Peloponneso, le pietre parlano

Micene, Corinto, Epidauro. E naturalmente Argo, Tirinto e Sparta: un classico itinerario nel Peloponneso che tra un tuffo e l’altro nelle acque dell’Egeo calca le orme delle civiltà dell’antica Grecia continentale

Indice dell'itinerario

Era il 6 dicembre 1879 quando Heinrich Schliemann annotò la scoperta della prima tomba all’interno delle ciclopiche mura di Micene. Seguendo il suo istinto – bussola infallibile già al momento di portare alla luce le vestigia dell’antica Troia qualche anno prima – aveva concentrato le ricerche là dove lo stesso Pausania, geografo greco del II secolo, aveva suggerito di cercare. Per quasi un mese lui e la moglie rimasero in ginocchio a raschiare il terreno con unghie e coltelli, finché non affiorarono maschere d’oro, monili e gioielli in tale quantità da spingere l’avventuriero tedesco a scrivere al re di Grecia che la tomba di Agamennone era stata finalmente scoperta.

La ricostruzione del tempio di Asclepio, dio della medicina
La ricostruzione del tempio di Asclepio, dio della medicina

I luoghi del mito

Impossibile non farsi travolgere da quel turbinio di suggestioni una volta superata la Porta dei Leoni, simbolo di Micene, il segnale che si è varcata la soglia del mito. Che il re di quell’inespugnabile cittadella arroccata su una collina fra Argo e Nemea fosse Agamennone, l’eroe greco celebrato da Omero, o che la sepoltura recuperata da Schliemann fosse davvero la sua, non ha importanza. Ci si aggira per i corridoi di cemento e acciaio, frutto di una recente e controversa ristrutturazione, con la circospezione dovuta a un luogo sacro. In piedi è rimasto davvero poco, ma la visita è di quelle che restano per sempre impresse nella memoria.

Sbalorditiva la tecnica costruttiva, se si pensa che a realizzare la rocca furono maestranze del XV secolo a.C. Oltre alla Porta dei Leoni e alle ciclopiche mura, da ammirare sono la profondissima cisterna sul vertice orientale dell’approssimativo triangolo che costituisce la pianta dell’abitato e i resti del palazzo reale, sulla sommità del sito. Ma soprattutto le enormi tombe a tholos: quella di Egisto, di Clitemnestra e ovviamente di Agamennone, più nota come Tesoro di Atreo, impareggiabili capolavori d’ingegneria. Si tratta di camere semisotterranee a pianta circolare sormontate da cupole ogivali che, nel caso dell’ultima sepoltura, toccano i 13 metri di altezza e alle quali si accede attraverso un lungo corridoio dalle pareti di grossa pietra. Tracce eloquentissime della grandezza della civiltà micenea che dominò la Grecia e il Mar Egeo dal XVII all’XI secolo a.C.

Le ciclopiche mura della rocca micenea di Tirinto, alte fino a 16 metri
Le ciclopiche mura della rocca micenea di Tirinto, alte fino a 16 metri

Altra significativa testimonianza della potenza che i discendenti di Atreo svilupparono in quel periodo si ha a una ventina di chilometri a sud, in direzione di Nafplio, ovvero la rocca fortificata di Tirinto. Anche lì ci fu lo zampino di Schliemann, visto che fu lui a piantare il primo colpo di piccone sull’altura formatasi nei secoli a nascondere la città che secondo il mito aveva dato i natali a Eracle. A colpire sono le mura difensive alte anche 16 metri, realizzate con blocchi di pietra che non avevano nulla da invidiare a quelli delle piramidi egizie. Che si trattasse di una cittadella micenea lo confermano i resti architettonici come il classico megaron, le cui volumetrie vanno però più immaginate che ammirate. Concretissimo invece lo sbalorditivo corridoio coperto sul lato sud-occidentale, peraltro non facile da individuare visto che Tirinto, pur essendo stata indicata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, non presenta né cartelli né passerelle, quasi a preservare la sacralità del sito comunque percorso in lungo e in largo dalle comitive che scendono da Micene verso il Golfo di Argolide.

La fortezza di Larissa è una delle mete da non perdere durante la visita ad Argo
La fortezza di Larissa è una delle mete da non perdere durante la visita ad Argo

Le stesse comitive si rischia di incontrarle anche pochi chilometri più a ovest, sulle vestigia dell’antica Argo, la città di Diomede, l’eroe che insieme all’astuto Odisseo escogitò il trucco del cavallo di legno per espugnare la rocca di Ilio inutilmente cinta d’assedio dai Greci per dieci anni. Rimane ben poco del periodo miceneo, concentrato in alcune vetrine del museo archeologico, mentre sono più significative le tracce del suo passato romano a partire dall’enorme teatro scalpellato nella roccia della collina su cui domina la fortezza di Larissa, in cui potevano sedere oltre 20.000 spettatori, per finire con l’odeon, ovvero il vicino teatro coperto, e le terme.

Un breve sentiero conduce poi a un ninfeo e ai resti di un acquedotto dell’epoca dell’imperatore Adriano, e di fronte si stendono le rovine dell’agorà. Irrinunciabile l’ascesa di circa un’ora alla fortezza, a piedi lungo un sentiero assolato o più comodamente su quattro ruote lungo una strada non del tutto agevole per i mezzi più ingombranti. Si tratta di un manufatto che reca evidenti i segni di tutte le dominazioni che si successero in zona, da quella romana a quella bizantina, da quella veneziana a quella turca: ora è in fase di restauro, ma dalle mura è possibile godere uno straordinario panorama sulla città e sul golfo vicino.

L’ingresso della tomba a tholos di Clitemnestra e la celebre Porta dei Leoni a Micene
L’ingresso della tomba a tholos di Clitemnestra e la celebre Porta dei Leoni a Micene

Una cinquantina di chilometri a nord di Argo, sulla strada che conduce verso la capitale, l’occasione di completare la conoscenza della civiltà greca degli albori. Della Corinto antica, terremoti e saccheggi hanno lasciato ben poco, ma da quel poco è possibile ricavare l’impressione della floridità di un centro che gli storici hanno sempre indicato come uno dei più ricchi e prosperi dell’intero Peloponneso grazie alla sua invidiabile posizione. Due porti, uno sullo Jonio e l’altro sull’Egeo, garantivano il passaggio delle merci e lo sviluppo delle attività commerciali.

Oggi c’è il canale, scavato dai francesi alla fine dell’Ottocento ma vagheggiato già dal mitico fondatore della città, il tiranno Periandro. Un tempo ci si limitava a trainare le imbarcazioni da un mare all’altro su rulli di legno che scorrevano lungo uno scivolo lastricato. Bastava ad assicurare prosperità, come testimonia quanto resta del monumentale tempio di Apollo, sicuramente la maggiore attrazione del sito archeologico, arricchito dalla presenza di un’agorà delimitata da una stoà porticata di cui restano le sole fondamenta e dai ruderi della Basilica Giulia.

E poi c’è la fortezza, chiamata Acrocorinto e realizzata approfittando delle barriere naturali offerte dal massiccio blocco calcareo che sovrasta l’abitato, una delle cittadelle più suggestive e inespugnabili della Grecia, interessata da un recente restauro. Della Corinto moderna invece si salva ben poco, anche perché numerosi terremoti ne hanno snaturato la fisionomia. Per farsi un’idea della monumentalità del canale che le ha attribuito giusta fama meglio spostarsi a Isthmìa, all’estremità sud-orientale: due bar con terrazza a pelo d’acqua permettono di ammirare i meccanismi del ponte il quale, anziché alzarsi, si inabissa grazie al movimento di potentissimi pistoni subacquei.

Veneziani e Bizantini

Situata in prossimità della costa meridionale del Peloponneso, l’isola di Elafonissos regala paradisi naturali incontaminati
Situata in prossimità della costa meridionale del Peloponneso, l’isola di Elafonissos regala paradisi naturali incontaminati

La rotta micenea impone a questo punto una brusca virata verso sud, lungo la costa che si affaccia sul Golfo Saronico, una cinquantina di chilometri da percorrere nell’interno montagnoso da cui di tanto in tanto si possono ammirare le splendide spiagge che si aprono fra una caletta e l’altra, fino a raggiungere il sito dell’antica Epidauro. Fin dall’età micenea qui si celebrava il culto di Apollo, soppiantato in epoca classica da quello del figlio Asclepio, dio della medicina, in onore del quale venne edificato un importante santuario diventato nel corso dei secoli punto di riferimento per i malati. Le rovine certificano ancora oggi la sua ampiezza: spiccano il katagoghion, la foresteria dove i pellegrini e i pazienti attendevano di essere ammessi, l’odeion romano, il tempio di Asclepio e lo stadio, utilizzato per celebrare i giochi che ogni quattro anni si svolgevano in onore del dio. Ma la fama di Epidauro è legata al celebre teatro, realizzato nel IV secolo a.C. dall’architetto Policleto, uno dei più grandi e dei meglio conservati della Grecia antica ma celebre in particolare per la sua acustica. La visita va conclusa con un passaggio al museo del complesso, dove sono esposti antichi attrezzi medici.

Un vicoletto del caratteristico centro storico di Nauplia.
Un vicoletto del caratteristico centro storico di Nauplia.

Ultima tappa del percorso, 150 chilometri più a sud, la mitica Sparta. Tuttavia sulla strada non si può evitare una sosta a Nauplia, prima capitale della Grecia indipendente, il cui centro storico è considerato a ragione uno dei più gradevoli del paese. Lungo i suoi stretti vicoli si affacciano eleganti palazzi neoclassici e veneziani, un tempo protetti da ben tre fortezze: il forte di Palamidi, sulla sommità del monte che sovrasta l’abitato, la rocca di Adkronafplia e la piccola Bourtzi, che occupa per intero l’isoletta davanti alla città vecchia. Palamidi, forte veneziano costituito da tre linee di difesa, fu espugnato dai Turchi che vi si asserragliarono per un anno e mezzo prima di cedere ai ribelli indipendentisti. Inutile specificare che da lassù il panorama è straordinario, ma serve un buon allenamento visto che i gradini da salire sono 995. In alternativa s’imbocca una stretta strada che porta al parcheggio in quota, da dove la visita si snoda in modo meno faticoso.

Platia Dzamiou, la piazza centrale di Monemvasia
Platia Dzamiou, la piazza centrale di Monemvasia

Prescindibile il trasferimento via mare alla veneziana Bourtzi: la visita alle sue architetture non aggiunge nulla al fascino che riesce a sprigionare se la si ammira dalla costa. Per una pausa balneare il consiglio è invece di allontanarsi di una dozzina di chilometri verso sud-est fino al piccolo borgo di Vivari, all’interno di una deliziosa baia con un mare davvero incantevole.

Un buon viatico prima del trasferimento a Sparta, dove non si troverà però nessuna traccia del suo glorioso passato. Se noi conosciamo il suo antico re Menelao, fratello di Agamennone, e il fasto della corte reso ancor più prezioso dalla splendida moglie Elena, poi rapita da Paride, lo dobbiamo esclusivamente a Omero. D’altronde lo diceva lo stesso storico Tucidide che se della città si fossero salvati i suoi edifici, i posteri avrebbero dubitato della grandezza di questo popolo.

La chiesa di Aghios Nikolaos a Mystràs, antica capitale bizantina
La chiesa di Aghios Nikolaos a Mystràs, antica capitale bizantina

Se si arriva fin qui, allora, è per ammirare le vicine rovine di Mystràs, antica capitale bizantina abbarbicata alle pendici del monte Taigeto. Visse fra la metà del XIII secolo e l’inizio del XVIII le fasi più fulgide della sua breve storia, testimoniata da manufatti di grande pregio distribuiti su un territorio piuttosto vasto, tanto da richiedere una giornata di visita. Tre i livelli: il più elevato, occupato dalla cittadella, è raggiungibile col v.r., anche se una volta scesi alla città bassa sarà necessario che qualcuno torni su a recuperare il mezzo. Oltre alla fortezza realizzata dai Franchi, spicca la chiesa di Aghia Sofia, impreziosita da affreschi ancora ben visibili. Scendendo verso la città s’incontrano il complesso di Aghios Nikolaos e il cosiddetto Palazzo dei Despoti, in fase di restauro.

Più in basso ecco il convento di Pantanassa, che ospita un gruppo di monache a tutt’oggi le uniche abitanti di Mystràs, e il Peribleptos, chiesa ricchissima di affreschi ricavata in parte all’interno di una grotta. Da non perdere la chiesa di Aghios Dimitrios e il museo da poco restaurato, per chiudere il percorso con la chiesa di Aphentikò, le cui pareti sono anch’esse fittamente affrescate. E se dopo tante visite si sente l’esigenza di trascorrere qualche giorno in riva al mare, vale la pena coprire il centinaio di chilometri che separa Sparta da Elafonissos, isoletta separata dalla terraferma da un braccio di mare di cinquecento metri all’estremità meridionale del terzo dito del Peloponneso. La spiaggia che si stende qualche duna dopo il campeggio Simos è una delle più belle del mondo e non si esagera a definirla caraibica.

Il museo archeologico di Micene
Il museo archeologico di Micene

Per chiudere l’itinerario non resta che puntare verso est, con destinazione Monemvasia. Fondata dai Bizantini nel VI secolo, la cittadella fu costruita a picco sul mare aggrappata alla parte meno scoscesa dell’isoletta (oggi unita alla terraferma da una strada) formatasi dopo un terremoto nel IV secolo. Il suo nome in greco significa una sola porta, a sottolineare la logistica particolarmente difficile dell’abitato, oggi nettamente diviso in due settori distinti: la fortezza nella parte alta, da cui si gode un panorama davvero unico, e la cittadella, oggetto negli ultimi anni di interventi di ristrutturazione. Prima i Veneziani e poi i Turchi l’hanno arricchita di architetture davvero particolari, che costituiscono oggi il valore aggiunto della visita insieme al fatto che la città venne edificata sugli antichissimi resti della cittadella di Minoia. Quale modo migliore per chiudere un tour archeologico del Peloponneso? 

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