portata delle ruote del v.r. senza imporsi alcuna fretta, e offre un’ottima accoglienza turistica con strutture ricettive per il pleinair a volte un po’ rustiche ma generalmente di buon livello. L’itinerario che abbiamo sperimentato richiede una decina di giorni, non necessariamente inserendolo nel classico tour baltico e senza trascurare le principali attrattive. Dato quasi per scontato che un viaggio con il camper o la caravan a queste latitudini è fortemente consigliato nei mesi estivi per la mitezza del clima e la lunghezza delle giornate, non è poi detto che si debba escludere l’ipotesi di visitare la Lituania imbiancata da un rigido ma meraviglioso inverno.

Primi incontri
Non c’è molta scelta sul punto d’ingresso via terra, dato che gli unici due valichi di frontiera utili provenendo dall’Italia sono a pochi chilometri l’uno dall’altro, lungo la linea di confine con la Polonia. A Suwalki, nel nord-est polacco, scegliamo la via più diretta per Kaunas lungo la A5 per Kalvarija; l’altra frontiera, attraverso Ogrodniki e Lazdijai in direzione di Vilnius, la valicheremo in uscita.
Dopo un controllo puramente formale ai documenti e nemmeno un centinaio di chilometri di pianura su buon asfalto, siamo già nella seconda città del paese. Kaunas si trova alla confluenza del Nemunas e del Neris, i due fiumi principali della Lituania, e ne fu la capitale quando Vilnius era nelle mani dei polacchi: questo prestigioso passato alimenta una sana rivalità fra i due centri, ma è difficile immaginare come questa tranquilla cittadina di provincia possa tenere il passo con il frenetico sviluppo di Vilnius. Il campeggio in cui facciamo base si trova a poca distanza dalla riva sinistra del Neris, non lontano dall’uscita della A1 Vilnius-Klaipeda e a poco più di mezzo chilometro dal centro: arriviamo verso sera, con il sole estivo ancora ben alto nel cielo, e subito ci immergiamo nella vita della città lasciando all’indomani le visite d’obbligo. L’animazione si concentra fra Rotusés Aiksté, la piazza del Municipio su cui si affacciano le antiche residenze della ricca borghesia mercantile, e Nepriklausomybés Aiksté, la piazza dell’Indipendenza. Sull’acciottolato di Vilniaus Gatvé si riversano gli abitanti per lo shopping, i teenager si incontrano sulle panchine e chi ha qualche anno in più sorseggia una bibita ai tavolini dei bar all’aperto. E’ un piacere andare a zonzo per i vicoli che scendono verso il fiume, scoprire le vecchie chiese dalle pareti scrostate, fotografare scorci senza tempo, sbirciare nei cortili silenziosi.


Passiamo quasi senza accorgercene dalla Senamiestis, la città vecchia, alla Laisvés Aléja, un moderno viale pedonale che sino a qualche anno fa era uno dei pochissimi spazi pubblici all’aperto in tutto il mondo in cui fosse vietato fumare. Concludiamo in bellezza la nostra prima sera lituana ascoltando musica dal vivo in uno dei locali del centro davanti a un buon bicchiere di Svyturys, la birra più popolare del paese.

Il giorno successivo è dedicato ad alcune bellezze artistiche e architettoniche della città, testimoni della sua lunga storia. Dopo aver raggiunto in funicolare la panoramica sommità della collina che domina l’abitato, visitiamo i resti del castello trecentesco (largamente ricostruito) che ospita l’ufficio turistico, la quattrocentesca chiesa di Vytautas in mattoni rossi con lo svettante campanile finestrato, la sontuosa abbazia camaldolese di Pazaislis e, fra gli innumerevoli musei d’arte, storici e tematici, il Velniu, che ha per protagonista… il Diavolo: gran parte della collezione deriva dalla credenza che le sue maschere, indossate alla fine del Carnevale, possano scacciare gli spiriti dell’inverno.

Prima di proseguire il viaggio, nella periferia est vale una sosta il IX Kauno Fortas, ovvero il Nono Forte, vicino all’innesto con la A5 per Marijampole. Questa massiccia costruzione circondata dal verde, che fu bastione zarista, campo di sterminio nazista e infine prigione e luogo di tortura stalinista, rappresenta una tragica sintesi degli orrori che la Lituania ha vissuto nel corso dei secoli ed è oggi un toccante museo alla memoria.

Involtini per cena
La A1 è un’autostrada a doppia carreggiata che consente di mantenere una buona andatura nei 220 chilometri fino a Klaipéda, con piacevoli occasioni per uno spuntino in uno dei tradizionali restoranas, variante locale degli autogrill fatti in serie. La terza città lituana per dimensioni presenta una marcata impronta teutonica: fino al 1925 era la Memel prussiana e molti degli attuali abitanti, come quelli della vicina penisola di Neringa, sono di origine tedesca. A meno di non sostare in uno dei tranquilli parcheggi del centro, un semplice campeggio a gestione familiare si trova nel villaggio di Karklé, una decina di chilometri a nord sulla litoranea dopo aver svoltato a destra in Lideikio Gatvé da Manto Gatvé. Per molti Klaipéda è solo il punto d’imbarco per Neringa, ma l’aria vacanziera che vi si respira d’estate invoglia alla visita e, nonostante quel che resta dell’antica Memel sia limitato a una piccola parte restaurata della città vecchia che ha resistito miracolosamente ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, non dobbiamo sforzarci per trovare buoni motivi per una sosta. Diamo un’occhiata all’originale museo dei fabbri, in realtà un’officina ancora in attività, e approfittiamo delle lunghe ore di luce per passeggiare nel Martynas Mazvydas, un interessante museo all’aria aperta che raccoglie sculture di grandi dimensioni dai soggetti più disparati. A cena una pantagruelica porzione di cepelinai, involtini di patate ripieni di carne, ci fa mettere da parte qualunque intenzione di mantenersi leggeri.

Piccolo Sahara baltico
Il nostro itinerario ricalcherà ora la Via dell’Ambra scendendo lungo la penisola di Neringa fino a Nida. Quella promossa oggi dall’ente turistico non è che una piccola parte della rotta commerciale che collegava la Lituania con San Pietroburgo a nord e Venezia a sud: volendo seguire l’intero percorso si dovrebbe partire da Jantarny, ma bisognerebbe entrare nell’enclave russa di Kaliningrad per la quale è necessario un costoso visto da richiedere con largo anticipo. Noi ci concentriamo sul tratto lituano, così di prima mattina saliamo a bordo del piccolo traghetto che in pochi minuti trasporta passeggeri e veicoli da Klaipéda e Smiltyné, estremità settentrionale della Penisola di Neringa (in lituano Kursiu Nerija). Questa sottile lingua di terra, che corre parallela alla costa formando una laguna, è senz’altro una delle mete più esotiche d’Europa: larga mediamente 2 chilometri, che in alcuni punti scendono ad appena 500 metri, è interamente ricoperta di lussureggianti pinete e dune di sabbia alte fino a 60 metri, che regalano inaspettati scenari desertici. Dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, dal 1991 è parco nazionale: l’ingresso all’area protetta costa 100 litai (circa 28 euro), che comprendono un opuscolo in cui sono illustrate le regole da seguire per non danneggiare il delicatissimo equilibrio naturale, tra cui il divieto di camminare al di fuori dei percorsi tracciati. Oggi infatti è cessato il fenomeno che migliaia di anni fa portò alla formazione delle dune mobili di Neringa e l’azione del vento, unita a quella dei visitatori, comporta un abbassamento continuo che potrebbe farle scomparire in meno di un secolo.
Puntiamo dritti a Nida, l’ultima località in territorio lituano, superando le indicazioni per Juodkranté, Pervalka e Preila, tre minuscoli villaggi di pescatori dove ancora si affumica il pesce secondo un’antichissima tradizione. Dopo esserci sistemati nel camping cittadino (la sosta libera è ovviamente proibita in tutto il parco) ci lasciamo deliziare dal paesaggio e da questo incantevole paesino di casette di legno col tetto di paglia e canne. E’ un sito meraviglioso per rilassarsi e riconciliarsi con una natura quieta ed emozionante al tempo stesso, che negli anni ’30 fu di ispirazione a Thomas Mann: la casa in cui soggiornava è divenuta un piccolo museo.
Con una breve passeggiata lungo il sentiero tracciato saliamo sulla magnifica Parnidis Kopa, 6 chilometri di dune alte 50 metri che proseguono oltre il confine con la Russia. Dalla sommità si abbraccia con un solo sguardo un paesaggio sahariano, ma con il sorprendente contorno della costa lagunare verso est, di quella baltica ad ovest e della penisola stessa a nord e a sud.
Il mattino seguente tiriamo giù le bici (ma le si può anche noleggiare in loco) e sperimentiamo il percorso ciclistico ben segnalato che, in 30 facili chilometri quasi del tutto privi di pendenze, arriva ai villaggi dei pescatori passando per le pinete e le dune del circondario, compresa quella di Vecekrugas, la più alta della penisola, e le cosiddette “dune morte” di Nagliu. Approfittiamo della sosta a Preila per uno squisito spuntino di pesce comprato nel locale affumicatoio.

Rientrati sul continente, puntiamo a nord sulla A13 in direzione Palanga. Dopo una dozzina di chilometri attraversiamo di nuovo il villaggio di Karklé dove, se già non lo si è fatto in precedenza, consigliamo di mescolarsi ai cercatori d’ambra che battono la costa: questo infatti è senza dubbio il luogo in cui più alta è la probabilità di trovare un pezzetto della casa di Juraté.

Palanga è una storica località di villeggiatura, a suo tempo molto apprezzata anche dai sovietici che la preferivano all’affollata Crimea, nonché punto di riferimento nazionale per la vita mondana: i 10 chilometri di arenile sono animati da una moltitudine di bagnanti che prendono il sole e passeggiano sul lungo molo di legno del XIX secolo. Un campeggio si trova verso sud lungo la litoranea Vytauto Gatvé, a 500 metri dalla spiaggia accessibile con un sentiero che attraversa la pineta. A Palanga l’arte della trasformazione dell’ambra in gioielli e monili raggiunge il culmine, e la galleria ad essa dedicata ne è la quintessenza. Ma è solo quando visitiamo il museo ospitato nella sontuosa residenza dei Tyszkiewicz, famiglia aristocratica polacca, che il desiderio di possedere qualcuno di questi pezzi di resina dorata diventa quasi una necessità: la vastissima raccolta comprende 15.000 inclusioni (frammenti contenenti insetti rimasti intrappolati più di 40 milioni di anni fa) e un enorme blocco di resina di 3 chili e mezzo.

Lituania mistica
E’ il momento di tornare nell’entroterra visitando la Zemaitija, la regione forse con la più marcata caratterizzazione etnica. Intanto, presa la A11 in direzione di Siauliai, dopo nemmeno 10 chilometri ci fermiamo a Kretinga per visitarne l’antica abbazia cistercense e il pittoresco giardino d’inverno della locale dimora dei Tyszkiewicz, una costruzione ottocentesca in ferro e vetro che ricrea l’ambiente tropicale. Più avanti, nei pressi di Plungé, svoltiamo a sinistra sulla regionale 169 seguendola per circa 20 chilometri fino a Salantai e quindi a destra per Gargzdelé, dove si trova quello che viene chiamato museo dell’assurdo o del caos: nel parco della fattoria della famiglia Orvydas sono disposte in accurato disordine numerose grandi sculture in legno e pietra che raffigurano soggetti della tradizione pagana e della mitologia lituana, raccolte oltre quarant’anni fa per sottrarle alla distruzione da parte del governo sovietico.

Ma c’è ancora una meta che vogliamo visitare, all’estremità nord-est del vicino parco nazionale della Zemaitija. Da Salantai svoltiamo sulla strada regionale 2302, oltrepassiamo in un tipico ambiente rurale i paesini di Platellai e Madsedzai e raggiungiamo l’innesto con la strada 164: da qui sono ancora 7 chilometri in direzione Mazeikiai fino a un bivio a sinistra che, in un chilometro e mezzo, ci porta a Zemaiciu Kalvarija. Sono forse più le lettere del nome che le case del minuscolo abitato, ma il luogo è decisamente affascinante nella sua pittoresca semplicità, e se avete la fortuna di capitare qui tra la fine di giugno e le prime due settimane di luglio assisterete a uno dei più antichi pellegrinaggi di tutto il Baltico.

Ridiscesi sulla 164 per riprendere la A11, arriviamo a Siauliai, capoluogo di regione e quarta città lituana: non sarà famosa per le sue bellezze ma, da quando Giovanni Paolo II venne a far visita alla vicina Collina delle Croci, la sua importanza turistica è aumentata costantemente. La Kriziu Kalnas, una dozzina di chilometri a nord sulla A12, è senza dubbio uno di quei luoghi la cui carica emotiva contagia anche coloro che non sono qui per motivi religiosi: il silenzio che circonda queste decine di migliaia di croci di ogni foggia e dimensione, piantate qui nei secoli dai fedeli, è parte della profonda suggestione del luogo. In nome dell’ateismo di Stato tre volte dagli anni ’60 agli ’80 le ruspe del governo hanno spianato il sito, e tre volte caparbiamente esso è stato ricostruito. In città non c’è un campeggio (il più vicino è nel parco di Kurtuvénai, 15 chilometri a sud-ovest lungo la A12 fino a Bubiai e poi 6 chilometri a destra sulla 215) ma si può sostare nel parcheggio del centrale hotel Siauliai.

Un parco… nucleare
Il rapporto dei lituani con la natura salta agli occhi se ci si trova sulle rive di uno degli innumerevoli laghi del paese di domenica mattina, quando si può quasi correre il rischio di non trovare uno spazio per il picnic. Se si ha l’occasione di frequentare qualche lituano non è difficile che ci si senta proporre di trascorrere la giornata andando per bacche o facendo una “passeggiatina” di un paio di decine di chilometri.
Un’area molto nota per le attività all’aria aperta, nonché per la bellezza del paesaggio e la possibilità di osservare la fauna locale (specialmente le cicogne), è quella compresa nel parco nazionale dell’Aukstaitija, tra decine di specchi d’acqua e boschi verdissimi. Da Siauliai il trasferimento è il più lungo di tutto l’itinerario, ma in prevalenza su autostrade e buone statali: un centinaio di chilometri sulla A9 fino a Panevézys, 60 sulla A2 fino a Ukmergé e ancora una sessantina sulla A6 per Utena (dove si può visitare lo stabilimento di un’altra celebre birra, la Utenos). Da qui, prendendo la statale 111 fino a Kaltanénai e poi la 114, arriviamo a Paluse e chiediamo della chiesa del paese: il campeggio è proprio lì, a 200 metri dal lago Lusiai. Questo è il centro del parco nazionale e da qui si possono effettuare tutte le escursioni tramite l’ufficio informazioni: ne scegliamo una delle più divertenti, quella in barca a remi, che ci permette di esplorare le diramazioni del lago (scoprendo nel contempo che la fatica di vogare mette un sano appetito).

Di tutt’altro genere è una meta che dista una sessantina di chilometri da Paluse: la Ignalinos Atominé Elektriné, ovvero la centrale nucleare di Ignalina, che prende il nome da questa città pur trovandosi nella non lontana Visaginas, in prossimità del confine con la Lettonia e la Bielorussia, ed è visitabile su richiesta. La presenza di quest’impianto, alimentato da due reattori di vecchio tipo uno dei quali è stato chiuso nel 2004 come condizione per l’ingresso della Lituania nell’Unione Europea, può essere un ottimo motivo per tenersi alla larga dalla zona, ma ognuno valuterà la cosa come meglio ritiene. E’ comunque interessante sapere che, secondo il governo lituano, la centrale copre circa l’80% del fabbisogno elettrico nazionale, e che la chiusura definitiva prevista entro il 2009 – anche a fronte del progetto di una struttura più moderna – ha visto la ferma opposizione di molti lituani, nel timore di dover dipendere da altre nazioni per la fornitura di energia e di perdere posti di lavoro. Intanto l’Europa, oltre a corrispondere finanziamenti per la dismissione, ha deciso di investire nelle infrastrutture e nello sviluppo di altre attività economiche, non da ultimo il turismo, ma la questione di Ignalina si presenta tuttora molto complessa e l’esito rimane incerto.

Antico e moderno
La strada 114 da Paluse ci porta a Molétai, dove imbocchiamo la A14 per Vilnius: ma giungere nella capitale dopo l’immersione nella natura dell’Aukstaitija farebbe suppergiù lo stesso effetto dell’addormentarsi su una spiaggia deserta e risvegliarsi tra bimbi schiamazzanti e radio a tutto volume. Ci vuole insomma una camera di compensazione, e ne troviamo ben due: il museo all’aperto Europos Parkas, una decina di chilometri a nord della città, che raccoglie grandi opere di artisti internazionali del calibro di Magdalena Abakanowicz, Sol LeWitt e Dennis Oppenheim, e gli scenari da cartolina di Trakai, circa 30 chilometri a sud-ovest di Vilnius. Con il suo castello rosso in mezzo al lago Galvé, l’arcipelago di isolotti collegati da ponticelli pedonali, l’intrico di specchi d’acqua su cui sfilano anatre e barche a vela, le coppie di sposi che sorridono davanti all’obiettivo, Trakai è un luogo incantevole senza mezzi termini. Ci sistemiamo nello spartano campeggio sulla riva nord del lago e noleggiamo subito un pedalò per scorrazzare a piacimento fra i laghetti e fare il giro del quattrocentesco maniero, concludendo la giornata con un bel piatto di kibinai, la specialità locale che consiste in una sorta di panzarotti ripieni di verza o di carne, mentre il sole calante indora il paesaggio e l’aria rinfresca (anche se le voraci zanzare arrecano un certo disturbo).

Al risveglio siamo finalmente pronti per il gran finale a Vilnius: il trionfo del barocco baltico (ma di scuola italiana), l’apoteosi dei colori pastello della Senamiestis patrimonio dell’umanità, il tripudio dei vicoli acciottolati e degli ombrosi cortili e, in piacevole contrasto, l’atmosfera incredibilmente giovane e vivace di una piccola metropoli europea che si sta modernizzando a una velocità doppia o tripla rispetto al resto del paese. Probabilmente l’estate non è il periodo migliore per visitarla, quando la gran parte degli abitanti è in vacanza (ve ne sarete accorti a Palanga), ma quest’anno è senz’altro il momento giusto in cui venire, dato che Vilnius è capitale europea della cultura con un fittissimo calendario di iniziative.

Conviene sistemarsi nel campeggio cittadino, alla periferia ovest oltre il Vingio Parkas, perché la visita richiede non meno di tre giorni. Anzi, accettate un consiglio: prendetevela comoda, fate e rifate il giro dei monumenti, non perdetevi la piazza della cattedrale con la sua torre campanaria che somiglia a un faro su un mare di granito grigio, l’università più antica di tutta l’Europa orientale, le chiese di San Casimiro, di Sant’Anna e del Santo Spirito, la torre di Gediminas su cui sventola la bandiera nazionale, le Porte dell’Alba e la Cappella della Vergine Maria. E poi scoprite con calma i grandi parchi di questa verde città, i quartieri di case di legno, i tanti angoli silenziosi da cui ancora non si vedono i grattacieli di ferro e vetro proprio al di là del fiume Neris. E’ quello che facciamo noi dedicando un’intera mattina a passeggiare, allontanandoci un po’ dalle centralissime Pilies Gatvé e Didzioji Gatvé e salendo sui panoramici bastioni che difendevano l’abitato nel XII xecolo. Scendiamo sul lungofiume e ci infiliamo in quello che viene spesso definito “il quartiere degli artisti” di Uzupis, i cui edifici un tempo fatiscenti e mal frequentati sono oggi rinati sotto le ali dell’angelo d’oro che ne è diventato il simbolo. Quando è sera, come i ragazzi di Vilnius, saliamo sulla Collina delle Tre Croci e stappiamo una birra davanti al sole che scende, mentre le ombre si allungano sulle quaranta chiese della città. Ma la storia della capitale è fatta anche delle sofferenze del popolo lituano durante l’occupazione sovietica narrate nell’agghiacciante museo del genocidio, le cui celle portano ancora sulle pareti i segni delle fucilazioni; e delle tracce di una città ormai scomparsa nell’antico ghetto ebraico, dove viveva prima della Seconda Guerra Mondiale una comunità tanto numerosa da far chiamare Vilnius la Gerusalemme del Nord.

Dedichiamo il tempo che resta ai viali del Vingio Parkas, non lontano dal campeggio, dove nel 1990 si radunarono migliaia di lituani per dar vita alle proteste che portarono all’indipendenza, e infine raggiungiamo il distretto periferico di Karoliniskés e la torre della televisione, una delle più alte al mondo con i suoi 326 metri, ai cui piedi dodici civili morirono schiacciati dai carri armati russi. Oggi il ristorante girevole alla sua sommità è il punto più alto da cui vedere il panorama, senza nemmeno dover voltare la testa.

La Disneyland della Rivoluzione
Siamo alle ultime battute del viaggio, prendendo facilmente dal campeggio la A16 e subito dopo la A4 in direzione Druskininkai. Prima del bivio ci fermiano a Paneriai dove si trovava il campo di sterminio nazista in cui, dal 1941 al 1944, furono uccisi oltre 100.000 lituani, in gran parte ebrei. Il luogo ci sembra francamente poco curato, e forse è il segno che a volte la voglia di dimenticare è più forte del bisogno di ricordare.

Altre volte, invece, a prendere il sopravvento è il desiderio di esorcizzare vecchi fantasmi, ed è probabilmente questo ad ispirare l’ultima bizzarria che incontriamo a pochi chilometri da Druskininkai e dal confine: il Gruto Parkas. Se vi siete chiesti che fine hanno fatto le innumerevoli effigi dei padri della Rivoluzione di Ottobre, di cui la Lituania era piena, eccovi la risposta. L’entrata al parco ripercorre il calvario che molti lituani hanno vissuto nei gulag siberiani: un carro merci per il trasporto dei deportati, torrette di avvistamento, filo spinato e all’interno, tra la collezione di statue (c’è anche il Lenin rimosso dal centro di Vilnius), Radio Mosca che riecheggia dagli altoparlanti. Ma in realtà la visita è tutt’altro che un’esperienza commovente e il clima – che ha suscitato forti polemiche – è più quello di una Disneyland con falce e martello che di un luogo di riflessione.
Trascorriamo l’ultima notte lituana nel campeggio di Druskininkai, ai margini dell’abitato in Gardino Gatvé. L’antica e un tempo prestigiosa località termale, dove concedersi un bagno nelle sue particolari acque salate (druska vuol dire appunto sale) mantiene ancora un certo fascino, grazie soprattutto alle prestigiose ville in legno che stanno venendo pian piano restaurate. Domani procederemo per la frontiera di Lazdijai, e poi seguiremo a ritroso tutta la strada verso casa.

Testo e foto di Danilo Elia

PleinAir 443 – Giugno 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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