Viaggio tra i Parchi più belli del Centro Italia

Roccia, boschi, animali. Contornata da una trama di insediamenti con una lunga storia, la natura più intima dell’Italia centrale si addensa lungo la spina dorsale della Penisola. Montagne vere, montagne abitate, montagne da percorrere a piedi per scoprirle davvero. Un altro gruppo di itinerari lungo i sentieri dell’Italia dei parchi, questa volta dalla Toscana all'Abruzzo

Indice dell'itinerario

L’Appennino e il Centro Italia possiedono alcuni dei Parchi Nazionali e regionali più belli del Bel Paese. Oggi l’Appenino è una dorsale verde di parchi, di decine e decine di aree grandi e piccole deputate alla conservazione di una natura e di una cultura entrambe a rischio di estinzione. Paesaggi dove la natura calcarea della roccia ha disegnato con la matita della fantasia. E sono pianori, grotte, canyon vertiginosi, doline. Forme perfette ad incantare lo sguardo e ad offrire la varietà ambientale necessaria alla vita di piante e di animali.

Oggi, chi vuole mettere in moto il camper e andare alla scoperta delle aree protette nel cuore d’Italia ha solo l’imbarazzo della scelta. La corona di massicci dell’Abruzzo è la più alta e imponente dell’intera dorsale e soprattutto qui si concentrano i paesaggi più maestosi, una flora di grande varietà, le star degli elenchi faunistici come orsi, aquile e lupi.

In Centro Italia abbiamo altri Parchi bellissimi come il Gran Sasso e i Monti della Laga, le riserve della Toscana, dalla Maremma alle dune solitarie del Tirreno fino alle fitte foreste del Casentino. E poi il Lazio con l’hinterland di Roma, i pianori carsici lungo il corso del Tevere e fino ai Monti Simbruini, e infine l’Umbria che ha uno dei Parchi più belli del Centro Italia con i suoi Monti della Sibilla.

Questo itinerario selezionato porta ad esplorare i nostri Parchi Nazionali e regionali più belli del Centro Italia, custodi di una natura di segreta meraviglia.

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Emilia Romagna e Toscana • Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e dei Monti Falterona e Campigna

Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi: le cascate dell’acquacheta

La casca dell’Acquacheta

Dislivello 300 metri • Tempo di percorrenza 3 ore circa

Si parte a piedi da San Benedetto in Alpe, ancora in Emilia Romagna ma vicinissimo alla Toscana. presso il ponte sul fosso dell’Acquacheta. Il sentiero segue il corso d’acqua e poi si immette in una mulattiera, che passa accanto ad alcuni vecchi edifici e raggiunge, a circa un’ora e mezzo dal paese, il belvedere della cascata, posta esattamente al confine tra le due regioni. Il ritorno è per la via dell’andata. Il salto d’acqua è davvero scenografico.

La cascata, alta circa 70 metri, precipita dalla Piana dei Romiti su una successione di gradini naturali e ripidi scivoli che allargano e disperdono i rivoli su un ampio fronte di roccia, largo ben 35 metri. Il substrato appartiene alla formazione marnoso-arenacea, caratteristica di questo settore appenninico, e vede l’alternarsi di strati più duri e quindi resistenti alla forza erosiva dell’acqua (le arenarie) e di strati più facilmente erodibili (le marne).

Alla bellezza l’Acquacheta aggiunge poi anche la fama che le deriva dalla letteratura. Fu nientemeno che Dante Alighieri a citarla nella Divina Commedia per paragonarla al Flegetonte, le cui acque si gettano in un baratro nell’ottavo girone dell’Inferno. Il sommo poeta ebbe occasione di vedere la cascata durante un viaggio da Firenze a Forlì: sembra che ne rimanesse profondamente colpito, e non c’è da stupirsene.

Toscana • Parco Regionale della Maremma

Parco Nazionale della Maremma

Due torri fra bosco e mare

Dislivello trascurabile • Tempo di percorrenza 3 ore circa

Non è l’ambiente fantastico del Signore degli Anelli, il capolavoro di Tolkien: ma anche gli scenari naturali che offre questo percorso, il più noto e apprezzato del parco dell’Uccellina, non scherzano quanto a suggestione.

Un minibus che parte dal centro visite di Alberese lascia gli escursionisti alla località Pratini, da cui inizia il percorso. L’itinerario parte attraversando un bosco di lecci con arbusti di corbezzolo, alaterno, erica arborea ed altre essenze della macchia mediterranea.

Parco Nazionale della Maremma: la torre di Castel Marino

Una modesta salita conduce alla prima torre, quella di Castel Marino, eretta sull’orlo di una rupe a picco sulla piana costiera sottostante. Il paesaggio è davvero magnifico: da quassù lo sguardo abbraccia la verdeggiante e fitta pineta, il canale di bonifica, la foce dell’Ombrone e, se la visibilità lo consente, le isole d’Elba e di Montecristo.

Con un ripido viottolo si scende alla pineta e dopo aver superato il canale – dove è facile assistere al tuffo in acqua delle timide testuggini palustri – si giunge alla spiaggia, una delle più belle d’Italia. Ampia e protetta dall’alto cordone di dune, vi vegetano ciuffi di piante ammofile (che vivono cioè in ambiente sabbioso) e vi si incontrano le orme di molti degli animali che frequentano il parco: cinghiali, lepri, gabbiani e perfino lupi.

Non tutti sanno, infatti, che un piccolo nucleo di questi predatori si è da qualche anno stabilito sulle verdi colline del parco. Dalla spiaggia si aggira la scogliera di Colle Lungo e si segue il sentiero che conduce all’omonima torre. Da qui, percorrendo il crinale panoramico del rilievo roccioso, si giunge a un oliveto abbandonato per riprendere poi la strada asfaltata per Pratini.

Marche • Parco Nazionale dei Monti Sibillini

Parco Nazionale dei Sibillini: le gole dell’Infernazzio

Le gole dell’Infernaccio

Dislivello 440 metri • Tempo di percorrenza 3 ore e mezzo circa

Tra Montefortino e Montemonaco, nel lembo più occidentale della provincia di Ascoli Piceno, ha inizio una sterrata segnalata, con buon fondo, che poco dopo una fonte si arresta in uno spiazzo alla base delle pareti del Monte Sibilla. Qui si lascia il mezzo e ci si incammina verso le Pisciarelle (850 m), una parete ricca di stillicidi che si alza davanti a un ponticello sul fiume Tenna.

Dopo averlo superato si inizia a salire giungendo ben presto al tratto più spettacolare della gola, fra pareti impressionanti, avvolti dal fragore delle acque e scavalcandole più volte su brutte passerelle in cemento, decisamente poco coerenti con l’ambiente. Usciti dalla gola si attraversa uno slargo, quindi ci si inoltra in una bella faggeta lasciandosi a destra il sentiero che sale al vicino eremo di San Leonardo (volendo raggiungerlo, aggiungere circa un’ora tra andata e ritorno).

Dopo alcuni saliscendi si entra in un’altra strettoia più ampia della prima, di nuovo si attraversa più volte su ponticelli il corso d’acqua e infine, con begli scorci sul Monte Sibilla verso sinistra, si esce nell’ampia conca di Capo Tenna (1.178 m) a due ore di cammino dalla partenza. La discesa di ritorno si svolge sulla stessa via e richiede circa un’ora e mezzo.

Umbria • Parco Regionale del Tevere

Parco regionale del Tevere: l’oasi di Alviano

Il bosco allagato di Alviano

Dislivello assente • Tempo di percorrenza da 2 a 4 ore circa

Dall’Autostrada del Sole, i boschetti umidi e la palude che si scorgono tra i caselli di Orvieto e di Attigliano appartengono a una delle più interessanti tra le oasi gestite dal WWF nell’Italia centrale, quella di Alviano. Sorta attorno a un bacino creato da una diga dell’Enel sul Tevere molti anni fa, è ora inserita nel parco regionale che protegge un tratto del corso del fiume.

La visita si effettua lungo due sentieri che costeggiano la parte del lago più impaludata, quella settentrionale. Molti i capanni di osservazione, di cui uno didattico a due piani in grado di contenere oltre cinquanta persone, offrono scorci ravvicinati su uno splendido ambiente di canneti a ridosso del bosco di salici, ontani e pioppi. Dalle feritoie non è difficile puntare il binocolo o il teleobiettivo su aironi, anatre, cormorani, limicoli. Nei periodi di passo si fanno vedere anche il falco pescatore, il mignattaio e il cavaliere d’Italia. Con circa 900 ettari di estensione, l’Oasi di Alviano è una delle più grandi tra quelle affidate in gestione all’associazione del Panda.

Lazio • Parco Regionale dei Monti Lucretili

Parco regionale dei monti Lucretili: lungo i sentieri

In vetta al Monte Pellecchia

Dislivello 568 metri • Tempo di percorrenza 4 ore e mezzo circa

Da Monteflavio, nel nord-est della provincia di Roma quasi a ridosso della Sabina, si seguono le indicazioni per la pineta. La stradina sale ripida, lasciandosi alle spalle le ultime case, e da asfaltata diventa cementata, quindi bianca ma sempre con un fondo discreto. Al termine si trova un’area di sosta con giochi per bambini, panchine e punti barbecue.

A piedi si imbocca il prosieguo della carrareccia, oltre una sbarra, salendo dolcemente tra la pineta e incontrando subito a sinistra una bella veduta sulla dorsale boscosa del Monte Pellecchia, la nostra meta. Poco più avanti si apre sulla destra il panorama su Monteflavio e il Monte Gennaro, con la torre del Morrone della Croce. Dopo una mezz’ora di panoramica escursione lungo la Serra di Ricci fin quasi al Colle della Caparnassa, su terreno pressoché pianeggiante, si arriva alla testata della Valle di Sanrico: un cartello in legno dl parco, posto proprio sulla sella, dice che siamo a quota 990 metri. Altre indicazioni riguardano la Valle Lopa, a sinistra, e il Pellacchia.

Parco regionale dei monti Lucretili: panorama dalla vetta del Monte Pellecchia

Passando accanto a uno splendido acero si giunge alla Casa del Pastore, recentemente ristrutturata. Appena prima del rifugio si stacca a destra il sentiero, segnato in rosso, per la vetta. Si sale nel bosco di cerri, che diviene faggeta intorno ai 1.165 metri; a due ore dalla partenza si arriva alla fine del bosco sulla cresta, a quota 1.305 dopo aver superato lungo il sentiero alcuni bellissimi esemplari di faggi. Ci si tiene sulla destra al limitare del folto, sui prati di quota, fino a sbucare su un balcone naturale da cui si apre la vista sulla valle sottostante, sulla Serra di Ricci e su Monteflavio, mentre in lontananza si stende la piana di Roma da cui emerge il Soratte.

Da qui alla sommità del Pellecchia, a 1.368 metri, ci vogliono ancora pochi minuti. Accanto alla vetta c’è una croce con targa che ricorda una sciagura aerea di quasi cinquant’anni fa. Da qui si vedono tutte le principali montagne appenniniche, in particolare Gran Sasso, Majella, Simbruini, e dalla parte opposta alla salita il vallone di Civitella con il paese omonimo e Licenza. A sud invece risalta il Gennaro con la macchia del Pratone ai suoi piedi e, alle spalle della montagna, anche il mare.

L’area è frequentata dall’aquila reale: una coppia del possente rapace nidifica in zona e vale la pena alzare di tanto in tanto lo sguardo verso il cielo durante il cammino. Il ritorno al parcheggio iniziale avviene sul percorso dell’andata e richiede circa due ore, senza alcuna difficoltà, ma rientrando nel bosco è necessario prestare attenzione, quando si supera il terrazzo erboso, a rientrare nel folto sulla sinistra anziché proseguire sulla traccia evidente.

Lazio • Parco Regionale dei Monti Simbruini

Il piano di Camposecco

Dislivello 500 metri • Tempo di percorrenza 5 ore circa

Da Camerata Nuova, ancora nel Lazio ma in prossimità del confine abruzzese, si prende la strada per Camposecco. Superate le ultime case, si parcheggia accanto al fontanile e dopo poche decine di metri si imbocca a sinistra la stradina segnalata che, dopo una curva, porta a un altro gruppo di case; più avanti, passata un’altra curva, si devia sulla destra (freccia bianca e rossa).

Parco regionale dei monti Lucretili: la spianata di Camposecco

Il sentiero sale nel bosco senza possibilità di errore, avvicinandosi al Fosso Fioio il cui alveo è stato recente oggetto di sbancamento. Si arriva rapidamente a una deviazione a sinistra, con segnale poco visibile che indica il santuario della Madonna delle Grazie, e la si segue salendo per un’oretta nel folto degli alberi e superando circa 300 metri di dislivello. Esposto a sud, il bosco è di aceri e noccioli misti a carpini, berrette del prete, maggiociondoli e biancospini.

Dal santuario si gode una bella vista su Camerata e i ruderi di Camerata Vecchia (ignorare la deviazione per quest’ultima località subito prima del complesso sacro). Si segue quindi in leggera discesa la carrabile che arriva al santuario dalla sterrata Camerata-Camposecco. Dopo circa un quarto d’ora si giunge a una curva in corrispondenza di un impluvio, che si supera. Poco più avanti, presso un punto sosta con panchina, a sinistra si sale all’indietro nel bosco su una traccia priva di segnalazioni; proseguendo ricompaiono i segni gialli e rossi, ma mai troppo evidenti. Il bosco qui è soprattutto di faggio, ma di tanto in tanto si incontrano noccioli e resti di vecchi frutteti ormai incolti, frequentati da chiassose ghiandaie.

Lungo la traccia, che a tratti scompare, tenendosi sulla destra si sbuca nei prati del Piano Iavone. Continuando verso sud-est, dopo un fontanile asciutto, ecco comparire in fondo l’enorme spianata di Camposecco. Solo alla fine del percorso compare dietro un piccolo rilievo il Rifugio delle Casette, a quota 1.322, ben ristrutturato e aperto (sala con camino e due brande, primo piano vuoto, altro locale a piano terra usato come stalla). Fin qui da Camerata si impiegano tre ore senza affrettarsi, e attorno al pianoro la faggeta è splendida.

Tornati al santuario si prende a seguire al bivio la stradina per Camerata Vecchia, abbandonata nell’800 in seguito ad un incendio. I ruderi del paese sono poca cosa: degno di nota è soprattutto un arco che si vede anche da Camerata Nuova, ma per il resto lembi di mura si mimetizzano tra cespugli di rosa canina e rovi.

Abruzzo • Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise

Parco Nazionale d’Abruzzo, lazio e Molise: La salita al rifugio Coppo dell’Orso

Il rifugio di Coppo dell’Orso

Dislivello 850 metri • Tempo di percorrenza 5 ore circa

Le passeggiate ed escursioni praticabili nel più famoso dei parchi appenninici sono un’infinità, ma quella che vi suggeriamo e che abbiamo sperimentato più volte offre numerose attrattive. La partenza del sentiero è dalla chiesetta della Madonna della Lanna, raggiungibile alla fine della stradina che porta a Villavallelonga e quindi prosegue verso la montagna. Parcheggiato il camper, si prosegue a piedi ancora sull’asfalto per pochi minuti sino a un fontanile. Poco dopo c’è una sterrata con indicazioni Fonte Astuni-Coppo dell’Orso, che si prende a seguire per una mezz’ora fino a una bella radura dove, giunti a un bivio, si va a destra.

Parco Nazionale d’Abruzzo, lazio e Molise: il rifugio Coppo dell’Orso

Poco più avanti si incontrano il Rifugio Fonte Astuni e a poca distanza appunto la fonte, da dove una traccia evidente sale e si addentra nel bosco su un tracciato reso più chiaro dai segni rossi sugli alberi. Dopo un primo tratto esposto al sole fra alti ginepri ci si inoltra nella faggeta e si risale con notevole impegno il ripido crinale nel sottobosco di agrifogli, sul sentiero ben segnato con tracce rosse e bianche. Dopo un’ora e mezzo si esce dal bosco, tra macchie di faggi, e qui si apre la vista sull’altro versante della valle, scorgendo in fondo la Piana del Fucino.

Continuando a salire si arriva al Rifugio Coppo dell’Orso (le chiavi sono eventualmente da richiedere a Villavallelonga), una costruzione in pietra a quota 1.900, sotto il quale si apre la vista su tutta la Vallelonga e i Prati d’Angro. Dal camper ci vogliono circa 3 ore e un quarto di cammino, con opportune soste per godersi il percorso. Per il ritorno ci sarebbe la possibilità di compiere un anello verso Villavallelonga passando sotto i brecciai dell’alta Valle Martina e l’altura della Capra Giuliana, ma la carenza di segnaletica ci spinge a consigliare la via dell’andata.

Abruzzo • Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga

Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga: il vallone delle cornacchie

Il Vallone delle Cornacchie

Dislivello 1.071 metri • Tempo di percorrenza 4 ore circa

Siamo qui in prossimità di uno dei siti più noti ai frequentatori del parco, visto che si parte dal termine della strada dei Prati di Tivo. Salendo a sinistra dal piazzale degli alberghi, si segue la traccia segnata che scavalca un dosso erboso e punta a un crocifisso. Già da qui si gode di un panorama eccezionale, dalla parete del Corno Grande all’Adriatico e, ai nostri piedi, l’imbocco del traforo autostradale in fondo al grande ventaglio verde del Bosco di San Nicola.

Piegando a destra, sempre su traccia evidente, si comincia a risalire con fatica il pendio dell’Arapietra, dove sul crinale spicca anche da lontano la sagoma di un edificio diruto (in realtà si tratta di un albergo-rifugio che non è stato mai ultimato). Ripreso fiato al termine della salita e passato il rudere, si punta dritti a un rifugio presso la Madonnina (2.028 m), all’arrivo di una seggiovia attualmente in disuso. Fin qui occorre più o meno un’ora di cammino.

Altra sosta panoramica prima di risalire il breve ghiaione che porta al Passo delle Scalette (2.100 m), dove il paesaggio si fa improvvisamente più severo: i pendii erbosi lasciano il posto a nude pietraie, e chi percorre il sentiero nel pomeriggio passa dal pieno sole alla ventilata frescura dell’ombra. Il Vallone delle Cornacchie – questo il nome dell’anfiteatro di rocce, così chiamato per i vocianti gracchi corallini che nidificano nelle fessure delle pareti – in certi giorni d’estate può diventare uno dei luoghi più battuti dagli escursionisti dell’intero Appennino, ma il suo fascino è di quelli che non fanno rischiare delusioni.

I picchi affilati del Corno Piccolo, alla destra di chi sale, sono sostenuti alla base da pareti compatte e arrotondate. Tra massi e ghiaioni il sentiero conduce quindi al Rifugio Franchetti, costruito su uno sperone roccioso: chi pernotta qui può assistere allo spettacolo dell’alba sull’Adriatico dall’alto di 2.433 metri di quota. Dall’edificio una breve salita porta alla Sella dei Due Corni (2.523 m), da cui proseguire per raggiungere le massime vette del gruppo e per ammirare il sempre più ridotto ghiacciaio del Calderone, il più meridionale d’Europa. A causa della presenza della neve che può protrarsi fino all’inizio della stagione calda, in particolare al Passo delle Scalette, questo itinerario va percorso preferibilmente da luglio a settembre.

Qui i Parchi Nazionali del Nord Italia

Qui i Parchi Nazionali del Sud Italia

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