Pennellate di luce

Nell'epoca dell'immagine digitale e del fotoritocco non ha perso il suo fascino l'arte più amata dai viaggiatori di altre epoche, forse la più en plein air delle tecniche pittoriche. Carta grossa, colori e pennelli alla mano, ecco un viaggio nei segreti dell'acquerello.

Indice dell'itinerario

Dipingere la luce con la luce stessa: a differenza di altre tecniche pittoriche, in cui il colore copre il substrato, nell’acquerello esso viene steso a strati leggeri e sovrapposti, e solo la riflessione della luce rivela forme, colori, chiaroscuri, effetti e persino la trama della carta, che è importantissima. Un’arte difficile e affascinante, che oggi sta vivendo una fase di riscoperta e valorizzazione: anche in un’epoca contrassegnata dalla fotografia e dalla velocità (diventate un tutt’uno con l’avvento del digitale), ha ancora senso parlare di colori ad acqua e carte speciali come inseparabili compagni del viaggiatore.
Nell’epoca d’oro del Grand Tour, fra il XVII e il XVIII secolo, molti gentiluomini, letterati, scrittori dell’Europa centro-settentrionale consideravano parte fondamentale della propria formazione personale e spirituale viaggiare verso sud, valicare le Alpi, attraversare l’Italia in direzione di Roma, spingersi magari fino a Napoli e alla Sicilia. Le loro memorie di viaggio venivano annotate in preziosi taccuini con impressioni ed emozioni, appunti personali, informazioni pratiche per chi avesse voluto poi seguirne le orme. Ma restava in questi viaggiatori, il più delle volte, il desiderio di conservare l’immagine dei territori attraversati, e fino all’invenzione della fotografia c’erano solo due modi per ottenere immagini da riportare a casa: acquistare sul posto le litografie o i dipinti realizzati da artisti locali, oppure imparare a disegnare e a dipingere arricchendo i propri taccuini con schizzi e acquerelli. Quest’ultima era la tecnica prediletta dalla maggior parte di loro, non soltanto per la bellezza dei colori e per la loro luminosità, ideale per rappresentare le terre mediterranee, ma anche per la facile trasportabilità del necessario. Allora come oggi bastano infatti una scatola contenente i godet (le piccole vaschette colme di pigmenti essiccati) con i principali colori, una serie anche limitata di pennelli e un album di carta robusta dalla trama grossa. Il tutto è facile da mettere in uno zaino, in una borsa o addirittura in tasca, se si scelgono i set più piccoli.
Ma perché andarsene in giro con carta e colori, piuttosto che con una comoda fotocamera compatta digitale? Prima di tutto, perché scattare una foto ricordo o dipingere un acquerello sono due esperienze assai diverse. Oggi fin da mezzogiorno avevo visto e sentito che ci sarebbe stato un pomeriggio favorevole alla pittura scrive in un suo diario il grande Hermann Hesse, che amava molto dipingere. Prima di cominciare a disegnare ho abbracciato con lo sguardo, per qualche istante, l’intera variegata valle fino al lago (…) Ho tracciato qualche linea a matita sul mio foglio bianco, ho tirato fuori la tavolozza e vi ho versato l’acqua. E ora, con un pennello imbevuto d’acqua e un poco di giallo di Napoli, metto giù la pennellata più chiara del mio quadretto . E’ un momento di profonda comunione con il paesaggio e con la natura, non semplicemente un fatto tecnico. “Non sono un pittore molto bravo – ammetteva Hesse – sono un dilettante. Ma non c’è nessuno che in quest’ampia vallata conosca, ami e custodisca come me gli aspetti delle stagioni, delle giornate, delle ore, i corrugamenti del terreno, i disegni della riva, i capricciosi sentieri in mezzo al verde .Non occorre dunque essere bravi tecnicamente ma avere l’atteggiamento giusto, concedersi tempo, provare piacere nel fare qualcosa di bello e nel farlo con il massimo dell’impegno e della cura. Si può passare anche in dieci località in un solo giorno scattando centinaia di foto ricordo, ma per realizzare qualcosa di più approfondito e personale bisogna rallentare e concentrarsi: solo il paesaggio o il particolare che ci colpiscono davvero possono meritare un acquerello. Luoghi, immagini e sensazioni che ci spingano a fermarci, a tirar fuori i colori, la carta, l’acqua, la matita, iniziare a disegnare e poi a dipingere. Se si ha fretta, se si deve essere altrove a una certa ora, tutto questo è impossibile. Recuperare i ritmi dei viaggiatori del passato: è questo uno dei regali più belli che può farci l’antica tecnica pittorica dell’acquerello.
Naturalmente occorre possedere un minimo di manualità o, se già si è fatta l’esperienza, perfezionare la tecnica. Per muovere i primi passi può bastare uno dei tanti libri dedicati all’argomento, ma per acquisire una capacità superiore non c’è niente di meglio che frequentare un corso. Lo si può fare prima di partire, magari nella propria città; o ancora meglio si può decidere di trasformare un periodo di vacanza in un’occasione per prendere parte a un workshop all’aria aperta, in compagnia di altre persone appassionate della bellezza del mondo e della natura. Nella sola Italia ci sono centinaia di scuole, il più delle volte gestite da associazioni culturali, che grazie a docenti professionisti offrono la possibilità di imparare in poco tempo almeno le nozioni di base. Corsi più lunghi, anche di qualche mese, consentono invece di approfondire le tematiche più esoteriche di un’arte che richiede, per eccellere, grande impegno e costanza. «Dipingo da una vita» racconta Mario Wlderk, acquerellista residente a Oriolo Romano nella Tuscia viterbese «eppure anche oggi, dopo tante mostre e dopo aver insegnato a centinaia di allievi, mi rendo conto di avere io stesso ancora tanto da imparare. E’ il bello di questa tecnica, l’opera più riuscita è sempre quella che si deve ancora realizzare».
D’altra parte non esiste un solo modo di dipingere un acquerello, e anzi le varianti tecniche sono infinite. Uno dei primi a esplorare le possibilità offerte dai colori ad acqua fu William Turner (1775-1851), uno dei massimi esponenti della pittura romantica inglese: in un’epoca in cui si andava alla ricerca della perfezione, del particolare riprodotto maniacalmente, Turner iniziò a dipingere macchie di colore che si espandevano sul foglio di carta, interagendo in modo apparentemente casuale. Presso la Tate Gallery di Londra si possono ammirare, per esempio, due acquerelli straordinari: L’incendio del Parlamento del 1834 in cui pochi, precisi colpi di pennello ci regalano tutta l’intensa emozione di un evento che i londinesi di allora sentirono molto, e il Tramonto del 1840 in cui il soggetto è risolto con semplici macchie di colore molto diluito. Oggi la tecnica a macchie è una delle più amate dagli acquerellisti perché permette, con poche pennellate, di rappresentare anche soggetti complessi; ma è anche la più difficile, visto che richiede una notevole capacità di controllo. Molto diffusa è anche una tecnica prediletta da molti artisti dell’800, specialmente quelli che si trovarono ad operare a Roma e nei dintorni. Fra i più noti vi furono Ettore Roesler Franz e i Venticinque della Campagna Romana (vedi collaterale): in questo caso il soggetto è risolto con piccole macchie di colore sovrapposte a campiture cromatiche molto più ampie. Infine ci sono i virtuosi del pennello i quali, come John Gould quasi due secoli fa, amano andarsene in giro nella natura a ritrarre piante, o più raramente animali, con una precisione strabiliante. «E’ una tecnica difficile, che richiede molta pratica e lunghi studi ma regala soddisfazioni uniche» racconta Roberta Sarchioni, pittrice naturalistica – come lei stessa si definisce – e vera maestra del genere. «Anche se debbo dire che sovente scopro che i miei allievi imparano presto a realizzare delle opere magari imperfette, ma più che dignitose. Ed è bellissimo vedere come loro stessi alla fine restino meravigliati dei risultati ottenuti».
I corsi residenziali di acquerello, ai quali partecipano gruppi formati di solito da pochi allievi (da cinque a dieci persone), si tengono generalmente in località di grande interesse paesaggistico e naturalistico. Il consiglio è di specificare bene all’insegnante le proprie esigenze e il livello di preparazione, in modo da poter essere inseriti nel corso adeguato: se già sapete almeno un po’ dipingere, può essere frustrante ritrovarsi tra persone che a malapena sanno tenere il pennello in mano. I costi possono variare molto: le lezioni che si tengono in città e al chiuso sono le più economiche, mentre se si scelgono i corsi en plein air si può spendere anche molto di più. A volte nella quota di iscrizione sono compresi il vitto e l’alloggio; se si viaggia in camper o in caravan, conviene verificare la possibilità di sosta presso la struttura ricettiva (si tratta frequentemente di agriturismi) che funge da base logistica.
Riguardo alle location non si avrà che l’imbarazzo della scelta, anche se indiscutibilmente ci sono luoghi che esercitano un fascino particolare: come Matera dove l’associazione culturale Genius Loci, che ha sede nei Sassi, organizza corsi di acquerello molto apprezzati e frequentati dai turisti stranieri. Le case aggrappate alla gravina, lo splendore della natura circostante, il volo dei falchi grillai, le chiese rupestri, tutto concorre a creare suggestioni difficilmente eguagliabili. Sempre al sud, a chi volesse dedicarsi alla pittura di piante e fiori, consigliamo i corsi organizzati da Maria Rita Stirpe: dal 6 al 15 giugno l’artista terrà una bellissima mostra presso l’orto botanico di Catania in occasione dei centocinquant’anni della sua istituzione, e contestualmente offrirà l’occasione di partecipare a lezioni pratiche di acquerello. Altri corsi sono in programma nel mese di luglio a Bressanone presso l’Abbazia di Novacella, e a settembre presso l’Orto Botanico di Palermo, ma le possibilità sono praticamente infinite e si trovano perfino programmi che combinano viaggi e pittura.Riguardo ai materiali, chi è all’inizio farà bene a non spendere troppo. Tutto quel che serve per cominciare è procurarsi un buon blocco di carta da 300 grammi, una scatola con almeno dodici o quattordici godet (ottime per rapporto qualità-prezzo quelle della Windsor&Newton) e tre buoni pennelli, uno grande per le campiture, uno medio e uno fine. I perfezionisti e i maniaci del fai-da-te possono anche acquisire le tecniche per preparare i colori in modo artigianale, o produrre in casa i fogli su cui dipingere. Ad esempio il guado (Isatis tinctoria) è una pianta crucifera coltivata per secoli in molte zone d’Italia perché in grado di fornire un bellissimo colorante blu: il suo uso decadde a partire dal XVII secolo con l’arrivo dell’indaco dai paesi tropicali, ma nel Montefeltro qualcuno è tornato a coltivarlo per estrarne il particolare colorante naturale che, unito alla gomma arabica, può essere anche utilizzato per dipingere acquerelli monocromatici, come si fa da secoli in Cina. Cuore di questo progetto è la Cooperativa Oasi San Benedetto che a Lamoli, frazione di Borgo Pace (nel paese c’è una comoda area sosta comunale), ha dato vita al Museo dei Colori Naturali, allestito nell’abbazia di San Michele Arcangelo. Nel museo è anche possibile acquistare colori prodotti come un tempo, partendo da pigmenti vegetali o minerali (non solo il blu guado, ma anche il giallo di Reseda o il rosso di Robbia), e impararne l’uso: se ne possono ricavare acquerelli di grande bellezza e profondità cromatica. La cooperativa organizza corsi rivolti a coloro che vogliono imparare le antiche tecniche per la preparazione di acquerelli e tempere, come pure per coloro che sono interessati alla tintura dei tessuti: il tutto in una zona di grande bellezza, con splendidi paesaggi naturali e la vicinanza di una meta d’arte come Urbino. Proprio in quest’ultima città tiene i suoi corsi di tecniche pittoriche Piero Demitri, artista con una lunga esperienza didattica.
Oltre ai colori, l’ingrediente fondamentale per un acquerello ben fatto è la carta. E dove si possono scoprirne tutti i segreti se non a Fabriano? Al Museo della Carta e della Filigrana si può ripercorrere la storia di questo fondamentale supporto, da quando venne inventata in Cina a quando arrivò in Europa grazie agli Arabi, ed ammirare gli artigiani che la producono come un tempo. Il museo organizza anche dei corsi per imparare a far da sé un foglio di carta, di quella spessa e fibrosa ideale per realizzare acquerelli creativi. E il piacere di un’opera davvero nostra, nata per dare forma alle emozioni suscitate da un paesaggio, da una situazione, da una creatura vivente, sarà davvero completo.

PleinAir 430 – maggio 2008

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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