I monti Kaçkar: una Turchia lontana dagli stereotipi

I monti Kaçkar sono il simbolo di una Turchia lontana dagli itinerari più battuti: boschi, alpeggi, la neve che cade anche a giugno e una fitta rete di percorsi e servizi per il turismo escursionistico.

Indice dell'itinerario

L’orso compare in un pomeriggio di pioggia. Siamo sui prati di Düpedüzü, a quota 2.600. Eravamo partiti col sole, agli alpeggi di Dibe ha iniziato a diluviare, ora piove appena. I canaloni e le rocce del Kaçkar Tepe sono avvolti da nuvole tenaci. Siamo in cinque o sei, ammucchiati in una tenda, si chiacchiera e si beve tè in attesa della cena.
Di colpo Kerem, la nostra guida, guarda fuori e sussurra «Fuori, subito, in silenzio!». L’orso è lì, in un fosso a poche decine di passi da noi, che ci osserva. Senza fiatare, cammino scalzo nell’erba fradicia verso la mia tenda e la macchina fotografica. Altri del gruppo fanno esattamente lo stesso.

Campeggio ai confini del mondo
Campeggio ai confini del mondo

Poi tutto accade all’improvviso. L’orso, spaventato, si gira e fugge a zampe levate. Io apro la tenda, tiro fuori la Nikon (con il teleobiettivo montato, è da stamattina che si parla di orsi) e inizio a scattare; nei primi fotogrammi riesco a inquadrarlo solo da dietro, poi il bestione si ferma, e qualche immagine decente arriva. Quando riprende a salire, un secondo orso lo raggiunge attraversando un nevaio. L’uno davanti all’altro, con un’agilità sorprendente, i due plantigradi salgono per ghiaie, pascoli e rocce, poi spariscono nelle nuvole. Nessuno mi saprà mai dire se il secondo orso era la mamma o forse un fratello del primo.

Incontro ravvicinato con un orso
Incontro ravvicinato con un orso

 

Il parco nazionale dei Kackar

Incontri rutrali
Incontri rutrali

Orsi e pini mughi, alpeggi e pioggia anche a giugno: non sono questi gli ingredienti usuali per un trekking in Turchia, dove gli italiani conoscono i sentieri della Cappadocia o la Lycian Way, sulla costa del Mediterraneo e dell’Egeo. Gli alpinisti, invece, frequentano le assolate pareti calcaree del Demirkazik e delle altre vette del Tauro. Ma il Kaçkar è diverso. Il nome è la traduzione turca di Caucaso, e sui libri la catena compare come Rize Kaçkar, Piccolo Caucaso. Il Caucaso vero inizia 200 chilometri a nord-est, in Georgia, ma l’ambiente, la fauna e la flora risentono della vicinanza del Mar Nero e delle perturbazioni che arrivano da settentrione. Una realtà che non appare subito evidente ad Erzurum, porta dei Kaçkar per chi arriva da sud, che offre il classico e arido paesaggio dell’Anatolia. A Yusufeli, alla base delle montagne, l’impressione è invece di essere arrivati in Pakistan, con le acque impetuose del fiume Çoruh che scorrono ai piedi di aspre montagne desertiche, alimentando piccole oasi create dall’uomo.

A passeggio capita di imbattersi in baite in stile alpino
A passeggio capita di imbattersi in baite in stile alpino

Nell’alta valle del Çoruh, come in quelle dei suoi affluenti, compaiono fitte foreste di abeti. Nei villaggi il legno prende il posto della pietra e del cemento; gli alpeggi, spesso abbandonati, sono composti da baite che ricordano l’Alto Adige o il Vallese. Oltre il bosco si iniziano a trovare i fiori bianchi del rododendro pontico. «I Kaçkar hanno una biodiversità straordinaria, con novanta specie di piante endemiche» spiega il botanico Ahmet Aksoy. «Qui vivono tra i centocinquanta e i duecento orsi» aggiunge il collega Hüseyin Ambarli. «Tutta la Turchia presenta un grande interesse naturalistico» spiega Güven Eken, direttore del Doga Dernegi, la più importante associazione ambientalista del paese, che collabora con il parco nazionale dei Kaçkar. «Siamo al confine tra Asia, Europa e Africa, da noi si possono vedere la foca monaca e l’orso, fenicotteri, tartarughe marine e camosci».
Anche l’uomo vive da millenni sui monti del Kaçkar. Sul versante del Mar Nero, abitato da piccole comunità di etnia Laz e Hemsin, ponti ottomani di pietra scavalcano i fiumi; su quello dell’Anatolia si incontrano chiese di rito georgiano o armeno abbandonate novant’anni fa, quando i cristiani furono costretti a emigrare.

Il fiume çoruh, presso Yusufeli, è frequentato dagli amanti del rafting
Il fiume çoruh, presso Yusufeli, è frequentato dagli amanti del rafting

Da noi, per secoli, chi viveva in montagna passava l’estate sugli alpeggi, per scendere nei primi giorni d’autunno. Sui Kaçkar invece i luoghi dell’uomo sono di tre tipi: d’inverno si sta nei paesi, in primavera e in autunno nei villaggi, d’estate si sale agli alpeggi al limite del bosco. Intanto, come le Alpi, questi monti hanno visto negli ultimi decenni un lento esodo dell’uomo, e il ritorno legato al turismo è appena avviato. I turchi frequentano Ayder, sul versante del Mar Nero, per stupirsi di fronte alla pioggia, ai prati smeraldini e alle cascate. Sul versante meridionale si va a Yusufeli per prendere il fresco e per dedicarsi al rafting sul Çoruh. Anche i sentieri, però, diventano popolari, e grazie alla guida di Kate Clow (vedi riquadro ‘Sentieri di storia’) e Terry Richardson, molti itinerari possono essere seguiti facilmente nonostante la mancanza di segnavia. Nei villaggi si trovano accompagnatori e muli per organizzare trekking di più giorni, e varie agenzie locali propongono itinerari di una settimana che iniziano con un paio di escursioni più brevi e proseguono con la faticosa ascensione ai 3.932 metri del Kaçkar Tepe, la vetta più alta del massiccio.

A spasso con Kate Clow, cittadina britannica trapiantata in Turchia, autrice di guide sul trekking sui monti del caucaso
A spasso con Kate Clow, cittadina britannica trapiantata in Turchia, autrice di guide sul trekking sui monti del caucaso

Chi scrive ha compiuto quattro lunghe camminate per boschi, crinali erbosi e yayla (gli alpeggi), con trasferimenti in minibus e pernottamenti nei paesi, per poi salire a Düpedüzü, scavalcare i 3.185 metri del Passo di Naletleme e scendere ad Ayder. Sui sentieri, oltre agli ultimi pastori e ai loro figli e nipoti trasformati in guide per il trekking, s’incontrano camminatori di tutto il mondo: oltre a inglesi, americani e tedeschi ci sono diversi turchi – anche se la zona è lontana da Istanbul e Ankara – e alcuni israeliani, che cercano il verde e l’acqua rari nel loro paese. Nella nostra escursione abbiamo incontrato anche un libanese e due greci stracarichi, che mi hanno ricordato un episodio famoso.
«Quando gli uomini in testa raggiunsero la cresta, e videro finalmente il mare, si levarono delle alte grida. Senofonte e la retroguardia le udirono, e pensarono che ci fosse un attacco nemico… Galopparono per fornire supporto, ascoltarono i soldati che gridavano.

Una sublime vista di un antico ponte
Una sublime vista di un antico ponte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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