Passo d'avvio

Il Sempione è una delle maggiori vie di transito dall'Italia ai paesi dell'Europa centrale. Ma anche un itinerario da gustare tappa per tappa, al ritmo lento del pleinair, sulle tracce di un tenace imprenditore che riscoprì e rese cruciale questo attraversamento alpino.

Indice dell'itinerario

Dagli anni Ottanta, con il completamento in territorio svizzero, la nuova strada del Sempione si presenta ben scorrevole, con minori curve e pendenze e maggior sicurezza in confronto al pur rispettabile tracciato di inizio Ottocento. Le opere realizzate (tra cui vari chilometri di gallerie finestrate, che proteggono il traffico nelle zone esposte alle valanghe o a grossi accumuli di neve) hanno reso praticabile anche nei mesi invernali un valico alpino – siamo a quota 2.000 – fondamentale per i collegamenti tra Italia e Svizzera. Quanto all’aggiornamento del percorso italiano, anche se incompleto mentre scriviamo nel tratto finale in Val Divedro, esso ha ormai caratteristiche in buona parte di autostrada. Anche per chi viaggia in camper, dunque, il Sempione offre una valida alternativa su alcune direttrici dell’Europa centrale. Ma invece di limitarsi a passarlo, perché non visitarlo per ciò che sa dare nella visuale tranquilla del pleinair e sotto la lente d’ingrandimento di una storia forse ignorata’
Tralasciando le notizie dei modesti traffici precedenti, è nel Medioevo che il passo comincia a godere di notevole attenzione da parte di mercanti e viaggiatori. Nel 1235 era già in funzione, non lontano dal valico, un ospizio dei monaci di San Giovanni (poi Cavalieri di Malta) sulle cui murature fu probabilmente edificato quattro secoli più tardi l’Ospizio Vecchio, che incontreremo nel risalire il versante meridionale. Del 1254 – ed era inverno, l’8 febbraio – è la prima testimonianza certa di un attraversamento del Sempione ad opera dell’arcivescovo Odo di Rouen, diretto a Roma.
Ma era già epoca di fiere e commerci internazionali e alla vitalità del valico contribuivano soprattutto gli interessi di città come Milano, Novara, Pistoia e sedi dell’industria tessile come Lione, Troyes e i centri della Champagne. Dogane e altri prelievi erano allora, come si sa, all’ordine del giorno e assicuravano ghiotti introiti ai vescovi signori di Sion come ai duchi di Savoia, che possedevano territori nella media valle del Rodano. Del pericoloso percorso su ponticelli gettati a passare torrenti tumultuosi lasciò memoria nel 1275 papa Gregorio X, probabilmente di ritorno dal Concilio di Lione: il sentiero attraversava le terrificanti gole di Gondo, che anche noi toccheremo dopo aver superato questo villaggio in cui si trova la dogana d’ingresso in Svizzera.
Un tracciato meno rischioso, anche se più faticoso, sarebbe stato invece preferito da un certo Stockalper che nel Seicento pose fine al lungo periodo di abbandono dei percorsi verificatosi nel secolo precedente, dopo un periodo di intenso sfruttamento da parte di milizie elvetiche. Stockalper legò il proprio nome alla mulattiera da Brig a Gondo, che divenne una frequentata via di scambi tra Lione e Milano imprimendo un sensibile risveglio all’economia di Brig e della regione.

Progetti imperiali
Chi giunga a Gondo dall’Italia, un po’ prima dei bazar con distributori di benzina e cambiavalute noterà nel piazzale della dogana una singolare costruzione dagli spioventi seghettati, cui si appoggia una torre a otto livelli: il tutto progettato dallo stesso Stockalper che se ne servì da deposito merci, albergo e quartier generale sul lato sud del Sempione. La famosa mulattiera col suo nome, la via Zwischenbergen in anni recenti restaurata e dotata di segnaletica, inizia proprio di fronte, oltre il corso del Diveria.
Qui sa tutto di trekking ed escursioni fra prati e cime del Sempione la guida Rolf Gruber; con una piccola deviazione dallo storico percorso vi porterà a visitare anche la miniera d’oro della quale si era a suo tempo occupato l’imprenditore. Nella seconda metà dell’Ottocento differenti società si erano alternate nel suo possesso senza però dare inizio all’estrazione, finché nel 1894 gli ultimi acquirenti impegnarono ingenti capitali, in buona parte francesi, per uno sfruttamento in grande stile: i buoni risultati iniziali vennero festeggiati a Parigi con champagne a fiumi e – dice la cronaca – ‘ballerine italiane’, ma già l’anno successivo il giacimento dette frutti irrisori sino al rapido fallimento.Mettiamoci ora sulla strada del passo, tra i ponti e i tunnel che hanno addomesticato le tremende gole di Gondo (merita arrivarvi a piedi o in bici, essendo altrimenti impossibile sostare). Oltre il villaggio di Gstein-Gabi, al quale giunge anche la mulattiera di Zwischenbergen, ci insinueremo poi nella valle più aperta che sale al paese di Simplon. Fu nel settembre del 1800 che Napoleone ordinò la costruzione di una rotabile che, ovviamente a scopo militare, scavalcasse le Alpi attraversando il Sempione: nei cinque anni di lavori, il tratto più duro (costato la vita a più di 100 operai) fu proprio lo scavo del tunnel presso Gondo e il suo tumultuoso torrente. Il generale, che a maggio del 1805 si era fatto incoronare a Milano re d’Italia, teneva molto a compiere in luglio un trionfale ritorno a Parigi per la nuova strada e mandò un ispettore, ma questi trovò il percorso incompleto e interrotto da valanghe, mentre la famigerata galleria risultò del tutto impraticabile. Napoleone dovette tornare in Francia per altre strade, né ebbe più occasione di passare per quella carrozzabile che tanto aveva voluto; ci passò invece, nel 1813, suo cognato Gioacchino Murat riportando nella penisola i resti dell’Armata d’Italia sconfitta a Lipsia. Quella volta, sotto una micidiale tormenta, riuscirono preziosi i rifugi e le piccole caserme costruiti al servizio dell’arteria, tanto più che all’epoca non esisteva ancora l’attuale Ospizio la cui mole domina il piazzale del valico: concepito come caserma, ne fu abbandonata la costruzione con la caduta del potere napoleonico; una decina d’anni dopo la ripresero gli Agostiniani di San Bernardo, che oggi offrono ospitalità a singoli e famiglie per ritiri spirituali.
Alcuni chilometri prima di Gstein-Gabi si riconosce sulla destra una caserma napoleonica, recentemente restaurata a cura della fondazione che si propone la salvaguardia delle testimonianze storiche del passo e del suo ambiente naturale. All’interno dell’Alte Kaserne, com’è chiamata, varrà la pena visitare l’esposizione dedicata alle vicende del Sempione e alle sue strade (la porta a vetri si apre a spinta, non c’è personale e l’illuminazione entra in funzione automaticamente). Proprio di fronte un’agile passerella si innesta sul tratto Gabi-Simplon Dorf dell’antica mulattiera i cui 35 chilometri richiedono, per essere percorsi interamente, da uno a tre giorni; se ne possono però anche perlustrare singoli tratti servendosi, per il rientro, dei cars postaux che fermano a tutti i raccordi.
Simplon Dorf (ovvero Sempione Paese), attraversato fino agli anni Settanta dalla rotabile, ne è oggi separato da raccordi di qualche chilometro che hanno giovato alla tranquillità, aprendo buone prospettive turistiche. Sull’antica piazza della chiesa con la sua fontana, l’Alte Gasthof ospita oggi l’Ecomuseo del Sempione, con molti documenti storici ed etnografici sulla montagna e sul suo passato; vi si possono anche acquistare carte escursionistiche. Nel villaggio il tracciato napoleonico favorì il lavoro e il commercio sia durante che dopo la costruzione della strada; gli alpeggi potevano accogliere d’estate le mandrie di bovini fatte salire dalla piana dell’Ossola, d’inverno era il bestiame del villaggio ad essere trasferito per scarsità di fieno presso gli allevatori ossolani.
E iniziarono i tempi del turismo, con le diligenze che trasportavano da mezza Europa visitatori desiderosi di scoprire gli intatti paesaggi della montagna e i suoi selvaggi recessi: da Domodossola a Brig, più o meno 65 chilometri, si impiegavano 9 ore. La prima auto che compì la traversata lo fece di notte, eludendo i divieti, alla luce di fari a carburo o a petrolio. Nel 1906 il Sempione fu aperto al traffico nei due sensi tre giorni a settimana; più tardi i giorni diventarono sei, riservando il giovedì alle mandrie. La massima velocità ammessa era di 10 chilometri l’ora, 3 nelle curve (un’ammenda era pronta per chi, da Brig a Gondo, impiegasse meno di 4 ore e mezzo) e le autorità non rinunciarono a imporre una tassa per l’attraversamento della montagna. L’impiego del rivestimento antipolvere era ancora di là da venire: per la strada del Sempione l’asfalto sarebbe arrivato solo nel 1957.Dentro la montagna
Un altro però fu l’evento in quegli stessi anni di inizio secolo. Nel 1905 più di 13.000 persone viaggiarono in diligenza tra Brig a Domodossola; l’anno seguente scesero a 845. Cos’era avvenuto’ Semplicemente l’inaugurazione del tunnel ferroviario più lungo del mondo, ovvero il traforo del Sempione, destinato a ridurre drasticamente il trasporto delle merci (e per un certo tempo quello delle persone) attraverso il passo. I lavori, cui partecipò anche l’Italia, furono tutt’altro che scevri da difficoltà a causa delle condizioni geologiche e climatiche: l’ultimo drammatico incidente, nel quale perirono due ingegneri italiani, si verificò proprio con la carica che faceva saltare il diaframma tra nord e sud. La lunghezza del tunnel rispetto alla fumosità e ai gas delle vaporiere indusse ad adottare nello stesso 1906 la trazione elettrica, ma grande preveggenza fu altresì la contemporanea realizzazione di un secondo tunnel – a 17 metri dal primo – che entrò in esercizio nel 1922.
Tra Simplon Dorf e il valico, poco dopo la località di Engiloch, fermandosi al parcheggio sulla destra per andare ad affacciarsi dall’altro lato della strada, si potrà scorgere in basso un’insolita quanto suggestiva costruzione, isolata su un invitante altopiano. Qui ritroviamo il nome di Stockalper, che la fece erigere – con spioventi che la rendono strutturalmente simile alla torre di Gondo – sui resti del precedente Ospizio dei monaci di San Giovanni: in un’epoca in cui lungo la famosa mulattiera erano ben scarse le possibilità di ricovero, il dinamico uomo d’affari pensò certo a viaggiatori e merci, ma dell’edificio fece anche un suo luogo di soggiorno.
Per forme e cubatura, l’altro Ospizio ai 2.005 metri del valico non si presenta altrettanto accattivante, e ci si scoraggia per il cartello che vieta la sosta ai camper nel parcheggio antistante: ma, chiestone il motivo all’ufficio informazioni, ci dicono che si è trattato di una misura resa necessaria dall’afflusso eccessivo («il numero dei camper a volte era tale da non lasciare spazio agli altri visitatori») e che la municipalità di Brig ha predisposto appositi spazi appena oltre la curva. Questi parcheggi – effettivamente ben collocati, di adeguate dimensioni e attrezzati con toilette – si trovano nelle adiacenze degli alberghi d’epoca Simplon Blick e Bellevue, entrambi dotati di ristorante; dal primo un sentiero sale a una grande aquila di pietra innalzata dalla guarnigione di stanza quassù nell’ultima guerra, mentre dall’altro si gode un’ampia vista sulle cime oltre il Rodano. Il terzo albergo, più moderno, porta il nome del Monte Leone che, con i suoi 3.553 metri, è la più alta delle cime dei dintorni.
Nella discesa verso Brig (scandita da altri parcheggi attrezzati che risultano di immediata utilità per trekking ed escursioni) sollecita l’attenzione una cascata che precipita dal margine di una galleria paravalanghe: sono le acque provenienti dal ghiacciaio Kaltwasser, che in questo modo oltrepassano la rotabile senza investirla. Ora ci si abbassa di quota tra boschi di larici che si aprono su nuovi panorami; più avanti ci sorprenderà il modernissimo e spettacolare ponte sulla Galtertal, lungo 627 metri, che scavalca una profonda valle; chi frequentava in passato questa strada ricorderà certo la fatica del vecchio tracciato, costretto a scendere per poi risalire faticosamente il versante opposto.
L’arrivo a Brig ci riporta al nostro Stockalper, che vi costruì o donò edifici come il collegio di Santo Spirito, il convento delle Orsoline e la chiesetta di San Sebastiano, nella piazzetta dello stesso nome animata da un vivace mercatino. Entrando in centro, una zona pedonale impedisce di transitare sul ponte a destra e obbliga a girare a sinistra finché, al primo incrocio, si troverà a destra un ampio e comodo parcheggio; in pochi minuti di passeggiata si tornerà a San Sebastiano per poi dirigersi al palazzo Stockalper, con evidenti torri coronate a bulbo (e chiamate dal proprietario con i nomi dei Magi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre). Si tratta di un edificio costruito nel Cinquecento dalla famiglia, che Kaspar rinnovò e ingrandì sulla scia dei propri successi: la commistione di criteri estetici e funzionali spiega, ad esempio, il vasto cortile adibito allo stoccaggio delle merci e il grande e curato giardino, visitabile per proprio conto, mentre per gli interni sono a disposizione visite guidate. Prima di riprendere il viaggio verso altre mete, è questa un’ottima conclusione dell’esperienza per un ultimo contatto con il mondo, le attività, la storia dell’uomo che inventò il Sempione.

PleinAir 390 – gennaio 2005

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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